N. 316 ORDINANZA 29 - 30 luglio 2008

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Contenzioso  tributario  -  Giudizio  di  ottemperanza  agli obblighi
  derivanti  dalla  sentenza  della  commissione  tributaria - Omessa
  previsione   dell'esperibilita'   di  tale  giudizio  per  ottenere
  l'esecuzione   della   pronuncia   di  primo  grado  favorevole  al
  contribuente  (anche  in  pendenza  di  appello  o  di  termine per
  proporre  appello) - Asserita violazione della legge di delegazione
  sulla revisione del contenzioso tributario - Manifesta infondatezza
  della questione.
- D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 70.
- Costituzione, art. 76.
Contenzioso  tributario  -  Giudizio  di  ottemperanza  agli obblighi
  derivanti  dalla  sentenza  della  commissione  tributaria - Omessa
  previsione   dell'esperibilita'   di  tale  giudizio  per  ottenere
  l'esecuzione,  anche  in  pendenza  di  appello  o  di  termine per
  proporre  appello,  della  pronuncia di primo grado (non passata in
  giudicato)  favorevole  al  contribuente  - Ritenuta ingiustificata
  disparita'  di  trattamento tra il contribuente e l'amministrazione
  finanziaria e asserita incidenza sul diritto all'effettivita' della
  tutela  giurisdizionale - Richiesta di pronuncia additiva intesa ad
  introdurre   una   disciplina   non   costituzionalmente  obbligata
  riservata   alla   discrezionalita'  del  legislatore  -  Manifesta
  inammissibilita' delle questioni.
- D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 70.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.33 del 6-8-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Franco BILE;
Giudici:  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
   Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Franco
   GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria
   Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 70 del decreto
legislativo  31  dicembre  1992,  n. 546  (Disposizioni  sul processo
tributario   in   attuazione   della   delega  al  Governo  contenuta
nell'articolo  30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), promosso con
ordinanza  depositata il 22 ottobre 2007 dalla Commissione tributaria
provinciale  di  Milano,  nel giudizio vertente tra Laura Brumgnach e
l'Agenzia  delle  entrate,  ufficio di Monza 1, iscritta al n. 73 del
registro  ordinanze  2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 13, 1ª serie speciale, dell'anno 2008.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  9 luglio 2008 il giudice
relatore Franco Gallo.
   Ritenuto  che,  con  ordinanza  depositata  il 22 ottobre 2007, la
Commissione  tributaria  provinciale  di  Milano  -  nel  corso di un
giudizio   promosso   da   una   contribuente   diretto  ad  ottenere
l'ottemperanza  dell'amministrazione  finanziaria  ad una sentenza di
primo  grado, non passata in giudicato - ha sollevato, in riferimento
agli  artt.  3, 24 e 76 della Costituzione, questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 70 del decreto legislativo 31 dicembre 1992,
n. 546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in attuazione della
delega  al Governo contenuta nell'articolo 30 della legge 30 dicembre
1991, n. 413);
     che   la   Commissione   tributaria  provinciale  censura  detta
disposizione   nella  parte  in  cui  non  consente  al  contribuente
vittorioso  in primo grado di richiedere, in pendenza di appello o di
termine  per proporre appello, l'ottemperanza agli obblighi derivanti
dalla  sentenza  non  passata  in  giudicato emessa dalla Commissione
tributaria provinciale;
     che  il  giudice  a  quo  dichiara di muovere dalla premessa, in
punto  di  diritto,  che la sentenza tributaria di primo o di secondo
grado,  a  differenza  di quella emessa dal giudice ordinario, non e'
provvisoriamente  esecutiva  e che, pertanto, l'obbligo di rimborsare
il  contribuente sorge a carico dell'amministrazione finanziaria solo
in forza del giudicato;
     che,  per  il  medesimo  giudice,  la  norma  censurata, in base
all'indicata  premessa,  viola:  a)  l'art.  76  Cost.,  perche'  non
recepisce  i principi «della provvisoria esecutorieta' delle sentenze
di  primo  o  secondo  grado»  e  «di parita' tra le parti» stabiliti
dall'art.  30,  comma  1,  lettera  g), della legge di delegazione 30
dicembre  1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili,
per   razionalizzare,   facilitare   e   potenziare   l'attivita'  di
accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni
immobili delle imprese, nonche' per riformare il contenzioso e per la
definizione  agevolata  dei  rapporti  tributari  pendenti; delega al
Presidente  della Repubblica per la concessione di amnistia per reati
tributari;  istituzioni  dei centri di assistenza fiscale e del conto
fiscale),  il  quale,  prescrivendo  «l'adeguamento  delle  norme del
processo   tributario  a  quelle  del  processo  civile»,  ha  inteso
obbligare  il  Governo  - sempre ad avviso del rimettente - a dare al
processo  tributario  una  struttura  plasmata  sul  processo  civile
ordinario,  anche  per  quanto attiene alla natura ed efficacia delle
sentenze; b) l'art. 3 Cost., perche', in relazione agli effetti della
sentenza    tributaria    non    passata   in   giudicato,   comporta
un'ingiustificata  disparita'  di trattamento tra il contribuente, il
quale   «non   ha,   in  effetti,  alcuno  strumento  per  conseguire
l'esecuzione  della  sentenza»,  e  l'amministrazione finanziaria, la
quale «puo', invece, procedere al recupero delle somme dovute, in via
esecutiva,  anche  sulla  base della sentenza di primo grado»; e cio'
pur  non  potendo  addursi,  nell'ambito  del  processo,  un  diverso
interesse,  rispettivamente privato e pubblico, per il contribuente e
per  l'amministrazione e pur essendo identico per entrambe tali parti
processuali  il  rischio  di una successiva riforma della sentenza di
primo grado; c) l'art. 24 Cost., perche' la pratica impossibilita' di
soddisfazione  immediata  degli  interessi del contribuente, in forza
della sentenza di primo grado, provoca un ingiustificato allungamento
della  durata del processo, con «pregiudizio, anche irreparabile, per
il  contribuente  risultato vincitore in tutto o in parte, privato di
un cespite patrimoniale che ha diritto di conseguire»;
     che, quanto alla rilevanza delle sollevate questioni, il giudice
rimettente  riferisce,  in  punto di fatto, che la contribuente, dopo
aver  ottenuto,  in  primo  grado,  sentenza di condanna dell'Agenzia
delle   entrate   al  rimborso  dell'IRAP  relativa  al  1998,  aveva
instaurato giudizio per ottenere l'ottemperanza a detta sentenza, non
ancora   passata   in  giudicato,  ed  aveva  dedotto,  a  tal  fine,
l'illegittimita'  costituzionale del citato art. 70 del d.lgs. n. 546
del  1992,  nella  parte  in  cui  limita  alle  sentenze  passate in
giudicato il giudizio di ottemperanza;
     che  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  in
giudizio, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o
infondate;
     che,  per  la  difesa  erariale,  l'esecutivita' immediata delle
sentenze  delle  Commissioni  tributarie  provinciali,  richiesta dal
rimettente,  esigerebbe  (pena  la  violazione  del diritto di difesa
garantito dall'art. 24 Cost.) la possibilita', per il soccombente, di
chiedere  al  giudice  di  appello la sospensione degli effetti della
pronuncia di primo grado;
     che, tuttavia - prosegue la difesa erariale -, tale possibilita'
non  puo'  essere  introdotta  con  una sentenza additiva della Corte
costituzionale,   restando   riservato   alla   discrezionalita'  del
legislatore  il  potere  di  disciplinare termini e modalita' di tale
sospensione;
     che,  quanto  alla  dedotta  infondatezza  delle  questioni,  la
medesima  difesa  erariale  rileva: a) con riguardo all'art. 3 Cost.,
che:  a.1)  e'  erronea  l'affermazione del rimettente secondo cui le
sentenze   di   primo   grado   sono   esecutive   (solo)  in  favore
dell'amministrazione  finanziaria;  a.2)  in  realta',  nel corso del
giudizio,  permane l'efficacia esecutiva dell'atto impositivo, con la
duplice  conseguenza  che  «le  imposte,  i  contributi  ed  i  premi
corrispondenti  agli  imponibili accertati dall'ufficio ma non ancora
definitivi,  nonche'  i  relativi  interessi,  sono iscritti a titolo
provvisorio  nei  ruoli,  dopo la notifica dell'atto di accertamento,
per  la  meta'  degli  ammontari  corrispondenti agli imponibili o ai
maggiori  imponibili  accertati»  (art.  15,  comma  1, del d.P.R. 29
settembre 1973, n. 602, recante «Disposizioni sulla riscossione delle
imposte sul reddito») e che, «Anche in deroga a quanto previsto nelle
singole  leggi  d'imposta, nei casi in cui e' prevista la riscossione
frazionata  del tributo oggetto di giudizio davanti alle commissioni,
il  tributo,  con  i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali,
deve  essere  pagato:  [...]  per i due terzi, dopo la sentenza della
commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso; [...] per
il  residuo  ammontare  determinato  nella sentenza della commissione
tributaria  regionale.  [...]  Le  imposte  suppletive debbono essere
corrisposte  dopo  l'ultima sentenza non impugnata o impugnabile solo
con ricorso in cassazione» (art. 68 del d.lgs. n. 546 del 1992); a.3)
la   posizione   del   privato,   il  quale  chiede  un  rimborso,  e
dell'amministrazione  finanziaria,  la  quale  esercita  la  potesta'
impositiva,  non sono equiparabili; a.4) in riferimento al rischio di
riforma  della  sentenza  di  primo  grado,  «mentre  la solvibilita'
dell'Amministrazione e' garantita, non altrettanto lo e' quella di un
privato»;  a.5)  il giudizio di ottemperanza, in quanto preordinato a
rendere  effettivo  il  comando contenuto nel giudicato (anche se sia
privo  dei  caratteri  di  puntualita' e precisione tipici del titolo
esecutivo),  non  e'  equiparabile  all'esecuzione forzata ordinaria;
a.6)   per   regola   generale   (derogata   solo,  per  il  giudizio
amministrativo,  dall'art.  33,  ultimo comma, della legge 6 dicembre
1971,    n. 1034,    concernente    l'«Istituzione    dei   tribunali
amministrativi regionali», nel testo introdotto dal comma 1 dell'art.
10  della  legge  21  luglio  2000,  n. 205, recante «Disposizioni in
materia  di  giustizia  amministrativa»), il giudizio di ottemperanza
presuppone  l'esistenza  di una sentenza passata in giudicato; b) con
riguardo all'art. 24 Cost., che l'ottemperanza e' «solo uno strumento
alternativo  (ed  aggiuntivo  all'esecuzione  ordinaria)  di  cui  il
contribuente  si  puo'  avvalere,  tanto  che la sentenza di condanna
dell'amministrazione  finanziaria  (o  dell'ente locale o dell'agente
per  la  riscossione)  al  pagamento  di somme e' rilasciata in copia
esecutiva  solo  se  passata in giudicato» (art. 69 del d.lgs. n. 546
del  1992);  c)  con riguardo all'art. 76 Cost., che: c.1) l'art. 30,
comma  1,  della  legge  di  delegazione  -  prevedendo tra i criteri
direttivi,  alla  lettera g), l'«adeguamento delle norme del processo
tributario  a  quelle  del  processo  civile»  e, alla lettera l), la
«previsione  dell'esecuzione  coattiva delle decisioni anche a carico
dell'Amministrazione   soccombente»   -   non   impone  il  principio
dell'esecutivita'  delle  sentenze  di  primo  grado;  c.2)  la Corte
costituzionale  ha  costantemente escluso l'esistenza di un principio
(costituzionalmente  rilevante)  di necessaria uniformita' tra i vari
tipi  di  processo,  pur  ribadendo  la  necessita'  di rispettare il
generale criterio di ragionevolezza delle scelte legislative.
   Considerato  che  la  Commissione tributaria provinciale di Milano
dubita  -  in  riferimento agli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione -
della  legittimita'  dell'art. 70 del decreto legislativo 31 dicembre
1992,  n. 546  (Disposizioni  sul  processo  tributario in attuazione
della  delega  al  Governo  contenuta nell'articolo 30 della legge 30
dicembre   1991,   n. 413),  nella  parte  in  cui  non  consente  al
contribuente  vittorioso in primo grado di richiedere, in pendenza di
appello  o  di  termine  per  proporre  appello,  l'ottemperanza agli
obblighi  derivanti  dalla  sentenza  non passata in giudicato emessa
dalla Commissione tributaria provinciale;
     che,  per  il  rimettente,  la disposizione denunciata viola: a)
l'art. 76 Cost., perche', non recepisce i principi «della provvisoria
esecutorieta'  delle sentenze di primo o secondo grado» e «di parita'
tra  le  parti»  stabiliti  dall'art.  30, comma 1, lettera g), della
legge  di  delegazione  30  dicembre  1991,  n. 413 (Disposizioni per
ampliare   le  basi  imponibili,  per  razionalizzare,  facilitare  e
potenziare   l'attivita'   di   accertamento;   disposizioni  per  la
rivalutazione  obbligatoria  dei beni immobili delle imprese, nonche'
per  riformare  il  contenzioso  e  per  la definizione agevolata dei
rapporti  tributari  pendenti;  delega al Presidente della Repubblica
per  la  concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei
centri  di  assistenza  fiscale  e  del  conto  fiscale),  il  quale,
prescrivendo  «l'adeguamento  delle  norme  del processo tributario a
quelle del processo civile», ha inteso obbligare il Governo a dare al
processo  tributario  una  struttura  plasmata  sul  processo  civile
ordinario, anche per quanto attiene alla natura e all'efficacia delle
sentenze;  b)  l'art.  3  Cost.,  perche'  comporta un'ingiustificata
disparita'  di  trattamento tra il contribuente, il quale «non ha, in
effetti,   alcuno   strumento   per   conseguire  l'esecuzione  della
sentenza»,  e  l'amministrazione finanziaria, la quale «puo', invece,
procedere  al  recupero  delle  somme dovute, in via esecutiva, anche
sulla  base  della  sentenza  di  primo  grado»;  c) l'art. 24 Cost.,
perche'  l'impossibilita'  per  il  contribuente  di  far  valere  la
sentenza di primo grado comporta un ingiustificato allungamento della
durata  del  processo,  con  «pregiudizio, anche irreparabile, per il
contribuente risultato vincitore»;
     che   le   sollevate  questioni  sono  in  parte  manifestamente
infondate ed in parte manifestamente inammissibili;
     che  la  questione  riferita all'art. 76 Cost. e' manifestamente
infondata;
     che,  infatti, la norma denunciata, nel disporre che il giudizio
di  ottemperanza  da  essa  previsto  si  applica  solo alle sentenze
tributarie  passate  in giudicato, detta una regola identica a quella
che  -  come  affermato  dal  diritto  vivente e come riconosciuto da
questa Corte con le ordinanze n. 44 del 2006 e n. 122 del 2005 - vige
per  le sentenze emesse dal giudice civile, alle quali il giudizio di
ottemperanza  previsto  dagli  artt.  27, primo comma, numero 4), del
regio  decreto  26  giugno 1924, n. 1054, e 37 della legge 6 dicembre
1971, n. 1034, si applica solo se siano passate in giudicato;
     che l'applicabilita' del giudizio di ottemperanza a sentenze non
ancora  passate  in  giudicato  e'  prevista,  con norma di carattere
eccezionale,  dal  quarto  comma dell'art. 33 della legge n. 1034 del
1971 (comma aggiunto dall'art. 10 della legge 21 luglio 2000, n. 205)
esclusivamente  per  le  sentenze emesse dal tribunale amministrativo
regionale e non sospese dal Consiglio di Stato;
     che,  pertanto,  con la norma denunciata il legislatore delegato
non e' incorso nel dedotto eccesso di delega, ma si e' uniformato sia
al  generale  criterio  direttivo  dell'«adeguamento  delle norme del
processo   tributario   a   quelle   del  processo  civile»,  fissato
dall'evocata  lettera  g)  del  comma  1  dell'art. 30 della legge di
delegazione  n. 413  del  1991,  sia  allo  specifico  criterio della
«previsione  dell'esecuzione  coattiva delle decisioni anche a carico
dell'Amministrazione  soccombente», fissato dalla non evocata lettera
l) del medesimo comma 1;
     che,  inoltre,  il rimettente trascura di considerare che - come
piu'  volte  sottolineato  da questa Corte - il criterio direttivo di
carattere  generale dettato dal legislatore delegante nel citato art.
30,  comma  1,  lettera  g),  della  legge n. 413 del 1991, e' quello
dell'adeguamento,  e  non  dell'uniformita', delle norme del processo
tributario  a  quelle del processo civile (ordinanze n. 303 del 2002,
n. 330 del 2000 e n. 8 del 1999);
     che,  in  ogni caso, i principi «della provvisoria esecutorieta'
delle  sentenze di primo o secondo grado» e «di parita' tra le parti»
-  la  cui  violazione da parte del legislatore delegato e' parimenti
denunciata  dal  rimettente  -,  oltre  a  non  essere  espressamente
indicati   nella   suddetta   evocata  disposizione  della  legge  di
delegazione,    non    sono    direttamente   rilevanti   in   ordine
all'applicazione   del  giudizio  di  ottemperanza,  sia  perche'  il
legislatore,   nella   sua  discrezionalita',  puo'  escludere  detta
applicazione   per   le   sentenze   di   primo   grado,   anche   se
provvisoriamente  esecutive (come questa Corte ha gia' osservato, con
le  citate  ordinanze  n. 44  del 2006 e n. 122 del 2005, a proposito
delle  sentenze di primo grado non ancora passate in giudicato emesse
dall'autorita'  giudiziaria  ordinaria),  sia  perche' il giudizio di
ottemperanza riguarda esclusivamente le sentenze che pongono obblighi
a  carico  dell'autorita'  amministrativa  e  non  quelle che pongono
obblighi a carico del contribuente;
     che  le  questioni  riferite  agli  artt.  3  e  24  Cost.  sono
manifestamente inammissibili;
     che,  al  riguardo, va preliminarmente osservato che il giudizio
principale ha ad oggetto la richiesta di ottemperanza ad una sentenza
tributaria  di  primo  grado,  non  passata in giudicato e, in quanto
tale,   non   provvisoriamente   esecutiva,   recante   la   condanna
dell'amministrazione  finanziaria  a  rimborsare  al  contribuente un
tributo corrisposto mediante versamento diretto;
     che  il  giudice  a quo solleva le suddette questioni al fine di
ottenere  una pronuncia di illegittimita' costituzionale che consenta
al contribuente vittorioso in primo grado di ottenere, in pendenza di
appello  o  di  termine  per  proporre  appello,  l'ottemperanza agli
obblighi derivanti dalla indicata sentenza tributaria di condanna;
     che,   tuttavia,   l'accoglimento   di   tale  petitum,  con  la
conseguente  applicabilita'  del  giudizio di ottemperanza a sentenze
tributarie   di   primo   grado   non  passate  in  giudicato  e  non
provvisoriamente  esecutive, comporterebbe l'introduzione nel sistema
processuale,  ad  opera della Corte costituzionale, di una disciplina
inedita   e   non  costituzionalmente  necessitata  del  giudizio  di
ottemperanza, il quale risulterebbe applicabile a prescindere sia dal
requisito  della  provvisoria  esecutivita' della sentenza (richiesto
dal  quarto  comma  dell'art.  33  della  legge  n. 1034 del 1971 per
l'ottemperanza  alle pronunce del tribunale amministrativo regionale)
sia   da   quello   dell'intervenuto   passaggio  in  cosa  giudicata
(richiesto,  secondo il diritto vivente, dagli artt. 27, primo comma,
numero  4),  del  regio  decreto  n. 1054  del 1924, e 37 della legge
n. 1034  del  1971  per  l'ottemperanza  alle  sentenze  del  giudice
ordinario);
     che  tale  prospettata  disciplina  del giudizio di ottemperanza
sarebbe   intrinsecamente   contraddittoria,  perche'  creerebbe  uno
strumento  processuale  diretto  a  consentire  l'esecuzione  di  una
sentenza   alla   quale   l'ordinamento   non  attribuisce  efficacia
esecutiva;
   che   dalla   indicata   contraddittorieta'  deriva  la  manifesta
inammissibilita' delle sollevate questioni;
     che  detta  pronuncia di manifesta inammissibilita' non potrebbe
essere  evitata  neppure  con  una  pronuncia  di  questa  Corte  che
attribuisca  la  provvisoria esecutivita' alle sentenze tributarie di
primo   grado,  perche'  tale  attribuzione  -  oltre  a  non  essere
costituzionalmente   necessitata   -   comporterebbe  necessariamente
un'estesa  e  profonda riforma del complesso delle norme del processo
tributario  concernenti tanto la tutela cautelare quanto l'esecuzione
delle sentenze, in pendenza di giudizio;
     che, in particolare, per esigenze di coerenza sistematica questa
Corte   dovrebbe,   con   la   sua  pronuncia,  quantomeno  garantire
l'inibizione   cautelare,  in  appello,  della  suddetta  provvisoria
esecutivita',  nonche'  modificare  la  vigente  complessa disciplina
relativa  sia  al rimborso d'ufficio di cui all'art. 68, comma 2, del
d.lgs.  n. 546  del 1992, sia alla riscossione frazionata del tributo
in pendenza del giudizio di impugnazione degli atti impositivi;
     che  una  siffatta  riforma di sistema, implicando la scelta tra
una  pluralita'  di soluzioni, tutte compatibili con la Costituzione,
resta   riservata   alla   discrezionalita'   del   legislatore,  con
conseguente  manifesta  inammissibilita', anche sotto questo profilo,
delle sollevate questioni;
     che   tali  rilievi  in  punto  di  inammissibilita'  valgono  a
prescindere   dalla  considerazione  che,  nel  merito,  le  medesime
questioni  appaiono  ictu  oculi  non  fondate,  sia  con riferimento
all'art.  3  Cost.,  perche'  il  rimettente  ha erroneamente posto a
raffronto  situazioni  eterogenee  (cioe',  da  un lato, quelle nelle
quali  si  e' in presenza di un atto impositivo ed il contenuto della
sentenza  di  primo grado e' costituito dal rigetto dell'impugnazione
di  tale  atto  e,  dall'altro,  quelle nelle quali, invece, manca il
suddetto  atto  ed  il  contenuto  della  sentenza  di primo grado e'
costituito  dall'accoglimento  del  ricorso  inteso  ad  ottenere  il
rimborso  di  un  tributo  corrisposto mediante versamento o ritenuta
diretti);  sia  con  riferimento all'art. 24 Cost., perche' la tutela
del  creditore  mediante giudizio di ottemperanza di una sentenza non
passata  in giudicato e non provvisoriamente esecutiva certamente non
e'  coessenziale  alla  tutela  giudiziale  dei  diritti ed interessi
legittimi e non e', pertanto, imposta dalla Costituzione.
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 70 del decreto legislativo 31 dicembre 1992,
n. 546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in attuazione della
delega  al Governo contenuta nell'articolo 30 della legge 30 dicembre
1991,   n. 413),   sollevata,   in   riferimento  all'art.  76  della
Costituzione,  dalla Commissione tributaria provinciale di Milano con
l'ordinanza indicata in epigrafe;
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita'   costituzionale   del  medesimo  art.  70  del  decreto
legislativo  n. 546 del 1992 sollevate, in riferimento agli artt. 3 e
24  Cost.,  dalla  suddetta  Commissione  tributaria  provinciale con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 29 luglio 2008.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Gallo
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 30 luglio 2008
              Il direttore della cancelleria: Di Paola