N. 225 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 gennaio - 28 marzo 2008

Ordinanza del 28 marzo 2008 emessa dal Consiglio di Stato sul ricorso
proposto da Pubblikappa s.n.c. contro Autorita' per le garanzie nelle
comunicazioni ed altra

Radiotelevisione   -  Emittenti  radiotelevisive  locali  -  Marchio,
  denominazione  o  testata identificativa che richiamino, in tutto o
  in   parte,   quelli   di   un'emittente  nazionale  -  Divieto  di
  utilizzazione  e  di  diffusione  indipendentemente dalla priorita'
  cronologica dell'uso (anche legittimo) del marchio - Violazione del
  principio   di   uguaglianza   per   l'ingiustificata  deroga  alla
  disciplina  vigente  in tema di marchio di impresa - Violazione del
  principio  di liberta' d'iniziativa economica privata - Lesione del
  diritto  di  proprieta', per la sottrazione di posizioni giuridiche
  del concessionario del marchio senza indennizzo - Riproposizione di
  questione   gia'   oggetto   dell'ord.   n. 25/2006   di  manifesta
  inammissibilita'.
- Decreto-legge   30  gennaio  1999,  n. 15,  art.  2,  comma  2-bis,
  convertito con modificazioni nella legge 29 marzo 1999, n. 78.
- Costituzione, artt. 3, 41 e 42.
(GU n.30 del 16-7-2008 )
                        IL CONSIGLIO DI STATO
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  in appello
n. 6528/2002 proposto dalla Pubblikappa s.n.c., in persona del legale
rappresentante  pro  tempore,  rappresentata  e  difesa  dagli avv.ti
Patrizio   Gagliotti   e   Claudio  Chiola  e  presso  lo  studio  di
quest'ultimo  elettivamente  domiciliata  in  Roma,  via  Camilluccia
n. 785;
   Contro l'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni, in persona
del  Presidente  pro  tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura
generale  dello  Stato  domiciliata presso i suoi uffici in Roma, via
dei  Portoghesi  n. 12  e  nei  confronti  di Radio Kiss Kiss Network
S.r.l.,  in  persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,  non
costituitasi in giudizio, per la riforma dell'ordinanza del Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio,  sezione  II,  29 maggio 2002,
n. 2795.
   Visto l'atto d'appello con i relativi allegati;
   Vista  l'ordinanza  della sezione n. 6807 del 12 dicembre 2002, di
rimessione degli atti alla Corte costituzionale;
   Vista  l'ordinanza della Corte costituzionale n. 25 del 27 gennaio
2006;
   Viste   le  note  d'udienza  e  allegata  documentazione  prodotte
dall'appellante;
   Visti gli atti tutti di causa;
   Relatore,  alla  camera  di  consiglio  dell'11  gennaio  2008, il
consigliere Paolo Buonvino;
   Uditi,  l'avv. Chiola per l'appellante e l'Avvocato dello Stato De
Stefano in dichiarata costituzione.
   Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue.
                         Ritenuto  in  fatto
   1.  -  Con  il  ricorso  di  primo grado la societa' ricorrente ha
impugnato  la  delibera  n. 63/02/CONS  del  27  febbraio 2002 con la
quale,  in  applicazione  della  previsione  di cui all'art. 2, comma
2-bis,  del  d.l.  30  gennaio  1999,  n. 15,  inserita  in  sede  di
conversione  ad  opera  della legge 29 marzo 1999, n. 78, l'Autorita'
per le garanzie nelle comunicazioni ha diffidato l'appellante perche'
ponesse  termine  all'utilizzo  della  denominazione «Radio Kiss Kiss
Italia» per le trasmissioni radiofoniche.
   Nel  dettaglio,  la  Pubblikappa  s.n.c.  gestisce  una  emittente
radiofonica   locale   che,   per   l'appunto,   trasmette,   con  la
denominazione  «Radio  Kiss Kiss Italia», limitatamente al territorio
della  Campania  e del Lazio, in forza di concessione per l'esercizio
della  radiodiffusione  rilasciata  in  data 4 marzo 1994; il diritto
all'uso  del  marchio e' stato acquisito dalla Pubblikappa s.n.c. con
contratto concluso con la Giosa Servicer S.p.A., titolare del marchio
Kiss Kiss, n. 360734, concesso il 3 luglio 1985.
   L'Autorita',   rilevata  l'idoneita'  di  quella  denominazione  a
richiamare  in parte quella dell'emittente nazionale «Radio Kiss Kiss
Network»,  anch'essa  licenziataria  della  Giosa  Service S.p.A., ha
ritenuto  di dover applicare il citato art: 2, comnaa 2-bis, a tenore
del  quale  «le emittenti radiotelevisive locali, comprese quelle che
diffondono programmi in contemporanea o programmi comuni, non possono
utilizzare,  ne'  diffondere,  un  marchio,  una  denominazione o una
testata  identificativi  che richiamino in tutto o in parte quelli di
una emittente nazionale. Per le emittenti locali che alla data del 30
novembre  1993  hanno  presentato  domanda  e  successivamente  hanno
ottenuto   il   rilascio   della  concessione  con  un  marchio,  una
denominazione  o una testata identificativi che richiamino in tutto o
in  parte  quelli  di  una  emittente nazionale, il divieto di cui al
presente  comma  si  applica  dopo  un  anno dalla data di entrata in
vigore  della  legge di conversione del presente decreto. L'Autorita'
per  le garanzie nelle comunicazioni vigila sul rispetto del predetto
divieto  e provvede ai sensi del comma 31 dell'articolo 1 della legge
31 luglio 1997, n. 249».
   Avverso  l'ordinanza  con  la  quale  il  giudice di prime cure ha
respinto  l'istanza  di  sospensione  dell'efficacia  della  delibera
impugnata e' insorta l'appellante deducendo:
     a)  violazione  dell'art.  2,  comma 2-bis, del d.1. n. 15/1999,
asseritamente  riguardante  le  sole  emittenti  radiotelevisive, non
anche quelle radiofoniche;
     b)  violazione  degli  artt. 1 e 5, dir. n. 104/89/CEE (recepita
con  d.lgs.  4  dicembre1992,  n. 480),  per ritenuto contrasto della
citata  previsione  nazionale  con la disciplina europea a tutela dei
marchi di impresa;
     c)  illegittimita' costituzionale per violazione degli artt. 77,
3, 41 e 42 Cost.
   Alla  camera  di  consiglio del 28 agosto 2002 la sezione, in sede
cautelare,  ha sospeso l'efficacia dell'indicata delibera rinviando a
separata  ordinanza  per la rimessione della prospettata questione di
legittimita';  tale  ordinanza  e' stata affidata alle considerazioni
che seguono:
     «1.  La presente controversia trae origine dal provvedimento con
il quale l'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni ha diffidato
la  societa'  ricorrente  a  porre  termine  all'utilizzazione  della
denominazione   "Radio   Kiss   Kiss   Italia"  per  le  trasmissioni
radiofoniche,  reputata  idonea  a  richiamare,  anche solo in parte,
quella  utilizzata dall'emittente nazionale "Radio Kiss Kiss Network"
nel  dettaglio l'Autorita' ha ritenuto di fare applicazione dell'art.
2,  comma  2-bis,  d.l.  30  gennaio 1999, n. 15, inserita in sede di
conversione  ad  opera della legge 29 marzo 1999, n. 78, a tenore del
quale  "le  emittenti  radiotelevisive  locali,  comprese  quelle che
diffondono  programmi in contemporanea o programmi comuni non possono
utilizzare,  ne'  diffondere,  un  marchio,  una  denominazione o una
testata  identificativi  che richiamino in tutto o in parte quelli di
una emittente nazionale. Per le emittenti locali che alla data del 30
novembre  1993  hanno  presentato  domanda  e  successivamente  hanno
ottenuto   il   rilascio   della  concessione  con  un  marchio,  una
denominazione  o una testata identificativi che richiamino in tutto o
in  parte  quelli  di  una  emittente nazionale, il divieto di cui al
presente  comma  si  applica  dopo  un  anno dalla data di entrata in
vigore  della  legge di conversione del presente decreto. L'Autorita'
per  le garanzie nelle comunicazioni vigila sul rispetto del predetto
divieto  e  provvede ai sensi del comma 31 dell'art. 1 della legge 31
luglio 1997, n. 249"».
     «2.   Cio'  posto,  il  Collegio,  sulla  scorta  di  una  prima
delibazione, ritiene che la previsione di cui al citato art. 2, comma
2-bis,  non  si  presti ad approcci esegetici diversi da quello fatto
proprio dall'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni: il chiaro
e  testuale  riferimento alle emittenti radiotelevisive non consente,
invero,  di aderire all'opzione interpretativa, suggerita nel ricorso
introduttivo,   intesa   a  limitare  la  sfera  di  efficacia  della
disciplina   al   solo   settore   televisivo,  non  anche  a  quello
radiofonico».
   «La  prospettata  questione  di  legittimita'  costituzionale, del
resto,  oltre  ad  essere  rilevante  alla  stregua  delle  suesposte
indicazioni  relative  alla delimitazione dell'ambito di operativita'
della  contestata  disposizione  legislativa,  appare al Collegio non
manifestamente infondata».
   «Ed  invero,  la disciplina suddetta, nella parte in cui prevede e
determina  la  soccombenza  delle  posizioni maturate dalle emittenti
radiotelevisive  locali,  gia'  titolari  di  una denominazione prima
dell'entrata  in  vigore  della  disposizione  in  questione  e, cio'
nonostante,  tenute  a  non  fare  piu'  uso della stessa per effetto
dell'ingresso  sul  mercato  di  emittente  nazionale avente marchio,
denominazione o testata identificativi analoghi, non pare in sintonia
con  il canone generale di ragionevolezza, particolarmente stringente
in  quanto  riferito alla conservazione di situazioni soggettive gia'
acquisite, se non consolidate».
   «Non   vi   e'   dubbio,   invero,  che  l'insindacabilita'  della
discrezionalita'   propria   del  legislatore  si  arresta  allorche'
l'esercizio  della potesta' di disciplina normativa entri in rotta di
collisione  con  il parametro della ragionevolezza, laddove ad essere
sottoposto  al consentito vaglio del Giudice delle leggi non e' certo
il  merito, ma sempre la legittimita' delle opzioni legislative ed il
rispetto,   quindi,   dei   limiti   interni  della  discrezionalita'
medesima».
   «Orbene,  di  tale  sindacato si avverte una necessita' ancor piu'
intensa   allorche'  l'irragionevolezza  legislativa  si  ripercuote,
comprimendole  o  addirittura  sopprimendole, su posizioni soggettive
aventi un sicuro aggancio costituzionale».
   «E' quanto, ad avviso del Collegio, si puo' registrare nel caso di
specie».
   «La  disciplina  in  esame,  infatti,  incidendo  in  senso  anche
irrimediabilmente  sacrificativo  sulle  posizioni delle preesistenti
emittenti  locali,  costrette  a  dismettere  il segno identificativo
sulla  sola  considerazione  della  loro  specificita'  territoriale,
indipendentemente  quindi  dalla  priorita'  cronologica del relativo
uso,  non  pare  coniugabile  con 1'art. 41 della Carta fondamentale,
nella  parte  in  cui  consacra  l'inviolabilita'  della  liberta' di
iniziativa economica privata».
   «La tutela del marchio d'impresa, infatti, risponde ad un'esigenza
insopprimibile  per  lo  svolgimento dell'iniziativa economica, posto
che  il diritto all'uso esclusivo del segno identificativo concorre a
delineare  la  concreta  capacita' concorrenziale dell'impresa, oltre
che  la  sua  consistenza patrimoniale, traducendosi in un'importante
componente  dell'avviamento  commerciale;  cio'  spiega,  del  resto,
l'attenzione  dall'ordinamento prestata nell'approntare un sistema di
efficace   salvaguardia   del   marchio,   normalmente  destinato  ad
utilizzare  quale  parametro  di  risoluzione  di eventuali conflitti
quello della priorita' temporale».
   «Non   vi  e'  dubbio,  peraltro,  che  il  marchio,  inteso  come
denominazione sotto la quale l'emittente trasmette, assume importanza
forse  ancora  maggiore  nel settore radiofonico, costituendo l'unico
efficace  strumento  attraverso  cui  la  platea degli ascoltatori e'
posta  in  grado  di  identificare le numerose emittenti operanti sul
mercato delle radiofrequenze».
   «Alla  stregua  di  tale  ricostruzione pare al Collegio dubbia la
ragionevolezza  di  una  previsione  che, derogando ai principi ed ai
parametri  propri della disciplina generale vigente in tema di marchi
di   impresa,  incide  su  posizioni  soggettive  consolidate,  dalla
Costituzione tutelate con le previsioni poste a tutela della liberta'
di iniziativa economica e della proprieta».
   «Appare  al  Collegio  necessario,  pertanto, rimettere al Giudice
costituzionale  la  questione  relativa  alla  compatibilita' con gli
artt.  3,  41 e 42 della Carta fondamentale della disposizione citata
nella  parte  in  cui,  senza  tener  conto della priorita' temporale
nell'utilizzazione  di  un  determinato  marchio in sede di esercizio
dell'emittente  radiotelevisiva, vieta anche in modo retroattivo alle
emittenti   locali   di  utilizzare  o  diffondere  un  marchio,  una
denominazione  o  una testata che richiami, anche in parte, quelli di
una emittente nazionale».
   «Ulteriori  dubbi  sorgono, inoltre, in merito alla coerenza della
normativa  considerata  con  i principi di liberta' di manifestazione
del  pensiero  e  di  pluralismo informativo di cui all'art. 21 della
Costituzione».
   «Ed  invero,  il citato art. 2, comma 2-bis, d.l. 30 gennaio 1999,
n. 15, incidendo sulla possibilita' dell'emittente locale di fare uso
di  un  segno  distintivo  in  ipotesi  essenziale  per conservare la
posizione   imprenditoriale   dalla  stessa  ritagliata  nel  mercato
dell'informazione, rischia di sacrificare sulla scorta di valutazione
di  preferenza  di  dubbia ragionevolezza l'effettivo esercizio della
liberta'   di   informare   e,   indirettamente,  quindi,  sul  pieno
dispiegarsi del principio pluralistico, difficilmente coniugabile con
aprioristiche  soluzioni  normative  intese ad accordare priorita' al
solo   requisito   della   presenza   nazionale,   anziche'   locale,
dell'emittente».
   «Per  le  ragioni  fin  qui  esposte il Collegio ritiene di dovere
sollevare   davanti   alla   Corte  costituzionale  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  comma 2-bis, del decreto
legge  30  gennaio  1999,  n. 15,  inserito in sede di conversione ad
opera  della  legge  29 marzo 1999, n. 78, che appare rilevante e non
manifestamente  infondata in relazione ai parametri di cui agli artt.
3, 41, 42 e 21 della Carta fondamentale».
   2.  -  La sezione ha quindi sospeso il giudizio e rimesso la detta
questione  alla suprema Corte che, con ordinanza del 27 gennaio 2006,
n. 25,    dopo    aver   dichiarato   infondate   le   eccezioni   di
inammissibilita' sollevate dall'Avvocatura generale dello Stato, l'ha
dichiarata  manifestamente  inammissibile  per ambiguita' del quesito
sottopostole  e  per  non  aver  previamente  accertato,  il  giudice
rimettente,  una  circostanza  potenzialmente  rilevante  ai fini del
decidere.
   3.  - La questione, torna, pertanto, all'esame di questo Consiglio
che,   preso  atto  dei  rilievi  che  precedono,  riconfermata  (con
ordinanza  11 gennaio 2008, n. 122) la sospensione dell'efficacia del
provvedimento  impugnato  in primo grado, ritiene di dover nuovamente
sollevare  questione  di  legittimita'  costituzionale  con  riguardo
all'articolo  2,  comma  2-bis,  del  decreto-legge  30 gennaio 1999,
n. 15,  inserito in sede di conversione ad opera della legge 29 marzo
1999, n. 78, per i motivi che seguono.
                       Considerato in diritto
   1.  -  Come  premesso  in fatto, l'Autorita' per le garanzie nelle
comunicazioni,  con  l'impugnata delibera, emanata ai sensi dell'art.
2,  comma  2-bis,  del  decreto-legge n. 15 del 1999, ha diffidato la
societa'   originariamente  ricorrente  a  cessare  l'utilizzo  della
denominazione  «Radio Kiss Kiss Italia», essendo questa denominazione
idonea  a  richiamare in parte quella dell'emittente nazionale «Radio
Kiss  Kiss Network», anch'essa licenziataria del marchio «Kiss Kiss»;
la  societa'  Pubblikappa  s.n.c. ha impugnato la delibera dinanzi al
Tribunale  amministrativo  regionaleper  il  Lazio e ne ha chiesto la
sospensione.
   Avverso  l'ordinanza  di  rigetto  dell'istanza di sospensione, la
ricorrente    ha    proposto   appello,   deducendo,   fra   l'altro,
l'illegittimita'   costituzionale   dell'art.  2,  comma  2-bis,  del
decreto-legge  n. 15 del 1999, per violazione degli artt. 3, 41, 42 e
77 Cost.
   La  sezione,  previa  sospensione de1l'efficacia del provvedimento
impugnato  in  primo grado, ha rilevato, con ordinanza n. 6807 del 12
dicembre  2002,  che l'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni,
con  l'impugnato  provvedimento,  ha  ritenuto  di  fare applicazione
dell'art.   2,   comma   2-bis,  del  decreto-legge  n. 15  del  1999
(disposizione  introdotta  dalla  legge  di  conversione),  il  quale
stabilisce: «Le emittenti radiotelevisive locali, comprese quelle che
diffondono  programmi in contemporanea o programmi comuni non possono
utilizzare,  ne'  diffondere,  un  marchio,  una  denominazione o una
testata  identificativi  che richiamino in tutto o in parte quelli di
una emittente nazionale. Per le emittenti locali che alla data del 30
novembre  1993  hanno  presentato  domanda  e  successivamente  hanno
ottenuto   il   rilascio   della  concessione  con  un  marchio,  una
denominazione  o una testata identificativi che richiamino in tutto o
in  parte  quelli  di  una  emittente nazionale, il divieto di cui al
presente  comma  si  applica  dopo  un  anno dalla data di entrata in
vigore  della  legge di conversione del presente decreto. L'Autorita'
per  le garanzie nelle comunicazioni vigila sul rispetto del predetto
divieto  e provvede ai sensi del commna 31 dell'art. 1 della legge 31
luglio 1997, n. 249».
   La  sezione,  in particolare, con la detta ordinanza, ha sollevato
questione  di  legittimita'  costituzionale  della  norma  anzidetta,
questa   non   prestandosi  ad  essere  interpretata  (come,  invece,
sostenuto   dalla   ricorrente)   nel  senso  che  la  sua  sfera  di
applicazione  fosse  limitata  al  solo  settore  televisivo e non si
estendesse  a  quello  radiofonico; cio' in considerazione del chiaro
riferimento testuale alle emittenti «radiotelevisive».
   In particolare, la sezione, quanto alla non manifesta infondatezza
della questione, ha osservato che la norma denunciata, nella parte in
cui impone alle emittenti radiotelevisive locali di non fare piu' uso
di  un  marchio,  di una denominazione o di una testata, di cui erano
gia'  titolari  prima  dell'entrata  in  vigore della norma stessa, a
seguito  dell'ingresso  nel  mercato di un'emittente nazionale avente
marchio,  denominazione  o testata identificativi analoghi, appare in
contrasto con i parametri costituzionali: a) della ragionevolezza; b)
della  liberta'  di  iniziativa economica privata (art. 41 Cost.); c)
della  proprieta'  privata  (art.  42  Cost.);  d)  della liberta' di
manifestazione  del  pensiero  e  del pluralismo informativo (art. 21
Cost.).
   La  sezione  ha,  quindi,  sospeso  il giudizio e rimesso la detta
questione  all'esame  della  suprema  Corte che, con ordinanza del 27
gennaio  2006,  n. 25, dopo aver dichiarato infondate le eccezioni di
inammissibilita' sollevate dall'Avvocatura generale dello Stato, l'ha
dichiarata manifestamente inammissibile avendo ritenuto:
     «che il giudice rimettente, infatti, muove alla norma denunciata
censure  che,  da  un  lato,  sembrano investirla nella sua interezza
(cosi',  peraltro,  il  dispositivo  dell'ordinanza di rimessione) e,
dall'altro   lato,   sembrano   rivolte   alla   parte  di  essa  che
pretenderebbe applicarsi "retroattivamente";
     che  la segnalata ambiguita' non consente di cogliere se oggetto
di  censura  sia,  in  se',  il  criterio  adottato  dalla  legge per
risolvere il conflitto ira emittenti che utilizzano denominazioni tra
loro confondibili, ovvero se si contesta il potere del legislatore di
introdurre   una   disciplina   atta   ad   evitare   confusione  tra
denominazioni   in  precedenza  utilizzate,  ovvero  ancora  se,  pur
riconoscendosi  tale  potere al legislatore, il criterio di soluzione
adottato   debba   essere   sostituito  da  altro  costituzionalmente
necessitato,  e  cio'  sia che il diritto all'uso della denominazione
sia sorto a titolo originario che a titolo derivativo;
     che  inoltre  il  giudice rimettente - il quale pure denuncia il
mancato  rispetto,  da  parte  del  legislatore,  del principio della
priorita'  temporale  dell'uso del marchio - non precisa quando nella
specie  l'emittente  nazionale  abbia cominciato ad utilizzare la sua
denominazione,  ma  si  limita  a indicare la data in cui l'emittente
locale  ha  ottenuto  il  rilascio  della concessione per l'esercizio
della radiodiffusione sonora».
   2.  - Sotto l'ultimo dei profili critici ora detti - essenziale ai
fini della individuazione degli esatti confini utili alla definizione
della  presente  controversia  cautelare  -  occorre rilevare che, in
effetti,  come emerge dal punto 7.1 del contratto di licenza d'uso di
marchio  sottoscritto  il  10  dicembre  1996  tra  le societa' Giosa
Service  S.p.A.  (titolare  e  proprietaria  piena ed esclusiva della
registrazione  del marchio Kiss Kiss, n. 360734, concesso il 3 luglio
1985)  e  la  licenziataria  (titolare  di concessione radiofonica di
rilevanza nazionale) Radio Kiss Kiss Network s.r.1., la licenziataria
ora detta ha riconosciuto formalmente «la precedente licenza concessa
a Publikappa s.n.c. per l'emittente Radio Kiss Kiss Italia».
   Si tratta di circostanza, non controversa, che consente di fornire
una  risposta  alla  problematica, sollevata dalla Corte, relativa al
preuso del marchio di cui si tratta, preuso che fa capo, invero, alla
societa'  Publikappa  s.n.c., quale prima concessionaria, del marchio
Kiss Kiss Italia.
   In  questa situazione si innesta la disciplina normativa di cui e'
causa,  che  ha portato all'emanazione del provvedimento impugnato in
primo   grado,   in  ragione  del  fatto  che  Publikappa  s.n.c.  e'
un'emittente   radiofonica  locale,  con  la  conseguente  preferenza
accordata  all'emittente  nazionale Radio Kiss Kiss Network s.r.l. in
forza  della delibera dell'Autorita' 27 febbraio 2002, n. 63/02/CONS,
recante  diffida  a cessare l'utilizzazione della denominazione Radio
Kiss Kiss Italia per le proprie trasmissioni radiofoniche.
   3.  - Cio' premesso, il dubbio che investe la norma e che - tenuto
conto  della  sua  rilevanza  ai  fini  della  decisione per cio' che
concerne  non  solo  la  presente fase cautelare, ma, in prospettiva,
anche  quella  di  merito  -  attiene  alla legittimita' della stessa
laddove  assegna  rilievo  determinante al carattere nazionale di una
delle  utilizzatrici  del marchio, indipendentemente dal preuso dello
stesso, dal momento che la norma puo' trovare applicazione non solo a
favore  delle  emittenti nazionali radiofoniche che abbiano per prime
utilizzato  il  marchio - analogo o comunque similare - rispetto alle
emittenti  locali, ma anche con riguardo alle emittenti nazionali che
abbiano  fatto  uso  del  marchio stesso solo a partire da un momento
successivo rispetto a quello in cui hanno cominciato a fame legittimo
uso le emittenti locali.
   E   questa   e'   la   questione  che  qui  rileva  e  che  appare
manifestamente  rilevante  in  vista della definizione della presente
controversia,  in  quanto  l'emittente  locale Radio Kiss Kiss Italia
risulta, quale licenziataria, avere iniziato a fare legittimo uso del
marchio  Kiss  Kiss  prima  dell' emittente nazionale Radio Kiss Kiss
Network s.r.l.
   Ebbene,   cosi'  delimitata  la  materia  oggetto  della  presente
questione  di  costituzionalita', la stessa appare non manifestamente
infondata,  per  contrasto  con  gli  artt.  3, 41 e 42 Cost., per le
ragioni che seguono.
   4.  -  La  disciplina in esame sembra incidere, invero, in termini
oggettivamente   rilevanti  e  irrimediabili  sulle  posizioni  delle
emittenti  locali che facevano legittimo uso del marchio, costrette a
dismettere   tale   determinante   segno  identificativo  sulla  sola
considerazione   della   loro   specificita'  territoriale,  anche  e
soprattutto  (per cio' che qui specificamente interessa) qualora esse
abbiano  fatto  uso  del  marchio in questione con priorita' rispetto
alle  emittenti  nazionali  che abbiano successivamente utilizzato il
marchio  medesimo;  cio'  che  non appare coniugabile, anzitutto, con
l'art.  41  della  Carta  fondamentale,  nella  parte in cui consacra
l'inviolabilita' della liberta' di iniziativa economica privata.
   La  tutela del marchio d'impresa, infatti, risponde ad un'esigenza
insopprimibile  per  lo  svolgimento dell'iniziativa economica, posto
che  il diritto all'uso esclusivo del segno identificativo concorre a
delineare  la  concreta  capacita' concorrenziale dell'impresa, oltre
che  la  sua  consistenza patrimoniale, traducendosi in un'importante
componente  dell'avviamento  commerciale;  cio'  spiega,  del  resto,
l'attenzione  dall'ordinamento prestata nell'approntare un sistema di
efficace   salvaguardia   del   marchio,   normalmente  destinato  ad
utilizzare  quale  parametro  di  risoluzione  di eventuali conflitti
proprio quello della priorita' temporale.
   Non  vi  e'  dubbio,  del  resto,  che  il  marchio,  inteso  come
denominazione sotto la quale l'emittente trasmette, assume importanza
forse  ancora  maggiore  nel settore radiofonico, costituendo l'unico
efficace  strumento  attraverso  cui  la  platea degli ascoltatori e'
posta  in  grado  di  identificare le numerose emittenti operanti sul
mercato delle radiofrequenze.
   Alla  stregua  di  tale  ricostruzione  pare al Collegio dubbia la
ragionevolezza  di  una  previsione  che, derogando ai principi ed ai
parametri  propri della disciplina generale vigente in tema di marchi
di   impresa,  incide  su  posizioni  soggettive  consolidate,  dalla
Costituzione tutelate con le previsioni poste a tutela della liberta'
di iniziativa economica e della proprieta'.
   5.   -   Si   aggiunga   che  la  norma  in  questione  (operante,
eccezionalmente,   solo   nello   specifico   ambito   dell'emittenza
radio-televisiva),  privilegiando  le  emittenti nazionali rispetto a
quelle  d'ambito  locale,  appare  anche  in  grado  di  incidere sui
principi di ragionevolezza e parita' di trattamento sanciti dall'art.
3  della  Costituzione,  dal  momento  che  assicura una posizione di
privilegio alle prime anche qualora abbiano iniziato ad utilizzare il
marchio   successivamente   alle   emittenti   locali;  posizione  di
privilegio  che non vale solo per le situazioni a venire, ma anche (e
questo  qui  rileva) con riguardo a quelle pregresse, trascurando del
tutto  l'eventuale preuso del marchio da parte dell'emittenza locale;
diritto  di  preuso  che  il legislatore assicura sia nell'ipotesi di
preventiva utilizzazione del marchio non registrato (art. 2571 c.c.),
sia,  a  maggior  ragione,  in  quella  di concessione in licenza del
marchio  registrato  (quale  e'  quello di specie) ai sensi dell'art.
2573  c.c.  (il  cui  comma  1, introdotto in virtu' dell'art. 83 del
d.lgs.   4   dicembre  1992,  n. 480,  costituisce  attuazione  della
direttiva n. 89/104/CEE, del 21 dicembre 1988 in materia di marchi di
impresa;  con  la  conseguenza che la disciplina oggetto del presente
giudizio  potrebbe  anche porre,  in  prospettiva,  problematiche  di
compatibilita' con la disciplina comunitaria di settore).
   Ne',   sempre  sul  piano  della  ragionevolezza,  sembra  potersi
trascurare   la   circostanza   che   la   norma  qui  sospettata  di
illegittimita'  verrebbe, in effetti, a travolgere non solo i diritti
del  licenziatario,  ma  anche  quelli del concedente, privando anche
quest'ultimo  di una specifica utilitas riconducibile al gia' operato
uso  del  marchio  mediante concessione a terzi, tutelato dalle norme
codicistiche   (e   comunitarie),   ma  pregiudicato  dalla  speciale
disciplina normativa qui in esame.
   6.  -  E  tutto  cio'  avviene  senza  che  il  legislatore  abbia
introdotto,  al  riguardo,  alcuna misura compensativa quanto meno di
carattere  indennitario;  cio'  che  induce  a  sospettare  anche del
contrasto  della  norma  con  i  principi  di  cui  all'art. 42 della
Costituzione,   dal   momento   che  essa  -  con  sostanziale  forza
espropriativa  - appare suscettiva di privare dei loro diritti, senza
contropartita  alcuna,  i  legittimi titolari di posizioni giuridiche
altrimenti  tutelate dall'ordinamento, quali sono quelle facenti capo
al  concedente  e,  soprattutto  (per  cio'  che  qui  specificamente
interessa), al concessionario del marchio.
   7.   -   Appare,   percio',  necessario,  al  Collegio,  rimettere
nuovamente  al  vaglio  del Giudice delle leggi la questione relativa
alla compatibilita' con gli artt. 3, 41 e 42 della Carta fondamentale
della  disposizione  citata,  nella  parte  in cui, senza tener conto
della   priorita'  temporale  nell'utilizzazione  di  un  determinato
marchio in sede di esercizio dell'emittenza radiotelevisiva, vieta in
modo  retroattivo alle emittenti locali di utilizzare o diffondere un
marchio,  una  denominazione  o  una  testata  che richiami, anche in
parte,  quelli  di una emittente nazionale, anche nell'ipotesi in cui
le emittenti locali godessero del preuso del marchio stesso.
   Per  le  ragioni  fin  qui esposte il Collegio ritiene, quindi, di
dovere  sollevare  davanti  alla Corte costituzionale la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  comma 2-bis, del decreto
legge  30  gennaio  1999,  n. 15,  inserito in sede di conversione ad
opera  della  legge  29  marzo 1999, a 78, che appare rilevante e non
manifestamente  infondata  in relazione ai parametri di cui agli art.
3, 41 e 42 della Costituzione.
                              P. Q. M.
   Trasmette  gli  atti  alla Corte costituzionale ai fini dell'esame
delle  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 2, comma
2-bis,  del decreto legge 30 gennaio 1999, n. 15, inserito in sede di
conversione  ad  opera della legge 29 marzo 1999, n. 78, in relazione
ai parametri di cui agli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione.
   Sospende il giudizio a termini di legge.
   Dispone  che, a cura della segreteria, la presente ordinanza venga
notificata  alle  parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio
dei  ministri  e  sia  comunicata  ai Presidenti delle due Camere del
parlamento.
     Cosi' deciso in Roma, l'11 gennaio 2008.
                       Il Presidente: Varrone
                                   Il consigliere estensore: Buonvino