N. 271 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 aprile 2008
Ordinanza del 1° aprile 2008 emessa dal Magistrato di sorveglianza di Livorno nel procedimento di sorveglianza nei confronti di Baez Hiraldo America Ordinamento penitenziario - Istanza di affidamento in prova al servizio sociale presentata dopo l'inizio dell'esecuzione della pena - Prevista possibilita' per il magistrato di sorveglianza, a determinate condizioni (sussistenza dei presupposti per l'ammissione alla misura alternativa richiesta, grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, assenza di pericolo di fuga), di sospendere l'esecuzione della pena e ordinare la liberazione condizionale del condannato sino alla decisione del tribunale di sorveglianza sull'istanza medesima - Possibilita' di disporre l'applicazione provvisoria dell'affidamento in prova al servizio sociale - Mancata previsione - Irrazionalita' - Ingiustificata diversa disciplina rispetto ai casi di detenzione domiciliare e di affidamento in prova c.d. «terapeutico». - Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, comma 4. - Costituzione, art. 3.(GU n.38 del 10-9-2008 )
IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA Letta l'istanza volta ad ottenere l'applicazione (provvisoria) della misura dell'affidamento in prova al servizio sociale presentata ai sensi dell'art. 47 ord. pen. da Baez Hiraldo America, nata a S. Domingo il 3 marzo 1967, attualmente detenuta nella Casa circondariale di Livorno in esecuzione della pena di cui alla sentenza emessa dalla Corte di appello di Roma in data 13 dicembre 2006, definitiva il 13 febbraio 2008; O s s e r v a 1. - Con istanza pervenuta nella cancelleria di questo ufficio in data 26 marzo 2008, Baez Hiraldo America ha chiesto di essere ammessa, in via provvisoria, alla misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale ai sensi dell'art. 47 della legge sull'ordinamento penitenziario, dichiarando di trovarsi nelle condizioni di ammissibilita' e di merito per usufruire del beneficio richiesto. In effetti, dall'esame dell'istanza, della posizione giuridica, del certificato del casellario giudiziale e della relazione della Stazione dei Carabinieri di Gavorrano dell'11 marzo 2008, si evince che l'interessata, delinquente primaria, e' in esecuzione della pena di anni 5 di reclusione, di cui al titolo esecutivo indicato in epigrafe, inflittale per il delitto di cui agli articoli 73 e 80, d.P.R. n. 309/1990, consumato nel novembre 2005, che la decorrenza della pena risale al 23 novembre 2005, che la pena residua da espiare e' inferiore ad anni tre, che la Baez ha trascorso, per il fatto oggetto della condanna, un non breve periodo agli arresti domiciliari, dal 30 maggio 2007 al 27 febbraio 2008, rispettando prescrizioni e obblighi della misura cautelare, che l'esecuzione carceraria e' ripresa a seguito della irrevocabilita' della sentenza di condanna, che l'interessata ha la possibilita' di poter espiare la pena residua in regime di affidamento in prova al servizio sociale, disponendo di un domicilio in localita' Gavorrano (Grosseto), ove riprenderebbe l'attivita' di cura familiare gia' svolta durante il periodo di arresti domiciliari, che, quindi, la stessa potrebbe essere gravemente pregiudicata dal protrarsi dello stato detentivo in attesa della decisione del tribunale di sorveglianza sulla richiesta di affidamento in prova anche in virtu' delle necessita' familiari e di accudimento evidenziate nell'istanza. Considerata, poi, l'irreprensibile condotta tenuta dalla Baez durante la sottoposizione alla misura cautelare degli arresti domiciliari, e' da escludere che vi sia pericolo di fuga della condannata. Non emergono, infine, specifici e concreti elementi che facciano ritenere la sussistenza di collegamenti attuali della detenuta con la criminalita' organizzata od eversiva, elementi che, di fatto, sarebbero stati ostativi anche alla sostituzione della custodia cautelare in carcere con la piu' tenue misura degli arresti domiciliari. 2. - E' peraltro noto che, in base al disposto dell'art. 47, quarto comma, ord. pen., come sostituito dall'art. 2 della legge 27 maggio 1998, n. 165, se l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale e' proposta dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena, il magistrato di sorveglianza competente in relazione al luogo dell'esecuzione puo', a determinate condizioni (sussistenza dei presupposti per l'ammissione alla misura alternativa richiesta e di un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, assenza di pericolo di fuga), sospendere l'esecuzione della pena e ordinare la liberazione del condannato sino alla decisione del tribunale di sorveglianza sull'istanza medesima; non e' invece prevista, ne' quindi consentita, la possibilita', per il magistrato di sorveglianza, di disporre l'applicazione provvisoria della misura alternativa de qua, che permetterebbe: di sottoporre l'interessato a determinate prescrizioni, assicurando in tal modo anche un controllo sulla sua condotta da parte degli organi deputati a seguire l'andamento della «prova»; di attivare l'intervento immediato, sin dalla scarcerazione, del servizio sociale; di garantire la prosecuzione dell'esecuzione della pena anticipando gli effetti di una prevedibile decisione favorevole del tribunale di sorveglianza. Cio' e' quanto avviene in materia di detenzione domiciliare, ove l'art. 47-ter, comma 1-quater, ord. pen. prevede appunto che, se l'istanza volta ad ottenere la concessione di tale misura e' proposta dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena, il magistrato di sorveglianza puo' disporre l'applicazione provvisoria della misura stessa, con provvedimento che conserva la sua efficacia sino alla decisione del tribunale di sorveglianza, quando ricorrono i requisiti di cui ai commi 1 (detenzione domiciliare per motivi umanitari) e 1-bis (detenzione domiciliare biennale «generica») del suddetto art. 47-ter. Analoga possibilita' e' prevista in materia di affidamento in prova c.d. «terapeutico» a norma dell'art. 94, secondo comma, d.P.R. n. 309/1990, come sostituito dall'art. 4-undecies della legge 21 febbraio 2006, n. 49: «se l'ordine di carcerazione e' stato eseguito, la domanda e' presentata al magistrato di sorveglianza il quale, se l'istanza e' ammissibile, se sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l'accoglimento della domanda ed al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, qualora non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza del pericolo di fuga, puo' disporre l'applicazione provvisoria della misura alternativa». Anche in questa ipotesi, l'applicazione provvisoria della misura ha l'effetto di consentire - oltre all'immediata «presa in carico» del soggetto da parte del servizio per le tossicodipendenze o della comunita' terapeutica, presidiata da obblighi e prescrizioni per il condannato - la prosecuzione dell'esecuzione penale, senza che vengano a crearsi sospensioni tra la decisione provvisoria del magistrato di sorveglianza e quella definitiva del tribunale di sorveglianza sull'istanza di affidamento «terapeutico». 3. - Ad avviso di questo giudicante, la differenziazione che il legislatore ha cosi' introdotto tra l'affidamento in prova ordinario di cui all'art. 47 ord. pen. da un lato e la detenzione domiciliare di cui all'art. 47-ter ord. pen. e l'affidamento in prova a fini terapeutici di cui all'art. 94 d.P.R. n. 309/1990 dall'altro, concernente la possibilita' o meno per il magistrato di sorveglianza di disporre l'applicazione provvisoria della misura anziche' la pura e semplice sospensione dell'esecuzione della pena in attesa della decisione finale del tribunale di sorveglianza, non e' sorretta da una motivazione razionale. Le considerazioni che militano a favore di una possibile applicazione provvisoria della misura della detenzione domiciliare o di quella dell'affidamento in prova «terapeutico» valgono anche per l'affidamento in prova ordinario: se l'istanza e' ammissibile, se esistono i presupposti per la concessione della misura alternativa richiesta (il c.d. fumus boni iuris), se vi e' un concreto periculum in mora, costituito da un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione del condannato, e non vi e' pericolo di fuga, non si vede quale elemento osti ad una eventuale applicazione provvisoria dell'affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 ord. pen., mentre sono evidenti i benefici connessi alla prosecuzione, in regime alternativo alla detenzione, dell'esecuzione della pena ed all'intervento immediato del servizio sociale, cui competono, ex art. 47 comma 9, funzioni di controllo e di ausilio nei confronti del soggetto. La differenza di disciplina rispetto alla detenzione domiciliare ed all'affidamento in prova «terapeutico», di cui sopra si e' detto, crea un vulnus rispetto al principio di uguaglianza e di ragionevolezza consacrato dall'art. 3, primo comma, della Costituzione, da cui derivano vincoli e limiti all'uso della discrezionalita' politica del legislatore: situazioni che meriterebbero di essere trattate in maniera analoga, sotto l'aspetto ora evidenziato, vengono invece diversamente disciplinate dal legislatore ordinario senza che, come gia' detto, sia possibile rinvenire, alla base di tale differenziazione normativa, una motivazione razionale, atteso che i presupposti per l'intervento cautelare del magistrato di sorveglianza sono i medesimi nelle tre ipotesi considerate sia per quanto concerne il giudizio prognostico che il magistrato deve formulare in ordine all'accoglimento dell'istanza di misura alternativa da parte del tribunale di sorveglianza sia per quanto riguarda il periculum in mora (anche in materia di detenzione domiciliare e' necessario che vi sia il pericolo di un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione in virtu' del richiamo che l'art. 47-ter, comma 1-quater, fa alle disposizioni dettate dall'art. 47, comma 4, applicabili in quanto compatibili; in materia di affidamento «terapeutico», poi, il periculum e' espressamente codificato come presupposto della decisione cautelare). La questione di costituzionalita' della disposizione di cui all'art. 47, quarto comma, ord. pen., nella parte in cui tale norma non prevede che, alle condizioni ivi descritte, il magistrato di sorveglianza possa disporre l'applicazione provvisoria dell'affidamento in prova al servizio sociale, anziche' la pura e semplice sospensione dell'esecuzione della pena, appare, dunque, non manifestamente infondata. Essa e' del pari rilevante nel presente procedimento, per le considerazioni svolte nel primo paragrafo, atteso che l'interessata ha chiesto a questo ufficio di disporre l'applicazione provvisoria della misura dell'affidamento in prova di cui all'art. 47 ord. pen., non consentita dalla normativa attualmente vigente; ne' la rilevanza puo' dirsi vanificata dalla circostanza che potrebbe comunque essere disposta, nella situazione considerata, la sospensione dell'esecuzione della pena: si tratta di istituto diverso che comporta, come gia' detto, un temporaneo «congelamento» dell'esecuzione, non consente l'imposizione di prescrizioni accessorie (anche a tutela della collettivita) ne' di attivare l'intervento obbligatorio del servizio sociale che, nel caso dell'affidamento in prova, deve assolvere al compito istituzionale di controllare la condotta del soggetto e di aiutarlo a superare le difficolta' di adattamento alla vita sociale, «anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita» (art. 47, comma 9, cit.). In caso di sospensione dell'esecuzione l'interessato viene a trovarsi in una sorta di «limbo» anche per un apprezzabile periodo di tempo (e' noto che il termine di 45 giorni previsto dall'art. 47, comma 4, ord. pen. per la decisione del tribunale di sorveglianza ha carattere meramente ordinatorio), mentre l'applicazione provvisoria della misura arricchirebbe di contenuti il periodo di «attesa» e consentirebbe inoltre al tribunale, al momento della decisione definitiva, di esprimere un giudizio piu' ponderato sulla capacita' del soggetto di conformarsi alle prescrizioni della misura alternativa. 4. - Per le suesposte considerazioni, attinenti alla rilevanza ed alla non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' che si prospetta, il procedimento de quo deve essere sospeso e gli atti inviati alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Visti gli articoli 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87, 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modifiche, 666 e 678 c.p.p.; Dispone la trasmissione degli atti del presente procedimento alla Corte costituzionale affinche' esamini la questione di legittimita' costituzionale della disposizione di cui all'art. 47, quarto comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modifiche, alla luce del parametro di cui all'art. 3, primo comma, della Costituzione. Dispone la sospensione del presente procedimento in attesa della decisione della Corte medesima. Manda alla cancelleria per le comunicazioni di legge e, in particolare, per la notifica all'interessato, al suo difensore, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Livorno, al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Livorno, addi' 1° aprile 2008 Il magistrato di sorveglianza: Signorini