N. 151 ORDINANZA 7 - 16 maggio 2008

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale - Sentenza di proscioglimento - Appello del pubblico
  ministero  -  Preclusione  (salvo che nelle ipotesi di cui all'art.
  603,  comma  2,  cod.  proc. pen., se la nuova prova e' decisiva) -
  Sopravvenuta  dichiarazione  di illegittimita' costituzionale della
  norma  censurata  -  Necessita'  di  un nuovo esame della rilevanza
  della questione - Restituzione degli atti al giudice remittente.
- Cod.  proc. pen., art. 593, come sostituito dall'art. 1 della legge
  20 febbraio 2006, n. 46.
- Costituzione, artt. 3, 24, 111 e 112.
(GU n.22 del 21-5-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta  dai  signori:  Presidente:  Franco  BILE; Giudici: Giovanni
Maria  FLICK,  Ugo  DE  SIERVO,  Paolo  MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino   CASSESE,   Giuseppe  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO;  ha
pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 593 del codice
di  procedura  penale,  come  sostituito  dall'art.  1 della legge 20
febbraio  2006,  n. 46  (Modifiche  al codice di procedura penale, in
materia  di  inappellabilita'  delle  sentenze  di  proscioglimento),
promosso  con  ordinanza  del 30 maggio 2006 dalla Corte d'appello di
Brescia  nel  procedimento  penale  a  carico  di  L. S. F. ed altri,
iscritta  al  n. 673  del  registro ordinanze 2006 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale   della  Repubblica  n. 6,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2007.
   Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  2 aprile 2008 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
   Ritenuto  che,  con  l'ordinanza  indicata  in  epigrafe, la Corte
d'appello  di  Brescia dubita, in riferimento agli artt. 3, 24, 111 e
112  della  Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art.
593 del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 1 della
legge  20  febbraio  2006,  n. 46  (Modifiche  al codice di procedura
penale,   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze  di
proscioglimento),  nella  parte  in  cui  non  consente  al  pubblico
ministero di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento;
     che,  ai  fini  della rilevanza, la Corte rimettente premette di
essere  chiamata  a  giudicare  in  merito  all'appello  proposto dal
pubblico  ministero  avverso la sentenza con la quale il Tribunale di
Bergamo  ha  dichiarato non doversi procedere nei confronti di taluni
imputati, per mancanza di querela;
     che,  nel  merito,  la  soppressione  del  potere di appello del
pubblico ministero avverso le sentenze di proscioglimento si porrebbe
in  contrasto,  innanzitutto,  con  il principio dell'obbligatorieta'
dell'azione  penale,  intesa, quest'ultima, quale «manifestazione del
fondamentale  principio  di  legalita', di cui all'art. 25 Cost., nel
suo aspetto sostanziale»;
     che  sebbene,  infatti,  il  potere di impugnazione del pubblico
ministero  non  possa  essere  ricondotto  all'obbligo  di esercitare
l'azione penale  -  come  sottolineato  in piu' occasioni anche dalla
Corte costituzionale - non vi sarebbe dubbio che il potere di appello
costituisca   «uno   dei  possibili  sviluppi  della  stessa»  e  che
«limitazioni  particolarmente  consistenti  al potere di impugnazione
non  possono che riverberarsi sulla completezza delle possibilita' di
esercizio dell'azione»;
     che,  in  questa prospettiva, la disciplina censurata violerebbe
il  diritto  di difesa, garantito dall'art. 24 Cost. anche alle parti
offese: diritto cui l'azione penale esercitata dal pubblico ministero
-  e,  per  essa,  il  potere di impugnazione correlato - varrebbe ad
offrire essenziale tutela «a prescindere dalle possibilita' che dette
vittime  abbiano,  in  concreto,  di accedere al processo nelle forme
dell'azione civile ivi intrapresa»;
     che  la  Corte rimettente evoca quale ulteriore parametro l'art.
111  Cost.,  assumendo  che  il  principio  del contraddittorio nella
parita'  tra  le  parti,  in  esso  sancito, risulterebbe eluso dalla
circostanza  che, mentre sarebbe concessa all'imputato piena facolta'
di  impugnare  nel  caso  di pronuncia di condanna, un omologo potere
sarebbe negato al rappresentante dell'accusa nell'ipotesi di sentenza
di  proscioglimento:  con  un'alterazione  dei poteri processuali che
pregiudicherebbe    irrimediabilmente   il   principio   stesso   del
contraddittorio;
     che    -    consapevole   della   giurisprudenza   della   Corte
costituzionale  secondo  cui  il principio della parita' non comporta
l'identita'  dei poteri processuali delle parti - la Corte rimettente
prosegue  affermando che la scelta legislativa deve essere sottoposta
ad  un  «accurato scrutinio di ragionevolezza»: scrutinio da operarsi
«nella  prospettiva  della tollerabilita' del sacrificio che la norma
impone   agli   altri  valori  costituzionali»  e,  segnatamente,  al
principio  dell'obbligatorieta'  dell'azione  penale,  al  diritto di
difesa  delle  persone  offese dal reato e al principio della parita'
tra le parti;
     che  la  rimettente  - escluso che, in relazione alla situazione
considerata, ricorrano le ragioni che ispirano la previsione di altre
limitazioni   ai  poteri  processuali  del  pubblico  ministero  (con
riferimento,  in  particolare,  ai  limiti  di  appellabilita'  della
sentenza  emessa  a  seguito  di  giudizio abbreviato) - conclude nel
senso  che un tale scrutinio «non puo' che condurre ad un giudizio di
irragionevolezza della norma; dovendosi ritenere il vulnus
inferto ai principi appena citati non giustificato da alcuna esigenza
meritevole di considerazione»;
     che,    infine,   la   disciplina   censurata   si   paleserebbe
irragionevole anche sotto il diverso profilo del mantenimento in capo
al  pubblico  ministero  del  potere  di  proporre appello avverso la
sentenza di condanna.
   Considerato che il dubbio di costituzionalita' sottoposto a questa
Corte  ha  per oggetto la preclusione - conseguente alla sostituzione
dell'art.  593  del  codice  di procedura penale ad opera dell'art. 1
della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura
penale,   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze  di
proscioglimento)  -  dell'appello  delle  sentenze  dibattimentali di
proscioglimento da parte del pubblico ministero;
     che,  successivamente all'ordinanza di rimessione, questa Corte,
con  la  sentenza  n. 26  del  2007,  ha  dichiarato l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 1 della citata legge n. 46 del 2006, «nella
parte  in cui, sostituendo l'art. 593 del codice di procedura penale,
esclude  che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze
di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste dall'art.
603,  comma 2, del medesimo codice, se la nuova prova e' decisiva», e
dell'art.  10,  comma  2,  della  stessa  legge,  «nella parte in cui
prevede che l'appello proposto contro una sentenza di proscioglimento
dal  pubblico  ministero  prima della data di entrata in vigore della
medesima legge e' dichiarato inammissibile»;
     che,  alla  stregua  della richiamata pronuncia di questa Corte,
gli  atti devono pertanto essere restituiti al giudice rimettente per
un nuovo esame della rilevanza della questione.
              per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Ordina la restituzione degli atti alla Corte d'appello di Brescia.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2008.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Flick
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 16 maggio 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola