N. 166 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 ottobre 2008
Ordinanza del 30 ottobre 2007 emessa dal Giudice di pace di Milano nel procedimento civile promosso da Farina Briamonte Luana contro il Comune di Milano Procedimento civile - Giudizio di opposizione a verbale di accertamento di infrazione stradale - Disciplina delle spese processuali - Condanna dell'opponente al rimborso delle spese del procedimento in caso di rigetto dell'opposizione - Omessa previsione dell'applicabilita', in sede di liquidazione delle spese a favore dell'Ente locale assistito da propri dipendenti, della tariffa vigente per gli avvocati, con la riduzione del venti per cento degli onorari di avvocato ivi previsti - Denunciata violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza, sotto il profilo dell'ingiustificata ed irrazionale inapplicabilita' ai processi in materia di sanzioni amministrative della disciplina vigente per i giudizi dinanzi alle Commissioni tributarie - Asserita lesione del principio di parita' delle parti processuali. - Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, comma undicesimo. - Costituzione, artt. 3 e 111, comma secondo.(GU n.23 del 28-5-2008 )
IL GIUDICE DI PACE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa promossa, ex artt. 22 e ss. della legge 24 novembre 1981, n. 689, da Farina Briamonte Luana, rappresentata e difesa giusta procura speciale a margine del ricorso dagli avv. Caterina Fusco e Antonietta Vigliotta ed elettivamente domiciliata in Milano, in via Giovanni Cantoni n. 3, c/o Farina/Iaselli; Contro Comune di Milano, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso giusta procura speciale da funzionari delegati del Corpo di Polizia municipale - Settore affari generali; F a t t o Farina Briamonte Luana proponeva ricorso - pervenuto in cancelleria in data 7 marzo 2007, ma inviato a mezzo posta in data 28 febbraio 2007 - contro il processo verbale n. 1008650/2006/1/1/1 - notificatole in data 3 gennaio 2007 - con il quale il Comune di Milano aveva accettato a carico del proprietario dell'autovettura tg DD767PD, nella sua qualita' di responsabile, l'infrazione di cui all'art. 142/8 c.d.s. poiche' in data 28 ottobre 2006, alle ore 2,09, nella sopraelevata Monteceneri superava il limite massimo di velocita' (velocita' consentita km/h 70, velocita' effettiva km/h 85). L'infrazione e' stata accertata mediante utilizzo di impianto di rilevazione automatica (matricola 00015-CV K53400 Traffiphot III SR-Photor & V omologazione D.M.I.T. n. 4130 del 24 dicembre 2004). La ricorrente chiedeva, previa sospensione, l'annullamento dell'atto impugnato, adducendo diversi motivi (tra i quali mancata dimostrazione e carenza della corretta funzionalita' del dispositivo elettronico; mancanza di prova in ordine alla corretta taratura della strumentazione utilizzata). Con vittoria di spese ed onorari, oltre IVA e CPA. Il giudice negava la sospensione e fissava l'udienza di comparizione delle parti. L'amministrazione opposta (Comune di Milano) si costituiva in data 30 luglio 2007 con comparsa alla quale allegava ampia documentazione, anche fotografica, e con la quale contestava in modo puntuale ed esauriente ogni motivo addotto dalla ricorrente. L'amministrazione opposta concludeva chiedendo il rigetto del ricorso e la determinazione delle sanzione pecuniaria in misura non inferiore alla meta' del massimo previsto dalla legge (pari ad € 286,50), oltre alle spese di accertamento e di notifica (pari ad € 11,00). Con vittoria delle spese processuali, sia pure in misura simbolica (misura non meglio precisata). Alla prima udienza del 25 settembre 2007 partecipava personalmente la ricorente ma nessuno partecipava per il Comune di Milano. La ricorrente, dopo aver preso atto dell'avvenuta costituzione dell'amministrazione opposta, chiedeva un breve rinvio per l'esame della comparsa avversaria. Alla successiva udienza del 30 ottobre 2007 partecipava soltanto la ricorrente la quale insisteva sulle sue domande. D i r i t t o L'opposizione e' infondata e va rigettata. Questo giudice, per le considerazioni che seguono, ritiene pero' che la sentenza non possa essere emessa senza la preventiva soluzione di una questione di legittimita' costituzionale concernente la condanna alle spese processuali della parte soccombente - espressamente chiesta dall'amministrazione opposta - e la cui pronuncia non puo' essere oggetto di un separato e distinto provvedimento giurisdizionale. Nel caso in esame l'autorita' che ha emesso l'impugnato processo verbale (Comune di Milano) si e' costituita in giudizio avvalendosi - ex art. 23, comma 4, legge n. 689/1981 - di un proprio funzionario appositamente delegato, il quale pero' non ha partecipato all'udienza di discussione. Questo giudice, in base al disposto di cui all'art 23, comma 11, della legge n. 689/1981, rigettando l'opposizione, dovrebbe condannare l'opponente al pagamento delle «spese del procedimento» il cui importo, secondo la giurisprudenza dominante, e' limitato alle «spese vive», cioe' effettivamente sostenute e debitamente documentate. Nel caso di specie, pero', l'aministrazione resistente, oltre alle spese di accertamento e di notifica (pari ad € 11,00), ha chiesto anche il riconoscimento delle spese processuali, sia pure senza determinarne l'importo. Questa ulteriore domanda dell'amministrazione resistente, pero', non ha fondamento nella vigente legislazione ordinaria ma la sua assenza deve indurre a qualche riflessione e non puo' non far sorgere seri dubbi di legittimita' costituzionale. Questa carenza normativa anche se non giustifica, di certo spiega, le scelte processuali delle pubbliche amministrazioni, in particolare dei comuni, che nei processi in materia di sanzioni amministrative regolati dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, di solito - come nel caso oggetto d'esame - non partecipano alle udienze e non di rado ignorano anche l'ordine del giudice di «depositare in cancelleria, dieci giorni prima dell'udienza fissata, copia del rapporto con gli atti relativi all'accertamento, nonche' alla contestazione o notificazione della violazione». Se e quando la pubblica amministrazione non partecipa all'udienza, anche nel caso in cui si costituisca, il contradddittorio non si svolge, non puo' svolgersi, «ad armi pari» ed il giudice, che dovrebbe essere ed apparire obiettivo ed imparziale, al cittadino appare invece come la sua vera controparte. L'assenza della pubblica amministrazione nei processi in materia di sanzioni amministrative nuoce e non poco al buon andamento e all'imparzialita' dell'amministrazione in generale e della giustizia in particolare. La citata normativa in quanto prevede che il giudice con la sentenza con la quale rigetta l'opposizione puo' o deve porre a carico dell'opponente anche le «spese del procedimento» (art. 23, comma 11, legge n. 689/1981) e cioe' soltanto le spese vive effettivamente sostenute e documentate dalla pubblica amministrazione e' quanto meno anacronistica e di dubbia legittimita' costituzionale in relazione al principio di eguaglianza (o di ragionevolezza), in considerazione della diversa normativa vigente davanti ad altri organi giurisdizionali anche quando l'ente locale e' rappresentato o assistito (non da avvocati), ma - come nel caso di specie - da propri funzionari. La disposizione di cui all'art. 15, comma 2-bis, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, concernente il processo che si svolge davanti alle Commissioni tributarie, stabilisce infatti che «Nella liquidazione delle spese ... a favore dell'ente locale, se assistito da propri dipendenti, si applica la tariffa vigente per gli avvocati e procuratori, con la riduzione del venti per cento degli onorari di avvocato ivi previsti». Non vi e' alcuna razionale giustificazione, a parere di questo giudice, per non estendere anche ai processi in materia di sanzioni amministrative - che, peraltro si svolgono davanti al giudice ordinario - l'applicazione della citata norma. A meno che non si ritenga preferibile perpetuare la situazione attuale in cui il ricorrente non viene mai condannato al pagamento delle spese processuali, neanche quando presenta ricorsi immotivati o ictu oculi infondati, mentre la pubblica amministrazione, in molti dei casi in cui il ricorrente e' assistito da un avvocato, puo'. essere condannata e - in alcuni casi - viene condannata al pagamento delle spese processuali. Trattasi di una situazione, di fatto e di diritto, forse incompatibile anche con il principio di parita' delle parti, previsto dall'art. 111, secondo comma, Cost. «Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita'...». Potrebbe peraltro sostenersi che la citata norma (art. 15, comma 2-bis, del d.lgs. n. 546/1992), sia pure in via analogica e con un'interpretazione costituzionalmente orientata, possa gia' trovare applicazione in tutti i processi in cui la pubblica amministrazione e' rappresentata o assistita da propri funzionari, ma questo giudice, considerata anche la rilevanza «politica» della questione e pur consapevole che un mutamento dello status quo possa nuocergli, ritiene che la soluzione debba passare attraverso un giudizio di legittimita' costituzionale. Pertanto la norma di cui al comma 11 dell'art. 23 della legge n. 689/1981, nella parte in cui non prevede che «Nella liquidazione delle spese ... a favore dell'ente locale, se assistito da propri dipendenti, si applica la tariffa vigente per gli avvocati e procuratori, con la riduzione del venti per cento degli onorari di avvocato ivi previsti», potrebbe essere costituzionalmente illegittima in relazione all'art. 3 (ragionevolezza) e all'art. 111, secondo comma, della Costituzione. Trattasi di questione «non manifestamente infondata» ed anche «rilevante» ai fini della decisione della presente causa perche' se la citata norma, per quanto in motivazione, fosse illegittima, questo giudice non potrebbe rigettare la domanda dell'amministrazione opposta e dovrebbe liquidare le spese processuali a favore dell'ente locale applicando la tariffa vigente per gli avvocati, sia pure con la riduzione del venti per cento degli onorari.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara, d'ufficio, «non manifestamente infondata» e «rilevante» la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 11, della legge 24 novembre 1981, n. 689 - in quanto detta norma non prevede che «Nella liquidazione delle spese a favore dell'ente locale, se assistito da propri dipendenti, si applica la tariffa vigente per gli avvocati e procuratori, con la riduzione dei venti per cento degli onorari di avvocato ivi previsti» - in relazione all'art. 3 (ragionevolezza), all'art. 111, secondo comma, (parita' delle parti), della Costituzione; Ordina che gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso; Dispone che la presente ordinanza sia notificata a cura della cancelleria alle parti (ricorrente e Comune di Milano) nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle Camere. Milano, addi' 30 ottobre 2007 Il giudice di pace: Piscitello