N. 221 SENTENZA 11 - 20 giugno 2008

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Societa'  -  Controversie  in  materia  di  diritto  societario  e di
  intermediazione  finanziaria  - Procedimento di primo grado dinanzi
  al  tribunale in composizione collegiale - Istanza di fissazione di
  udienza  -  Mancata  notifica  nel  termine  perentorio  - Prevista
  estinzione  del  processo  in luogo della cancellazione della causa
  dal  ruolo  - Lamentata disparita' di trattamento rispetto ad altre
  ipotesi analoghe nonche' denunciata lesione del diritto di difesa e
  dei  principi  di  uguaglianza  e ragionevolezza - Esclusione - Non
  fondatezza della questione.
- D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, art. 8, comma 4.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 111.
(GU n.27 del 25-6-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Franco BILE;
Giudici:  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
   Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Franco
   GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria
   Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
                              Sentenza
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 4, del
decreto   legislativo   17   gennaio   2003,  n. 5  (Definizione  dei
procedimenti  in  materia  di diritto societario e di intermediazione
finanziaria,  nonche' in materia bancaria e creditizia, in attuazione
dell'art.  2  della  legge  3  ottobre  2001,  n. 366),  promosso dal
Tribunale   di  Milano,  nel  procedimento  civile  vertente  tra  il
Fallimento  Editrice  Portoria  s.p.a. e la Arnoldo Mondadori Editore
s.p.a.,  con  ordinanza  del  4  giugno  2007  iscritta al n. 776 del
registro  ordinanze  2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 47, 1a serie speciale, dell'anno 2007.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  7 maggio 2008 il giudice
relatore Francesco Amirante.
                          Ritenuto in fatto
   1. -  Nel corso di una controversia concernente rapporti societari
il Tribunale di Milano, in composizione collegiale, con ordinanza del
4  giugno  2007,  ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art.  8,  comma 4, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5
(Definizione  dei  procedimenti in materia di diritto societario e di
intermediazione   finanziaria,   nonche'   in   materia   bancaria  e
creditizia,  in  attuazione  dell'art.  2 della legge 3 ottobre 2001,
n. 366),  nella  parte  in  cui  stabilisce  che «la mancata notifica
dell'istanza  di  fissazione dell'udienza nei venti giorni successivi
alla  scadenza  dei termini di cui ai commi precedenti, o del termine
per  il  deposito della memoria di controreplica del convenuto di cui
all'art. 7, comma 2, ovvero dalla scadenza del termine massimo di cui
all'art.  7, comma 3, determina l'estinzione immediata del processo»,
anziche' la cancellazione della causa dal ruolo.
   Il giudice remittente riferisce che, nella specie, dopo lo scambio
di  memorie  previsto  dagli  artt.  6 e 7 del citato d.lgs. n. 5 del
2003,   la  parte  attrice  ha  notificato  l'istanza  di  fissazione
dell'udienza  di  discussione  di  cui al censurato art. 8 e la parte
convenuta,   nel   precisare  le  proprie  conclusioni,  ha  eccepito
l'intervenuta   estinzione   del  processo,  in  quanto  la  suddetta
notificazione  e'  stata  effettuata oltre il termine di venti giorni
dalla  notifica  della  memoria  della  controparte alla quale non si
intendeva  replicare,  previsto dal comma 1, lettera c), del suddetto
art. 8.
   Il  giudice  relatore,  sul  rilievo  secondo  cui  la  contestata
notificazione  e'  stata  comunque  effettuata  nel termine di trenta
giorni  indicato  dalla  convenuta  per la notificazione di eventuale
memoria  di  replica,  ha respinto la suddetta eccezione, emettendo i
provvedimenti   istruttori   e   fissando   l'udienza  collegiale  di
discussione.   In  tale  sede  la  questione  relativa  alla  pretesa
estinzione del giudizio e' stata riproposta.
   Per  quel  che riguarda la rilevanza della questione, il giudice a
quo  osserva  che,  non  potendosi  accedere alla tesi interpretativa
adottata  dal  giudice  relatore  -  in  quanto,  in base al «diritto
vivente»,   i   riferimenti  temporali  indicati  dalla  disposizione
censurata,   diversi   da   quello  attualmente  non  rispettato,  si
riferiscono  al  caso  in  cui  la  controparte  non abbia articolato
proprie  memorie  di  replica - il giudizio di cui si tratta dovrebbe
essere dichiarato irrimediabilmente estinto.
   Quanto   al  merito  della  questione,  il  Tribunale,  dopo  aver
ricordato  che  l'estinzione  e'  una  vicenda  anomala del processo,
finalizzata  ad  evitare  la  prosecuzione dell'attivita' processuale
quando  si  verifichino  fatti o circostanze ritenute dal legislatore
incompatibili  con la volonta' delle parti di proseguire il giudizio,
ritiene   che  la  scelta  legislativa  di  porre  termini  perentori
sanzionati  con  l'estinzione  immediata  al  fine  di  governare  il
delicato  passaggio  del giudizio alla fase apud iudicem si ponga, in
primo  luogo,  in contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost., perche' del
tutto   sproporzionata  ed  irragionevole  rispetto  alla  perseguita
finalita'  acceleratoria.  Invero,  nel  rito  ordinario,  in ipotesi
analoghe   e'  prevista  la  conseguenza,  meno  penalizzante,  della
cancellazione   della   causa   dal   ruolo,   che  puo'  dare  luogo
all'estinzione  del processo solo se seguita dall'omessa riassunzione
della causa cancellata entro il termine di un anno.
   Del  resto,  nello  stesso  rito  societario,  nell'ipotesi di cui
all'art.  16,  comma 1, del d.lgs. n. 5 del 2003 - in cui si verifica
la  mancata  presentazione  delle  parti  davanti  al collegio per la
sentenza  contestuale  (e, quindi, una manifestazione di disinteresse
alla  prosecuzione del giudizio ben piu' esplicita della semplice non
tempestiva  notifica  dell'istanza  di  fissazione dell'udienza) - e'
prevista  la  cancellazione della causa dal ruolo. Di qui l'ulteriore
contrasto  della  disposizione  censurata  con  l'art.  3  Cost.  per
irragionevole   disparita'  di  trattamento  rispetto  alla  suddetta
fattispecie.
   2. - E'  intervenuto  in  giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo,  anche  in  una  memoria depositata in prossimita'
della  camera  di  consiglio,  una declaratoria di infondatezza della
questione.
                       Considerato in diritto
   1.  -  il  Tribunale  di  Milano,  in  composizione collegiale, ha
sollevato,   in   riferimento   agli  articoli  3,  24  e  111  della
Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 8,
comma  4,  del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (Definizione
dei   procedimenti   in   materia   di   diritto   societario   e  di
intermediazione   finanziaria,   nonche'   in   materia   bancaria  e
creditizia,  in  attuazione  dell'articolo  12  della legge 3 ottobre
2001, n. 366), «nella parte in cui stabilisce che la mancata notifica
dell'istanza di fissazione d'udienza nei venti giorni successivi alla
scadenza dei termini di cui ai commi precedenti, o del termine per il
deposito della memoria di controreplica del convenuto di cui all'art.
7, comma 2, ovvero dalla scadenza del termine massimo di cui all'art.
7,  comma  3, determina l'estinzione immediata del processo, anziche'
l'effetto di cancellazione della causa dal ruolo».
   Il  remittente  espone  che  in una causa, svolgentesi con il rito
societario,  il  fallimento della societa' attrice ha notificato alla
societa'  convenuta  l'istanza  di  fissazione  dell'udienza oltre la
scadenza  dei venti giorni decorrenti dalla notifica della memoria di
controparte  alla  quale  non  intendeva  replicare;  che  il giudice
relatore  ha  fissato  l'udienza  ed  ha  poi respinto l'eccezione di
estinzione  proposta  dalla convenuta con provvedimento impugnato con
reclamo,  ritenuto  inammissibile  dal  collegio;  che l'eccezione e'
stata  riproposta  all'udienza  collegiale al Tribunale investito del
merito.
   Nel motivare sulla rilevanza, il Tribunale riferisce che l'istanza
di  fissazione  dell'udienza  e'  stata  notificata alla convenuta il
ventinovesimo  giorno  successivo alla data di notifica della memoria
della  medesima, cui l'attore non ha inteso replicare, e sostiene che
la  chiarezza della letterale formulazione della disposizione e' tale
da  non  consentire  un'interpretazione  diversa  da  quella  che  fa
decorrere  il  termine  perentorio  dalla  notifica  della memoria di
controparte,  come  nel  caso in esame, o dagli altri eventi indicati
nell'art. 8 del d.lgs. n. 5 del 2003.
   La  questione,  ad  avviso  del  remittente, non e' manifestamente
infondata    perche'    l'estinzione   del   giudizio   e'   sanzione
irragionevolmente  grave  soprattutto  qualora  si  consideri  che il
sistema processuale prevede la meno severa misura della cancellazione
della   causa  dal  ruolo  per  ipotesi  analoghe  quale  la  mancata
comparizione  delle  parti  all'udienza.  L'estinzione  del  giudizio
prevista  dalla  disposizione  censurata  inciderebbe  negativamente,
impedendone  il pieno esercizio, sul diritto di difesa e, quindi, sui
principi  del  giusto  processo.  Si delinea cosi' il contrasto della
norma  scrutinata  con i parametri evocati degli articoli 3, 24 e 111
della Costituzione.
   2.  - La  questione,  ammissibile per la non implausibilita' della
motivazione sulla rilevanza, non e' fondata.
   Si  premette  che  questa  Corte,  con giurisprudenza costante, ha
affermato  che  «il  legislatore,  nel  regolare il funzionamento del
processo,  dispone  della  piu'  ampia  discrezionalita',  sicche' le
scelte   concretamente   compiute   sono   sindacabili  soltanto  ove
manifestamente  irragionevoli»  (ordinanza n. 7 del 1997, nonche', ex
plurimis,  sentenze  n. 295 del 1995, n. 65 del 1996, n. 327 e n. 383
del 2007, ordinanza n. 376 del 2007).
   La disposizione in scrutinio non appare irragionevole alla stregua
delle   seguenti   considerazioni.   Anzitutto,   la  sanzione  della
estinzione  per l'inosservanza del termine suddetto e' in armonia con
il  criterio  della  celerita'  del  giudizio  che  informa  il  rito
societario e con la necessita' di evitare stasi nello svolgimento del
processo.  Inoltre,  la  disposizione censurata attiene alla fase del
procedimento che precede l'intervento del giudice, con la conseguente
opportunita'  di una misura che, come l'estinzione, opera di diritto.
Siffatto rilievo dimostra anche che non e' pertinente il paragone con
la  disciplina  della  mancata  comparizione  delle parti in udienza,
trattandosi di situazioni processuali diverse.
   Si  osserva infine, da un lato, che la garanzia costituzionale del
diritto  di  difesa  non  comporta la illegittimita' di preclusioni e
decadenze  processuali  e la conseguente necessita' che ogni giudizio
si   concluda   con  una  decisione  di  merito  e,  dall'altro,  che
l'estinzione  del  processo  non  incide,  in linea generale, in modo
definitivamente  pregiudizievole sul diritto di azione e sul rapporto
sostanziale dedotto in causa.
              Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  8,  comma 4, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5
(Definizione  dei  procedimenti in materia di diritto societario e di
intermediazione   finanziaria,   nonche'   in   materia   bancaria  e
creditizia,  in  attuazione  dell'art.  2 della legge 3 ottobre 2001,
n. 366),  sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  3, 24 e 111 della
Costituzione,  dal  Tribunale  di  Milano con l'ordinanza indicata in
epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 giugno 2008.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Amirante
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 20 giugno 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola