N. 247 ORDINANZA 23 giugno - 2 luglio 2008
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Giudizio abbreviato - Accoglimento della richiesta - Esclusione del responsabile civile - Lamentata violazione dei principi di eguaglianza, per disparita' di trattamento della parte civile in relazione alle pretese risarcitorie, e della ragionevole durata del processo nonche' del diritto di agire in giudizio - Difetto di rilevanza per avvenuta consumazione del potere decisorio del rimettente - Manifesta inammissibilita' della questione. - Cod. proc. pen., art. 87, comma 3, in relazione agli artt. 438 e 440 del medesimo codice. - Costituzione, artt. 3, 24 e 111.(GU n.29 del 9-7-2008 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente
Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 87, comma 3, del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 438 e 440 del medesimo codice, promosso, con ordinanza dell'8 novembre 2005, dal Giudice per le indagini preliminari, in funzione di Giudice dell'udienza preliminare, del Tribunale di Sassari nel procedimento penale a carico di C. S., iscritta al n. 60 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, 1ª serie speciale, dell'anno 2006. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella Camera di consiglio del 21 maggio 2008 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick. Ritenuto che, con l'ordinanza in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari, in funzione di Giudice dell'udienza preliminare, del Tribunale di Sassari, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 87, comma 3, del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 438 e 440 dello stesso codice, nella parte in cui «dispone l'esclusione di ufficio del responsabile civile quando il giudice accoglie la richiesta di giudizio abbreviato»; che il giudice rimettente premette che il pubblico ministero aveva richiesto il rinvio a giudizio nei confronti di diverse persone imputate, tra gli altri, dei reati di associazione per delinquere, truffa e appropriazione indebita, per essersi appropriate «di somme di denaro loro consegnate dai clienti contattati senza provvedere al versamento [...] per le operazioni di investimento richieste» ad una societa' di intermediazione mobiliare; che, in apertura dell'udienza preliminare, numerose persone offese si costituivano parti civili e chiedevano la citazione del responsabile civile, «individuandolo nel rappresentante legale pro tempore della societa»; che tale richiesta - respinta una prima volta per la ritenuta insussistenza dei presupposti legittimanti la chiamata in causa della societa' - era stata poi reiterata all'esito degli interrogatori di alcuni imputati; uno di essi, in particolare, in relazione alla sua pluriennale attivita' di promotore finanziario della societa' in questione, ammetteva di aver realizzato una gestione parallela illegale delle somme investite, per suo tramite, da oltre duecento persone: somme che egli non aveva mai versato alla societa' medesima; che, tuttavia, «nelle more della decisione e dell'adozione del relativo provvedimento», alcuni degli imputati chiedevano di essere giudicati con il rito abbreviato, disposto il quale - afferma il rimettente - «e' stata dichiarata l'inammissibilita' della richiesta di citazione del responsabile civile non essendo consentita la sua presenza nel processo celebrato con le forme del rito abbreviato; tanto che, ai sensi dell'art. 87, comma 3, cod. proc. pen., una volta radicato il rito de quo il responsabile civile deve essere estromesso anche se gia' costituito nell'udienza preliminare»; che il difensore di parte civile chiedeva quindi di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 87, comma 3, cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost.: eccezione che - secondo il rimettente - merita di essere coltivata, stante la non manifesta infondatezza delle censure prospettate; che, in proposito, il giudice a quo - in esito ad una minuziosa ricostruzione delle vicende legislative e della giurisprudenza costituzionale che hanno riguardato il rito abbreviato - rileva che «il nuovo abbreviato e' radicalmente diverso da quello previsto dal codice del 1988»: e cio' soprattutto a seguito dell'introduzione, ad opera della legge 16 dicembre 1999, n. 479, della facolta' dell'imputato di richiedere un'integrazione probatoria e del potere del giudice di acquisire tutti gli elementi ritenuti necessari ai fini della decisione (art. 441, comma 5, cod. proc. pen.); che - argomenta ancora il giudice a quo - il modello originario del rito in questione risultava perfettamente coerente con il disposto della norma oggetto di censura, attesa la necessita' di «non appesantire», con la presenza del responsabile civile, un giudizio allo stato degli atti caratterizzato dalla massima celerita'; tuttavia, tale armonia «e' ora venuta meno ed e' diventata contrasto», posto che il «nuovo» giudizio abbreviato, per caratteristiche ed impatto statistico, deve essere considerato «un vero e proprio giudizio di merito, alternativo a quello ordinario» ed attivabile comunque solo da parte dell'imputato; che, pertanto, a fronte di tali nuove e diverse caratteristiche del rito, l'esclusione del responsabile civile disposta dall'art. 87, comma 3, cod. proc. pen. si porrebbe in evidente contrasto con diversi parametri costituzionali; che risulterebbe, innanzitutto, violato l'art. 3 Cost., sotto il profilo della «disparita' di trattamento riservata alla parte civile sul piano delle pretese risarcitorie»; che, inoltre, sarebbe leso, in capo alla stessa parte civile, il diritto di agire in giudizio, tutelato dall'art. 24 Cost., nonche' il principio della durata ragionevole del processo, sancito dall'art. 111 della Carta: principio «che deve essere inteso come garanzia non solo per l'imputato, ma per tutte le parti processuali e per la collettivita' in generale»; che, in ordine alla rilevanza della questione, il giudice a quo afferma che essa «appare con evidenza», avuto riguardo alle stesse contestazioni elevate contro gli imputati; che nel giudizio di costituzionalita' e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata; che la difesa erariale ritiene, quanto all'ammissibilita' della questione, «assolutamente apodittiche» le censure del giudice a quo; mentre, con riferimento alla non manifesta infondatezza, evidenzia come il giudizio abbreviato costituisca ancora oggi - dopo le modifiche recate dalla legge n. 479 del 1999 - un rito alternativo al dibattimento, connotato da esigenze di celerita'; a fronte di queste ultime non sarebbe dunque manifestamente irragionevole l'esclusione del responsabile civile, prevista dalla norma censurata; che, per altro verso, tale esclusione non determinerebbe un vulnus al diritto di agire in giudizio della parte civile, abilitata a tutelare le proprie ragioni nel giudizio civile; che, infine, la disciplina censurata non si porrebbe in contrasto con il principio della durata ragionevole del processo, posto che, secondo l'Avvocatura generale, l'esclusione disposta all'esito dell'udienza preliminare non ostacolerebbe in alcun modo l'azione nei confronti del responsabile civile, non trovando applicazione, in tale ipotesi, il disposto dell'art. 75, comma 3, cod. proc. pen.: norma che, in caso di esercizio dell'azione civile successivamente alla costituzione della parte privata in sede penale, prevede la sospensione del processo civile fino alla definizione di quello penale con sentenza irrevocabile. Considerato che il Giudice per le indagini preliminari, in funzione di Giudice dell'udienza preliminare, del Tribunale di Sassari dubita, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 87, comma 3, del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 438 e 440 dello stesso codice, nella parte in cui dispone l'esclusione di ufficio del responsabile civile quando il giudice accoglie la richiesta di giudizio abbreviato; che l'eccezione di illegittimita' costituzionale e' formulata, in riferimento all'art. 3 Cost., sotto il profilo della «disparita' di trattamento riservata alla parte civile sul piano delle pretese risarcitorie»; in relazione all'art. 24 Cost., per la violazione del diritto della parte civile di agire in giudizio; con riferimento, infine, all'art. 111 Cost., sotto il profilo che - pur essendo legittimato all'esercizio dell'azione civile nel processo penale - il danneggiato verrebbe poi costretto ad intraprendere in altra sede un nuovo processo, a fronte dell'estromissione del soggetto chiamato a garantire l'effettiva soddisfazione del suo diritto: con inevitabile incidenza sulla ragionevole durata del processo; che la questione proposta e' manifestamente inammissibile per difetto del requisito della rilevanza; che, infatti, il giudice a quo afferma espressamente di avere, dopo l'adozione del rito abbreviato, dichiarato l'inammissibilita' della richiesta di citazione del responsabile civile, non essendo consentita la sua presenza nel processo celebrato con le forme di detto rito: cio' sul presupposto che, ai sensi dell'art. 87, comma 3, cod. proc. pen., una volta radicato il rito de quo, il responsabile civile debba essere estromesso anche se gia' costituito nell'udienza preliminare; che, pertanto, il giudice a quo ha gia' fatto definitiva applicazione della norma della cui legittimita' costituzionale ora dubita, cosi' consumando il proprio potere decisorio: con la conseguenza di rendere ininfluente, sotto il profilo della rilevanza, un'eventuale pronuncia di incostituzionalita' della norma stessa. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 87, comma 3, del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 438 e 440 del medesimo codice, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari, in funzione di Giudice dell'udienza preliminare, del Tribunale di Sassari, con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 giugno 2008. Il Presidente: Bile Il redattore: Flick Il cancelliere: Fruscella Depositata in cancelleria il 2 luglio 2008. Il cancelliere: Fruscella