N. 144 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 gennaio - 21 febbraio 2008

Ordinanza  del  21  febbraio 2008 emessa dal Tribunale amministrativo
regionale  della  Puglia  -  Sezione di Lecce sul ricorso proposto da
Vergine s.r.l. ed altri contro Regione Puglia ed altri

Ambiente  (tutela  dell')  -  Regione Puglia - Smaltimento di rifiuti
  speciali  pericolosi  e  non  pericolosi provenienti dal territorio
  extraregionale  - Limitazione alle sole ipotesi in cui gli impianti
  di  smaltimento  siti nella Regione Puglia siano quelli appropriati
  piu' vicini al luogo di produzione dei rifiuti stessi - Lesione del
  principio  di  liberta' d'iniziativa economica privata - Violazione
  dei  principi  fondamentali stabiliti dalla legislazione statale in
  materia (in particolare d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, trasfuso nel
  d.lgs.  3  aprile  2006,  n. 152)  - Violazione del principio della
  libera circolazione delle cose tra le Regioni.
- Legge della Regione Puglia 31 ottobre 2007, n. 29, art. 3, comma 1.
- Costituzione, artt. 41, 117, comma terzo, e 120.
(GU n.21 del 14-5-2008 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso n. 1710/2007
proposto  dalla  Vergine  s.r.l. in persona del legale rappresentante
pro  tempore  sig.  Paolo  Cervo,  rappresentata  e difesa dagli avv.
Pietro  Quinto,  Bice  Annalisa  Pasqualone  e  Luigi Quinto, come da
mandato  a  margine  del  ricorso,  presso  lo studio degli stessi in
Lecce, via Garibaldi n. 43, elettivamente domiciliata;
   Contro  la Regione Puglia, in persona del Presidente in carica pro
tempore,  rappresentata  e  difesa,  in  virtu'  di mandato a margine
dell'atto di costituzione in giudizio e presupposta delibera di G.R.,
dall'avv.  Andrea  Abbamonte, elettivamente domiciliata in Lecce, via
Zanardelli  n. 60,  presso  lo  studio  dell'avv.  Federico Massa; la
Provincia  di  Taranto,  in  persona  del  Presidente  in  carica pro
tempore,  rappresentata  e difesa, in virtu' di mandato in calce alla
copia  notificata  del ricorso, dall'avv. Cesare Semeraro, legalmente
domiciliata   in   Lecce,   presso   la   segreteria   del  Tribunale
amministrativo regionale; con l'intervento ad adiuvandum della Biosud
s.r.l.,  in  persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore  sig.
Giampiero  Perniola, della Ecocapitanata s.r.l, in persona del legale
rappresentante  pro  tempore  sig.  Antonino Leonardo e della Serveco
s.r.l.  in  persona  del legale rappresentante pro tempore sig. Piero
Vito  Chirulli,  rappresentante  e  difese,  in  virtu'  di mandato a
margine  dell'atto  di  intervento, dagli avv. Luigi e Pietro Quinto,
presso  lo  studio  degli  stessi  in  Lecce,  via  Garibaldi  n. 43,
elettivamente  domiciliate; e con intervento ad opponendum dei comuni
di Faggiano, Fragagnano, Lizzano e Monteparano, in persona dei legali
rappresentanti  pro  tempore,  rappresentati  e  difesi, in virtu' di
mandato  a  margine dell'atto di intervento e presupposte delibere di
autorizzazione,  dall'avv. Antonio Lupo, elettivamente domiciliati in
Lecce,  piazza  Mazzini  n. 72, presso lo studio dell'avv. Roberto G.
Marra; del Comitato vigiliamo per la discarica, in persona del legale
rappresentante  pro  tempore,  prof.  Antonia Ragusa, rappresentato e
difeso,  in  virtu'  di  mandato  a margine dell'atto di intervento e
presupposta   delibera   di   Assemblea,   dall'avv.   Antonio  Lupo,
elettivamente  domiciliato  in Lecce, piazza Mazzini n. 72, presso lo
studio  dell'avv.  Roberto  G. Marra; per l'annullamento della nota 7
novembre  2007  prot.  n. 51103,  con  la quale il Settore ecologia e
ambiente  della  Provincia di Taranto ha vietato lo smaltimento nella
discarica  di  proprieta'  della  ricorrente  dei  «rifiuti  speciali
provenienti  anche dalle Regioni Lazio, Toscana e Umbria», nonche' di
ogni atto presupposto, connesso o comunque collegato.
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visti  gli  atti  di  costituzione  della  Regione  Puglia e della
Provincia di Taranto;
   Visto  l'intervento  ad  adiuvandum  della  Biosud  s.r.l.,  della
Ecocapitanata s.r.l. e della Serveco s.r.l.;
   Visto   l'intervento   ad   opponendum  dei  Comuni  di  Faggiano,
Fragagnano,  Lizzano  e  Monteparano  e del Comitato vigiliamo per la
discarica;
   Visti gli atti tutti di causa;
   Data  per  letta  alla  pubblica  udienza  del  23 gennaio 2008 la
relazione  del  consigliere  dott.  Luigi Viola e uditi altresi', gli
avv.  Pietro  Quinto,  Bice Annalisa Pasqualone e Luigi Quinto per la
ricorrente,   l'avv.  Cantobelli  in  sostituzione  dell'avv.  Andrea
Abbamonte  per  la Regione Puglia, gli avv. Pietro e Luigi Quinto per
le  intervenienti  ad  adiuvandum  e  l'avv.  Antonio  Lupo  per  gli
intervenienti ad opponendum;
   Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.
                              F a t t o
   La ricorrente e' proprietaria di un'area nel territorio del Comune
di Taranto che si estende tra le localita' Mennole e Palombara ove ha
sede una discarica di rifiuti speciali non pericolosi autorizzata con
delibera  n. 403/2000  di  Giunta provinciale e decreto commissariale
n. 265/2001.
   In data 31 ottobre 2007, il Consiglio regionale pugliese approvava
la   legge   regionale   di  iniziativa  popolare  n. 29  recante  la
«disciplina  per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non
pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, che transitano
nel  territorio  regionale e sono destinati a impianti di smaltimento
siti  nella regione Puglia»; in particolare, la nuova legge regionale
e'  caratterizzata  da  una  disciplina  limitativa  che legittima lo
smaltimento  sul territorio regionale dei rifiuti speciali pericolosi
e  non  pericolosi prodotti fuori dalla regione, solo nell'ipotesi in
cui  gli impianti di smaltimento «siti nella Regione Puglia siano gli
impianti   di   smaltimento  appropriati  piu'  vicini  al  luogo  di
produzione  dei  medesimi  rifiuti  speciali»  (art. 3, comma 1, l.r.
n. 29 del 2007), prevedendo, a questo proposito, un complesso sistema
di  controlli (che ruota intorno ad una serie di certificazioni delle
autorita'  extraregionali,  sostituibili  da  autocertificazioni,  in
ordine  al  rispetto della condizione di «viciniorita» indispensabile
per lo smaltimento dei rifiuti sul territorio regionale).
   Con  nota  31  ottobre  2007,  la  ricorrente  chiedeva al Settore
ecologia  ed ambiente della Provincia di Taranto se lo smaltimento di
«rifiuti  speciali non pericolosi provenienti da fuori regione, ed in
particolare  dalle Regioni Lazio, Toscana e Umbria» potesse ritenersi
ancora  consentito  dalla  nuova disciplina limitativa prevista dalla
legge regionale n. 29 del 2007.
   Con  nota  7  novembre  2007 prot. n. 51103, il Settore ecologia e
ambiente  della  Provincia  di  Taranto  vietava lo smaltimento nella
discarica   di  proprieta'  della  ricorrente  dei  rifiuti  speciali
provenienti  dalle  Regioni Lazio, Toscana e Umbria, sulla base della
seguente  motivazione:  «si  comunica  che  e'  stata  pubblicata sul
B.U.R.P. n. 157 del 2 novembre 2007 la l.r. n. 29 del 31 ottobre 2007
"Disciplina  per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non
pericolosi,  prodotti al di fuori della Regione Puglia che transitano
nel  territorio regionale e sono destinati ad impianti di smaltimento
siti  nella Regione Puglia". In forma della predetta legge e' vietato
lo  smaltimento  in  Puglia  dei  rifiuti  speciali  pericolosi e non
pericolosi  provenienti  da  altre regioni se non accompagnati da una
certificazione   attestante   l'inesistenza   o  l'inoperativita'  di
impianti  piu'  vicini  al  luogo di produzione del medesimo rifiuto.
Pertanto  e'  conseguentemente  vietato  il conferimento in Puglia di
rifiuti  speciali  provenienti  anche  dalle Regioni Lazio, Toscana e
Umbria».
   Il  provvedimento  del Settore ecologia e ambiente della Provincia
di  Taranto  era  impugnato  dalla  ricorrente per violazione e falsa
applicazione  art.  182,  comma 3, lett. b) del d.lgs. 3 aprile 2006,
n. 152,   illegittimita'  costituzionale  della  legge  regionale  31
ottobre  2007, n. 29, per violazione degli artt. 117, primo e secondo
comma,  lett.  s),  120,  41,  32  e 3 della Costituzione, eccesso di
potere legislativo per irrazionalita'.
   Si  costituivano  in giudizio la Provincia di Taranto e la Regione
Puglia, controdeducendo sul merito del ricorso.
   Alla  Camera  di  consiglio  del  21  novembre  2007,  la  sezione
accoglieva,  con l'ordinanza n. 1137/07, l'istanza cautelare proposta
dalla  ricorrente,  sospendendo  «il  divieto  di  conferimento nella
discarica  ....  dei rifiuti speciali provenienti da Lazio, Toscana e
Umbria»  e  fissava  udienza  per  la  discussione  del ricorso al 23
gennaio 2008.
   In  data  28  novembre  2008,  la  Biosud s.r.l., la Ecocapitanata
s.r.l.  e  la Serveco s.r.1., societa' operanti nel settore, sia come
autotrasportatori  che  come  titolari  di impianti di smaltimento di
rifiuti   speciali   nella   Regione  Puglia,  depositavano  atto  di
intervento  ad  adiuvandum  regolarmente  notificato ed instavano per
l'accoglimento del ricorso.
   In  data  2 gennaio 2008, interveniva in giudizio ad opponendum il
Comitato  vigiliamo per la discarica, promotore della legge regionale
di  iniziativa  popolare  n. 29  del  2007,  in  data 9 gennaio 2008,
intervenivano   altresi'  in  giudizio  ad  opponendum  i  Comuni  di
Faggiano,  Fragagnano,  Lizzano  e  Monteparano (enti esponenziali di
comunita'  che «subiscono da anni il pesante, pericoloso e incessante
traffico  di  autocarri  che  trasportano  ingentissime  quantita' di
rifiuti,  passando all'interno dei rispettivi centri abitati»), tutti
gli  intervenienti  ad  opponendum  concludevano  per  il rigetto del
ricorso,   tramite   declaratoria  di  manifesta  infondatezza  della
questione  di  legittimita' costituzionale sollevata dalla ricorrente
ed  eventuale  rimessione  alla  Corte  di  giustizia delle Comunita'
europee,  ai sensi dell'art. 234 del Trattato, della conformita' alla
direttiva  2006/12/CE  e  al  Regolamento  CE n. 1013/2006 della l.r.
Puglia n. 29 del 2007.
   Alla  pubblica  udienza  del  23  gennaio  2008 il ricorso passava
quindi in decisione.
                            D i r i t t o
   1.  -  In  via  preliminare,  la  sezione  deve  rilevare  come la
decisione  del  ricorso  non  possa  prescindere  dalla  questione di
legittimita'  costituzionale,  per  violazione degli artt. 117, terzo
comma,  120 e, 41 della Costituzione, della legge regionale Puglia 31
ottobre  2007,  n. 29  («Disciplina  per  lo  smaltimento dei rifiuti
speciali  pericolosi  e  non  pericolosi,  prodotti al di fuori della
Regione  Puglia,  che  transitano  nel  territorio  regionale  e sono
destinati a impianti di smaltimento siti nella Regione Puglia»).
   In particolare, per quello che riguarda il profilo della rilevanza
della questione di costituzionalita', e' sufficiente rilevare come il
Tribunale  amministrativo  regionale  sia  chiamato alla pronunciarsi
sulla  nota-provvedimento  7 novembre 2007 prot. n. 51103 del Settore
ecologia  e  ambiente  della  Provincia  di  Taranto, impugnato dalla
ricorrente,  che  ha  vietato lo smaltimento, nella discarica sita in
Taranto dei rifiuti speciali provenienti dalle Regioni Lazio, Toscana
e Umbria, sulla base dell'unica circostanza giustificativa costituita
dalla  normativa sopravvenuta costituita dalla l.r. Puglia 31 ottobre
2007,  n. 29;  non  possono,  quindi,  sussistere  dubbi in ordine al
carattere  provvedimentale  del provvedimento impugnato (che, oltre a
provenire  dall'organo  fornito  di  competenza  in  materia, reca un
contenuto  dispositivo  individuabile  proprio  nella valutazione, in
concreto, dell'impossibilita di smaltire nella discarica in questione
i  rifiuti  provenienti  da  tre  regioni italiane ben individuate) e
dallo   stretto   collegamento  esistente  tra  la  nuova  disciplina
regionale  dello  smaltimento  dei  rifiuti speciali pericolosi e non
pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, e l'emanazione
dell'atto  impugnato  (contrariamente  a quanto rilevato dalla difesa
della  Regione  Puglia,  deve,  infatti,  rilevarsi come il contenuto
normativo  della  nuova  disciplina  regionale  renda sostanzialmente
impossibile  lo  smaltimento  dei  rifiuti  provenienti dalle Regioni
italiana  non  confinanti  con  la  Regione  Puglia, come nel caso di
Lazio,  Toscana  e  Umbria e come, quindi, il provvedimento impugnato
costituisca  piena  applicazione della nuova legge regionale e non si
ponga in contrasto con la stessa).
   2.   -   Sostanzialmente   irrilevante   e'  poi,  ai  fini  della
problematica  della  costituzionalita'  delle  previsioni della legge
regionale  n. 29  del  2007,  il  riferimento  al diritto comunitario
ampiamente sviluppato dalla difesa degli interventori ad opponendum.
   In  particolare,  l'art.  7,  comma  4  della  dir.  5 aprile 2006
n. 2006/12/CE  («gli  Stati  membri  hanno  la facolta' di prendere i
provvedimenti   necessari  per  impedire  movimenti  di  rifiuti  non
conformi con i loro piani di gestione dei rifiuti. Tali provvedimenti
devono  essere comumcati alla Commissione e agli Stati membri») ed in
generale,   l'intera   sistematica   del  provvedimento  si  limitano
semplicemente  a  legittimare  la  potesta'  degli  Stati  membri  di
limitare  il  movimento dei rifiuti, senza prevedere prescrizioni dal
contenuto preciso ed autoapplicativo che possano trovare applicazione
nel caso concreto.
   Il reg. CE 14 giugno 2006 n. 1013/2006 (regolamento del Parlamento
e  del  Consiglio  relativo alle spedizioni dei rifiuti) contiene poi
una  serie  di  prescrizioni  tese  a  regolamentate le spedizioni di
rifiuti   (soprattutto,   provenienti  da  Stati  siti  al  di  fuori
dell'Unione   europea),  ma  non  vieta  in  linea  di  principio  la
movimentazione  degli stessi; soprattutto il regolamento non contiene
disposizioni   che   possano   direttamente   essere  applicate  alla
fattispecie in decisione.
   La  problematica  deve quindi essere decisa sulla base del diritto
interno.
   3.  -  Per  quello  che riguarda la questione di costituzionalita'
della  l.r.  Puglia  31 ottobre 2007, n. 29, la sezione deve rilevare
come,  negli  ultimi  anni, la Corte costituzionale abbia seguito una
linea  ricostruttiva  (Corte cost. 14 luglio 2000, n. 281; 19 ottobre
2001,  n. 335;  4  dicembre  2002, n. 505; 21 aprile 2005, n. 161; 26
gennaio  2007,  n. 12)  che  porta  a concludere per la non manifesta
infondatezza   della   questione   di   costituzionalita'  ampiamente
sviluppata,  sotto  tutti  i  profili,  dalle  articolate censure che
sorreggono il ricorso.
   In   particolare,   la   Corte  costituzionale  ha  affrontato  la
problematica  in  una  sentenza  (Corte cost. 19 ottobre 2001 n. 335)
resa  in  fattispecie (rifiuti speciali non pericolosi) assolutamente
identica  a  quella  oggi  in  decisione;  in  quella  sede, e' stata
ribadita    la    necessita'    di   scrutinare   la   questione   di
costituzionalita'  delle leggi che vietano lo smaltimento dei rifiuti
speciali  di provenienza extraregionale, sulla base della sistematica
complessiva  del  d.lgs.  5  febbraio  1997, n. 22 (oggi trasfuso nel
d.lgs.  3  aprile  2006, n. 152, recante norme in materia ambientale)
che  «disciplina  la "gestione dei rifiuti" mediante disposizioni che
si  autoqualificano principi fondamentali della legislazione statale,
ai  sensi dell'art. 117 della Costituzione, nonche' "norme di riforma
economico-sociale"  nei  confronti  delle regioni a statuto speciale»
(Corte cost. 19 ottobre 2001, n. 335).
   L'esame  del  d.lgs.  5  febbraio  1997,  n. 22 (oggi del d.lgs. 3
aprile  2006  n. 152)  evidenzia chiaramente un contesto complessivo,
fondato su una «duplice soluzione»: «la giurisprudenza costituzionale
si  e'  occupata  piu'  volte  del problema, posto dalla legislazione
regionale,  relativo al divieto di smaltimento in ambito regionale di
rifiuti  di provenienza extraregionale, pervenendo sostanzialmente ad
una  duplice  soluzione  in  relazione  alla tipologia dei rifiuti in
questione.   Da   un  lato,  infatti,  si  e'  statuito,  proprio  in
riferimento  alle  stesse norme regionali in esame, che alla luce del
principio dell'autosufficienza - stabilito espressamente dall'art. 5,
comma  3,  lettera  a),  del  decreto  n. 22 del 1997 - il divieto di
smaltimento  dei  rifiuti  di produzione extraregionale e' pienamente
applicabile  ai  rifiuti  urbani  non  pericolosi  nonche' ai rifiuti
speciali assimilabili (sentenza n. 196 del 1998); dall'altro lato, si
e' invece statuito che il principio dell'autosufficienza locale ed il
connesso   divieto   di   smaltimento   dei  rifiuti  di  provenienza
extraregionale   non   possono   valere  per  quelli  "pericolosi"  -
comprensivi  quindi  anche,  secondo  la  disciplina  introdotta  dal
decreto  n. 22  del  1997,  di quelli che la previgente normativa del
d.P.R.  n. 915  del  1982  definiva  "tossici  e  nocivi"  -  i quali
necessitano  di  processi  di smaltimento appropriati e specializzati
(sentenza n. 281 del 2000).
   E'    pertanto    nell'ambito    di   questa   duplice   soluzione
giurisprudenziale  che  va  inquadrata  la  questione  in  esame  che
riguarda   i  rifiuti  "speciali"  non  pericolosi,  antecedentemente
definiti  "non  tossici  e  non  nocivi",  per i quali occorre dunque
verificare   se   valga   o   meno   il  criterio  prioritario  della
autosufficienza  nello  smaltimento,  tenendo conto che la disciplina
legislativa    dei    conferimenti   nelle   discariche   prende   in
considerazione  sia  il luogo di produzione sia le caratteristiche di
pericolosita' dei rifiuti. Ed invero il criterio del luogo d'origine,
valutato insieme con l'assenza di elementi di pericolosita', e' stato
seguito  nei confronti dei rifiuti urbani non pericolosi, rispetto ai
quali   "l'ambito   territoriale  ottimale  per  lo  smaltimento"  e'
considerato  "logicamente limitato e predeterminabile in relazione ai
luoghi  di  produzione",  stabilendo,  infatti, l'art. 23 del decreto
n. 22  che  esso coincida di regola con il territorio provinciale, in
modo  da garantire al suo interno l'autosufficienza dello smaltimento
(sentenza n. 281 del 2000). Invece il criterio della pericolosita' e'
stato  ritenuto  prevalente rispetto a quello del luogo di produzione
in  riferimento  ai  rifiuti che si definiscono appunto "pericolosi",
giacche'  per  il  loro  smaltimento,  date  le loro caratteristiche,
appare  prioritaria,  alla luce del principio desumibile dall'art. 5,
comma  3,  lettere b) e c), del decreto n. 22, l'esigenza di impianti
appropriati  e  specializzati  e  di  tecnologie idonee; esigenza che
contrasta  con  una  rigida  predeterminazione di ambiti territoriali
ottimali e con la connessa previsione di autosufficienza locale nello
smaltimento» (Corte cost. 19 ottobre 2001, n. 335).
   Del  resto,  la  costruzione della Corte costituzionale affonda le
proprie radici nella stessa definizione normativa di rifiuti speciali
(art.  7  del  d.lgs.  22  del 1997; oggi art. 184 del d.lgs. 152 del
2006)   che   opera   un  riferimento  «ad  una  variegata  tipologia
comprensiva,   prescindendo   dalle   caratteristiche   di  eventuale
pericolosita',  di  ben  dieci  (oggi dodici) categorie di rifiuti di
diversa  origine.  La  loro  produzione  e'  generalmente connessa ad
attivita'   lavorative:  di  tipo  agricolo,  edilizio,  industriale,
artigianale,  commerciale,  sanitario  e  cosi'  via, sicche' la loro
localizzazione  normalmente  non  e' distribuita in modo omogeneo sul
territorio  e comunque non e' facilmente predeterminabile, cosi' come
non   e'   facilmente   prevedibile   la  dimensione  quantitativa  e
qualitativa  del  materiale  da  smaltire. Va inoltre considerata, in
relazione    a   questa   tipologia   di   rifiuti   che   presentano
caratteristiche  cosi'  diverse  tra di loro, la necessita' che siano
utilizzati  impianti  di  smaltimento  appropriati o addirittura, per
qualcuna delle categorie indicate, come ad esempio i rifiuti sanitari
o  i  veicoli  a  motore,  impianti  "specializzati",  secondo quanto
appunto  prevede l'art. 5, comma 3, lettera b), del decreto n. 22 del
1997, che, sul punto, oltre tutto, conferma l'impianto del previdente
d.P.R.  n. 915  del  1982. Risulta dunque evidente la ragione per cui
anche  per  i  rifiuti  "speciali",  al pari di quelli pericolosi, il
legislatore statale non predetermina un ambito territoriale ottimale,
che  valga  a  garantire  l'obiettivo  specifico dell'autosufficienza
nello  smaltimento,  fissato  in  modo espresso dall'art. 5, comma 3,
lettera  a),  del  decreto  n. 22  per  i  soli  rifiuti  urbani  non
pericolosi» (Corte cost. 19 ottobre 2001, n. 335).
   Dalla   ricostruzione   sistematica  sopra  richiamata,  la  Corte
costituzionale  desume  l'incostituzionalita',  per  violazione delle
limitazioni  derivanti  dalla  legislazione  statale  in  materia  di
rifiuti  (che  come  gia'  rilevato,  sono  espressamente qualificate
principi  fondamentali della legislazione statale, ai sensi dell'art.
117  della  Costituzione,  nonche' norme di riforma economico-sociale
nei  confronti delle regioni a statuto speciale; art. 1, commi 2 e 3,
d.lgs. 22 del 1997) e, comunque, della previsione dell'art. 120 della
Costituzione, delle leggi regionali che vengano ad imporre il divieto
di  smaltimento  dei  rifiuti speciali di provenienza extraregionale:
«in  questa ottica appare quindi incongruo il divieto di conferimento
nelle discariche regionali, imposto dalle norme censurate, di rifiuti
speciali  provenienti  da  altre  regioni, in quanto tale divieto non
solo puo' pregiudicare il conseguimento della finalita' di consentire
lo  smaltimento  di  tali  rifiuti "in uno degli impianti appropriati
piu' vicini" (art. 5, comma 3, lettera b del decreto n. 22 del 1997),
ma   introduce   addirittura,  in  contrasto  con  l'art.  120  della
Costituzione,  un  ostacolo  alla  libera circolazione di cose tra le
regioni,  senza  che  sussistano  ragioni giustificatrici, neppure di
ordine  sanitario o ambientale (cfr. sentenze n. 207 del 2001, n. 362
del 1998 e n. 264 del 1996)» (Corte cost. 19 ottobre 2001, n. 335).
   La  rilevanza  economica dell'attivita' di smaltimento dei rifiuti
(che,  anche  ai  sensi  del diritto comunitario, rimane comunque «un
"prodotto",  in  quanto  tale  fruente,  in  via di principio e salvo
specifiche  eccezioni,  della generale liberta' di circolazione delle
merci»;  Corte  cost.  19  ottobre  2001,  n. 335)  permette  poi  di
ravvisare  la  violazione aggiuntiva anche della previsione dell'art.
41   della   Costituzione,  relativo  alla  liberta'  dell'iniziativa
economica   che   sarebbe   ingiustificatamente  compressa,  sia  con
riferimento  alla posizione dei gestori degli impianti di smaltimento
(che sarebbero penalizzati dalla creazione ingiustificata di ostacoli
alla  libera  circolazione  delle  merci  tra  le  regioni),  sia dei
produttori  di  rifiuti  (che,  in un settore in cui non e' possibile
o e'  assai difficile la programmazione della quantita' di rifiuti da
smaltire,   sarebbero   soggetti  ad  un  sistema  di  vincoli  nella
circolazione  dei rifiuti non sorretto da una corretta pianificazione
e, quindi, fortemente soggetto ad inefficienze).
   In una successiva decisione (Corte cost. 4 dicembre 2002, n. 505),
la   Corte   costituzionale   ha   poi   chiarito   come  la  propria
giurisprudenza   in   materia   di  incostituzionalita'  delle  leggi
regionali  prevedenti  divieti  di  smaltimento  dei rifiuti speciali
pericolosi  o  non  pericolosi  di  provenienza extraregionale, trovi
applicazione,  non  solo  con  riferimento  ai  divieti  assoluti  di
smaltimento,  ma  anche alle piu' diverse formulazioni che vengano ad
introdurre   dei   «divieti   relativi»   (limiti  quantitativi  allo
smaltimento,  limitazioni  territoriali;  ecc.) caratterizzati da una
natura  sistematica sostanzialmente non dissimile: «l'impugnata legge
regionale   pone   allo   smaltimento   di   rifiuti  di  provenienza
extraregionale  un  divieto  non  assoluto,  ma relativo, commisurato
cioe'  ad una percentuale della capacita' ricettiva delle discariche,
peraltro  diversamente  calcolata secondo che si tratti di discariche
nuove  o  gia' esistenti. Ma questa particolarita' non giustifica una
valutazione  diversa  da  quella riservata dalle citate sentenze alle
norme  allora  scrutinate, che imponevano un divieto assoluto» (Corte
cost. 4 dicembre 2002, n. 505).
   4.  -  Nel caso di specie, la previsione dell'art 3, comma 1 della
l.r.  Puglia  31  ottobre  2007, n. 29, che limita lo smaltimento dei
rifiuti   speciali   pericolosi  e  non  pericolosi  provenienti  dal
territorio  extraregionale  alle  sole ipotesi in cui gli impianti di
smaltimento   «siti  nella  regione  Puglia  siano  gli  impianti  di
smaltimento  appropriati  piu'  vicini  al  luogo  di  produzione dei
medesimi  rifiuti  speciali» viene ad integrare un «divieto relativo»
(Corte   cost.  4  dicembre  2002,  n. 505)  che,  sulla  base  della
giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  (Corte  cost. 14 luglio
2000,  n. 281,  19  ottobre 2001, n. 335, 4 dicembre 2002, n. 505, 21
aprile 2005, n. 161, 26 gennaio 2007, n. 12), viene a contrastare con
le previsioni:
     1)  dell'art. 117, terzo comma della Costituzione, in quanto non
rispettosa  dei  principi  fondamentali  previsti  dalla legislazione
statale  ed  in  particolare, dal d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (oggi
trasfuso  nel  d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia
ambientale);
     2)   dell'art.  120  della  Costituzione,  in  quanto  viene  ad
integrare   una   ingiustificata   limitazione   della   liberta'  di
circolazione delle cose tra le regioni;
     3)  dell'art. 41 della Costituzione, in quanto viene ad incidere
ingiustificatamente,  sia  sulla posizione dei gestori degli impianti
di  smaltimento  (che  vengono  ad essere penalizzati dalla creazione
ingiustificata  di  ostacoli alla libera circolazione delle merci tra
le regioni), sia dei produttori di rifiuti (che, in un settore in cui
non  e'  possibile  o  e'  assai  difficile  la  programmazione della
quantita'  di  rifiuti  da  smaltire,  sono soggetti ad un sistema di
vincoli  nella  circolazione dei rifiuti non sorretto da una corretta
pianificazione e, quindi, fortemente soggetto ad inefficienze).
   5.  -  In  conclusione,  il Collegio ravvisa la rilevanza e la non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  3,  comma  1 della l.r. Puglia 31 ottobre 2007, n. 29, per
violazione  delle  previsioni  degli artt. 117, terzo comma, 120 e 41
della Costituzione.
   Va   pertanto   disposta   -   ai  sensi  degli  artt.  134  della
Costituzione;  1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, 23
della  legge  11  marzo  1953,  n. 87  -  la sospensione del presente
giudizio  e  la  trasmissione  degli  atti alla Corte costituzionale,
oltre   agli  ulteriori  adempimenti  di  legge  meglio  indicati  in
dispositivo.
   Nelle  more  della  decisione  del  giudizio di costituzionalita',
devono  essere  prolungati gli effetti dell'ordinanza cautelare della
sezione  21  novembre  2007,  n. 1137,  fino alla decisione che sara'
assunta  dalla  Corte  costituzionale  sulla  presente  ordinanza  di
rimessione.
P. Q. M.
   Visti   gli   artt.   134   della   Costituzione;  1  della  legge
costituzionale  9  febbraio 1948, n. 1; 23 della legge 11 marzo 1953,
n. 87;  1  delle  norme  integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale   di   cui   alla  deliberazione  della  stessa  Corte
costituzionale in data 16 marzo 1956:
     dichiara   rilevante   e  non  manifestamente  infondata  -  per
violazione  delle  norme  costituzionali  indicate  al  capo  5 della
presente  ordinanza  -  la  questione  di legittimita' costituzionale
dell'art.  3,  comma 1 della l.r. Puglia 31 ottobre 2007, n. 29, come
da motivazione;
     sospende il presente giudizio;
     prolunga  gli  effetti dell'ordinanza cautelare della sezione 21
novembre  2007,  n. 1137, fino alla decisione che sara' assunta dalla
Corte costituzionale sulla presente ordinanza di rimessione;
     ordina   la   immediata   trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale   con   la   prova   delle  avvenute  notificazioni  e
comunicazioni di cui al punto che segue;
     dispone  che  a  cura della segreteria del tribunale la presente
ordinanza  sia  notificata  alle parti in causa e al Presidente della
Giunta  regionale  pugliese  e comunicata al Presidente del Consiglio
regionale pugliese.
   Cosi' deciso in Lecce, presso la sede del Tribunale amministrativo
regionale, nella Camera di consiglio del 23 gennaio 2008.
                       Il Presidente: Ravalli
                                      Il consigliere estensore: Viola