N. 163 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 febbraio 2008
Ordinanza del 5 febbraio 2008 emessa dal Tribunale di Verbania nel procedimento penale a carico di Vitton Massimo Roberto Processo penale - Procedimento dinanzi al tribunale in composizione monocratica - Casi di citazione diretta a giudizio - Prevista limitazione dei casi di citazione diretta, oltre alle ipotesi di cui al comma 2 dell'art. 550 cod. proc. pen., alle contravvenzioni e ai delitti puniti con la pena superiore nel massimo a quattro anni o con la multa - Violazione dei principi di ragionevolezza, di efficienza e di buona amministrazione e della ragionevole durata del processo. - Codice di procedura penale, art. 550, comma 1. - Costituzione, artt. 3, 97 e 111.(GU n.23 del 28-5-2008 )
IL TRIBUNALE Nel procedimento penale in epigrafe rubricato a carico di Vitton Massimo Roberto, nato a Sion (Svizzera) l'11 novembre 1960, residente a Villadossola, via Croppo, n. 20, domiciliato in Domodossola, piazza Matteotti n. 39, presso la madre Cara Germana, difeso dall'avv. Marcello Bologna, nel quale e' imputato del delitto p. e p. dagli artt. 81, secondo comma, 110 c.p. e 73, primo comma, del d.P.R. n. 309/1990, perche', agendo in concorso con altra persona non identificata (alla quale l'agente fa riferimento, definendolo «socio», conversando con Cento Andrea, nell'autovettura di quest'ultimo - «Ford Cougar», targata BA758MG -, il 19 gennaio 2007, a Villadossola), con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17 e fuori dalle ipotesi previste dall'art. 75 del medesimo testo normativo, illecitamente acquistava (da Cento Andrea, verosimilmente in misura prevalente), deteneva, vendeva, cedeva o, comunque, procurava a terzi (alcuni dei quali residenti a Villadossola ed un altro, soprannominato «Joker», residente a Masera) alcune volte 2 grammi, in altre circostanze 5 grammi di cocaina. In Villadossola e Masera, fino al gennaio 2007. All'udienza preliminare d'ufficio il Giudice ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza delle questione di costituzionalita' di cui infra O s s e r v a Non e' manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'intero Titolo IX del libro V del codice di procedura penale nonche' dell'art 550 c.p.p. primo comma, nella parte in cui limita i casi di citazione diretta, oltre alle ipotesi di cui al secondo comma della medesima norma, alle contravvenzioni ed ai delitti puniti con la pena superiore nel massimo a quattro anni o con la multa. Tale normativa si pone infatti in contrasto con gli articoli 3, 97 e 111 Cost. La questione appare intrinsecamente rilevante dovendo questo giudice, a seguito della richiesta di rinvio a giudizio del p.m., celebrare l'udienza preliminare. La questione invero appare anche fondata e di semplice esposizione: la originaria previsione dell'udienza preliminare aveva una evidente logica sia per il sistema processuale, sia per l'imputato in quanto era tesa ad evitare, quantomeno per i reati piu' gravi, che si potesse pervenire a dibattimento, con aggravio per il «sistema» e con ludibrio per l'imputato, laddove non vi fosse una concreta prospettiva di affermazione di responsabilita'. all'epoca non vi era un diritto incondizionato dell'imputato ad essere giudicato nel merito allo stato degli atti quale oggi previsto dall'art 438, primo comma c.p.p.; non pare dubitabile da alcuno che i canoni decisori di cui all'art 425 c.p.p., ed in particolare quelli di cui terzo comma, implichino che, laddove il giudice pronunci, sulla base degli atti, sentenza di non luogo a procedere, sulla base dei medesimi atti ineluttabilmente pronuncerebbe sentenza assolutoria nel merito; ne consegue che e' certamente venuta meno una delle due originarie motivazioni che giustificavano l'udienza preliminare: l'interesse dell'imputato e' ancor piu' saldamente garantito dal suo incondizionato diritto a chiedere al giudice del dibattimento, in Camera di consiglio, il giudizio abbreviato cosi' ottenendo una sentenza nel merito definitivamente assolutoria (se del caso); rimarrebbe pertanto all'udienza preliminare esclusivamente una generica funzione di clausola di salvaguardia del sistema rispetto alla eventualita' che si promuovessero azioni penali massive ed indiscriminate, senza che gli imputati in modo altrettanto massivo ed indiscriminato utilizzino lo strumento, ben piu' utile, del giudizio abbreviato. Tale ipotesi e' del tutto scolastica e, come tale, un serio ordinamento giuridico non puo' prenderla in considerazione nella disciplina processuale, e' infatti evidente che le due originarie finalta' fossero strettamente collegate. La possibilita' che vi fosse un "inconsulto" esercizio dell'azione penale per reati gravi e complessi, e che cio' potesse comportare un aggravio patologico per il sistema, era infatti realistica quando non era previsto un diritto assoluto dell'imputato ad essere giudicato nel merito allo stato degli atti; con l'attuale normativa una tale previsione e' del tutto irragionevole. Su tali premesse devono valutarsi i parametri di costituzionalita'. Anche sotto tale aspetto l'esposizione appare del tutto semplice: la costituzionalizzazione dell'obbligo del legislatore di assicurare la ragionevole durata comporta un limite piu' definito per il legislatore stesso in ordine alla previsione di scansioni processuali che non abbiano alcun significato ne' per garantire un sistema idoneo al corretto esercizio dell'azione penale ne' per garantire una piena possibilita' di esplicazione delle esigenze difensive. Il dubbio di incostituzionalita' di norme prevedenti istituti processuali «inutili» puo' in realta' gia' porsi con riferimento al generale principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost., nonche' al generale principio di buon andamento ed efficienza di cui all'art. 97 Cost; tale dubbio diventa certezza laddove quei generali principi sono stati riempiti di un preciso contenuto in materia processuale con la specifica costituzionalizzazione del principio di ragionevole durata dal processo. Si vuol dire molto semplicemente che gli spazi della discrezionalita' legislativa nella costruzione del sistema processuale con tale principio sono stati ristretti con riferimento al fattore temporale e laddove si prevede una intera fase processuale senza una congrua funzionalita' il legislatore ineluttabilmente viola il parametro costituzionale di cui all'art. 111. Invero, si ribadisce, vi e' il fondato dubbio che la violazione sia ancor piu' grave e debba estendersi anche al piu' generico parametro di ragionevolezza nonche' al piu' generale principio di buon andamento ed efficienza laddove si ponga mente al fatto che alle funzioni di G.u.p. sono de facto adibite forze lavoro corrispondenti a circa il 10 % dei giudici di primo grado adibiti alle funzioni penali; spreco del tutto inaccettabile in un moderna visione del processo penale. L'udienza preliminare pertanto rispetto all'aggiornata costituzionalizzazione dei principi processuali complessivamente considerati e' divenuta una fase processuale inutile (violazione del principio di ragionevole durata), costosa (violazione del principio di efficienza e buona amministrazione) ed intrinsecamente illogica (in violazione del principio di ragionevolezza).
P. Q. M. Solleva questione di legittimita' costituzionale dell' dell'intero Titolo IX del libro V del codice di procedura penale nonche' dell'art. 550 c.p.p., primo comma, nella parte in cui limita i casi di citazione diretta in relazione agli artt. 11, 97 e 3 Cost, nei termini di cui in motivazione. Sospende il procedimento in corso; Dispone la notifica della presente ordinanza alle parti, ai loro difensori, al Presidente del Consiglio dei ministri, ai Presidente della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; ordina la trasmissione dell'ordinanza alla Corte costituzionale unitamente agli atti del giudizio ed alla prova delle notificazioni e della comunicazioni prescritte. Verbania, addi' 5 febbraio 2008 Il giudice: Terzi