N. 143 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 febbraio 2008
Ordinanza del 6 febbraio 2008 emessa dal Tribunale di Caltanissetta nel procedimento penale a carico di Lo Vetere Alberto Misure di prevenzione - Inosservanza degli obblighi e delle prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con l'obbligo o il divieto di soggiorno - Trattamento sanzionatorio - Reclusione da uno a cinque anni - Disparita' di trattamento rispetto alle fattispecie di abusivo allontanamento dalla localita' di esecuzione degli arresti o della detenzione domiciliare, sanzionate con la reclusione da sei mesi ad un anno - Violazione dei principi di proporzionalita' e della finalita' rieducativa della pena. - Legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 9, comma secondo, come sostituito dall'art. 14 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, nella legge 31 luglio 2005, n. 155. - Costituzione, artt. 3, primo comma, e 27, comma terzo.(GU n.20 del 7-5-2008 )
IL TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Ritenuto che deve essere sollevata - per i motivi di seguito esposti - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 2, della legge 27 dicembre 1956, cosi' come sostituito, dall'art. 14 del d.l. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, nella legge n. 155 del 31 luglio 2005, nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a cinque anni in caso di inosservanza degli obblighi e delle prescrizioni inerenti la sorveglianza speciale con l'obbligo o il divieto di soggiorno, questione rilevante e non manifestamente infondata in riferimento agli articoli 3, primo comma e 27, terzo comma, della Costituzione. R i l e v a Lo Vetere Alberto e' stato rinviato a giudizio per rispondere del delitto p. e p. dall'art. 9, comma 2, della legge 27 dicembre 1956 n. 1423, cosi' come modificato dalla legge n. 155 del 2005, perche' - sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza - non ottemperava agli obblighi imposti dal procedimento del Tribunale, risultando - tra l'altro - assente dalla propria abitazione all'esito del controllo effettuato alle ore 00,45 del 27 novembre 2006 e cosi' contravvenendo all'obbligo di permanenza in essa dalle ore 20,00 alle 7,00. All'odierna udienza - esaurita la fase istruttoria del dibattimento - le parti hanno concluso come da verbale. La sanzione da comminare in ipotesi di affermazione della penale responsabilita' dell'imputato dovrebbe essere determinata con riguardo a quella prevista dalla disposizione della cui legittimita' costituzionale si dubita. Ed invero, a seguito della intervenuta sostituzione del disposto del comma secondo dell'art. 9 della legge n. 1423 del 1956, si e' affermato nella giurisprudenza di legittimita' un controverso indirizzo interpretativo a mente del quale - a differenza di quanto accadeva in passato allorquando le violazione delle prescrizioni imposte all'atto della applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. veniva ricondotta nell'alveo della fattispecie contravvenzionale di cui al primo comma del medesimo art. 9, salvo i casi di effettivo allontanamento dal territorio del comune (o di violazione concreta del divieto di soggiorno) sanzionati, questi soli, dal disposto del secondo comma dell'art. 9 - ove venga in rilievo, adesso, una qualsivoglia violazione agli obblighi ovvero alle prescrizioni inerenti la sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno, deve essere irrogata la sanzione della reclusione da uno a cinque anni in virtu' della configurabilta', comunque, in tali evenienze del delitto di cui all'art. 9, secondo comma, della legge n. 1423 del 1956. Non vi e' chi non veda, tuttavia, che, condotte delittuose estremamente similari a quella oggetto del presente processo - in cui la violazione ascritta al prevenuto e' costituita dall'abusivo allontanamento dalla propria abitazione nelle ore notturne - siano sanzionate, con una pena ben piu' mite; ci si intende riferire, in particolare, ai delitti previsti (a, presidio, peraltro, di beni giuridici non meno importanti) nei casi di abusivo allontanamento dalla localita' di esecuzione degli arresti o della detenzione domiciliare, sanzionati dall'art. 385 c.p. e 47-ter della legge n. 354 del 1975 con la pena della reclusione da sei mesi ad un anno. A seguito della entrata in vigore della predetta legge, pertanto, deve ritenersi intervenuto un notevole inasprimento della pena che - nel raffronto con le predette fattispecie delittuose - si' palesa in contrasto con gli artt. 3, primo comma e 27, terzo comma della Costituzione. La questione non e' manifestamente infondata per via della ipotizzabile violazione delle richiamate disposizioni costituzionali. Invero, la Corte costituzionale, pur riservando alla «discrezionalita' del legislatore stabilire quali comportamenti debbano essere puniti, determinare quali debbano essere la qualita' e la misura della pena ed apprezzare parita' e disparita' di situazioni», ha pero' costantemente ribadito il principio che «l'esercizio di' tale discrezionalita' puo' essere censurato quando esso non rispetti il limite della ragionevolezza e dia quindi luogo ad una disparita' di trattamento palese e ingiustificata» (sentenza n. 25/1994; il principio e' richiamato anche nella sentenza n. 333/1992, nell'ordinanza n. 220/1996, nella sentenza n. 84/1997). E la sentenza n. 409/1989 individua i contenuti e la portata dei requisiti di proporzionalita' e ragionevolezza: «il principio di uguaglianza, di cui all'art. 3, primo comma, Costituzione esige che la pena sia proporzionata al disvalore del fatto illecito commesso, in modo che il sistema sanzionatorio adempia nel contempo alla funzione di difesa sociale ed a quella di tutela delle posizioni individuali», disconoscendo la legittimita' di quelle «incriminazioni che, anche se presumibilmente idonee a raggiungere finalita' statuali di prevenzione, producono, attraverso la pena, danni all'individuo (ai suoi diritti fondamentali) ed alla societa' sproporzionatamente maggiori dei vantaggi ottenuti (o da ottenere) da quest'ultima con la tutela dei beni e dei valori offesi dalle predette incriminazioni». Inoltre, si e' ripetutamente affermato (sentenze n. 313/1995 e n. 343/1993) che la manifesta mancanza di proporzionalita' rispetto ai fatti reato, non corrisponde all'esigenza della finalita' di rieducazione posta dall'art. 27, terzo comma, della costituzione repubblicana. Nella vicenda oggetto della proposta questione di legittimita' costituzionale si realizza, invece, per quanto Osservato, una evidente valutazione difforme - a fini sanzionatori - di condotte illecite del tutto similari e di cui, anzi, potrebbe in ipotesi affermarsi la maggiore gravita' di quelle sanzionate in maniera meno rigorosa, atteso - in tali ultime evenienze - l'esistenza di un titolo cautelare ovvero, addirittura, della pendenza della fase esecutiva di statuizioni contenute in una sentenza passata in giudicato. In proposito si rileva che, l'art. 3, primo comma della Costituzione impone che il bilanciamento tra gli interessi da tutelare e il bene della liberta' personale tenga conto delle sanzioni previste per le analoghe condotte di pregiudizio degli stessi interessi, derivandone l'effetto che, solo quando la pena sia stabilita con la necessaria proporzionalita', essa risponde alla funzione rieducativa di cui all'art. 27, terzo comma della Costituzione.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 cost. e 23 e ss., legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 2, della legge 27 dicembre 1956, cosi' come sostituito dall'art. 4 del d.l. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, nella legge n. 155 del 31 luglio 205, nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a cinque anni in caso di inosservanza degli obblighi e delle prescrizioni inerenti la sorveglianza speciale con l'obbligo o il divieto di soggiorno, in riferimento agli articoli 3 e 27, terzo comma della Costituzione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, sospendendo il giudizio in corso; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere. Caltanissetta, addi' 6 febbraio 2008 Il giudice: Di Giacomo Barbagallo