N. 184 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 luglio - 18 settembre 2008

Ordinanza  del  18  settembre  2007  emessa  dal  Giudice  di pace di
Gragnano  nel  procedimento  civile promosso da Alfano Carmela contro
G.O.R.I. S.p.A.

Acque  e  acquedotti  -  Servizio idrico integrato - Quota di tariffa
  riferita  al  servizio  di  pubblica  fognatura  e di depurazione -
  Debenza  da parte degli utenti anche se la fognatura sia sprovvista
  di   impianti   centralizzati   di   depurazione   o  questi  siano
  temporaneamente inattivi - Destinazione dei relativi proventi ad un
  fondo  vincolato  per  la realizzazione e gestione degli impianti -
  Incidenza   sul   diritto   inviolabile  dell'individuo  ad  essere
  considerato  soggetto  di  diritto  -  Discriminazione in danno dei
  cittadini  che  versano  il  canone  senza  fruire  del servizio di
  depurazione  -  Lesione  del  diritto  alla salute - Violazione dei
  limiti  costituzionalmente imposti all'esplicazione dell'iniziativa
  economica  privata  - Imposizione di una sorta di tassa sine titulo
  per finalita' generica ed astratta.
- Legge  5  gennaio  1994,  n. 36,  art. 14, comma 1, come modificato
  dall'art. 28 della legge 31 luglio 2002, n. 179.
- Costituzione, artt. 2, 3, 32, 41 e 97.
(GU n.26 del 18-6-2008 )
                         IL GIUDICE DI PACE
   Ha  emesso  la  seguente  ordinanza nella causa civile iscritta al
n. 5880/04 del Ruolo Generale Affari Civili dell'anno 2004 tra Alfano
Carmela,  rappresentato  e  difeso  dagli  avv. Salvatore Caligiuri e
Alessandro   Indipendente,  presso  cui  elettivamente  domicilia  in
Gragnano,  alla via Vittorio Veneto n. 146, giusta procura alle liti,
attore  e  G.O.R.I. S.p.A. in persona del legale rapp. te pro tempore
elettivamente  domiciliata  in  Sorrento,  alla via Fuorimura n.20/b,
presso lo studio degli avv. Ferdinando Pinto, Giulio Renditiso e Rosa
Persico  dai  quali  e'  rapp.ta  e  difesa giusta procura alle liti,
convenuta.
   Letti gli atti di causa;
   Considerato  che:  con atto di citazione regolarmente notificato ,
la sig.ra Alfano Carmela evocava innanzi a questo Giudice la G.O.R.I.
S.p.A.,  esponendo  in  fatto  che, essendo ella titolare dell'utenza
idrica  n. 2401  06163, relativa all'immobile sito a Gragnano, in via
Vena  della  Fossa n. 9, aveva provveduto al pagamento della somma di
Euro  128  a titolo di canone di depurazione per l'anno 2003, a mezzo
versamento  sul  c.c.  postale  n. 39268578  intestato  alla G.O.R.I.
S.p.A.,  societa'  subentrata  nella  gestione  del  servizio  idrico
integrato al comune di Gragnano.
   L'attrice,  sempre  in  punto  di fatto, affermava che la societa'
convenuta  aveva  richiesto  il  pagamento  del canone di depurazione
nella  fattura  n. 005532A/G  del  26  luglio  2004,  pur  non avendo
effettuato  ne'  potendo  effettuare il servizio di depurazione delle
acque   reflue,   per  essere  notoriamente  carente  degli  appositi
impianti.
   In  diritto,  l'attrice asseverava la giurisdizione dell'Autorita'
giudiziaria  ordinaria in quanto, come peraltro confermato da diverse
pronunce   della   Cassazione   SS.UU.  (ex  plurimis  Cass.,  SS.UU.
n. 8522/02),  a  seguito dell'introduzione del d.lgs. n. 258/2000 (di
correzione  ed  integrazione  del  precedente d.lgs. n. 152/1999), e,
piu'  specificamente,  a  seguito  dell'introduzione dell'art. 24 del
cennato  d.lgs.  n. 258/2000 di modifica ed integrazione dell'art. 62
d.lgs.  n. 152/1999,  a  partire  dal  3  ottobre  2000, il canone di
depurazione aveva perso la natura tributaria, sicche', dalla suddetta
data, aveva assunto valore di corrispettivo di diritto privato.
   L'attrice,    continuando   la   sua   prospettazione   giuridica,
soggiungeva  che  il  canone  di  depurazione,  essendo sprovvisto di
connotazione  tributaria, rappresentava ormai il corrispettivo di una
prestazione   complessa   correlata   all'approvvigionamento  idrico,
civilisticamente   sussumibile  nella  disciplina  del  contratto  di
somministrazione,   e   che,   proprio  in  virtu'  della  fisionomia
tariffaria  del canone di depurazione, in assenza della fruizione del
servizio per la depurazione delle acque reflue, non poteva che aversi
diritto alla restituzione delle somme pagate a tale titolo.
   A  sostegno  delle sue tesi, l'attrice ribadiva che tale principio
di   diritto   privatistico  era  stato  fatto  proprio  anche  dalla
giurisprudenza   tributaria,   menzionando   all'uopo   la   sentenza
n. 319/2001  della  Commissione  tributaria  di  Milano,  nella quale
veniva  statuito  che  «nessuno  e' tenuto al pagamento di un tributo
quale  corrispettivo  di  un  servizio  non  reso  e  non  ha rilievo
sostenere  che  il  corrispettivo  sarebbe  comunque  dovuto  per  la
raccolta di fondi per attirare detto servizio in futuro».
   Per  tutto  quanto  detto, l'attrice chiedeva alla giustizia adita
che venisse accertata per l'anno 2003, la non debenza della quota del
servizio  idrico  integrato  corrispondente  al canone di depurazione
delle  acque  reflue,  e  che,  per  l'effetto, la societa' convenuta
venisse  condannata  alla  restituzione  delle  somme  pagate  a tale
titolo.
   Costituitasi   in   giudizio,   la   societa'  convenuta  chiedeva
innanzitutto  che  il  giudice  di  pace,  al  lume delle innovazioni
introdotte  dal  d.l.  n. 18/2003,  decidesse la controversia secondo
diritto e non secondo criteri equitativi.
   La  societa'  convenuta  poi,  citando giurisprudenza al riguardo,
resisteva  in giudizio asserendo che anche in assenza del depuratore,
in  base  alla  disposizione di cui all'art. 14, comma 1, della legge
n. 36/1994   (legge   Galli),   quand'anche   si   fosse   avuta   la
trasformazione  della  natura del canone di depurazione da tributaria
in  tariffaria,  l'obbligazione  di corrispondere il canone risultava
comunque  inderogabile  per  espressa  previsione  di  legge,  e cio'
indipendentemente   dalla   sussistenza   o   meno   di  un  servizio
corrispettivo.
   Concludeva  quindi  per il rigetto della domanda attorea in quanto
infondata.
   Nel  corso  del  giudizio,  il giudice di pace adito sospendeva il
giudizio  in  virtu' della sollevazione in un altro giudizio analogo,
della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1,
legge n. 36/1994.
   Con  ordinanza n. 262/2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il
12  luglio  2006,  la Corte costituzionale rigettava la questione per
manifesta infondatezza, a causa della insufficiente descrizione della
fattispecie posta alla sua attenzione.
   In  seguito  a  tempestivo  atto  di  prosecuzione  del  giudizio,
l'attrice  proseguiva  la  causa  incardinata,  per  la  quale veniva
fissata l'udienza del 26 aprile 2007.
   Nel  corso delle predetta udienza, il giudice di pace si riservava
sulla  richiesta  di parte attrice di sollevazione della questione di
legittimita'  costituzionale dell'art. 14, comma 1, legge n. 36/1994,
come modificato dall'art. 28, legge n. 179/2002.
   Con  il presente provvedimento, sciogliendo la riserva, il giudice
adito,  vagliate  approfonditamente  le  motivazioni  della richiesta
attorea,   solleva   la   questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art.  14,  comma  1  della  legge  n. 36/1994,  come  modificato
dall'art.  28,  legge  n. 179/2002, nella parte in cui stabilisce che
«La  quota di tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura e di
depurazione e' dovuta dagli utenti anche nel caso in cui la fognatura
sia  sprovvista  di  impianti  centralizzati  di depurazione o questi
siano  temporaneamente  inattivi. I relativi proventi, determinati ai
sensi  dell'art.  3,  commi da 42 a 47, della legge 28 dicembre 1995,
n. 549,  aumentati  della  percentuale  di  cui  al  punto  2.3 della
delibera  CIPE  4  aprile  2001,  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
n. 165  del  18  luglio  2001,  affluiscono  a  un  fondo vincolato a
disposizione  dei  soggetti  gestori del Servizio idrico integrato la
cui utilizzazione e' vincolata alla attuazione del piano d'ambito».
                      Rilevanza della questione
   In primis, si ribadisce che il giudice rimettente e' assolutamente
competente  a  sollevare  la questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  14,  comma  1, legge n. 36/1994, come modificato dall'art.
28,   legge   n. 179/2002,   in   relazione  alla  sussistenza  della
giurisdizione ordinaria per la lite introdotta dall'attrice.
   Difatti,  per  giurisprudenza  costante, sussiste la giurisdizione
del  giudice ordinario e non piu' quella delle commissioni tributarie
(per  tutte  Cass.,  sez. unite n. 6418/2005), ogni qualvolta la lite
giudiziaria  sia  relativa  alla  non debenza o alla restituzione del
canone  di  depurazione  per un periodo successivo al 3 ottobre 2000,
sino alla quale data il canone ha conservato la natura di tributo.
   Pertanto,  siccome  la  controversia sottoposta all'attenzione del
giudice  di pace adito, ha ad oggetto la non debenza e la conseguente
restituzione del canone di depurazione pagato per l'anno 2003, questo
giudice  di pace e' assolutamente competente ad invocare l'intervento
della Corte costituzionale.
   Cio'  detto,  la  definizione  del  giudizio  di costituzionalita'
dell'art.  14,  legge  n. 36/1994,  come  modificato dall'art. 28, 31
luglio  2002,  n. 179,  e' assolutamente rilevante per la risoluzione
della  controversia,  in  quanto la predetta norma rappresenta sia la
disposizione   che  dovra'  essere  applicata  in  giudizio,  sia  il
riferimento    normativo   indispensabile   per   il   merito   della
controversia.
   Sul  punto  dell'applicazione  in  giudizio  dell'art.  14,  legge
n. 36/1994, come modificato nel 2002, occorre dire che la materia del
canone  di  depurazione era disciplinata fino al 2 ottobre 2000 dagli
articoli  16  e  17  della legge 10 maggio 1976, n. 319, mantenuti in
vigore  per  tale  periodo  dall'art.  62,  commi  5 e 6, del decreto
legislativo 11 maggio 1999, n. 152.
   Dal  3  ottobre del 2002 sino al 27 agosto del 2002, la disciplina
del  canone di depurazione e' stato regolamentata dall'art. 14, comma
1, legge n. 36/1994, nella sua formulazione originaria.
   Dal  28  agosto  2002  fino  al  28  aprile  2006,  il  canone  di
depurazione  e'  stato  invece  regolamentato  dall'art. 14, comma 1,
legge  n. 36/1994,  cosi' come modificato dall'art. 28 della legge 31
luglio  2002,  n. 179, successivamente abrogato con decorrenza dal 29
aprile  2006,  dall'art.  175,  comma  1,  lettera  u),  del  decreto
legislativo   3   aprile   2006,   n. 152,.   (v.  Corte  cost.  ord.
n. 262/2006).
   Di  conseguenza,  visto  che  nel  caso di specie si chiede la non
debenza e la restituzione del canone di depurazione pagato per l'anno
2003, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma
1,  legge n. 36/1994, come modificato dall'art. 28 legge n. 179/2002,
e'  oltremodo  rilevante,  sia  perche'  e'  la predetta disposizione
normativa ad essere applicata nella controversia, attesa la sua sfera
di  operativita'  al periodo intercorrente tra il 28 febbraio 2002 al
28  aprile  2006,  sia  perche' nel merito della lite, e' ad essa che
occorre far riferimento per la decisione della causa.
             Non manifesta infondatezza della questione
   La  presente  questione  di  legittimita'  costituzionale  non  e'
manifestamente  infondata,  visto che la disposizione di legge di cui
si  chiede  lo  scrutinio,  appare in evidente contrapposizione con i
dettami costituzionali, per tutti i motivi che appresso si elencano.
1) Violazione dell'art. 2 della Costituzione.
   Una  disposizione  di  legge ordinaria che imponga il pagamento di
una  prestazione anche in assenza dell'erogazione del servizio per il
quale  essa e' chiesta, importa l'aggressione del diritto inviolabile
alla  qualificazione  dell'individuo come soggetto di diritto, dotato
in  quanto tale, ai sensi dell'art. 2 Cost., di una fascia di diritti
inalienabili   e   irriducibili   nei  riguardi  sia  della  pubblica
amministrazione che dei soggetti privati.
   Orbene,   l'art.   14,   comma  1  della  legge  n. 36/1994,  come
modificato,  statuendo  il  pagamento del canone di depurazione senza
che  ad  esso  sia  sotteso  il  relativo servizio, nonostante sia la
stessa trasformazione del canone da tributo in tariffa ad esigere una
prestazione   economica   dal   cittadino   solo  in  cambio  di  una
controprestazione,  contrasta con la garanzia di. soggetto di diritto
che l'art. 2 della Costituzione riconosce ad ogni cittadino.
   La predetta norma costituzionale, difatti, affermando la posizione
giuridica  della  persona  umana  in  quanto  soggetto di diritto, ne
esclude   la   soggezione  ad  ogni  forma  di  potere  arbitrario  e
persecutorio, compreso quello che impone una prestazione patrimoniale
in assenza della relativa controprestazione.
   Pertanto,  come  e'  stato  modificato,  l'art. 14, comma 1, della
legge  n. 36/1994  soppianta l'irrinunciabile dignita' di soggetto di
diritto    in    favore    dell'importanza   del   suddito,   vessato
dall'imposizione iniqua di poteri autoritari.
   Ne'  puo' dirsi in contrario che l'art. 14 della legge n. 36/1994,
stabilendo che i proventi del canone di depurazione «affluiscono a un
fondo  vincolato  a  disposizione  dei  soggetti gestori del Servizio
idrico  integrato  la  cui utilizzazione e' vincolata alla attuazione
del  piano  d'ambito»,  contribuisca  a  far  si che il cittadino, un
giorno!!!!,  possa avere i servizi che gli competono dietro pagamento
del corrispettivo in denaro.
   Difatti,  ragionare  in  tal modo, significa differire sine die la
realizzazione  della  qualita'  di  soggetto di diritto, in quanto il
testo modificato dell'art. 14 della legge n. 36/1994, prevedendo, per
legge, un limite temporale oltre il quale non sia possibile procedere
alla  riscossione  del canone di depurazione in assenza del servizio,
rimette  al  mero  arbitrio  degli  amministratori  locali,  deputati
all'applicazione  della norma, la cessazione del pagamento del canone
in assenza del depuratore.
   Questo  perche' l'art. 14 della legge n. 36/1994, come modificato,
sottraendo  alla  legge ogni controllo sul rispetto delle garanzie di
cui  all'art.  2  Cost.,  deferisce alle valutazioni di «convenienza»
degli   amministratori  locali,  sia  la  durata  dei  sacrifici  dei
cittadini costretti a pagare il canone in assenza del depuratore; sia
il  tempo  di realizzazione del diritto dei cittadini stessi a godere
dei  servizi  pubblici;  sia in definitiva, la concretizzazione della
garanzia  costituzionale  di  soggetto  di diritto propria di ciascun
cittadino.
   Quanto  prospettato,  si e' concretamente verificato nel Comune di
Gragnano  e  in  tanti  altri  ancora,  ove  dopo  quindici  anni  di
riscossione  del  canone  di depurazione, non si e' ancora provveduto
alla  costituzione  del  depuratore  e  all'erogazione  del  relativo
servizio.
   Conseguentemente, l'art. 14, comma 1, della legge n. 36/1994, come
modificato,  e'  in  contrasto con l'art. 2 della Costituzione, visto
che  la  suddetta  nonna,  sia  nel  presente  che  nel  futuro,  non
garantisce  la dignita' di soggetto di diritto al cittadino, che, pur
pagando il canone di depurazione, non fruisce del relativo servizio.
2) Violazione dell'art. 3 della Costituzione.
   L'art.  14,  comma  1,  legge  n. 36/1994,  come  modificato,  nel
prescrivere   l'obbligo   di  corresponsione  della  tariffa  per  la
depurazione  nonostante  siano  carenti  o non funzionanti i relativi
impianti,  attua  una  inaccettabile  discriminazione  tra coloro che
pagano  la tariffa in presenza di un impianto di depurazione e coloro
che,  pur  pagando,  non  godono  del  relativo  servizio perche' non
funzionante o inesistente.
   Per   cui,   ne   risulta   chiaro  il  contrasto  della  suddetta
disposizione  normativa,  sia  con  la  posizione  di uguaglianza dei
cittadini  innanzi  alle legge; sia con il principio di pari dignita'
sociale; sia con la necessita' di rimuovere quegli ostacoli di ordine
economico   e   sociale   che,  limitando  di  fatto  la  liberta'  e
l'eguaglianza  dei  cittadini,  impediscono  il  pieno sviluppo della
persona umana in quanto tale, vale a dire come soggetto di diritto.
   Ne' vale argomentare che il principio di uguaglianza e' assicurato
dal  fatto  che  il pagamento della tariffa in assenza di un servizio
attuale, consentira' di reperire i fondi per la futura esecuzione dei
servizi  di  depurazione  in  favore di coloro che attualmente non ne
fruiscono, che cosi' risulteranno parificati a quelli che attualmente
godono del servizio del depuratore in cambio del canone corrisposto.
   Difatti,  i  cittadini  costretti  a pagare per avere in futuro il
servizio  di  depurazione,  inevitabilmente  verrebbero  trattati  in
maniera   diseguale   rispetto  agli  altri  cittadini  che  pagando,
fruiscono attualmente del corrispondente servizio.
   Inoltre, l'art. 14, comma 1, legge n.. 36/1994 come modificato nel
2002,  non  prevedendo  alcun  limite  temporale  alla cessazione del
pagamento  della  tariffa  senza il corrispondente servizio, non crea
nemmeno   per   il   futuro   le   garanzie  giuridiche  per  colmare
l'ineguaglianza attuale.
   Questo   perche'   l'eliminazione  di  ogni  sperequazione  tra  i
cittadini che godono del servizio in cambio del pagamento del canone,
e  quelli  che  pur  pagando,  non  ricevono  il servizio, e' rimessa
dall'art.   14   della   legge  Galli,  come  modificato,  alla  mera
discrezionalita'     degli     amministratori     locali     deputati
all'applicazione  della  norma,  i  quali, in tal modo, risultano gli
unici arbitri sia della durata dei sacrifici dei cittadini, costretti
a  pagare  il  canone  in  assenza  del  depuratore; sia del tempo di
realizzazione  del  diritto dei cittadini stessi a godere dei servizi
pubblici.
   Conseguentemente,  l'art.  14,  comma  1,  legge  n. 36/1994, come
modificato,  e' in contrasto con l'art. 3 della costituzione, poiche'
sia  nel  presente che nel futuro non garantisce la realizzazione del
principio di uguaglianza dei cittadini.
3) Violazione dell'art. 32 della Costituzione.
   L'art. 14, legge n. 36/1994, come modificato nel 2002, viola anche
il  disposto  di  cui all'art. 32 Cost., che sancisce il diritto alla
salute dell'individuo.
   La  sua  formulazione  incoraggio  il lassismo degli Enti locali a
spese   della   salute  dei  cittadini  e  delle  future  generazioni
danneggiate dall'inquinamento che ne scaturisce.
4) Violazione dell'art. 41 della Costituzione.
   Considerando  che la gestione delle risorse idriche, come nel caso
di  specie,  puo'  essere  affidata  anche  ad  un  ente  privato, e'
inevitabile  che l'art. 14, comma 1, legge n. 36/1994 come modificato
nel  2002  sia  ulteriormente  illegittimo,  in  quanto,  la G.O.R.I.
S.p.A.,  imponendo  il  pagamento  di  una tariffa pur in assenza del
servizio di depurazione, espleta una attivita' economica in contrasto
con la dignita' umana e l'utilita' sociale.
   Oltretutto,   i   valori   intangibili   della  dignita'  umana  e
dell'utilita'   sociale   di  cui  sopra,  risultano  ancor  di  piu'
compromessi dalla mancata previsione normativa di un limite temporale
alla  cessazione  del pagamento della tariffa senza il corrispondente
servizio,  oltre  che  dalla rimessione del predetto limite temporale
esclusivamente alla mera discrezionalita' degli amministratori locali
deputati all'applicazione della norma, che in tal modo, risultano gli
unici arbitri sia della durata dei sacrifici dei cittadini, costretti
a  pagare  il  canone  in  assenza  del  depuratore; sia del tempo di
realizzazione  del  diritto dei cittadini stessi a godere dei servizi
pubblici; sia in definitiva, della dignita' umana di ogni cittadino.
Violazione dell'art. 97 della Costituzione.
   Il tenore dell'art. 14, legge n. 36/1994 come modificato nel 2002,
consente  d'imporre  ai cittadini una sorta di «tassa sine titulo» la
cui  finalizzazione  ad  una  futura esecuzione degli impianti appare
generica   ed  astratta  (ancora  oggi,  dopo  15  anni,  si  attende
quantomeno la predisposizione del sevizio di depurazione).
                              P. Q. M.
   Sospende il presente procedimento;
   Ordina  l'immediata  trasmissione, a cura della cancelleria, degli
atti  alla  Corte costituzionale, per la decisione della questione di
legittimita' come sopra sollevata;
   Manda  alla  segreteria  di  notificare la presente ordinanza alle
parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri e di comunicarla ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento.
   Cosi' deciso in Gragnano, il 20 luglio 2007
                     Il giudice di pace: Benigno