N. 272 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 aprile 2008

Ordinanza  del  9  aprile 2008 emessa dal Corte d'appello di Bari nel
procedimento penale a carico di Volpe Maria Rosaria ed altri


Edilizia  e  urbanistica  -  Reati  edilizi - Lottizzazione abusiva -
  Obbligo  per  il giudice penale, in caso di accertamento del reato,
  di  disporre  la  confisca  dei  terreni e delle opere abusivamente
  costruite anche a prescindere dal giudizio di responsabilita' e nei
  confronti di persone estranee ai fatti - Violazione dei principi di
  uguaglianza,   di   riserva   di  legge  in  materia  penale  e  di
  personalita' della responsabilita' penale.
- Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, art.
  44, comma 2.
- Costituzione, artt. 3, 25, comma secondo, e 27, primo comma.
(GU n.38 del 10-9-2008 )
                         LA CORTE DI APPELLO
   Nel  procedimento  penale  n. 203/2002 R.G. Corte Appello a carico
di:   Amante   Giuseppe,   Casulli  Vito  Leonardo  Valerio,  Ciaccia
Francesco,  Dattolo Sabino, Labbate Vito F., Loiacono Giovanni, Manna
Luigi  Ferdinando,  Mola  Franco  Vince, Papeo Nicola, Parente Nunzio
Rocco,  Pinto  Vito,  Rotondi  Giuseppe, Ruggiero Vitantonio, Tricase
Antonio  e  Ungaro  Giuseppe  in  qualita'  di  direttori dei lavori;
Battista  Pietro,  Buono  Angelo,  Cacucci  Antonio  Vito,  Chiarappa
Nicola,  Chiarappa  Vito,  Coratella Francesco, D'Alessandro Vito, De
Florio   Mario,  Fracchiolla  Nicola,  Lanzolla  Francesco,  Loiacono
Giovanni, Patruno Luigi, Porcelli Antonio, Porcelli Giuseppe, Recchia
Giovanni,  Rotondi  Rosalia  Liliana,  Rotondi  Vanda Marcella Bice e
Troilo  Stefano  in  qualita'  di esecutori dei lavori (come titolari
delle ditte personali o rappresentanti legali di entita' giuridiche);
Campanile  Isabella, Campanile Rosa, Caputo Antonio, Caputo Caterina,
Caputo   Domenico,  Caputo  Giuseppe,  Caputo  Grazia,  Caputo  Maria
Immacolata,  Caputo  Vito,  Chiarappa Nicola, Cocco Carmine, Contessa
Antonio,  D'Alessandro  Vito,  Di Donna Rosa, Dibari Annina, Giustino
Cecilia   Rosa,  Lattaruli  Lorenzo,  Loiacono  Giovanni,  Martinelli
Francesco,  Mingolla Rosa Maria, Papeo Nicola, Pesce Annita, Pietanza
Isabella, Pinto Vito, Russo Angela, Russo Antonietta, Russo Caterina,
Russo  Francesca,  Valentini  Giuseppe, Valentini Leonardo, Valentini
Pierpaolo   e   Volpe  Maria  Rosaria  in  qualita'  di  proprietari,
committenti o titolari delle concessioni edilizie; imputati, ciascuno
nell'indicata qualita', di:
     1)  art. 20 lett. c) legge 28 febbraio 1985 n. 47, artt. 1 lett.
a), 1-ter, 1-sexies legge 8 agosto 1985, n. 431, artt. 1 e 2 lett. a)
e ss. l.r. 11 maggio 1990, n. 30, art. 21-27 l.r. n. 56/1980 perche',
in presenza di un vincolo di inedificabilita' assoluto previsto dagli
artt.  1-ter  legge  n. 431/1985  e  artt.  1 e 2 lett. a) e ss. l.r.
n. 30/1990,   e  comunque  senza  aver  preventivamente  ottenuto  il
prescritto  nulla osta paesistico dalla giunta regionale in deroga al
vincolo di inedificabilita' relativo di cui all'art. 1 lett. a) legge
n. 431/85,  e  violando  la  disciplina  urbanistica  prevista  dalle
indicate  leggi  in  particolare  per  la  mancanza  di  un  piano di
lottizzazione  valido  perche' approvato in zona sottoposta a vincolo
di  inedificabilita'  assoluto  e comunque senza il prescritto parere
preventivo  della Giunta regionale previsto dagli artt. 21 e 27, l.r.
n. 56/80,  nella  qualita'  sopra  indicata,  realizzava,  in terreno
costiero posto nella fascia della profondita' di trecento metri dalla
linea  di battigia, un immobile sito in Localita' Cozzetto del Comune
di Mola;
     2)
art.  20  lett.  c)  legge 28 febbraio 1985 n. 47, artt. 1, lett. a),
1-ter,  1-sexies  legge 8 agosto 1985, n. 431, artt. 1 e 2 lett. a) e
ss.  l.r.  11 maggio 1990, n. 30; art. 21-2 7 l.r. n. 56/1980 perche'
realizzava  l'immobile  di  cui  al  capo  precedente con concessione
edilizia   illegittima   e  comunque  inefficace  perche'  priva  del
nulla-osta paesistico;
     3)
art.  20  lett.  c)  legge 28 febbraio 1985 n. 47, artt. 1, lett. a),
1-ter,  1-sexies  legge 8 agosto 1985, n. 431, artt. 1 e 2 lett. a) e
ss.  l.r.  11  maggio 1990, n. 30, art. 21-27 l.r. n. 56/1980 perche'
realizzava l'immobile di cui al capo precedente in totale difformita'
e  comunque  in lariazione essenziale rispetto a quanto assentito con
altezza  superiore  a  quella  consentita, con consistente aumento di
volume, e modificando sagoma e prospetto;
     4)
art. 18 e 20 lett. c) legge 28 febbraio 1985 n. 47, artt. 1 lett. a),
1-ter,  1-sexies  legge 8 agosto 1985, n. 431, artt. 1 e 2 lett. a) e
ss.  l.r.  11 maggio 1990, n. 30; art. 21-2 7 l.r. n. 56/1980 perche'
realizzava   l'immobile  di  cui  al  capo  precedente  operando  una
trasformazione  urbanistica con autorizzazione invalida e comunque in
violazione  delle prescrizioni previste dagli strumenti urbanistici e
dalle leggi statali e regionali;
     5)
art.  20 lett. a) legge 28 febbraio 1985 n. 47, modif. art. 3 d.l. 23
aprile  1985,  n. 146, conv. in legge 21 giugno 1985, n. 298 perche',
realizzava  l'immobile  di cui al capo precedente in terreno costiero
posto nella fascia della profondita' di trecento metri dalla linea di
battigia;
     6)
art.  734  c.p.  perche' mediante costruzione e demolizione di cui ai
capi  precedenti  distruggeva  e  alterava  le  bellezze naturali dei
luoghi soggetti alla speciale protezione dell'Autorita';
   In Mola di Bari, Localita' Cozzetto fino alla data del 1° febbraio
1996, con permanenza.
   Sentite le parti, all'odierna udienza del 9 aprile 2008, all'esito
della Camera di consiglio, ha pronunciato mediante lettura in udienza
la    seguente    ordinanza   sulla   eccezione   di   illegittimita'
costituzionale  dell'art.  44,  comma  2,  del  d.P.R. 6 giugno 2001,
n. 380  nella  parte  in cui impone al giudice penale, in presenza di
accertata  lottizzazione abusiva, di disporre la confisca dei terreni
e delle opere abusivamente costruite anche a prescindere dal giudizio
di  responsabilita' e nei confronti di persone estranee ai fatti, per
asserito  contrasto  con  gli  artt.  3,  25,  comma  2,  e  27 della
Costituzione.
   La lettera dell'art. 44, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380
autorizza  con  carattere  univoco  l'interpretazione  secondo cui la
confisca  dei  terreni e degli immobili abusivamente realizzati debba
essere  pronunciata  dal  giudice  penale  quante  volte questi abbia
accertato  il ricorrere di una lottizzazione abusiva e che cio' debba
fare  anche  in ipotesi di proscioglimento degli imputati con formula
diversa   da  quella  il  fatto  non  sussiste  e  persino  per  beni
appartenenti  a  persone estranee all'accertamento penale (cfr. Cass.
sez.  III, 7 luglio 2004, Lazzara, in C.E.D. Cass., Rv 229608, 9 e 10
(vedi nota 1)
   La  questione  e'  rilevante  ai  fini della presente decisione in
quanto,  l'epoca  di  consumazione  dei reati e la circostanza che la
quasi   totalita'   degli   imputati   non   abbia   rinunciato  alla
prescrizione,  rende  altamente  probabile,  all'esito del giudizio -
senza che cio' valga come anticipazione della soluzione di merito, in
questo  momento  doverosamente  non  spendibile  -  la  pronuncia  di
improcedibilita'  dell'azione  per  intervenuta estinzione del reato;
formula  di  proscioglimento  che,  ove  intervenisse, in quanto meno
piena di quella assolutoria per insussistenza del fatto, imporrebbe a
questa  Corte  territoriale  di  ordinare  la  confisca  dei  terreni
lottizzati e degli immobili su di essi abusivamente costruiti.
   La  singolarita' e l'assolutezza dell'ordine demandato dalla legge
al  giudice  penale,  apre  ad  una  serie di problemi. Innanzi tutto
quello  di  accertare se la reale intenzione del legislatore fosse di
statuire quanto la norma impone. Operazione assolutamente propria per
l'interprete  ai  sensi dell'art. 12 delle preleggi al codice civile,
che va sviluppata con riferimento alla formula della legge, all'esame
dei  lavori parlamentari, all'intervento di coordinamento operato dal
legislatore delegato alla produzione del T.U.
   L'approdo  di  siffatta  ricerca  e' incerto perche' incerto ne e'
innanzitutto il presupposto.
   Se,  da  un  canto,  infatti,  puo' convenirsi nel ritenere che il
legislatore  possa aver voluto dare forza all'esigenza di affidare ad
un    organo    statuale    della    giurisdizione   (piuttosto   che
dell'amministrazione)  un  potere di intervento cosi' prepotentemente
intrusivo,  allontanando  il sospetto che l'amministrazione possa con
interventi  in  sanatoria  e  mediante  modifiche del PRG, vanificare
l'effettivita'  della sanzione; dall'altro, non puo' del tutto essere
pretermessa   la   considerazione   che   la  tecnica  di  produzione
legislativa,  soprattutto in quanto eccezionale e perche' attributiva
al  giudice  -  per  di  piu', dell'ordinamento penale - di un potere
tutt'affatto  singolare,  lascia ampie zone d'ombra e non offre piena
garanzia di affidabilita'.
   Quanto all'iter
parlamentare  di formazione della originaria previsione normativa, la
lettura dei lavori delle camere, offre ampio margine per ritenere che
il testo della previsione normativa abbia di non poco sopravanzato le
reali intenzioni non solo dei proponenti e degli emendanti ma persino
di  tutti  i  partecipanti  al  voto  finale  (vedi  nota 2) : Con la
sentenza  di  condanna  il  giudice  dispone  la confisca dei terreni
abusivamente  lottizzati.  Tali  terreni  sono acquisiti di diritto e
gratuitamente  al  patrimonio  in  disponibile  del  Comune  nel  cui
territorio   e'   intervenuta  la  lottizzazione  abusiva».  Dopo  la
presentazione degli emendamenti la seduta della Camera veniva sospesa
per consentire alla IX Commissione una «riformulazione» del contenuto
dell'articolo  17,  cosa  che  il  rappresentante  del  Governo aveva
richiesto  di  effettuare per «conciliare» l'originario testo con gli
emendamenti.  Alla  ripresa  della  seduta,  l'on. Alberghetti, primo
firmatario  dell'emendamento  17.3,  chiesta la parola per rendere la
dichiarazione  di voto, cosi' si esprimeva: «Questa mia dichiarazione
di   voto  sara'  sintetica,  poiche'  sostanzialmente  l'emendamento
interamente   sostitutivo,   elaborato   dalla  Commissione  in  modo
sofferto,  recepisce  non  solo  la sostanza, ma la generalita' delle
Osservazioni  che  noi  abbiamo  formulato  in  mento all'art. 17. Si
tratta  di  consentire  interventi  piu'  efficaci di lotta contro la
speculazione  fondiaria e contro le lottizzazioni abusive ... Ebbene,
l'aver  accettato che il Giudice con la sentenza di condanna, qualora
vi  siano  lottizzazioni abusive, debba confiscare i suoli soggetti a
lottizzazione  abusiva,  e'  fatto  di grandissima rilevanza». L'art.
17-bis, rielaborato dalla Commissione che aveva accolto l'emendamento
Alberghetti,  finiva,  pero', per essere votato in un testo nel quale
era  «saltata»  l'espressione  «sentenza  di  condanna». Richiesta la
parola   per   esprimere  il  proprio  voto,  l'on.  Boetti  Villanis
Audifredi,  infatti, cosi' dichiarava: «... Non e' possibile votare a
favore   dell'emendamento   della   Commissione   17.38,  interamente
sostitutivo dell'art. 17 ... in effetti oggi ci troviamo di fronte ad
un  testo,  qui distribuito in fotocopia, con annotazioni che sovente
non  danno  la  sensazione esatta della portata del provvedimento ...
evidentemente, ci troviamo di fronte ad un testo che allo stato e' un
bell'oggetto  o  un brutto oggetto misterioso, ma che non puo' essere
sufficientemente  motivato.  Noi  quindi dichiariamo che la votazione
all'art. 17 venga per il momento accantonata, affinche' tale articolo
possa  essere  meglio  esaminato  e - mi consenta signor Presidente -
redatto   nella   stesura  definitiva.  Il  testo  che  ci  e'  stato
distribuito  in questo momento non ha, infatti, direi, la dignita' di
una stesura legislativa». L'appellante ha dunque dedotto che «Come e'
possibile  riscontrare  dai  lavori  parlamentari,  e diversamente da
quanto  supposto  dalla  III  sezione della Cassazione, (...), l'art.
17-bis  (divenuto art. 18 nel testo approvato dalla Camera e poi art.
19  nel  testo  definitivo  approvato  dai  due  rami del Parlamento)
risulta approvato prima e non dopo l'ultimo comma dell'art. 7, atteso
che  detto ultimo comma, non riportato nel testo del disegno di legge
approvato   dalla   Camera,   veniva   introdotto   nella  successiva
approvazione  dello  stesso  disegno di legge da parte del Senato (in
«seconda  lettura»)»  e, dunque, che «In definitiva: un refuso ed una
travisata  inversione  temporale  dell'approvazione  delle  due norme
(art. 7 e art. 19 della legge n. 47/1985) hanno finito per costituire
la base giuridica dell'interpretazione data dalla cassazione all'art.
19, che ha portato a ritenere che si possa disporre la confisca anche
in carenza di sentenza di condanna».
   Se  l'esame  dei  lavori parlamentari non consente di rintracciare
una  chiara  traccia  della  effettiva  intenzione  del  legislatore,
nemmeno  sembra  senza  significato  il  fatto  che  a  tre lustri di
distanza, il Governo, delegato ad adottare, mediante coordinamento ed
armonizzazione   delle  norme,  il  testo  unico  delle  disposizioni
legislative  e  regolamentari  in  materia  edilizia, ha - come si fa
riserva  di meglio chiarire - raggruppato le previsioni sanzionatorie
sub  art.  44  del cit. d.P.R. n. 380 del 2001 ed ha assegnato a tale
articolo la significativa (pur se non formalmente vincolante) rubrica
di «Sanzioni penali».
   Tanto  posto,  le  fatiche  dell'interprete  non  possono  se  non
indirizzarsi   alla   ricerca   di  altro  elemento  di  orientamento
eventualmente dirimente della compatibilita' dello speciale ordine di
confisca  con  i  principi  generali  dell'ordinamento  giuridico: la
natura giuridica del provvedimento giudiziale.
   Orbene, al riguardo della natura giuridica dell'ordine di confisca
conseguente a lottizzazione abusiva, l'alternativa ricorre fra quella
di   sanzione   penale/misura  di  sicurezza  e  quella  di  sanzione
amministrativa consegnata al giudice penale in funzione di supplenza.
   Soluzione,  quest'ultima,  per la quale opta la piu' recente (gia'
richiamata)   giurisprudenza   di  legittimita'  (affrancatasi  dalle
oscillazioni interpretative che l'hanno preceduta) ed alla quale essa
addiviene,  sembra  di  intendere,  per  scelta  residuale, ossia per
l'estrema   difficolta'  di  giustificare  la  natura  giuridica  del
provvedimento alla luce della sanzione penale.
   Viene  percio'  ritenuto  che  anche  la  confisca,  al pari della
demolizione  e  della  riduzione  in  pristino, vada collocata tra le
«misure   ripristinatorie   dell'interesse   leso»  ossia  di  quelle
«preordinate  a  ripristinare  una situazione di legalita' materiale,
restaurando direttamente un bene o un interesse leso ed eliminando le
conseguenze materiali della lesione».
   Non  di  meno, come ognuno vede, le caratteristiche della confisca
non  sono affatto conformi a quelle delle due altre misure in quanto,
diversamente   da  quelle,  non  implica  l'esecuzione  di  attivita'
materiali  sullo stato dei luoghi, produce l'ablazione del diritto di
proprieta'  dei trasgressori e dei non trasgressori e non la semplice
compressione  di  quello  limitatamente al bene oggetto di abuso, non
presuppone la necessita' di una sentenza di condanna, che, invece, e'
sempre  richiesta  dal  legislatore ogni qual volta chiami il giudice
penale ad applicare una sanzione amministrativa di carattere reale.
   Quanto  alla  funzione  suppletiva  svolta  dal  giudice penale in
favore  della pubblica amministrazione, questa, non potendo che avere
carattere del tutto eccezionale, d'ordinario presuppone un'espressa e
dettagliata  previsione di legge (cosi', infatti, l'art. 3 1, commi 8
e  9,  del  d.P.R. in parola, la prevede per specifiche situazioni di
inerzia  della  p.a.  in  caso di inerzia dei funzionari comunali, su
intervento  del  competente  organo  regionale  e,  per  il carattere
eccezionale  da  cui  promana,  non  puo' essere arbitrariamente - ed
interpretativamente  -  estesa ad ipotesi di contravvenzioni edilizie
diverse  da quelle per le quali e' espressamente disposta. Tanto piu'
che  assolutamente  diversa  e' la formulazione dell'art. 31 rispetto
all'art. 44 del cit. d.P.R.
   Nel  primo,  l'attivita'  di  supplenza  e' espressamente prevista
dalla   legge;  il  giudice  penale  ha  il  potere  di  disporre  la
demolizione,  non  mai la confisca (che potra' essere invece disposta
esclusivamente  dalla  pubblica  amministrazione); la confisca non e'
prevista  in  risposta  ad  un  illecito  urbanistico  ma  a presidio
dell'ottemperanza  all'ingiunzione a demolire (una astreinte in senso
proprio) sicche' puo' essere evitata con la spontanea ottemperanza.
   Nel  secondo,  il  giudice  penale  non  deve affatto attendere le
scelte  della pubblica amministrazione sulla destinazione del suolo e
dei  manufatti  abusivi  ma procede esercitando un potere proprio del
tutto  autonomo;  si  limitera'  a  disporre  la confisca senza nulla
prevedere  in  ordine alla demolizione delle opere abusive; e' tenuto
ad  ordinare  la  confisca  anche in caso di assoluzione (con formula
diversa   dal  fatto  non  sussiste);  deve  pronunciarla  anche  nei
confronti  di  terzi  estranei  al  reato;  deve  disporla in casi di
lottizzazione   abusiva   anche  se  il  responsabile  provvede  alla
demolizione delle opere abusive.
   Ne'   va   trascurato   che   il  legislatore,  per  indicare  due
provvedimenti  aventi  lo stesso contenuto, abbia adoperato locuzioni
diverse:  nel caso del giudice penale parla di «confisca» e in quello
dell'autorita' amministrativa di «acquisizione gratuita al patrimonio
disponibile  del  Comune»,  cosi' mostrando di fare riferimento a due
distinti  poteri  tipici delle rispettive autorita': l'art. 240 c.p.,
per  il giudice, l'art. 15 della legge n. 10 del 1977 per la pubblica
amministrazione.
   Peraltro,  la  fattispecie amministrativa di lottizzazione abusiva
che  puo'  essere  oggetto  di  accertamento  da  parte  degli organi
comunali  ai  sensi  dell'art.  30, comma 7, del cit. d.P.R., e' piu'
«ristretta»  di  quella  penale.  La  maggiore  ampiezza del reato di
lottizzazione    abusiva    rispetto   al   corrispondente   illecito
amministrativo  diventa  dunque  indice dell'autonomia attribuita dal
legislatore  al  giudice penale nella repressione delle lottizzazioni
abusive   e,   conseguentemente,   nell'irrogazione   della  confisca
speciale.
   Consegue  che  l'autonomia  della previsione di confisca dell'art.
44,  comina  2,  cit.  d.P.R.  diviene  incompatibile con il presunto
carattere   amministrativo   della   sanzione   poiche'   attribuisce
inspiegabilmente   al   giudice   penale,  in  assenza  di  esplicite
previsioni  di  inerzia  della pubblica amministrazione, una sanzione
che  non  gli  e' propria (vedi nota 3) , provvedimenti di sanatoria,
con  il  pericolo  di  forzature  e  distorsioni  delle  politiche di
gestione  dei territorio e, se si vuole, evitandosi in tal modo anche
rischi   di   attentati   alla   lealta'  e  correttezza  dell'azione
amministrativa.  La  quarta  conseguenza,  non  meno  importante,  e'
l'attribuzione  al  comune  della liberta' di utilizzare l'area e gli
eventuali  manufatti  senza subire i condizionamenti di coloro che su
quei   beni   altrimenti   conserverebbero  aspettative  e  interessi
diretti».  Siffatti  caratteri,  invero,  hanno  valore  tutt'affatto
neutro ben potendo partecipare sia della natura amministrativa che di
quella penale della confisca in esame.
   Ragioni  che  inducono percio' ad escludere che possa riconoscersi
fondamento  all'esigenza  di assicurare, con l'istituto in esame, una
reale  e  corretta funzione suppletiva salvo a non intenderla tale in
senso meramente metagiuridico e di politica giudiziaria.
   Ne'  puo'  negarsi - come s'e' anticipato - che il legislatore del
testo   unico,   modificando   la   collocazione   sistematica  della
disposizione  relativa  alla  confisca,  abbia  preso posizione sulla
natura giuridica della disposizione in esame.
   Militano   in   tal   senso  riflessioni  di  ordine  letterale  e
sistematico.
   Anzitutto,  l'intitolazione  dell'art.  44 come «Sanzioni penali»;
poi,  la  soppressione  della  locuzione  «confisca  dei terreni» che
costituiva  la  rubrica  dell'art.  19  della  legge  n. 47  del 1985
(fondendo  gli  artt. 19 e 20 della legge n. 47 del 1985 nell'art. 44
del  d.P.R., il legislatore ha mantenuto la rubrica del solo art. 20,
«Sanzioni penali», appunto, cosi' denunciando il convincimento che la
misura  della  confisca non ha natura autonoma rispetto alle sanzioni
penali previste per le contravvenzioni edilizie).
   Si aggiunga il dato della collocazione della confisca nello stesso
articolo  di  legge  che disciplina le pene in senso stretto e quello
della  mancata incorporazione dell'art. 19 della legge n. 47 del 1985
con  il  precedente  art. 18 (oggi, art. 30 del d.P.R.) che, sotto la
rubrica    «lottizzazione    abusiva»,    contemplava   le   sanzioni
amministrative previste per detto illecito.
   Ne' e' lecito ipotizzare che il Governo, attribuendo natura penale
alla confisca, abbia oltrepassato i poteri conferitigli con la delega
conferitagli  dall'art.  7,  commi  1  e 2, della legge 8 marzo 1999,
n. 50  (come  modificato  dall'art.  1  della legge 24 novembre 2000,
n. 340)  giacche'  parlando  di «riordino delle norme legislative» (e
non  solo  di  riordino dei procedimenti), il legislatore delegato e'
stato   chiamato   a   redigere   un  testo  unico  avente  carattere
prevalentemente   ma   non   esclusivamente   compilativo,   con   la
possibilita' di innovare nella sostanza il quadro normativo esistente
per il raggiungimento della finalita' di riordino.
   Ultimo   tassello   interpretativo  e'  costituito  dalla  recente
pronuncia   della  Corte  Europea  dei  Diritti  dell'Uomo  che,  con
decisione  del  30  agosto  2007   (vedi  nota  4)  giudicando  sulla
preliminare  fondatezza  del ricorso proposto proprio con riferimento
alla sentenza della cassazione n. 29 gennaio-26 marzo 2001 (Matarrese
ed  altri,  in  vicenda  «Punta Perotti», ha ritenuto che la confisca
irrogata  dal  giudicepenale ex art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380/2001,
si rapporti ad una infrazione penale ed ha osservato che il carattere
illegale  delle lottizzazioni e' stato contestato dalla giurisdizione
penale; che la sanzione non tende ad una riparazione pecuniaria di un
pregiudizio   ma   mira   essenzialmente  a  punire  per  evitare  la
reiterazione  delle  mancanze  alle condizioni stabilite dalla legge;
che   il   testo  unico  sull'edilizia  classifica  la  confisca  per
lottizzazione  abusiva  tra  le  sanzioni  penali; che la confisca in
discorso  e'  una pena e che prevedendone l'irregabilita' al di fuori
di   ipotesi   di   affermazione   di   responsabilita'   penale,  la
giurisdizione  italiana  incorre  in  infrazione del diritto tutelato
dall'art.  7  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  Diritti
dell'Uomo.
   L'indicata  sentenza della Corte di Strasburgo - che si innesta su
un  filone giurisprudenziale consolidato e risalente - per quanto sia
una   decisione  sull'ammissibilita'  del  ricorso  presentato  dalla
ricorrente   Sud  Fondi  S.r.l.,  non  e'  affatto  un  provvedimento
interlocutorio e suscettibile di essere revocato o contraddetto dalla
Grande  Camera  (cui,  per l'importanza della vicenda sottostante, la
Corte ha rimesso la decisione di merito) ma costituisce una pronuncia
di  carattere  definitivo  quanto  ai  principi  di  diritto  ed agli
orientamenti enneneutiche che in essa vengono affermati.
   Qui  non  interessa sapere se la misura della confisca pronunciata
in  assenza  o a prescindere da un giudizio di responsabilita' penale
per gli imputati sia un unicum nel nostro ordinamento o se accanto ad
essa  possano  individuarsi, annoverarsi ed enumerarsi altre analoghe
previsioni  comportanti  simili  forme  di limitazione del diritto di
proprieta' (vedi nota 5)
   Interessa  invece  accertare  se  sia costituzionalmente legittimo
pronunciare  una  sanzione  penale  di  tal  fatta  a prescindere dal
giudizio  di  responsabilita'  e  nei  confronti di terzi estranei al
reato,   (vedi nota 6) tenendo conto, da un canto, che la C.E.D.U. ha
affermato,   sia  pure  con  motivazione  esiliforme  e  tutt'affatto
pragmatica, (vedi nota 7)
   che  una siffatta misura costituisce infrazione dell'art. 7, comma
1,  della convenzione e, dall'altro, che secondo l'insegnamento della
Corte costituzionale, ogni qual volta il recepimento di una pronuncia
della   Corte   europea   comporti   un   sospetto   di  legittimita'
costituzionale,  il  giudice  chiamato  ad  applicare  la norma, deve
rimettere  gli  atti  al  Giudice  delle  leggi  se non sia del tutto
evidente   la   possibilita'  di  ricorrere  ad  una  interpretazione
costituzionalmente orientata che elida i termini del problema.
   Codesta  Corte  ha  di  recente chiarito  (vedi nota 8) come se le
norme  comunitarie  «debbano  avere  piena  efficacia  obbligatoria e
diretta  applicazione  in tutti gli Stati membri, senza la necessita'
di  leggi di ricezione e adattamento, come atti aventi forza e valore
di  legge  in  ogni  Paese  della  Comunita',  si' da entrare ovunque
contemporaneamente  in  vigore  e  conseguire  applicazione eguale ed
uniforme  nei confronti di tutti i destinatari» tuttavia «il riferito
indirizzo  giurisprudenziale  non  riguarda  le norme CEDU (...) "non
essendo individuabile, con riferimento alle specifiche norme pattizie
in  esame,  alcuna  limitazione  della sovranita' nazionale"» sicche'
queste  «pur  rivestendo  grande  rilevanza,  in  quanto  tutelano  e
valorizzano  i diritti e le liberta' fondamentali delle persone, sono
pur  sempre norme internazionali pattizie, che vincolano lo Stato, ma
non  producono  effetti  diretti  nell'ordinamento  interno,  tali da
affermare  la  competenza  dei giudici nazionali a darvi applicazione
nelle  controversie  ad  essi sottoposte, non applicando nello stesso
tempo le norme interne in eventuale contrasto».
   Codesto  Giudice  della leggi ha poi soggiunto che «il nuovo testo
dell'art.   117,   primo   comma,   Cost.,  se  da  una  parte  rende
inconfutabile  la  maggior  forza  di  resistenza  delle  norme  CEDU
rispetto  a  leggi  ordinarie successive, dall'altra attrae le stesse
nella  sfera  di  competenza  di  questa Corte, poiche' gli eventuali
contrasti  non generano problemi di successione delle leggi nel tempo
o valutazioni sulla rispettiva collocazione gerarchica delle norme in
contrasto, ma questioni di legittimita' costituzionale.
   Il  giudice  comune  non  ha, dunque, il potere di disapplicare la
norma legislativa ordinaria ritenuta in contrasto con una norma CEDU,
poiche'  l'asserita  incompatibilita' tra le due si presenta come una
questione  di  legittimita'  costituzionale, per eventuale violazione
dell'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  di  esclusiva  competenza del
giudice delle leggi».
   Nel  caso  di  specie,  la riconduzione della confisca ex art. 44,
comma 2, cit. d.P.R. nei cancelli della sanzione penale, non soltanto
non  risolve il problema della compatibilita' di esso istituto con le
direttive  generali del sistema penale (poste dall'art. 240 del c.p.)
ma  lo  aggrava  e  ne  disvela  possibili  profili di illegittimita'
costituzionale  per  violazione  del  principio  di  uguaglianza, per
violazione  del  principio  della  riserva  penale  di  legge  e  per
violazione di quello della personalita' della responsabilita' penale.
   Situazioni  pressoche' simili ricevono dall'ordinamento disciplina
differente  e,  nel  caso  dell'art. 44, comma 2, ingiustificatamente
deteriore atteso il carattere assoluto ed inderogabile dell'ordine di
confisca  ivi contemplato e l'obbligatoria estensione di esso a terzi
estranei  al  reato.  Senza  che sia data all'interprete possibilita'
alcuna  di  rettificare  il  dettato  della  norma  - se non mediante
mutilazione - per uniformano interpretativamente ai principi generali
in materia.


(1)  Secondo  cui: «La confisca dei terreni abusivamente lottizzati e
delle  opere abusive costruite, prevista dall'art. 44, comma secondo,
del  d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, e' istituto ontologicamente diverso
da  quello disciplinato dall'art. 240 cod. pen., atteso che i terreni
e  le  opere vengono acquisiti al patrimonio immobiliare del comune e
non  a  quello  statale  come  avviene  per  la confisca codicistica,
configurandosi una espropriazione a favore dell'autorita' comunale in
luogo  di  quella  a  favore  dello  Stato». «La confisca dei terreni
abusivamente   lottizzati   e  delle  opere  abusivamente  costruite,
prevista dall'art. 44, comma secondo, del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380
non  ha  natura di misura di sicurezza patrimoniale, ma configura una
sanzione  amministrativa  applicata  dal  giudice  penale  in  via di
supplenza  rispetto  al meccanismo amministrativo di acquisizione dei
terreni   lottizzati  al  patrimonio  disponibile  del  comune»;  «La
confisca   dei   terreni   abusivamente   lottizzati  e  delle  opere
abusivamente  costruite, disposta dall'art. 44, comma secondo, d.P.R.
6  giugno  2001  n. 380,  deve essere disposta anche nei confronti di
terzi  estranei  al reato, sebbene acquirenti in buonafede, stante la
natura reale della stessa».
(2)  Attenta difesa di taluno degli appellanti ha evidenziato come il
testo  dell'art.  17  del disegno di legge n. 833 (che, presentato in
«prima  lettura» alla Camera il 12 novembre 1983 fu approvato in sede
referente  dalla  IX  Commissione  parlamentare  il 26 gennaio 1984),
risultava   cosi'  formulato:  «Lottizzazione.  Si  ha  lottizzazione
abusiva  dei  terreni  a  scopo  edilizio quando vengono abusivamente
iniziate  opere  che comportino trasformazione urbanistica o edilizia
dei   terreni   stessi  ...  Nel  caso  in  cui  il  Sindaco  accerti
l'effettuazione  di  lottizzazione  di  terreni  a scopo edificatorio
senza  la  prescritta  autorizzazione, con ordinanza da notificare ai
soggetti di cui al terzo comma dell'art. 6 ne dispone la sospensione.
Il  provvedimento  comporta  l'immediata  interruzione delle opere in
corso  ed  il  divieto di disporre dei suoli e delle opere stesse con
atti  tra  vivi  e  deve  essere  trascritto  a tal fine nei registri
immobilari.  Nei  successivi  novanta giorni il Sindaco, salvo quanto
disposto nel successivo comma, dispone con ordinanza da notificare ai
soggetti di cui al terzo comma dell'art. 6, l'acquisizione delle aree
lottizzate  al  patrimonio disponibile del Comune. In caso di inerzia
del  Sindaco  si  applicano  le  disposizioni di cui all'ultimo comma
dell'art.  6  ...».  In  caso  di  lottizzazione abusiva, dunque, non
veniva  prevista  alcuna  sanzione  comminabile  da parte del giudice
penale.  Nella  seduta  della  Camera  del 14 marzo 1984, apertasi la
discussione  dell'art. 17, venivano presentati alcuni emendamenti tra
i  quali  uno  (il  n. 17.3),  proposto dagli onorevoli Alberghetti e
Violante, cosi' formulato: «Art. 17-bis
(3)  Non  appaiono  condurre  a risultati univoci nemmeno i caratteri
piu'  di recente enucleati da Cass., sez. III, pen. in sent. n. 21125
del  12  aprile  2007,  secondo cui «Sulla base di queste premesse la
Corte  ritiene  che la confisca in esame costituisca un provvedimento
ablativo   radicale,   nelle   forme   e   nelle   conseguenze.  Tale
caratteristica,  lo  si  ripete,  e'  perfettamente  in  linea con il
giudizio  del  legislatore circa l'estrema gravita' delle condotte di
lottizzazione in relazione al bene protetto, e si spiega anche con le
correlate  finalita'  che  la  confisca  viene cosi' ad acquisire. Il
fatto che, senza discrezionalita' alcuna, la proprieta' dei terreni e
dei  beni  lottizzati  venga trasferita dai privati al patrimonio del
comune  assomma  in se', a ben vedere, numerose conseguenze di grande
interesse.  La  prima  e' quella di prospettare ai privati un rischio
elevatissimo:  la  perdita  della  proprieta'  sui  beni  oggetto  di
lottizzazione,  e  quindi  dovrebbe  costituire  un forte elemento di
deterrenza.  La  seconda  e'  quella di evitare che la sanzione possa
essere  in concreto non applicata e/o non eseguita a causa di incuria
o  boicottaggio  da  parte  degli  amministratori locali. La terza e'
quella  di  evitare che questi ultimi siano sottoposti alle pressioni
dei  destinatari  della confisca affinche' vengano assunti, ancorche'
ex post
(4)  Deuxieme  section,  decision  sur la recevabilite' de la requete
n. 75909/01  presentee par «Sud Fondi srl» et autres contre l'Italie,
leggibile    sul   sito   ufficiale   della   Corte   di   Strasburgo
http://www.echr.coe.int/
(5)  Benche'  forse non sia del tutto ultroneo rammentare che secondo
Corte   cost.   10   gennaio   1997,   n. 1:  «E'  costituzionalmente
illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 27, comma 1, cost. l'art.
301,  comma  1,  d.P.R.  23 gennaio 1973 n. 43 (Approvazione del t.u.
delle  disposizioni legislative in materia doganale), come modificato
dall'art.  11,  legge  n. 30 dicembre 1991 n. 413, nella parte in cui
non  consente  alle  persone  estranee  al  reato di provare di avere
acquistato  la proprieta' delle cose ignorando senza colpa l'illecita
immissione   di   esse  sul  mercato,  in  quanto  -posto  che  dalla
giurisprudenza  costituzionale  emerge  il generale principio secondo
cui  deve  escludersi, in ossequio al canone della personalita' della
responsabilita'  penale,  che  la  misura della confisca obbligatoria
possa  investire  la  cosa appartenente al terzo estraneo al reato di
contrabbando, quando questi dimostri di esserne divenuto proprietario
senza violare alcun obbligo di diligenza, e quindi in buona fede - se
gli  interessi  dello  Stato  connessi  all'esercizio  della potesta'
tributaria  possono  ricevere  un ambito di tutela privilegiata anche
nei confronti del terzo sul piano processuale, sicche' puo' risultare
non irragionevole una deroga al vigente principio secondo il quale la
buona  fede  e'  generalmente presunta in materia di acquisti di beni
mobili  -, tuttavia la posizione del terzo, che abbia compiuto il suo
acquisto  in buona fede e senza che esistessero elementi idonei a far
sorgere  sospetti  circa  la  provenienza  (illecita)  del bene, deve
ritenersi   protetta  dal  principio  della  tutela  dell'affidamento
incolpevole,   il   quale   comporta  necessariamente  -  risultando,
altrimenti,    violato    il    canone   della   personalita'   della
responsabilita'  penale -  che il terzo sia abilitato a dimostrare la
propria buona fede nell'acquisto».
(6) Questa Corte non ignora che ben di recente il S.C. ha ritenuto la
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  44  del  d.P.R.  n. 380  del 2001, ma quella Corte cio' ha
fatto  sul  presupposto  che  l'ordine  di  confisca  abbia natura di
sanzione  amministrativa e che la denunciata violazione del principio
di uguaglianza riguardasse tutt'altro profilo di quello qui nel testo
prospettato  (ossia,  che:  «la  confisca,  pur intesa quale sanzione
amministrativa,  debba pur sempre essere collegata ad una sentenza di
condanna  e  non  gia'  di assoluzione, qualunque sia la sua formula.
Diversamente    opinando,    avremmo   un   duplicato   di   sanzioni
amministrative   di   identico   contenuto,   sia   pure  di  diversa
denominazione: acquisizione a titolo gratuito in sede amministrativa,
e  confisca  in  sede  penale, con questa fondamentale differenza: in
sede  amministrativa  il sindaco accerta un'inadempienza del privato,
per  avere  posto  in  essere  una  lottizzazione  carente  di previa
autorizzazione    e,    come    tale,    suscettibile,    oltre   che
dell'acquisizione,  anche  della  sanzione  penale  di cui alla legge
n. 47 del 1985, art. 20, lett. c); mentre, in sede penale, il giudice
ordina  la  confisca, equivalente all'acquisizione a titolo gratuito,
pur in mancanza di una responsabilita' penale dell'imputato. Seguendo
questa  tesi  si  avrebbe  che il giudice penale, pur senza ravvisare
reato ed emettere sentenza di condanna, effettuerebbe accertamenti di
carattere  puramente  amministrativo,  ravvisando  gli  estremi della
lottizzazione  abusiva  e  sostituendosi  in  tal  modo all'autorita'
amministrativa, nonche' al giudice amministrativo»). Sicche' la Cass.
sez.  III,  7  novembre  2006,  Cieri, in C.E.D. Cass., Rv 236076, ha
cosi'  argomentato:  «Premesso  che  la  confisca dei beni oggetto di
lottizzazione  abusiva  si  connette  alla oggettiva illiceita' degli
stessi,  si  da  colpire  anche  eventuali  proprietari  estranei  al
processo   penale,  rileva  il  Collegio  (tenuto  conto  pure  delle
considerazioni  gia' svolte, al riguardo, da Cass., sez. 3ª, 15 marzo
2005,  n. 10037,  Vitone  ed  altri)  la manifesta infondatezza delle
anzidette  questioni  di  incostituzionalita' non potendosi ravvisare
alcun  contrasto  della  legge  n. 47 del 1955, art. 19, (attualmente
d.P.R  n. 380  del  2001, art. 44, comma 2): - con l'art. 3 Cost., in
quanto  chi ha commesso il reato di lottizzazione abusiva e' soggetto
non  solo  alla  confisca  del  bene (come chi non l'ha commesso), ma
anche  all'irrogazione  della  sanzione  penale,  per  cui  non  puo'
parlarsi   di   analogo   trattamento   sanzionatorio  di  situazioni
oggettivamente diverse; - con l'art. 41 Cost., e art. 42 Cost., comma
2,  tenuto comparativamente conto della riconosciute funzioni sociali
della proprieta' e dell'iniziativa economica e dell'esigenza primaria
di tutela e salvaguardia del territorio, cosicche', nel contrasto tra
interesse collettivo ed interesse privato, e quindi tra diritti della
collettivita'  e  del  privato,  e' razionale che debbano prevalere i
primi;  -  con  gli artt. 24, 101 e 102 Cost., perche' la confisca ex
art.  44 in esame costituisce un provvedimento posto a chiusura di un
complessivo  sistema  sanzionatorio con il quale tuttavia deve essere
coordinato».
(7)  Cosi'  testualmente  esprimendosi:  «Or,  la  Cour estime que la
confiscation  litigieuse  se  rattachait  a'  une «infraction penale»
fondee  sur  des  dispositions  juridiques  generales.  Ce  point n'a
d'ailleurs  pas  ete'  conteste'  par  le  Gouvernement, qui dans ses
observations, se refere au lotissement abusif comme a' un «delit». La
Cour  note  ensuite  que  le  caractere  materiellement  illegal  des
lotissements  a  ete'  constate'  par  les  juridictions  penales. La
confiscation  a  ete'  ordonnee  a'  1'egard des requerantes pour des
raisons  objectives,  sans  quil  ait  ete'  necessaire  ou  possible
d'etablir  l'existence  d'une  intention  ou d'une negligence de leur
part.  En  outre, la Cour observe que la sanction prevue a' l'article
19  de  la  loi n. 47 de 1985 ne tend pas a' la reparation pecuniaire
d'un  prejudice, mais vise pour 1'essentiel a' punir pour empêcher la
reiteration  de  manquements  aux conditions fixees par la loi (voir,
mutatis mutandis et en relation a' la notion d'«accusation en matiere
penale»,  Bendenoun  c.  France,  arrêt  du  24 fevrier 1994, serie A
n. 284,  p.  20,  §  47;  Jussila c. Finlande [GC], n. 73053/01,
§  38,  CEDH  2006-...).  Cette  conclusion est renforcee par le
constat  que  la  confiscation  a  frappe'  a'  85%  des terrains non
construits, donc en 1'absence d'une atteinte reelle au paysage. Cette
penalite'  etait  donc  a'  la  fois  preventive et repressive, cette
derniere  caracteristique  etant  celle  qui distingue d'habitude les
sanctions  penales  (Öztürk  c.  Allemagne, arrêt du 21 fevrier 1984,
serie  A  n. 73, pp. 20-21, § 53). De surcroit la Cour releve la
gravite'  de  la  sanction  qui, selon la loi n. 47 de 1985, implique
tous  les  terrains  inclus dans le projet de lotissement, et qui, en
pratique, a concerne' 50.000 metres carres de terrain. La Cour releve
enfin  que  le  code  de  la  construction  de  2001 classe parmi les
sanctions  penales,  la  confiscation pour lotissement abusif. Compte
tenu  des  elements  plus  haut,  la  Cour estime que la confiscation
litigieuse  est  une «peine» au sens de l'article 7 de la Convention.
Il   s'ensuit   que  l'exception  du  Gouvernement  ne  saurait  être
retenue».
(8) Sentenza n. 348 del 2007.
                              P. Q. M.
   Applicati  gli  artt.  134  cost. e 23 della legge n. 87 del 1953,
ritenuta  la  rilevanza  nel  presente  giudizio  e  la non manifesta
infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art.
44,  comma  2,  del  d.P.R.  6 giugno 2001, n. 380 nella parte in cui
impone  al  giudice  penale,  in  presenza di accertata lottizzazione
abusiva,   di   disporre  la  confisca  dei  terreni  e  delle  opere
abusivamente   costruite   anche   a   prescindere  dal  giudizio  di
responsabilita'  e  nei  confronti  di persone estranee ai fatti, per
asserito contrasto con gli artt. 3, 25, comma 2, e 27, comma 1, della
Costituzione,  sospende  il presente giudizio a carico di Volpe Maria
Rosaria ed altri;
   Dispone  la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte costituzionale
affinche',   ove   ne   ravvisi   i  presupposti,  voglia  dichiarare
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  44, comma 2, nella parte
indicata;
   Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del
Consiglio  dei  ministri  e  sia  comunicata  ai Presidenti delle due
Camere del Parlamento.
     Cosi' deciso in Bari, il 9 aprile 2008.
                       Il Presidente: Messina
                                 Il consigliere estensore: Mattencini