N. 255 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 maggio 2008

Ordinanza  del  7  maggio  2008  emessa  dal Tribunale amministrativo
regionale  del  Lazio  sul  ricorso  proposto  da Laboratorio analisi
cliniche  e  radioimmunologiche Altomari S.r.l. contro Azienda U.S.L.
Crotone 5 ed altri

Sanita'  pubblica  -  Prestazioni  specialistiche e di diagnostica di
  laboratorio   rese  da  strutture  private  accreditate  -  Obbligo
  dell'applicazione  di uno sconto tariffario rispettivamente del 2 e
  del 20 per cento sulle tariffe di cui al decreto del Ministro della
  sanita'  22  luglio  1996  - Incidenza sui principi di tutela della
  salute,  di  liberta'  di  iniziativa  economica  privata e di buon
  andamento  della  pubblica amministrazione - Violazione della sfera
  di competenza regionale per la diretta determinazione delle tariffe
  in  luogo  della  previsione di criteri per la determinazione delle
  stesse.
- Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 796, lett. o).
- Costituzione, artt. 32, 41, 97 e 117.
(GU n.37 del 3-9-2008 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la seguente sentenza sul ricorso n. 3702 del 2007
proposto   dal  Laboratorio  analisi  cliniche  e  radioimmunologiche
Altomari  S.r.l., rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Cristina
Lenoci ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, via
Cola di Rienzo n. 271;
   Contro  l'Azienda  Unita'  Sanitaria Locale Crotone 5 e la Regione
Calabria, non costituite in giudizio; il Ministero della salute ed il
Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  ciascuno  in persona del
rappresentante   legale   in   carica   e   rappresentati   e  difesi
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, in Roma, via dei Portoghesi,
12;  e nei confronti del Laboratorio analisi cliniche Lab S.r.l., non
costituito;  per  l'annullamento  della  nota  del direttore generale
dell'AUSL   di   Crotone   n. 000794   del  21  marzo  2007  e  della
deliberazione  della  Giunta  regionale  della Calabria n. 169 dell'8
marzo  2007 e per quanto di interesse, del decreto del Ministro della
salute  adottato  di concerto con il Ministro dell'economia avente ad
oggetto «Ricognizione e primo aggiornamento delle tariffe massime per
la  remunerazione  delle prestazioni sanitarie» e, ove occorra, della
delibera  della  g.r.  della  Calabria n. 93 del 13 febbraio 2007; la
circolare a firma del dirigente del settore Dipartimento tutela della
salute  e  politiche  sanitarie del 29 dicembre 2006 prot. 28593 e la
deliberazione  della  medesima  autorita'  del  6 maggio 2006 recante
l'approvazione  dello  schema  tipo  di accordo/contratto anno 2006 -
Assistenza  sanitaria;  e  per  il  risarcimento  del  danno subito e
subendo dalla ricorrente;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visti gli atti della causa;
   Nominato  relatore  all'udienza  pubblica  del  17 ottobre 2007 il
consigliere  dott.ssa  Linda  Sandulli e sentiti gli avvocati come da
verbale d'udienza;
   Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
                              F a t t o
   La  societa'  ricorrente,  struttura accreditata con il S.S.N. che
eroga  prestazioni  di  specialistica ambulatoriale di diagnostica di
laboratorio  impugna,  chiedendone  l'annullamento,  i  provvedimenti
regionali  e  dell'azienda  sanitaria intimata con i quali sono state
determinate   le   tariffe   delle   prestazioni   di   specialistica
ambulatoriale  mediante  il  richiamo all'art. 3, comma 1 del d.m. 12
settembre  2006  ed e' stato ridotto del 5% rispetto all'anno 2006 il
volume  delle  prestazioni  e  il relativo budget ed e' stato imposto
l'obbligo  di praticare uno sconto del 20% sugli importi indicati nel
d.m. della salute del 1996 per le medesime prestazioni di diagnostica
di laboratorio.
   Si  duole,  inoltre,  della  determinazione che stabilisce che nel
caso  in  cui le prestazioni di assistenza ospedaliera, di assistenza
specialistica   ambulatoriale   e   residenziale  e  semiresidenziale
dovessero   superare   i  limiti  massimi  di  spesa  rispettivamente
stabiliti per ciascuna azienda sanitaria non sorgerebbe alcun diritto
alla remunerazione ai sensi della sentenza dell'adunanza plenaria del
Consiglio di Stato n. 8 del 2006.
   Deduce i seguenti motivi:
     1)  illegittimita'  del decreto ministeriale (Salute di concerto
con  economia  e  finanze)  del 12 settembre 2006 nella misura in cui
costituisce   fonte   dei   provvedimenti  regionali  e  dell'azienda
sanitaria.  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma 796,
lettera  o)  della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e conseguentemente
dei provvedimenti regionali e dell'azienda sanitaria applicativi.
     2)  In  particolare  per quello che riguarda il d.m. indicato al
punto   precedente:  violazione  di  legge,  del  principio  di  buon
andamento  e  di  affidamento del cittadino nell'azione della p.a. di
cui  all'art.  97  della  Costituzione. Violazione dell'art. 41 della
Costituzione.  Violazione  ed elusione del principio del «giudicato».
Violazione  del principio del giusto procedimento. Violazione e falsa
applicazione  dell'art.  1, commi 170 e 171 , della legge 30 dicembre
2004,  n. 311,  in  relazione  alla violazione e/o falsa applicazione
dell'art.  8-sexies,  comma  5,  del  d.lgs.  30  dicembre 1992, come
modificato  dal  d.lgs. 19 giugno 1999, n. 299. Violazione del «Patto
per  la  salute»  del 28 settembre 2007. Violazione dell'art. 3 della
legge  n. 241 del 1990. Eccesso di potere per erronea presupposizione
in   fatto   e   in  diritto;  travisamento  dei  fatti;  difetto  di
istruttoria; incongrua motivazione; contraddittorieta'; disparita' di
trattamento;  illogicita',  perplessita'  ed  ingiustizia  manifesta.
Sviamento.
     3)  Violazione  dei  principi di buon andamento ed imparzialita'
che  portano  alla  realizzazione  del giusto procedimento ex art. 97
della Costituzione. Violazione degli articoli 3, 24, 32, 41, 72, 81 ,
113, 117, 118 e 121 della Costituzione. Illegittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 796, lettera o) della legge n. 296 del 27 dicembre
2006.
     4) Illegittimita' derivata della nota del d.g. ASL Crotone 5 del
21  marzo  2007, della deliberazione della g.r. Calabria dell'8 marzo
2007, n. 169, e della circolare del dirigente del Dipartimento tutela
della salute e politiche sanitarie della Regione Calabria prot. 28593
del 29 dicembre 2006.
     5) Illegittimita' autonoma della nota del d.g. ASL Crotone 5 del
21  marzo 2007, della deliberazione della g.r. Calabria 8 marzo 2007,
n. 169, e della circolare del dirigente del Dipartimento tutela della
salute  e  politiche sanitarie della Regione Calabria prot. 28593 del
29 dicembre 2006.
     6)  Violazione  di  legge,  del principio di buon andamento e di
affidamento  del  cittadino nell'azione della p.a. di cui all'art. 97
della  Costituzione.  Violazione  dell'art.  41  della  Costituzione.
Violazione  del  principio del giusto procedimento anche in relazione
alla  violazione  e mancata applicazione degli articoli 8-quinquies e
sexies  del  d.lgs.  30  dicembre 1992, come modificato dal d.lgs. 19
giugno   1999,  n. 299.  Violazione  degli  articoli  21,  quinquies,
21-octies e nonies della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per
erronea  presupposizione  in  fatto  e  in  diritto; travisamento dei
fatti;     difetto    di    istruttoria;    incongrua    motivazione;
contraddittorieta';    disparita'    di   trattamento;   illogicita',
perplessita' ed ingiustizia manifesta. Sviamento.
     7)  Violazione  di  legge,  del principio di buon andamento e di
affidamento  del  cittadino nell'azione della p.a. di cui all'art. 97
della  Costituzione.  Violazione  dell'art.  41  della  Costituzione.
Violazione  del  principio del giusto procedimento anche in relazione
alla  violazione  e mancata applicazione degli articoli 8-quinquies e
sexies  del  d.lgs.  30  dicembre 1992, come modificato dal d.lgs. 19
giugno  1999,  n. 299.  Violazione ed errata applicazione dell'art. 1
della  l.r.  n. 30  del  2003  e  dell'art.  2  della l.r. n. 2/2005.
Violazione  e mancata e/o errata applicazione dell'art. 3 della legge
n. 241  del  1990.  Eccesso  di potere per erronea presupposizione in
fatto  e  in diritto; travisamento dei fatti; difetto di istruttoria;
incongrua motivazione; contraddittorieta'; disparita' di trattamento;
illogicita', perplessita' ed ingiustizia manifesta. Sviamento.
   Viene,  inoltre, dedotta, l'illegittimita' derivata della delibera
della  giunta  regionale  gravata,  sotto  diverso profilo, in quanto
volta   a   dare  continuita'  agli  indirizzi  economico  funzionali
contenuti  nella  delibera  della  G.R.C.  n. 334  del 2006 impugnata
avanti  al  Tribunale  amministrativo  regionaleCatanzaro con ricorso
n. 961 del 2006 di cui si ripropongono i motivi.
   Si sono costituite le amministrazioni statali intimate.
   Con memoria i ricorrenti hanno ribadito tesi e ragioni.
   All'udienza  del  17  ottobre 2007 la causa e' stata trattenuta in
decisione.
                            D i r i t t o
   Preliminarmente, va dichiarata l'inammissibilita' dell'impugnativa
nella  parte  in cui viene denunciata l'illegittimita' della delibera
n. 169  dell'8  marzo  2007  della  Giunta  regionale  della  Regione
Calabria,  derivata  da una precedente delibera della medesima giunta
regionale  parimenti  ritenuta  illegittima  e  gravata  con distinto
ricorso  avanti al Tribunale amministrativo regionale della Calabria,
sezione di Catanzaro.
   La  delibera  della Giunta regionale della Regione Calabria di cui
si  deduce  l'illegittimita'  originaria  risulta gravata con ricorso
pendente  avanti  a quel tribunale amministrativo e la riproposizione
degli  stessi  motivi del ricorso non puo' essere ritenuta come nuovo
ricorso in quanto, anche a prescindere dalle forme e dalla ritualita'
di  questi ultimi, il laboratorio ricorrente incorrerebbe nel divieto
del ne bis in idem.
   Ne  consegue  che la delibera della Giunta regionale della Regione
Calabria  n. 169  dell'  8 marzo 2007 verra' valutata dal Collegio in
relazione  a  tutta la parte restante del ricorso compresa la dedotta
illegittimita'  derivata  di  essa  per  vizio  del  d.m.  salute del
settembre 2006.
   Con  il  ricorso  in  epigrafe sono stati impugnati il decreto del
Ministero  della  sanita'  con il quale sono state fissate le tariffe
massime   per   la   remunerazione  delle  prestazioni  sanitarie  di
specialistica  ambulatoriale,  i  provvedimenti regionali e aziendali
successivi  ed  e'  stata  eccepita l'incostituzionalita' della legge
n. 296 del 2006, art. 1, comma 796.
   Con  riferimento  al  decreto  ministeriale  su indicato rileva il
Collegio  che  in  primo  luogo,  non  sia  dubitabile  la  lesivita'
dell'atto  impugnato,  anche  se  in  esso  si prevede che le regioni
possono  fissare tariffe piu' elevate di quelle previste a carico del
Servizio sanitario nazionale.
   A  prescindere  infatti dalla circostanza di fatto che non risulta
che  la  Regione si sia avvalsa di tale facolta', ma che al contrario
si  sia  adeguata ad esse, deve, in ogni caso, essere considerato che
eventuali  aumenti  di  tariffe avrebbero comportato la necessita' di
finanziare  col proprio bilancio tali aumenti sicche' appare evidente
che  i  parametri  tariffari  stabiliti  dall'amministrazione statale
costituiscono  un  punto  fermo  ed  un  orientamento  preciso per le
regioni,  mentre  tariffe  massime  piu' elevate, possibili sul piano
teorico, costituiscono nella fattispecie una mera eventualita'.
   Inoltre,   le   tariffe   fissate   dal   Ministero  della  salute
costituiscono  un  chiaro condizionamento del comportamento regionale
il  quale,  a  tariffe  piu' elevate ha minore necessita' di adottare
provvedimenti con onere a suo carico.
   Il  ricorso  nel  merito,  relativamente  alla  parte in esame, e'
fondato e deve essere accolto.
   I ricorrenti contestano in primo luogo la determinazione contenuta
al primo comma lett. a) dell'art. 3 di detto decreto che testualmente
recita: «le tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni di
assistenza   specialistica   ambulatoriale   a  carico  del  Servizio
sanitario  nazionale sono quelle individuate dal decreto del Ministro
della   sanita'   del  22  luglio  1996  "Prestazioni  di  assistenza
specialistica   ambulatoriale   erogabili  nell'ambito  del  servizio
sanitario nazionale e relative tariffe"».
   La  censura  di  difetto  d'istruttoria  e  di  motivazione  e  di
violazione  dell'art.  8-sexies, comma 5 del d.lgs. 30 dicembre 1992,
n. 502,  introdotto  dall'art.  8, comma 4 del d.lgs. 19 giugno 1999,
n. 229,  e  dell'art.  1,  comma  170,  della legge 30 dicembre 2004,
n. 311, appare fondata.
   In  primo  luogo  il  decreto  qui  impugnato richiama e rende ora
applicabili  le  tariffe  determinate con un decreto ministeriale che
risulta annullato in sede giurisdizionale dal Consiglio di Stato, con
sentenza  della sez. IV, 29 marzo 2001, n. 1839, e cio' a prescindere
dalla  questione,  peraltro  poco  comprensibile,  posta dalla difesa
dell'amministrazione  sulla  possibilita'  di  far  rivivere  solo le
tariffe  e  non  il decreto in quanto caducato. Piu' precisamente, il
Collegio  rileva  che  il  principale  difetto istruttorio deriva dal
fatto  che  l'atto  impugnato  non  da'  minimamente  conto  di  tale
questione.
   Sembra, a tale riguardo, che la vicenda appena descritta sia stata
ignorata   dall'amministrazione   che   ha   provveduto  senza  avere
conoscenza dell'annullamento giurisdizionale, ovvero perche' riteneva
comunque  possibile,  nonostante  l'annullamento,  far rivivere dette
tariffe.  Resta,  pertanto,  evidente  il difetto di istruttoria e di
motivazione del provvedimento sotto tale profilo.
   Peraltro   tale   circostanza  ha  condotto  l'amministrazione  ad
incorrere  negli stessi vizi rilevati dal Consiglio di Stato, che, in
buona  sostanza  aveva  evidenziato  un  difetto di istruttoria nella
determinazione  delle  tariffe  per  mancata applicazione dei precisi
criteri  dettati  dallo  stesso  Ministero  col  d.m. 15 aprile 1994,
all'art.  3  ove  si  dice espressamente che le tariffe devono essere
fissate  sulla  base  del  costo  standard  di produzione e dei costi
generali,   in  quota  percentuale  rispetto  ai  costi  standard  di
produzione  e  si  dettano  al  comma 2 criteri assai dettagliati per
calcolare le componenti del costo standard.
   Premesso che gia' il Consiglio di Stato ha ritenuto applicabili al
decreto  ministeriale  di fissazione delle tariffe allora impugnato i
criteri  contenuti  nel  d.m. del 1994, deve osservarsi che il dubbio
non  e'  proponibile  nella  presente  fattispecie,  in  quanto nelle
premesse  del decreto qui impugnato si richiama espressamente il d.m.
sanita'  14  aprile  1994,  con  cio'  dandosi conto del fatto che la
stessa  amministrazione resistente ritiene tale atto ancora in vigore
ed applicabile al caso in esame.
   Peraltro  la  necessita'  (logica)  di  fissare le tariffe massime
tenendo conto dei costi di produzione standard e delle quote standard
dei  costi  generali,  risulta ora recepito in norma di legge chiara,
quale  l'art.  8-sexies,  comma 5, del d.lgs. n. 502/1992, introdotto
dall'art. 8, comma 4 del d.lgs n. 229/1999.
   Sinteticamente  il principio si trova anche nell'art. 1, comma 170
della legge finanziaria 30 dicembre 2004, n. 311.
   Ora,  che l'amministrazione non abbia seguito i suddetti criteri e
non  abbia  quindi  effettuato una analitica istruttoria sui costi di
produzione,  prima  di  determinare  le tariffe massime da remunerare
tramite  Servizio sanitario nazionale, lo dimostra sia la circostanza
che  non e' stato prodotto in giudizio nessun atto istruttorio di tal
genere,  sia,  soprattutto  il  fatto  che  il provvedimento richiama
puramente  e  semplicemente  un  atto  di  dieci  anni  prima, la cui
istruttoria,  ammesso  che  potesse  considerarsi  allora adeguata (a
prescindere  dalla  circostanza che detto atto e' stato annullato dal
giudice  amministrativo  proprio  per  difetto  istruttorio), avrebbe
sicuramente  avuto  necessita'  di  un  aggiornamento di verifica per
valutare  la  congruita' dei costi di dieci anni prima (basterebbe al
riguardo  richiamare il «fatto notorio» del cambiamento valutario che
ha comportato un significativo aumento generalizzato dei costi).
   Con  altra sentenza di questa sezione (n. 522 del 24 gennaio 2008)
e' stato poi rilevato, in relazione alla circostanza fatta valere dai
ricorrenti  in  quel ricorso, che il provvedimento impugnato non reca
alcuna  motivazione per superare il parere contrario della Conferenza
Stato-regioni.
   Ed  e'  stato  affermato  che,  se:  «E' pur vero che l'originaria
previsione  contenuta  nel citato art. 8-sexies, comma 5 dell'obbligo
di  intesa  del Ministro della sanita' con la Conferenza e' stata poi
modificata  in  mero parere obbligatorio dall'art. 1, comma 170 della
finanziaria  per  il  2005,  tuttavia  appare  evidente la necessita'
comunque di motivare, seppure sinteticamente, sulle ragioni che hanno
condotto  l'amministrazione  agente  a  disattendere  il parere di un
cosi'  importante  organo  (col  quale  in  precedenza era necessaria
l'intesa),  anche  se  i  profili  attenevano,  almeno secondo quanto
affermato nell'atto dall'amministrazione, alla opportunita».
   Nei  termini sopra indicati il d.m. salute 12 settembre 2006 deve,
pertanto, essere annullato in parte qua.
   Cio'  comporta  l'annullamento,  per  illegittimita'  derivata dei
successivi atti aziendali e regionali.
   In  particolare,  la  deliberazione  della giunta regionale dell'8
marzo  2007,  n. 169, e la precedente circolare 28593 del 29 dicembre
2006  sui  primi  indirizzi,  premessa  la  necessita' di adeguare le
proprie  tariffe a quanto stabilito col d.m. salute 12 settembre 2006
approva   il  sistema  di  finanziamento  e  di  remunerazione  delle
prestazioni  di  assistenza  specialistica  ambulatoriale  erogate da
soggetti  erogatori pubblici, equiparati e privati accreditati, cosi'
come  descritto nell'allegato 3 ove si stabilisce che per il triennio
2007-2009  «il tariffario applicato alle prestazioni di specialistica
ambulatoriale  e' quello previsto dal d.m. 12 settembre 2006 che, per
le  prestazioni  di  diagnostica  di  laboratorio  verra' applicato a
decorrere  dal  1°  giugno  2007»; «il sistema di finanziamento delle
prestazioni  viene  determinato  applicando  lo  sconto del 20% sulle
prestazioni  di  laboratorio  di  analisi  e  del  2%  sulle restanti
branche»,  cio'  in  base a quanto disposto con la finanziaria per il
2007  all'art.  1,  comma 796, lett. o) della legge 27 dicembre 2006,
n. 296.
   Orbene,  considerato  che le tariffe regionali recepiscono e fanno
esplicito   riferimento  al  d.m.  salute  12  settembre  2006,  deve
ritenersi   fondato   il  primo  profilo  di  gravame  relativo  alla
illegittimita'   derivata;   considerato   che,   come   rilevato  in
precedenza,  il suddetto decreto ministeriale e' ritenuto illegittimo
per  i profili sopra evidenziati al punto 1 e che tale illegittimita'
si   riverbera  sugli  atti  regionali  che  di  esso  fanno  diretta
applicazione,  non  venendo  minimamente  qui  in  rilievo il d.m. 22
luglio 1996.
   2.   -   La  delibera  regionale  sopra  riferita  reca  anche  la
disposizione,  secondo  quanto  prima detto, del seguente tenore: «il
sistema   di   finanziamento   delle  prestazioni  viene  determinato
applicando  lo  sconto  del  20%  sulle prestazioni di laboratorio di
analisi e del 2% sulle restanti branche».
   Trattasi   all'evidenza   dell'applicazione  diretta  della  norma
contenuta nell'art. 1, comma 796, lett. o) della legge finanziaria 27
dicembre 2006, n. 296.
   La  contestazione  di  tale disposizione regionale non puo' quindi
che  passare  attraverso una eventuale questione di costituzionalita'
della suddetta disposizione di legge, ove ritenuta non manifestamente
infondata;  per  tale  motivo  essa  appare  rilevante  ai  fini  del
decidere.
   Ed  infatti  al  riguardo  il Collegio, richiamata l'ordinanza del
Tribunale  amministrativo regionalePuglia, Lecce, sez. II, 19 ottobre
2007,  n. 3631,  che  ha gia' rimesso alla Corte costituzionale detta
questione,  ritiene  che la succitata norma di legge presenti profili
di  violazione  di  norme  costituzionali Per cio' che attiene quindi
alla  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di legittimita'
costituzionale,  il  Collegio  ritiene  che  le norme censurate siano
confliggenti  con  gli  articoli  24  e  113,  32, 41, 97 e 117 della
Costituzione, per le seguenti ragioni.
   2.1.1.  -  In  primo  luogo  la norma rende applicabile un decreto
ministeriale,  quello  del 22 luglio 1996 che era stato annullato con
la  sentenza  della IV sezione del Consiglio di Stato, n. 1839 del 29
marzo 2001 ormai coperta da giudicato.
   Appare  evidente  la  sovrapposizione  della legge ad un giudicato
formatosi  gia'  da  tempo, con palese violazione degli articoli 24 e
113 della Costituzione.
   E'  noto  infatti  il  principio  piu' volte affermato dalla Corte
costituzionale  (cfr.  da  ultimo  ad  es.  sentenza  15 luglio 2005,
n. 282,) secondo il quale l'emanazione di leggi incontra una serie di
limiti  che  attengono  alla  salvaguardia  di fondamentali valori di
civilta' giuridica posti a tutela dei destinatari delle norme e dello
stesso ordinamento, tra i quali il rispetto del principio generale di
ragionevolezza  e  di uguaglianza, l'affidamento legittimamente sorto
nei soggetti quale principio connaturato nello Stato di diritto ed il
rispetto   delle  funzioni  costituzionalmente  riservate  al  potere
giudiziario,  essendo comunque precluso al legislatore di intervenire
con  norme  aventi  portata  tale  da  annullare  gli  effetti  di un
giudicato.
   2.1.2.  - Nel caso di specie, la tariffa viene fissata con legge e
la  relativa  norma  si  limita ad imporre uno sconto (oltretutto del
20%)  sulle  tariffe  vigenti,  senza  dare conto delle ragioni della
misura  fissata con cio' violando anche i principi di cui all'art. 41
della Costituzione sull'iniziativa economica.
   Tra  l'altro, lo sconto viene applicato su tariffe molto risalenti
(quelle  statali  rimontano al 1996) e cio' appare irragionevole, non
potendosi  dubitare del fatto che, in dieci anni, i costi dei fattori
produttivi  (si  pensi,  per tutti, alla remunerazione del personale)
siano cresciuti, a volte anche sensibilmente.
   In  ogni  caso, anche se per ipotesi i costi di produzione fossero
rimasti  costanti  o  addirittura  diminuiti  nel  periodo  di  tempo
summenzionato,   cio'   avrebbe  dovuto  risultare  da  una  compiuta
istruttoria,  necessaria  anche  per la norma di legge quando essa si
pone come provvedimento amministrativo seppure a carattere generale.
   Ed  in  effetti,  tenuto  conto del fatto che il d.m. 12 settembre
2006   ha   confermato   le  tariffe  del  1996,  limitatamente  alle
«prestazioni  di assistenza specialistica ambulatoria» (art. 3, comma
1,  lett.  a),  d.m. citato), con cio' volendo significare che quelle
tariffe  sono  da  ritenere  ancora  congrue a distanza di dieci anni
dalla   loro   determinazione,   non   si   puo'   non   rilevare  la
contraddittorieta' del Legislatore statale, il quale, dopo appena tre
mesi  dall'approvazione  del  d.m. 12 settembre 2006 - pubblicato fra
l'altro  nella  Gazzetta Ufficiale del 13 dicembre 2006 - ritiene non
piu' congrue le predette tariffe ed opera una ulteriore riduzione.
   2.1.3.  -  Naturalmente, le difficolta' che alle strutture private
derivano dall'applicazione delle regole di cui all'art. 1, comma 796,
lett. o) della legge n. 296/2006 sono in grado di compromettere anche
la   piena   esplicazione  del  diritto  di  cui  all'art.  32  della
Costituzione,  visto  che le strutture private accreditate potrebbero
incontrare   difficolta'  a  garantire  la  piena  funzionalita'  dei
servizi,  il  che,  in un sistema che vede la sanita' pubblica non in
grado  di  assicurare  tempestivamente l'erogazione delle prestazioni
sanitarie,  puo' compromettere il diritto alla salute e il diritto di
libera  scelta  dei  cittadini-utenti.  A  questo  riguardo,  si deve
sottolineare  che  la  presenza significativa degli operatori privati
nel  S.S.N.  risponde ad esigenze insopprimibili dell'amministrazione
sanitaria, la quale non riesce, con le proprie strutture, a garantire
l'erogazione  delle  prestazioni  sanitarie  a  favore  degli utenti,
rendendo,  in tal modo, impossibile sostenere, se non a scapito delle
prestazioni sanitarie anche indispensabili, che le strutture private,
se  ritengono  non  convenienti  le  tariffe,  possono  «uscire»  dal
sistema.
   Spetta  invece  all'amministrazione  competente,  previa  adeguata
istruttoria,   decidere  se  rilasciare  o  meno  l'accreditamento  e
stabilire annualmente il volume di prestazioni che intende acquistare
dai  privati;  nel momento in cui rilascia l'accreditamento e fissa i
tetti di spesa annuali, l'amministrazione sanitaria riconosce di aver
bisogno  dell'ausilio  degli operatori privati, i quali, a seguito di
cio' devono essere adeguatamente remunerati.
   2.1.4.  -  La  mancanza  (o  comunque  la  non allegazione) di una
compiuta  istruttoria  da' luogo altresi' ad una violazione dell'art.
97 della Costituzione, in quanto la p.a. (e la cosa vale anche per il
Legislatore-amministratore,  ovviamente) deve sempre porre a base del
proprio  operato  un'adeguata  conoscenza dei fatti, della quale deve
dare  conto  nella  motivazione del provvedimento terminale. Nel caso
della  legge,  naturalmente, la motivazione puo' anche consistere nel
richiamo, espresso o implicito, ai lavori preparatori o ad altri atti
(nella  specie,  pero',  l'istruttoria, che pure il Legislatore della
legge    n. 296/2006    ritiene   necessaria,   viene   espressamente
posticipata,   il   che  da'  luogo  ad  un'illogica  inversione  del
procedimento).
   2.1.5.  -  Da ultimo, il sistema delineato dall'art. 1, comma 796,
lett.  o)  della  legge finanziaria per il 2007, si pone in contrasto
con  l'art.  117  Cost.,  nel momento in cui lo Stato non si limita a
dettare  i  criteri  per  la  fissazione delle tariffe da parte delle
regioni, ma le fissa direttamente.
   A  tal  proposito,  pur  potendosi  astrattamente  ritenere che le
esigenze di contenimento della spesa pubblica e il conseguente potere
dello  Stato di dettare norme di coordinamento della finanza pubblica
(art.  117, terzo comma, Cost.) militino nel senso della legittimita'
in  parte  qua  della  legge  n. 296/2006,  si  deve tenere conto dei
recenti arresti della Corte costituzionale in materia di limiti della
legislazione  statale in tema di individuazione dei settori in cui le
Regioni debbono operare «tagli»: il riferimento e' alle note sentenze
della  Consulta  390  del 2004, 417 e 449 del 2005, 88 del 2006 e 157
del   2007,   in   cui   si  e'  ritenuto  non  spettare  allo  Stato
l'individuazione   dettagliata   delle  voci  di  costo  dei  bilanci
regionali da ridurre, potendo il Legislatore statale stabilire solo i
principi  fondamentali  della  materia  e, al limite, la misura delle
riduzioni di spesa.
   Nel  caso  di  specie,  pero',  il  Legislatore  statale non si e'
limitato a cio', in quanto lo sconto del 2% e del 20% viene applicato
al  tariffario  vigente nella sua globalita', il che e' come dire che
lo Stato ha rideterminato nel dettaglio le tariffe in questione.
   2.1.6.  -  Per  tutto  quanto  detto,  non  appare  nemmeno  utile
l'invocazione, contenuta nell'incipit del comma 796 dell'art. 1 della
legge  finanziaria  per  il  2007  alle esigenze di «... garantire il
rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi
di  finanza  pubblica  per  il  triennio 2007-2009, in attuazione del
protocollo  di  intesa  tra  il  Governo,  le  Regioni  e le Province
autonome  di Trento e di Bolzano per un patto nazionale per la salute
sul  quale  la  Conferenza  delle  regioni e delle province autonome,
nella  riunione  del 28 settembre 2006 ...», sia perche' tali ragioni
non  possono essere opposte, in assenza di adeguata istruttoria, agli
operatori   privati,   sia   perche'  non  appare  costituzionalmente
giustificata  l'incisione  di  interessi privati in nome delle sempre
invocate ragioni di contenimento della spesa pubblica.
   Quanto  alla  richiesta  di  risarcimento  del  danno  osserva  il
Collegio  che  il  giudizio  risarcitorio  a  seguito  di  lesione di
interessi  legittimi  postula il superamento dei principi processuali
classici  modellati  sullo  schema del giudizio di impugnazione di un
atto amministrativo: al privato, pertanto, non basta la deduzione, in
base    al    principio    dispositivo    con   metodo   acquisitivo,
dell'illegittimita'   dell'atto,   essendo  necessaria,  in  base  al
principio  dispositivo,  la  dimostrazione  ex artt. 2697 c.c. e 115,
comma 1, c.p.c., degli elementi che consentano di concludere in senso
a  lui  favorevole  il  giudizio  sulla  spettanza  del risarcimento.
Occorre  cioe'  la  prova  del  danno  nella  sua esistenza e nel suo
ammontare  (secondo  le  regole  di  cui agli artt. 1223, 1226, 1227,
richiamati    dall'art.   2056   c.c.).   (Tribunale   amministrativo
regionaleLazio Roma, sez. II, 19 marzo 2007, n. 2387).
   Di  conseguenza, e' inammissibile la domanda di risarcimento danni
avanzata,  come  nel  caso  di specie, senza che sia stata fornita la
prova del danno effettivamente subito e della sua entita'.
   3.  -  Conclusivamente  il  Collegio  ritiene che il ricorso debba
essere:
     1)  dichiarato  inammissibile  nella  parte in cui viene dedotta
l'illegittimita'  derivata  della  delibera  della g.r. n. 169 dell'8
marzo 2007, per illegittimita' della delibera della g.r. 334 del 2006
per  le ragioni indicate in motivazione e con riguardo alla richiesta
di risarcimento del danno;
     2)  accolto  relativamente  al  d.m. salute 12 settembre 2006 in
parte  qua  unitamente  alla delibera della Giunta regionale Calabria
n. 169  dell'8  marzo 2007 ed a tutti gli atti ad essa relativi nella
parte  in  cui recepiscono tale decreto che devono essere, parimenti,
annullati  nei  limiti  di  cui  al  d.m. 12 settembre 2006; ritiene,
invece,  che  la  richiesta  di  risarcimento  del danno debba essere
dichiarata inammissibile.
   Per  la  parte restante, il Collegio ritiene che il giudizio debba
essere sospeso onde sottoporre alla Corte costituzionale la questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 796, lett. o) della
legge  27 dicembre 2006, n. 296, per violazione degli artt. 24 e 113,
32, 41, 97 e 117 della Costituzione.
   Rinvia al definitivo la statuizione sulle spese di causa.
                              P. Q. M.
   Dichiara inammissibile, in parte, il ricorso proposto dalla S.r.l.
Laboratorio  Analisi  Cliniche  Altomari  per  le  ragioni esposte in
motivazione e relativamente alla richiesta di risarcimento del danno;
lo  accoglie  in  parte  e,  per, l'effetto annulla il d.m. salute 12
settembre  2006  nonche'  la  delibera  della  Giunta regionale della
Calabria  n. 169  dell'8  marzo  2007 e tutti gli atti connessi nella
parte  in  cui  recepiscono  le  tariffe  di  cui  al  d.m. salute 12
settembre 2006;
   Solleva  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art 1 ,
comma  796,  lett.  o)  della legge n. 296/2006 per contrasto con gli
artt. 24 e 113, 32, 41, 97 e 117 della Costituzione.
   Sospende  il  giudizio  in  corso  e  dispone  che,  a  cura della
segreteria,   gli  atti  del  giudizio  siano  trasmessi  alla  Corte
costituzionale e che il presente atto sia notificato alle parti, alla
Presidenza  del  Consiglio dei ministri ed al Presidente della Giunta
regionale  Calabria,  e sia comunicato ai Presidenti della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica.
   Spese al definitivo.
   Ordina  che  la  presente  sentenza  sia  eseguita  dall'autorita'
amministrativa.
   Cosi'  deciso  in Roma, nelle Camere di consiglio del 17 ottobre e
del 14 novembre 2007.
                     Il Presidente: Di Giuseppe
                                   Il consigliere estensore: Sandulli