N. 177 ORDINANZA 19 - 23 maggio 2008

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Usi  civici  - Procedimento di legittimazione di occupazione di terre
  di  uso  civico  - Mancata previsione di termini per la conclusione
  del  procedimento e di idonee conseguenze «di definizione» nel caso
  in  cui  lo stesso si protragga oltre un certo periodo - Denunciata
  lesione  dei  principi di uguaglianza, del giusto processo, di buon
  andamento  della  pubblica amministrazione e di responsabilita' dei
  funzionari  e  dipendenti  pubblici,  nonche'  asserita lesione dei
  diritti  inviolabili dell'uomo, del diritto di difesa e del diritto
  di  proprieta'  -  Genericita' del petitum e richiesta di pronuncia
  manipolativa   in   materia  riservata  alla  discrezionalita'  del
  legislatore - Manifesta inammissibilita' delle questioni.
- Legge 16 giugno 1927, n. 1766, artt. 9 e 10; r.d. 26 febbraio 1928,
  n. 332,  artt.  25,  26  e  30;  legge  della Regione Basilicata 12
  settembre 2000, n. 57, artt. 8 e 11.
- Costituzione, artt. 2, 3, 24, 28, 42, 97 e 111.
(GU n.23 del 28-5-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Franco BILE;
Giudici:  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
   Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Franco
   GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria
   Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 9 e 10 della
legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Conversione in legge del r. decreto 22
maggio  1924,  n. 751,  riguardante il riordinamento degli usi civici
nel  Regno,  del  r.  decreto  28  agosto 1924, n. 1484, che modifica
l'art.  26 del r. decreto 22 maggio 1924, n. 751, e del r. decreto 16
maggio  1926, n. 895, che proroga i termini assegnati dall'art. 2 del
r.  decreto-legge  22  maggio  1924,  n. 751),  25, 26 e 30 del regio
decreto 26 febbraio 1928, n. 332 (Approvazione del regolamento per la
esecuzione  della  legge  16  giugno 1927, n. 1766, sul riordinamento
degli  usi  civici  del  Regno),  8  ed  11 della legge della Regione
Basilicata  12  settembre  2000, n. 57 (Usi civici e loro gestione in
attuazione  della  legge  n. 1766/1927 e r. d. n. 332/1928), promosso
con  ordinanza  del  10  maggio  2007  dal  Tribunale  di Potenza nel
procedimento  civile  vertente  tra  Ottorino  Laginestra  ed altri e
Antonia  Claps,  iscritta  al  n. 740  del  registro ordinanze 2007 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, 1ª serie
speciale, dell'anno 2007.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 16 aprile 2008 il giudice
relatore Luigi Mazzella.
   Ritenuto  che nel corso di un giudizio civile promosso da Ottorino
Laginestra  ed  altri  contro Antonia Claps per la chiusura di alcune
luci  e  vedute aperte dalla convenuta sulla proprieta' degli attori,
il  Tribunale  ordinario  di  Potenza ha sollevato, in riferimento al
«principio-valore  della certezza del diritto» e agli artt. 2, 3, 24,
28,  42,  97  e  111  della  Costituzione,  questioni di legittimita'
costituzionale degli artt. 9 e 10 della legge 16 giugno 1927, n. 1766
(Conversione  in  legge  del  r.  decreto  22  maggio  1924,  n. 751,
riguardante  il  riordinamento  degli  usi  civici  nel Regno, del r.
decreto  28  agosto  1924,  n. 1484,  che  modifica  l'art. 26 del r.
decreto  22  maggio  1924,  n. 751,  e del r. decreto 16 maggio 1926,
n. 895,   che   proroga  i  termini  assegnati  dall'art.  2  del  r.
decreto-legge  22 maggio 1924, n. 751), 25, 26 e 30 del regio decreto
26  febbraio  1928,  n. 332  (Approvazione  del  regolamento  per  la
esecuzione  della  legge  16  giugno 1927, n. 1766, sul riordinamento
degli  usi  civici  del  Regno),  8  ed  11 della legge della Regione
Basilicata  12  settembre  2000, n. 57 (Usi civici e loro gestione in
attuazione  della  legge  n. 1766/1927  e  r. d. n. 332/1928), «nella
parte  in  cui  non  prevedono  ulteriori  tempi certi ma soprattutto
conseguenze   determinate   di   definizione   della   procedura   di
legittimazione»;
     che  il  rimettente  premette che, nel corso del giudizio a quo,
sono  state sollevate eccezioni sulla legittimazione attiva e passiva
delle  parti  in  causa,  fondate sulla effettiva titolarita' sia del
terreno  sul  quale  insistono le luci e le vedute, sia di quello sul
quale  e'  stato costruito il fabbricato nel quale tali luci e vedute
sono  state  aperte,  poiche' entrambi i terreni risultano gravati da
usi civici rispetto ai quali gli attori e la convenuta hanno avanzato
a  suo  tempo  istanze di legittimazione che pero' non sono mai state
definite per motivi non imputabili alle parti;
     che,  ad  avviso  del  Tribunale  di  Potenza, sussisterebbe una
distonia tra la previsione generale di termini per la conclusione del
procedimento  amministrativo  contenuta  nella  legge  7  agosto 1990
n. 241  (Nuove  norme  in materia di procedimento amministrativo e di
diritto  di  accesso  ai  documenti amministrativi), e in particolare
nell'art.  2  di  tale legge, e la totale incertezza circa i tempi di
definizione  delle  istanze  di legittimazione riguardanti la materia
degli  usi civici, con conseguente violazione dell'art. 97 Cost., dei
principi  di  buon  andamento,  trasparenza ed efficienza dell'azione
amministrativa  e degli artt. 24 e 111 Cost., sotto il profilo «della
garanzia  del giusto processo connesso ad un giusto procedimento, non
solo normativo ma anche amministrativo»;
     che  il  giudice  a  quo aggiunge che l'art. 11 della legge reg.
Basilicata  n. 57 del 2000 (secondo il quale «gli atti amministrativi
derivanti dall'applicazione della legge n. 1766/1927 e della presente
normativa   hanno   carattere   complesso  e,  come  tali,  hanno  la
temporizzazione  stabilita  da  apposito Regolamento») contrasterebbe
con il principio di legalita' consacrato dall'art. 97 Cost;
     che,  secondo  il  rimettente,  nella  maggior parte dei casi le
istanze  di legittimazione resterebbero ignorate ovvero non definite,
con  conseguente  ingiustificata  disparita' «rispetto alla tutela di
altre  situazioni giuridiche soggettive, piu' o meno corrispondenti»,
violazione  degli  artt.  3,  24  e  111  Cost.  e pregiudizio «sulla
configurazione  esatta  del  diritto di proprieta' ex art. 42 Cost. e
sulla sua difesa ex art. 24 Cost.»;
     che,   ad   avviso  del  Tribunale,  sarebbe  dunque  necessario
«stabilire  si'  un termine finanche maggiore rispetto ai canonici 90
giorni  (e quindi non necessariamente parificato o ridotto), operando
con  i  parametri  della  legge  sul  procedimento amministrativo, ma
soprattutto   idonee   conseguenze   per   la  mancata  adozione  del
provvedimento,  se  dovuto,  al  solo  fine  di  porre rimedio ad una
situazione  di  stallo  amministrativo  del non-decidere, che risulta
diffusa   in   ambito  nazionale  e  genera  incomprensione  in  sede
giudiziaria,  per  il  soddisfacimento  di  tali diritti inviolabili,
storicamente  determinatisi,  riconducibili  indubbiamente nel novero
dell'art.  2  Cost.,  violato  al  pari  degli  artt. 3, 24, 97 e 111
Cost.»;
     che  il  giudice  a  quo aggiunge che la mancata definizione del
procedimento  di  legittimazione  comporta  anche l'impossibilita' di
riscossione,  da parte dell'ente competente, del relativo canone, con
conseguente violazione dell'art. 28 della Costituzione;
     che  il  rimettente  afferma  che  la  rilevanza della questione
discende   dalla  situazione  di  incertezza  che  si  determina  con
riferimento ad istanze di legittimazione non definite, incertezza che
comporterebbe l'adozione - nel giudizio principale - di una pronuncia
di difetto di legittimazione;
     che  e'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  che,  in  via preliminare, eccepisce l'inammissibilita' della
questione  per  mancanza  di  motivazione  con  riferimento  sia alla
rilevanza (poiche', sul punto, il rimettente si e' limitato a dedurre
che  sono pendenti numerose istanze di legittimazione non definite in
tempi certi per situazioni imputabili alla pubblica amministrazione),
sia  alla non manifesta infondatezza (perche' il giudice a quo non ha
motivato  sui  profili  di  contrasto  delle  norme  censurate  con i
parametri costituzionali evocati);
     che,  nel  merito,  il  Presidente  del  Consiglio  dei ministri
conclude  nel senso dell'infondatezza della questione, sostenendo che
la  Corte  costituzionale  l'ha  gia' dichiarata inammissibile con la
sentenza  n. 46  del 1995 e con le ordinanze n. 117 del 1995 e n. 391
del  1998  e  che  il  rimettente  non  ha  dedotto  nuovi profili di
illegittimita' costituzionale.
   Considerato  che  il  Tribunale  ordinario  di  Potenza dubita, in
riferimento  al  «principio-valore della certezza del diritto» e agli
artt.  2,  3,  24,  28,  42,  97  e  111  della  Costituzione,  della
legittimita'  costituzionale degli artt. 9 e 10 della legge 16 giugno
1927,  n. 1766  (Conversione  in legge del r. decreto 22 maggio 1924,
n. 751,  riguardante il riordinamento degli usi civici nel Regno, del
r.  decreto  28  agosto  1924, n. 1484, che modifica l'art. 26 del r.
decreto  22  maggio  1924,  n. 751,  e del r. decreto 16 maggio 1926,
n. 895,   che   proroga  i  termini  assegnati  dall'art.  2  del  r.
decreto-legge  22 maggio 1924, n. 751), 25, 26 e 30 del regio decreto
26  febbraio  1928,  n. 332  (Approvazione  del  regolamento  per  la
esecuzione  della  legge  16  giugno 1927, n. 1766, sul riordinamento
degli  usi  civici  del  Regno),  8  ed  11 della legge della Regione
Basilicata  12  settembre  2000, n. 57 (Usi civici e loro gestione in
attuazione  della  legge  n. 1766/1927  e  r. d. n. 332/1928), «nella
parte  in  cui  non  prevedono  ulteriori  tempi certi ma soprattutto
conseguenze   determinate   di   definizione   della   procedura   di
legittimazione»;
     che   il   giudice   a   quo  ritiene  che  le  predette  norme,
disciplinanti  il procedimento amministrativo di legittimazione delle
terre   di   uso   civico,   contrastino  con  gli  evocati  precetti
costituzionali,  perche'  esse  non  prevedono  ne'  termini  per  la
conclusione  della  procedura,  ne'  conseguenze «di definizione» nel
caso in cui il procedimento si protragga oltre un certo termine;
     che il rimettente, non individuando il termine di durata massima
del   procedimento   che   sarebbe  costituzionalmente  imposto,  ne'
specificando  quali  dovrebbero  essere  le conseguenze della mancata
tempestiva  adozione  del provvedimento conclusivo della procedura da
parte dell'amministrazione, non precisa quale intervento della Corte,
tra   i  molti  astrattamente  concepibili,  potrebbe  assicurare  la
compatibilita'   di  tale  disciplina  con  le  norme  costituzionali
evocate;
     che,  sia nell'individuare il termine entro il quale deve essere
necessariamente    concluso   il   procedimento   amministrativo   di
legittimazione,  sia  nello  stabilire  le  conseguenze  dell'inerzia
dell'amministrazione,     il    legislatore    gode    di    un'ampia
discrezionalita';
     che  la  questione  e'  dunque manifestamente inammissibile, sia
perche'  con  essa  si richiede alla Corte una pronuncia manipolativa
non   costituzionalmente   vincolata   in   materia   riservata  alla
ragionevole  discrezionalita' del legislatore, sia per la genericita'
del petitum.
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
              Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita'  costituzionale degli artt. 9 e 10 della legge 16 giugno
1927,  n. 1766  (Conversione  in legge del r. decreto 22 maggio 1924,
n. 751,  riguardante il riordinamento degli usi civici nel Regno, del
r.  decreto  28  agosto  1924, n. 1484, che modifica l'art. 26 del r.
decreto  22  maggio  1924,  n. 751,  e del r. decreto 16 maggio 1926,
n. 895,   che   proroga  i  termini  assegnati  dall'art.  2  del  r.
decreto-legge  22 maggio 1924, n. 751), 25, 26 e 30 del regio decreto
26  febbraio  1928,  n. 332  (Approvazione  del  regolamento  per  la
esecuzione  della  legge  16  giugno 1927, n. 1766, sul riordinamento
degli  usi  civici  del  Regno),  8  ed  11 della legge della Regione
Basilicata  12  settembre  2000, n. 57 (Usi civici e loro gestione in
attuazione  della legge n. 1766/1927 e r. d. n. 332/1928), sollevata,
in  riferimento  al  «principio-valore  della certezza del diritto» e
agli  artt.  2,  3,  24,  28,  42,  97  e 111 della Costituzione, dal
Tribunale ordinario di Potenza con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 maggio 2008.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Mazzella
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 23 maggio 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola