N. 187 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 - 25 marzo 2008

Ordinanza del 25 marzo 2008 emessa dal Corte d'appello di Brescia nel
procedimento penale a carico di C.R.

Processo  penale  -  Appello - Modifiche normative recate dalla legge
  n. 46/2006  -  Possibilita'  per  il pubblico ministero di proporre
  appello contro le sentenze di non luogo a procedere - Preclusione -
  Definizione  del giudizio con sentenza non soggetta ad impugnazione
  -  Violazione del principio di ragionevolezza e del principio della
  parita'   delle   parti   -  Richiamo  alle  sentenze  della  Corte
  costituzionale nn. 26/2007 e 320/2007.
- Codice  di  procedura penale, art. 428, come sostituito dall'art. 4
  della legge 20 febbraio 2006, n. 46.
- Costituzione, artt. 3 e 111.
(GU n.26 del 18-6-2008 )
                         LA CORTE DI APPELLO
   Pronuncia   la   seguente   ordinanza   nel   procedimento  penale
n. 2403/2007  a  carico  di  C.R., nato ad A.M. (BI) il con domicilio
eletto  presso  lo studio del difensore di fiducia dall'avv. C.C. del
foro  di Busto Arsizio: sull'eccezione di legittimita' costituzionale
della  norma  dell'art.  428 c.p., come modificato dall'art. 4, legge
n. 46/2006  per  contrasto  con  le  norme  degli artt. 111 e 3 della
Costituzione,  sollevata  dal Procuratore generale, sentita la difesa
che  ha  instato  per  la  dichiarazione  di  manifesta  infondatezza
dell'eccezione,
                            O s s e r v a
   Il  Giudice  dell'udienza  preliminare del Tribunale di Brescia ha
pronunciato sentenza di non luogo a procedere nei confronti di C. R.,
sostituto  procuratore della Repubblica di Busto Arsizio, imputato di
tentata concussione di' tentata ai danni dell'avv. B.M.
   Nell'ambito  di  indagini  che  riguardavano  altri soggetti erano
emerse intercettazioni telefoniche che riguardavano anche il predetto
magistrato  ed  in  particolare  da  una  telefonata risultava che lo
stesso  si  era  rivolto  all'avv.  B.  da  lui  ritenuto  il  legale
dell'avversario  di  tale  D.M.  industriale legato al C. da profonda
amicizia,  dicendogli  testualmente in relazione alla causa civile di
lavoro  alla  quale  era  interessato  il  D.M.:  «Dobbiamo  fare una
transazione...   il   suo   avversario   e'  la  D.M.  industrie»  ed
aggiungendo:  «Faccia  conto  che  dall'altra  parte ci sono io... la
chiudiamo».  L'avv. B. aveva risposto che non si ricordava del caso e
che  forse  se ne occupava un suo collega di studio, l'avv. G. al che
il C. aveva replicato: «Va beh, la togliamo a G. e la seguiamo noi...
la chiudiamo».
   Successivamente  emergeva  che in realta' l'avv. B. tutelava nella
causa  civile  di  lavoro  proprio il D.M. per cui il C. pochi giorni
dopo  in  un'altra  telefonata  sentiva  nuovamente  il  legale e gli
chiedeva  di  non  considerare  oltre  quella richiesta che gli aveva
formulata.
   Sulla  base  di queste emergenze processuali il g.u.p. ha ritenuto
che  astrattamente  i  fatti  concretizzino  il reato ascritto, ma ha
affermato  che  nella  specie  il  fatto  non e' punibile, versandosi
nell'ipotesi  del  reato impossibile, perche' il C. per esercitare la
sua  pressione  si era rivolto all'avvocato che erroneamente riteneva
fosse  il  legale  dell'avversario  dell'amico D.M. quando invece era
proprio   il  legale  di  quest'ultimo.  Secondo  la  decisione  oggi
impugnata  non  si verifica nella specie la lesione del bene protetto
dalla norma dell'art. 317 c.p. e l'azione non e' idonea a determinare
l'evento lesivo.
   Avverso  la  sentenza di non luogo a procedere ha proposto appello
il  Procuratore  generale,  in primo luogo sollevando la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  428  c.p.p. come attualmente
formulato  in  seguito  alla  novella  contenuta  nell'art.  4, legge
n. 46/2006,  nella  misura  in cui esclude l'appello dell'ufficio del
p.m.  avverso  la  sentenza  di non luogo a procedere del g.u.p., per
contrasto con gli artt. 111 e 3 della Costituzione.
   Sostiene il p.g. che la norma impedisce al p.m. di proporre le sue
lagnanze  fondate  su  vizi di merito suscettibili di valutazione nel
giudizio  di appello. Richiama le pronunce della Corte costituzionale
che  fanno riferimento alla necessita' di ragionevole giustificazione
per  i  casi di limitazione della facolta' di impugnazione, del tutto
assenti   nello   specifico,   creando  disparita'  tra  le  facolta'
rispettive  delle parti. Ravvisa inoltre l'irrazionalita' della norma
che  esclude  il  potere  del  p.m.  di impugnare una decisione a lui
totalmente  sfavorevole,  mentre  sussiste  il potere di impugnare le
sentenze di condanna (art. 443, comma 3 c.p.p.).
   Nel  merito  il  p.g.  appellante richiama la giurisprudenza della
Corte  di cassazione in ordine al concetto di inidoneita' dell'azione
al  fine  della  configurazione del reato impossibile, situazione non
ravvisabile nella fattispecie, e chiede pertanto il rinvio a giudizio
del  C. per rispondere del reato di tentata concussione sulla base di
un rinnovato capo di imputazione.
   Sentite  le  parti  all'odierna  udienza  camerale, a scioglimento
della   riserva   formulata,   la   Corte  ritiene  la  questione  di
legittimita' costituzionale rilevante e non manifestamente infondata.
   La  rilevanza  deriva  dalla  considerazione che alla fondatezza o
meno  dell'eccezione  consegue la prosecuzione del giudizio ovvero la
sua cessazione per inammissibilita' dell'impugnazione.
   La  non  manifesta infondatezza viene affermata sulla scorta delle
decisioni della Corte costituzionale in data 6 febbraio 2007, n. 26 e
20   luglio  2007,  n. 320,  che  hanno  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale  delle  norme  degli  artt.  593  e  443  c.p.p.  come
novellate  dalla  legge n. 46/2006 per contrasto con l'art. 111 della
Costituzione,  sotto  il  profilo che l'esclusione della facolta' del
p.m.  di  appellare  le  sentenze di assoluzione e di proscioglimento
viola  il  principio  stabilito nell'art. 111, secondo comma Cost. di
parita'  delle  parti processuali senza che sia ravvisabile una ratio
giustificatrice ovvero la corrispondenza con esigenze di funzionale e
corretta  esplicazione della giustizia penale, ed esorbita dai limiti
della ragionevolezza.
   L'art.  428  c.p.p. nell'attuale formulazione prevede l'esclusione
della  facolta'  del  p.m.  di  appellare  le sentenze di non luogo a
procedere pronunciate dal giudice dell'udienza preliminare e la norma
attiene  a  decisioni  che  non  sono  assimitabili  alle sentenze di
assoluzione  ne'  alle  sentenze  di proscioglimento, .come affermato
dalla  giurisprudenza  del  S.C. (cfr. Cass., sez. I, 22 maggio 2007,
Muto).
   Il  contrasto  con l'art. 111, secondo comma della Costituzione e'
chiaramente ravvisabile anche per l'art. 428 c.p.p. in relazione alle
sentenze  di  non  luogo  a  procedere,  norma  sulla  quale la Corte
costituzionale non ha ancora espressa la sua valutazione.
   Non   va  trascurata  del  resto  nemmeno  la  considerazione  che
l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 428 c.p.p. puo' ravvisarsi
anche  in  relazione  al disposto dell'art. 3 della Costituzione, per
irragionevolezza  della disposizione, non ricorrendo validi motivi di
giustificazione  alla limitazione della facolta' del p.m. di proporre
appello  nemmeno  in questo caso, tra l'altro, come e' stato rilevato
in  altra sede, creandosi una situazione di incongruita' nella misura
in  cui  esclude  la  facolta' di appello del p.m. in una fattispecie
nella  quale  e'  totalmente soccombente, quando la stessa e' ammessa
laddove lo e' solo parzialmente (art. 443, comma 3 c.p.p.).
   Il  procedimento  in  corso deve essere sospeso e conseguentemente
viene sospeso anche il decorso del termine di prescrizione del reato,
ai sensi dell'art. 159, comma 1 c.p.p..
P. Q. M.
   Visto l'art. 23, legge n. 87/1953, dichiara rilevante nel presente
giudizio  e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art.  428  c.p.p.,  come modificato dall'art. 4,
legge  20 febbraio 2006, n. 46, in relazione agli artt. 111 e 3 della
Costituzione,  nella parte in cui non consente l'appello del pubblico
ministero  avverso  le sentenze di non luogo a procedere ed impone la
definizione del giudizio con sentenza non soggetta ad impugnazione.
   Dispone  che  gli  atti  siano immediatamente trasmessi alla Corte
costituzionale, che la presente ordinanza sia notificata alle parti e
ne  sia  dato  avviso  al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai
Presidenti del Senato e della Camera dei deputati.
   Dispone  altresi' la sospensione del procedimento e dei termini di
prescrizione del reato ascritto all'imputato Craveia Roberto.
     Brescia, addi' 17 marzo 2008
                   Il Presidente relatore: Sartea