N. 272 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 aprile 2008
Ordinanza del 9 aprile 2008 emessa dal Corte d'appello di Bari nel procedimento penale a carico di Volpe Maria Rosaria ed altri Edilizia e urbanistica - Reati edilizi - Lottizzazione abusiva - Obbligo per il giudice penale, in caso di accertamento del reato, di disporre la confisca dei terreni e delle opere abusivamente costruite anche a prescindere dal giudizio di responsabilita' e nei confronti di persone estranee ai fatti - Violazione dei principi di uguaglianza, di riserva di legge in materia penale e di personalita' della responsabilita' penale. - Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, comma 2. - Costituzione, artt. 3, 25, comma secondo, e 27, primo comma.(GU n.38 del 10-9-2008 )
LA CORTE DI APPELLO Nel procedimento penale n. 203/2002 R.G. Corte Appello a carico di: Amante Giuseppe, Casulli Vito Leonardo Valerio, Ciaccia Francesco, Dattolo Sabino, Labbate Vito F., Loiacono Giovanni, Manna Luigi Ferdinando, Mola Franco Vince, Papeo Nicola, Parente Nunzio Rocco, Pinto Vito, Rotondi Giuseppe, Ruggiero Vitantonio, Tricase Antonio e Ungaro Giuseppe in qualita' di direttori dei lavori; Battista Pietro, Buono Angelo, Cacucci Antonio Vito, Chiarappa Nicola, Chiarappa Vito, Coratella Francesco, D'Alessandro Vito, De Florio Mario, Fracchiolla Nicola, Lanzolla Francesco, Loiacono Giovanni, Patruno Luigi, Porcelli Antonio, Porcelli Giuseppe, Recchia Giovanni, Rotondi Rosalia Liliana, Rotondi Vanda Marcella Bice e Troilo Stefano in qualita' di esecutori dei lavori (come titolari delle ditte personali o rappresentanti legali di entita' giuridiche); Campanile Isabella, Campanile Rosa, Caputo Antonio, Caputo Caterina, Caputo Domenico, Caputo Giuseppe, Caputo Grazia, Caputo Maria Immacolata, Caputo Vito, Chiarappa Nicola, Cocco Carmine, Contessa Antonio, D'Alessandro Vito, Di Donna Rosa, Dibari Annina, Giustino Cecilia Rosa, Lattaruli Lorenzo, Loiacono Giovanni, Martinelli Francesco, Mingolla Rosa Maria, Papeo Nicola, Pesce Annita, Pietanza Isabella, Pinto Vito, Russo Angela, Russo Antonietta, Russo Caterina, Russo Francesca, Valentini Giuseppe, Valentini Leonardo, Valentini Pierpaolo e Volpe Maria Rosaria in qualita' di proprietari, committenti o titolari delle concessioni edilizie; imputati, ciascuno nell'indicata qualita', di: 1) art. 20 lett. c) legge 28 febbraio 1985 n. 47, artt. 1 lett. a), 1-ter, 1-sexies legge 8 agosto 1985, n. 431, artt. 1 e 2 lett. a) e ss. l.r. 11 maggio 1990, n. 30, art. 21-27 l.r. n. 56/1980 perche', in presenza di un vincolo di inedificabilita' assoluto previsto dagli artt. 1-ter legge n. 431/1985 e artt. 1 e 2 lett. a) e ss. l.r. n. 30/1990, e comunque senza aver preventivamente ottenuto il prescritto nulla osta paesistico dalla giunta regionale in deroga al vincolo di inedificabilita' relativo di cui all'art. 1 lett. a) legge n. 431/85, e violando la disciplina urbanistica prevista dalle indicate leggi in particolare per la mancanza di un piano di lottizzazione valido perche' approvato in zona sottoposta a vincolo di inedificabilita' assoluto e comunque senza il prescritto parere preventivo della Giunta regionale previsto dagli artt. 21 e 27, l.r. n. 56/80, nella qualita' sopra indicata, realizzava, in terreno costiero posto nella fascia della profondita' di trecento metri dalla linea di battigia, un immobile sito in Localita' Cozzetto del Comune di Mola; 2) art. 20 lett. c) legge 28 febbraio 1985 n. 47, artt. 1, lett. a), 1-ter, 1-sexies legge 8 agosto 1985, n. 431, artt. 1 e 2 lett. a) e ss. l.r. 11 maggio 1990, n. 30; art. 21-2 7 l.r. n. 56/1980 perche' realizzava l'immobile di cui al capo precedente con concessione edilizia illegittima e comunque inefficace perche' priva del nulla-osta paesistico; 3) art. 20 lett. c) legge 28 febbraio 1985 n. 47, artt. 1, lett. a), 1-ter, 1-sexies legge 8 agosto 1985, n. 431, artt. 1 e 2 lett. a) e ss. l.r. 11 maggio 1990, n. 30, art. 21-27 l.r. n. 56/1980 perche' realizzava l'immobile di cui al capo precedente in totale difformita' e comunque in lariazione essenziale rispetto a quanto assentito con altezza superiore a quella consentita, con consistente aumento di volume, e modificando sagoma e prospetto; 4) art. 18 e 20 lett. c) legge 28 febbraio 1985 n. 47, artt. 1 lett. a), 1-ter, 1-sexies legge 8 agosto 1985, n. 431, artt. 1 e 2 lett. a) e ss. l.r. 11 maggio 1990, n. 30; art. 21-2 7 l.r. n. 56/1980 perche' realizzava l'immobile di cui al capo precedente operando una trasformazione urbanistica con autorizzazione invalida e comunque in violazione delle prescrizioni previste dagli strumenti urbanistici e dalle leggi statali e regionali; 5) art. 20 lett. a) legge 28 febbraio 1985 n. 47, modif. art. 3 d.l. 23 aprile 1985, n. 146, conv. in legge 21 giugno 1985, n. 298 perche', realizzava l'immobile di cui al capo precedente in terreno costiero posto nella fascia della profondita' di trecento metri dalla linea di battigia; 6) art. 734 c.p. perche' mediante costruzione e demolizione di cui ai capi precedenti distruggeva e alterava le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell'Autorita'; In Mola di Bari, Localita' Cozzetto fino alla data del 1° febbraio 1996, con permanenza. Sentite le parti, all'odierna udienza del 9 aprile 2008, all'esito della Camera di consiglio, ha pronunciato mediante lettura in udienza la seguente ordinanza sulla eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 44, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 nella parte in cui impone al giudice penale, in presenza di accertata lottizzazione abusiva, di disporre la confisca dei terreni e delle opere abusivamente costruite anche a prescindere dal giudizio di responsabilita' e nei confronti di persone estranee ai fatti, per asserito contrasto con gli artt. 3, 25, comma 2, e 27 della Costituzione. La lettera dell'art. 44, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 autorizza con carattere univoco l'interpretazione secondo cui la confisca dei terreni e degli immobili abusivamente realizzati debba essere pronunciata dal giudice penale quante volte questi abbia accertato il ricorrere di una lottizzazione abusiva e che cio' debba fare anche in ipotesi di proscioglimento degli imputati con formula diversa da quella il fatto non sussiste e persino per beni appartenenti a persone estranee all'accertamento penale (cfr. Cass. sez. III, 7 luglio 2004, Lazzara, in C.E.D. Cass., Rv 229608, 9 e 10 (vedi nota 1) La questione e' rilevante ai fini della presente decisione in quanto, l'epoca di consumazione dei reati e la circostanza che la quasi totalita' degli imputati non abbia rinunciato alla prescrizione, rende altamente probabile, all'esito del giudizio - senza che cio' valga come anticipazione della soluzione di merito, in questo momento doverosamente non spendibile - la pronuncia di improcedibilita' dell'azione per intervenuta estinzione del reato; formula di proscioglimento che, ove intervenisse, in quanto meno piena di quella assolutoria per insussistenza del fatto, imporrebbe a questa Corte territoriale di ordinare la confisca dei terreni lottizzati e degli immobili su di essi abusivamente costruiti. La singolarita' e l'assolutezza dell'ordine demandato dalla legge al giudice penale, apre ad una serie di problemi. Innanzi tutto quello di accertare se la reale intenzione del legislatore fosse di statuire quanto la norma impone. Operazione assolutamente propria per l'interprete ai sensi dell'art. 12 delle preleggi al codice civile, che va sviluppata con riferimento alla formula della legge, all'esame dei lavori parlamentari, all'intervento di coordinamento operato dal legislatore delegato alla produzione del T.U. L'approdo di siffatta ricerca e' incerto perche' incerto ne e' innanzitutto il presupposto. Se, da un canto, infatti, puo' convenirsi nel ritenere che il legislatore possa aver voluto dare forza all'esigenza di affidare ad un organo statuale della giurisdizione (piuttosto che dell'amministrazione) un potere di intervento cosi' prepotentemente intrusivo, allontanando il sospetto che l'amministrazione possa con interventi in sanatoria e mediante modifiche del PRG, vanificare l'effettivita' della sanzione; dall'altro, non puo' del tutto essere pretermessa la considerazione che la tecnica di produzione legislativa, soprattutto in quanto eccezionale e perche' attributiva al giudice - per di piu', dell'ordinamento penale - di un potere tutt'affatto singolare, lascia ampie zone d'ombra e non offre piena garanzia di affidabilita'. Quanto all'iter parlamentare di formazione della originaria previsione normativa, la lettura dei lavori delle camere, offre ampio margine per ritenere che il testo della previsione normativa abbia di non poco sopravanzato le reali intenzioni non solo dei proponenti e degli emendanti ma persino di tutti i partecipanti al voto finale (vedi nota 2) : Con la sentenza di condanna il giudice dispone la confisca dei terreni abusivamente lottizzati. Tali terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio in disponibile del Comune nel cui territorio e' intervenuta la lottizzazione abusiva». Dopo la presentazione degli emendamenti la seduta della Camera veniva sospesa per consentire alla IX Commissione una «riformulazione» del contenuto dell'articolo 17, cosa che il rappresentante del Governo aveva richiesto di effettuare per «conciliare» l'originario testo con gli emendamenti. Alla ripresa della seduta, l'on. Alberghetti, primo firmatario dell'emendamento 17.3, chiesta la parola per rendere la dichiarazione di voto, cosi' si esprimeva: «Questa mia dichiarazione di voto sara' sintetica, poiche' sostanzialmente l'emendamento interamente sostitutivo, elaborato dalla Commissione in modo sofferto, recepisce non solo la sostanza, ma la generalita' delle Osservazioni che noi abbiamo formulato in mento all'art. 17. Si tratta di consentire interventi piu' efficaci di lotta contro la speculazione fondiaria e contro le lottizzazioni abusive ... Ebbene, l'aver accettato che il Giudice con la sentenza di condanna, qualora vi siano lottizzazioni abusive, debba confiscare i suoli soggetti a lottizzazione abusiva, e' fatto di grandissima rilevanza». L'art. 17-bis, rielaborato dalla Commissione che aveva accolto l'emendamento Alberghetti, finiva, pero', per essere votato in un testo nel quale era «saltata» l'espressione «sentenza di condanna». Richiesta la parola per esprimere il proprio voto, l'on. Boetti Villanis Audifredi, infatti, cosi' dichiarava: «... Non e' possibile votare a favore dell'emendamento della Commissione 17.38, interamente sostitutivo dell'art. 17 ... in effetti oggi ci troviamo di fronte ad un testo, qui distribuito in fotocopia, con annotazioni che sovente non danno la sensazione esatta della portata del provvedimento ... evidentemente, ci troviamo di fronte ad un testo che allo stato e' un bell'oggetto o un brutto oggetto misterioso, ma che non puo' essere sufficientemente motivato. Noi quindi dichiariamo che la votazione all'art. 17 venga per il momento accantonata, affinche' tale articolo possa essere meglio esaminato e - mi consenta signor Presidente - redatto nella stesura definitiva. Il testo che ci e' stato distribuito in questo momento non ha, infatti, direi, la dignita' di una stesura legislativa». L'appellante ha dunque dedotto che «Come e' possibile riscontrare dai lavori parlamentari, e diversamente da quanto supposto dalla III sezione della Cassazione, (...), l'art. 17-bis (divenuto art. 18 nel testo approvato dalla Camera e poi art. 19 nel testo definitivo approvato dai due rami del Parlamento) risulta approvato prima e non dopo l'ultimo comma dell'art. 7, atteso che detto ultimo comma, non riportato nel testo del disegno di legge approvato dalla Camera, veniva introdotto nella successiva approvazione dello stesso disegno di legge da parte del Senato (in «seconda lettura»)» e, dunque, che «In definitiva: un refuso ed una travisata inversione temporale dell'approvazione delle due norme (art. 7 e art. 19 della legge n. 47/1985) hanno finito per costituire la base giuridica dell'interpretazione data dalla cassazione all'art. 19, che ha portato a ritenere che si possa disporre la confisca anche in carenza di sentenza di condanna». Se l'esame dei lavori parlamentari non consente di rintracciare una chiara traccia della effettiva intenzione del legislatore, nemmeno sembra senza significato il fatto che a tre lustri di distanza, il Governo, delegato ad adottare, mediante coordinamento ed armonizzazione delle norme, il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, ha - come si fa riserva di meglio chiarire - raggruppato le previsioni sanzionatorie sub art. 44 del cit. d.P.R. n. 380 del 2001 ed ha assegnato a tale articolo la significativa (pur se non formalmente vincolante) rubrica di «Sanzioni penali». Tanto posto, le fatiche dell'interprete non possono se non indirizzarsi alla ricerca di altro elemento di orientamento eventualmente dirimente della compatibilita' dello speciale ordine di confisca con i principi generali dell'ordinamento giuridico: la natura giuridica del provvedimento giudiziale. Orbene, al riguardo della natura giuridica dell'ordine di confisca conseguente a lottizzazione abusiva, l'alternativa ricorre fra quella di sanzione penale/misura di sicurezza e quella di sanzione amministrativa consegnata al giudice penale in funzione di supplenza. Soluzione, quest'ultima, per la quale opta la piu' recente (gia' richiamata) giurisprudenza di legittimita' (affrancatasi dalle oscillazioni interpretative che l'hanno preceduta) ed alla quale essa addiviene, sembra di intendere, per scelta residuale, ossia per l'estrema difficolta' di giustificare la natura giuridica del provvedimento alla luce della sanzione penale. Viene percio' ritenuto che anche la confisca, al pari della demolizione e della riduzione in pristino, vada collocata tra le «misure ripristinatorie dell'interesse leso» ossia di quelle «preordinate a ripristinare una situazione di legalita' materiale, restaurando direttamente un bene o un interesse leso ed eliminando le conseguenze materiali della lesione». Non di meno, come ognuno vede, le caratteristiche della confisca non sono affatto conformi a quelle delle due altre misure in quanto, diversamente da quelle, non implica l'esecuzione di attivita' materiali sullo stato dei luoghi, produce l'ablazione del diritto di proprieta' dei trasgressori e dei non trasgressori e non la semplice compressione di quello limitatamente al bene oggetto di abuso, non presuppone la necessita' di una sentenza di condanna, che, invece, e' sempre richiesta dal legislatore ogni qual volta chiami il giudice penale ad applicare una sanzione amministrativa di carattere reale. Quanto alla funzione suppletiva svolta dal giudice penale in favore della pubblica amministrazione, questa, non potendo che avere carattere del tutto eccezionale, d'ordinario presuppone un'espressa e dettagliata previsione di legge (cosi', infatti, l'art. 3 1, commi 8 e 9, del d.P.R. in parola, la prevede per specifiche situazioni di inerzia della p.a. in caso di inerzia dei funzionari comunali, su intervento del competente organo regionale e, per il carattere eccezionale da cui promana, non puo' essere arbitrariamente - ed interpretativamente - estesa ad ipotesi di contravvenzioni edilizie diverse da quelle per le quali e' espressamente disposta. Tanto piu' che assolutamente diversa e' la formulazione dell'art. 31 rispetto all'art. 44 del cit. d.P.R. Nel primo, l'attivita' di supplenza e' espressamente prevista dalla legge; il giudice penale ha il potere di disporre la demolizione, non mai la confisca (che potra' essere invece disposta esclusivamente dalla pubblica amministrazione); la confisca non e' prevista in risposta ad un illecito urbanistico ma a presidio dell'ottemperanza all'ingiunzione a demolire (una astreinte in senso proprio) sicche' puo' essere evitata con la spontanea ottemperanza. Nel secondo, il giudice penale non deve affatto attendere le scelte della pubblica amministrazione sulla destinazione del suolo e dei manufatti abusivi ma procede esercitando un potere proprio del tutto autonomo; si limitera' a disporre la confisca senza nulla prevedere in ordine alla demolizione delle opere abusive; e' tenuto ad ordinare la confisca anche in caso di assoluzione (con formula diversa dal fatto non sussiste); deve pronunciarla anche nei confronti di terzi estranei al reato; deve disporla in casi di lottizzazione abusiva anche se il responsabile provvede alla demolizione delle opere abusive. Ne' va trascurato che il legislatore, per indicare due provvedimenti aventi lo stesso contenuto, abbia adoperato locuzioni diverse: nel caso del giudice penale parla di «confisca» e in quello dell'autorita' amministrativa di «acquisizione gratuita al patrimonio disponibile del Comune», cosi' mostrando di fare riferimento a due distinti poteri tipici delle rispettive autorita': l'art. 240 c.p., per il giudice, l'art. 15 della legge n. 10 del 1977 per la pubblica amministrazione. Peraltro, la fattispecie amministrativa di lottizzazione abusiva che puo' essere oggetto di accertamento da parte degli organi comunali ai sensi dell'art. 30, comma 7, del cit. d.P.R., e' piu' «ristretta» di quella penale. La maggiore ampiezza del reato di lottizzazione abusiva rispetto al corrispondente illecito amministrativo diventa dunque indice dell'autonomia attribuita dal legislatore al giudice penale nella repressione delle lottizzazioni abusive e, conseguentemente, nell'irrogazione della confisca speciale. Consegue che l'autonomia della previsione di confisca dell'art. 44, comina 2, cit. d.P.R. diviene incompatibile con il presunto carattere amministrativo della sanzione poiche' attribuisce inspiegabilmente al giudice penale, in assenza di esplicite previsioni di inerzia della pubblica amministrazione, una sanzione che non gli e' propria (vedi nota 3) , provvedimenti di sanatoria, con il pericolo di forzature e distorsioni delle politiche di gestione dei territorio e, se si vuole, evitandosi in tal modo anche rischi di attentati alla lealta' e correttezza dell'azione amministrativa. La quarta conseguenza, non meno importante, e' l'attribuzione al comune della liberta' di utilizzare l'area e gli eventuali manufatti senza subire i condizionamenti di coloro che su quei beni altrimenti conserverebbero aspettative e interessi diretti». Siffatti caratteri, invero, hanno valore tutt'affatto neutro ben potendo partecipare sia della natura amministrativa che di quella penale della confisca in esame. Ragioni che inducono percio' ad escludere che possa riconoscersi fondamento all'esigenza di assicurare, con l'istituto in esame, una reale e corretta funzione suppletiva salvo a non intenderla tale in senso meramente metagiuridico e di politica giudiziaria. Ne' puo' negarsi - come s'e' anticipato - che il legislatore del testo unico, modificando la collocazione sistematica della disposizione relativa alla confisca, abbia preso posizione sulla natura giuridica della disposizione in esame. Militano in tal senso riflessioni di ordine letterale e sistematico. Anzitutto, l'intitolazione dell'art. 44 come «Sanzioni penali»; poi, la soppressione della locuzione «confisca dei terreni» che costituiva la rubrica dell'art. 19 della legge n. 47 del 1985 (fondendo gli artt. 19 e 20 della legge n. 47 del 1985 nell'art. 44 del d.P.R., il legislatore ha mantenuto la rubrica del solo art. 20, «Sanzioni penali», appunto, cosi' denunciando il convincimento che la misura della confisca non ha natura autonoma rispetto alle sanzioni penali previste per le contravvenzioni edilizie). Si aggiunga il dato della collocazione della confisca nello stesso articolo di legge che disciplina le pene in senso stretto e quello della mancata incorporazione dell'art. 19 della legge n. 47 del 1985 con il precedente art. 18 (oggi, art. 30 del d.P.R.) che, sotto la rubrica «lottizzazione abusiva», contemplava le sanzioni amministrative previste per detto illecito. Ne' e' lecito ipotizzare che il Governo, attribuendo natura penale alla confisca, abbia oltrepassato i poteri conferitigli con la delega conferitagli dall'art. 7, commi 1 e 2, della legge 8 marzo 1999, n. 50 (come modificato dall'art. 1 della legge 24 novembre 2000, n. 340) giacche' parlando di «riordino delle norme legislative» (e non solo di riordino dei procedimenti), il legislatore delegato e' stato chiamato a redigere un testo unico avente carattere prevalentemente ma non esclusivamente compilativo, con la possibilita' di innovare nella sostanza il quadro normativo esistente per il raggiungimento della finalita' di riordino. Ultimo tassello interpretativo e' costituito dalla recente pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che, con decisione del 30 agosto 2007 (vedi nota 4) giudicando sulla preliminare fondatezza del ricorso proposto proprio con riferimento alla sentenza della cassazione n. 29 gennaio-26 marzo 2001 (Matarrese ed altri, in vicenda «Punta Perotti», ha ritenuto che la confisca irrogata dal giudicepenale ex art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380/2001, si rapporti ad una infrazione penale ed ha osservato che il carattere illegale delle lottizzazioni e' stato contestato dalla giurisdizione penale; che la sanzione non tende ad una riparazione pecuniaria di un pregiudizio ma mira essenzialmente a punire per evitare la reiterazione delle mancanze alle condizioni stabilite dalla legge; che il testo unico sull'edilizia classifica la confisca per lottizzazione abusiva tra le sanzioni penali; che la confisca in discorso e' una pena e che prevedendone l'irregabilita' al di fuori di ipotesi di affermazione di responsabilita' penale, la giurisdizione italiana incorre in infrazione del diritto tutelato dall'art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo. L'indicata sentenza della Corte di Strasburgo - che si innesta su un filone giurisprudenziale consolidato e risalente - per quanto sia una decisione sull'ammissibilita' del ricorso presentato dalla ricorrente Sud Fondi S.r.l., non e' affatto un provvedimento interlocutorio e suscettibile di essere revocato o contraddetto dalla Grande Camera (cui, per l'importanza della vicenda sottostante, la Corte ha rimesso la decisione di merito) ma costituisce una pronuncia di carattere definitivo quanto ai principi di diritto ed agli orientamenti enneneutiche che in essa vengono affermati. Qui non interessa sapere se la misura della confisca pronunciata in assenza o a prescindere da un giudizio di responsabilita' penale per gli imputati sia un unicum nel nostro ordinamento o se accanto ad essa possano individuarsi, annoverarsi ed enumerarsi altre analoghe previsioni comportanti simili forme di limitazione del diritto di proprieta' (vedi nota 5) Interessa invece accertare se sia costituzionalmente legittimo pronunciare una sanzione penale di tal fatta a prescindere dal giudizio di responsabilita' e nei confronti di terzi estranei al reato, (vedi nota 6) tenendo conto, da un canto, che la C.E.D.U. ha affermato, sia pure con motivazione esiliforme e tutt'affatto pragmatica, (vedi nota 7) che una siffatta misura costituisce infrazione dell'art. 7, comma 1, della convenzione e, dall'altro, che secondo l'insegnamento della Corte costituzionale, ogni qual volta il recepimento di una pronuncia della Corte europea comporti un sospetto di legittimita' costituzionale, il giudice chiamato ad applicare la norma, deve rimettere gli atti al Giudice delle leggi se non sia del tutto evidente la possibilita' di ricorrere ad una interpretazione costituzionalmente orientata che elida i termini del problema. Codesta Corte ha di recente chiarito (vedi nota 8) come se le norme comunitarie «debbano avere piena efficacia obbligatoria e diretta applicazione in tutti gli Stati membri, senza la necessita' di leggi di ricezione e adattamento, come atti aventi forza e valore di legge in ogni Paese della Comunita', si' da entrare ovunque contemporaneamente in vigore e conseguire applicazione eguale ed uniforme nei confronti di tutti i destinatari» tuttavia «il riferito indirizzo giurisprudenziale non riguarda le norme CEDU (...) "non essendo individuabile, con riferimento alle specifiche norme pattizie in esame, alcuna limitazione della sovranita' nazionale"» sicche' queste «pur rivestendo grande rilevanza, in quanto tutelano e valorizzano i diritti e le liberta' fondamentali delle persone, sono pur sempre norme internazionali pattizie, che vincolano lo Stato, ma non producono effetti diretti nell'ordinamento interno, tali da affermare la competenza dei giudici nazionali a darvi applicazione nelle controversie ad essi sottoposte, non applicando nello stesso tempo le norme interne in eventuale contrasto». Codesto Giudice della leggi ha poi soggiunto che «il nuovo testo dell'art. 117, primo comma, Cost., se da una parte rende inconfutabile la maggior forza di resistenza delle norme CEDU rispetto a leggi ordinarie successive, dall'altra attrae le stesse nella sfera di competenza di questa Corte, poiche' gli eventuali contrasti non generano problemi di successione delle leggi nel tempo o valutazioni sulla rispettiva collocazione gerarchica delle norme in contrasto, ma questioni di legittimita' costituzionale. Il giudice comune non ha, dunque, il potere di disapplicare la norma legislativa ordinaria ritenuta in contrasto con una norma CEDU, poiche' l'asserita incompatibilita' tra le due si presenta come una questione di legittimita' costituzionale, per eventuale violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., di esclusiva competenza del giudice delle leggi». Nel caso di specie, la riconduzione della confisca ex art. 44, comma 2, cit. d.P.R. nei cancelli della sanzione penale, non soltanto non risolve il problema della compatibilita' di esso istituto con le direttive generali del sistema penale (poste dall'art. 240 del c.p.) ma lo aggrava e ne disvela possibili profili di illegittimita' costituzionale per violazione del principio di uguaglianza, per violazione del principio della riserva penale di legge e per violazione di quello della personalita' della responsabilita' penale. Situazioni pressoche' simili ricevono dall'ordinamento disciplina differente e, nel caso dell'art. 44, comma 2, ingiustificatamente deteriore atteso il carattere assoluto ed inderogabile dell'ordine di confisca ivi contemplato e l'obbligatoria estensione di esso a terzi estranei al reato. Senza che sia data all'interprete possibilita' alcuna di rettificare il dettato della norma - se non mediante mutilazione - per uniformano interpretativamente ai principi generali in materia. (1) Secondo cui: «La confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusive costruite, prevista dall'art. 44, comma secondo, del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, e' istituto ontologicamente diverso da quello disciplinato dall'art. 240 cod. pen., atteso che i terreni e le opere vengono acquisiti al patrimonio immobiliare del comune e non a quello statale come avviene per la confisca codicistica, configurandosi una espropriazione a favore dell'autorita' comunale in luogo di quella a favore dello Stato». «La confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite, prevista dall'art. 44, comma secondo, del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 non ha natura di misura di sicurezza patrimoniale, ma configura una sanzione amministrativa applicata dal giudice penale in via di supplenza rispetto al meccanismo amministrativo di acquisizione dei terreni lottizzati al patrimonio disponibile del comune»; «La confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite, disposta dall'art. 44, comma secondo, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, deve essere disposta anche nei confronti di terzi estranei al reato, sebbene acquirenti in buonafede, stante la natura reale della stessa». (2) Attenta difesa di taluno degli appellanti ha evidenziato come il testo dell'art. 17 del disegno di legge n. 833 (che, presentato in «prima lettura» alla Camera il 12 novembre 1983 fu approvato in sede referente dalla IX Commissione parlamentare il 26 gennaio 1984), risultava cosi' formulato: «Lottizzazione. Si ha lottizzazione abusiva dei terreni a scopo edilizio quando vengono abusivamente iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni stessi ... Nel caso in cui il Sindaco accerti l'effettuazione di lottizzazione di terreni a scopo edificatorio senza la prescritta autorizzazione, con ordinanza da notificare ai soggetti di cui al terzo comma dell'art. 6 ne dispone la sospensione. Il provvedimento comporta l'immediata interruzione delle opere in corso ed il divieto di disporre dei suoli e delle opere stesse con atti tra vivi e deve essere trascritto a tal fine nei registri immobilari. Nei successivi novanta giorni il Sindaco, salvo quanto disposto nel successivo comma, dispone con ordinanza da notificare ai soggetti di cui al terzo comma dell'art. 6, l'acquisizione delle aree lottizzate al patrimonio disponibile del Comune. In caso di inerzia del Sindaco si applicano le disposizioni di cui all'ultimo comma dell'art. 6 ...». In caso di lottizzazione abusiva, dunque, non veniva prevista alcuna sanzione comminabile da parte del giudice penale. Nella seduta della Camera del 14 marzo 1984, apertasi la discussione dell'art. 17, venivano presentati alcuni emendamenti tra i quali uno (il n. 17.3), proposto dagli onorevoli Alberghetti e Violante, cosi' formulato: «Art. 17-bis (3) Non appaiono condurre a risultati univoci nemmeno i caratteri piu' di recente enucleati da Cass., sez. III, pen. in sent. n. 21125 del 12 aprile 2007, secondo cui «Sulla base di queste premesse la Corte ritiene che la confisca in esame costituisca un provvedimento ablativo radicale, nelle forme e nelle conseguenze. Tale caratteristica, lo si ripete, e' perfettamente in linea con il giudizio del legislatore circa l'estrema gravita' delle condotte di lottizzazione in relazione al bene protetto, e si spiega anche con le correlate finalita' che la confisca viene cosi' ad acquisire. Il fatto che, senza discrezionalita' alcuna, la proprieta' dei terreni e dei beni lottizzati venga trasferita dai privati al patrimonio del comune assomma in se', a ben vedere, numerose conseguenze di grande interesse. La prima e' quella di prospettare ai privati un rischio elevatissimo: la perdita della proprieta' sui beni oggetto di lottizzazione, e quindi dovrebbe costituire un forte elemento di deterrenza. La seconda e' quella di evitare che la sanzione possa essere in concreto non applicata e/o non eseguita a causa di incuria o boicottaggio da parte degli amministratori locali. La terza e' quella di evitare che questi ultimi siano sottoposti alle pressioni dei destinatari della confisca affinche' vengano assunti, ancorche' ex post (4) Deuxieme section, decision sur la recevabilite' de la requete n. 75909/01 presentee par «Sud Fondi srl» et autres contre l'Italie, leggibile sul sito ufficiale della Corte di Strasburgo http://www.echr.coe.int/ (5) Benche' forse non sia del tutto ultroneo rammentare che secondo Corte cost. 10 gennaio 1997, n. 1: «E' costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 27, comma 1, cost. l'art. 301, comma 1, d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 (Approvazione del t.u. delle disposizioni legislative in materia doganale), come modificato dall'art. 11, legge n. 30 dicembre 1991 n. 413, nella parte in cui non consente alle persone estranee al reato di provare di avere acquistato la proprieta' delle cose ignorando senza colpa l'illecita immissione di esse sul mercato, in quanto -posto che dalla giurisprudenza costituzionale emerge il generale principio secondo cui deve escludersi, in ossequio al canone della personalita' della responsabilita' penale, che la misura della confisca obbligatoria possa investire la cosa appartenente al terzo estraneo al reato di contrabbando, quando questi dimostri di esserne divenuto proprietario senza violare alcun obbligo di diligenza, e quindi in buona fede - se gli interessi dello Stato connessi all'esercizio della potesta' tributaria possono ricevere un ambito di tutela privilegiata anche nei confronti del terzo sul piano processuale, sicche' puo' risultare non irragionevole una deroga al vigente principio secondo il quale la buona fede e' generalmente presunta in materia di acquisti di beni mobili -, tuttavia la posizione del terzo, che abbia compiuto il suo acquisto in buona fede e senza che esistessero elementi idonei a far sorgere sospetti circa la provenienza (illecita) del bene, deve ritenersi protetta dal principio della tutela dell'affidamento incolpevole, il quale comporta necessariamente - risultando, altrimenti, violato il canone della personalita' della responsabilita' penale - che il terzo sia abilitato a dimostrare la propria buona fede nell'acquisto». (6) Questa Corte non ignora che ben di recente il S.C. ha ritenuto la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, ma quella Corte cio' ha fatto sul presupposto che l'ordine di confisca abbia natura di sanzione amministrativa e che la denunciata violazione del principio di uguaglianza riguardasse tutt'altro profilo di quello qui nel testo prospettato (ossia, che: «la confisca, pur intesa quale sanzione amministrativa, debba pur sempre essere collegata ad una sentenza di condanna e non gia' di assoluzione, qualunque sia la sua formula. Diversamente opinando, avremmo un duplicato di sanzioni amministrative di identico contenuto, sia pure di diversa denominazione: acquisizione a titolo gratuito in sede amministrativa, e confisca in sede penale, con questa fondamentale differenza: in sede amministrativa il sindaco accerta un'inadempienza del privato, per avere posto in essere una lottizzazione carente di previa autorizzazione e, come tale, suscettibile, oltre che dell'acquisizione, anche della sanzione penale di cui alla legge n. 47 del 1985, art. 20, lett. c); mentre, in sede penale, il giudice ordina la confisca, equivalente all'acquisizione a titolo gratuito, pur in mancanza di una responsabilita' penale dell'imputato. Seguendo questa tesi si avrebbe che il giudice penale, pur senza ravvisare reato ed emettere sentenza di condanna, effettuerebbe accertamenti di carattere puramente amministrativo, ravvisando gli estremi della lottizzazione abusiva e sostituendosi in tal modo all'autorita' amministrativa, nonche' al giudice amministrativo»). Sicche' la Cass. sez. III, 7 novembre 2006, Cieri, in C.E.D. Cass., Rv 236076, ha cosi' argomentato: «Premesso che la confisca dei beni oggetto di lottizzazione abusiva si connette alla oggettiva illiceita' degli stessi, si da colpire anche eventuali proprietari estranei al processo penale, rileva il Collegio (tenuto conto pure delle considerazioni gia' svolte, al riguardo, da Cass., sez. 3ª, 15 marzo 2005, n. 10037, Vitone ed altri) la manifesta infondatezza delle anzidette questioni di incostituzionalita' non potendosi ravvisare alcun contrasto della legge n. 47 del 1955, art. 19, (attualmente d.P.R n. 380 del 2001, art. 44, comma 2): - con l'art. 3 Cost., in quanto chi ha commesso il reato di lottizzazione abusiva e' soggetto non solo alla confisca del bene (come chi non l'ha commesso), ma anche all'irrogazione della sanzione penale, per cui non puo' parlarsi di analogo trattamento sanzionatorio di situazioni oggettivamente diverse; - con l'art. 41 Cost., e art. 42 Cost., comma 2, tenuto comparativamente conto della riconosciute funzioni sociali della proprieta' e dell'iniziativa economica e dell'esigenza primaria di tutela e salvaguardia del territorio, cosicche', nel contrasto tra interesse collettivo ed interesse privato, e quindi tra diritti della collettivita' e del privato, e' razionale che debbano prevalere i primi; - con gli artt. 24, 101 e 102 Cost., perche' la confisca ex art. 44 in esame costituisce un provvedimento posto a chiusura di un complessivo sistema sanzionatorio con il quale tuttavia deve essere coordinato». (7) Cosi' testualmente esprimendosi: «Or, la Cour estime que la confiscation litigieuse se rattachait a' une «infraction penale» fondee sur des dispositions juridiques generales. Ce point n'a d'ailleurs pas ete' conteste' par le Gouvernement, qui dans ses observations, se refere au lotissement abusif comme a' un «delit». La Cour note ensuite que le caractere materiellement illegal des lotissements a ete' constate' par les juridictions penales. La confiscation a ete' ordonnee a' 1'egard des requerantes pour des raisons objectives, sans quil ait ete' necessaire ou possible d'etablir l'existence d'une intention ou d'une negligence de leur part. En outre, la Cour observe que la sanction prevue a' l'article 19 de la loi n. 47 de 1985 ne tend pas a' la reparation pecuniaire d'un prejudice, mais vise pour 1'essentiel a' punir pour empêcher la reiteration de manquements aux conditions fixees par la loi (voir, mutatis mutandis et en relation a' la notion d'«accusation en matiere penale», Bendenoun c. France, arrêt du 24 fevrier 1994, serie A n. 284, p. 20, § 47; Jussila c. Finlande [GC], n. 73053/01, § 38, CEDH 2006-...). Cette conclusion est renforcee par le constat que la confiscation a frappe' a' 85% des terrains non construits, donc en 1'absence d'une atteinte reelle au paysage. Cette penalite' etait donc a' la fois preventive et repressive, cette derniere caracteristique etant celle qui distingue d'habitude les sanctions penales (Öztürk c. Allemagne, arrêt du 21 fevrier 1984, serie A n. 73, pp. 20-21, § 53). De surcroit la Cour releve la gravite' de la sanction qui, selon la loi n. 47 de 1985, implique tous les terrains inclus dans le projet de lotissement, et qui, en pratique, a concerne' 50.000 metres carres de terrain. La Cour releve enfin que le code de la construction de 2001 classe parmi les sanctions penales, la confiscation pour lotissement abusif. Compte tenu des elements plus haut, la Cour estime que la confiscation litigieuse est une «peine» au sens de l'article 7 de la Convention. Il s'ensuit que l'exception du Gouvernement ne saurait être retenue». (8) Sentenza n. 348 del 2007.
P. Q. M. Applicati gli artt. 134 cost. e 23 della legge n. 87 del 1953, ritenuta la rilevanza nel presente giudizio e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 44, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 nella parte in cui impone al giudice penale, in presenza di accertata lottizzazione abusiva, di disporre la confisca dei terreni e delle opere abusivamente costruite anche a prescindere dal giudizio di responsabilita' e nei confronti di persone estranee ai fatti, per asserito contrasto con gli artt. 3, 25, comma 2, e 27, comma 1, della Costituzione, sospende il presente giudizio a carico di Volpe Maria Rosaria ed altri; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale affinche', ove ne ravvisi i presupposti, voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 44, comma 2, nella parte indicata; Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Bari, il 9 aprile 2008. Il Presidente: Messina Il consigliere estensore: Mattencini