N. 295 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 giugno 2008

del  20  giugno 2008 emessa dal Commissione tributaria provinciale di
Brescia  sul  ricorso proposto da Savelli S.p.A. contro Agenzia delle
Entrate - Ufficio di Brescia 2

Imposte e tasse - Versamento unitario delle imposte e compensazione -
  Determinazione  legislativa  di  un  limite  massimo dei crediti di
  imposta  e  dei contributi ammessi a compensazione per ciascun anno
  solare  -  Ricorso  proposto  da societa' contribuente avverso atto
  irrogativo  di  sanzione  amministrativa  per  omesso versamento di
  I.V.A.  conseguente all'operata compensazione di crediti di importo
  superiore  al  detto  limite massimo annuale - Omessa previsione di
  soglie  massime  di  compensabilita' differenziate in ragione delle
  dimensioni  e  dello  stato  finanziario  dell'impresa - Denunciata
  violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza sotto il
  profilo    dell'ingiustificata    equiparazione    di    situazioni
  normativamente   differenziabili   -  Incidenza  sul  principio  di
  capacita'  contributiva - Lesione dei canoni di buon andamento e di
  imparzialita' della pubblica amministrazione.
- Decreto  legislativo 9 luglio 1997, n. 241, artt. 17 e 25; legge 23
  dicembre 2000, n. 388, art. 34.
- Costituzione, artt. 3, 53 e 97.
(GU n.41 del 1-10-2008 )
                LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
   Ha   emesso   la   seguente  ordinanza  sul  ricorso  n. 1958/2007
depositato    il   17   dicembre   2007   avverso   atto   contestaz.
n. ROLCOT400578  I.V.A.  2005  sanzioni,  contro  Agenzia  entrate  -
Ufficio  Brescia  2,  proposto  dal  ricorrente  Savelli  S.p.A., via
Cacciamali,  4  -  25100 Brescia, difeso da Lascioli Maurizio, via V.
Emanuele   II,   1   -   25100   Brescia;   avverso  atto  contestaz.
n. ROLCOT400578  I.V.A.  2006  sanzioni,  contro  Agenzia  entrate  -
Ufficio  Brescia  2,  proposto  dal  ricorrente  Savelli  S.p.A., via
Cacciamali,  4  -  25100 Brescia, difeso da Lascioli Maurizio, via V.
Emanuele II, 1 - 25100 Brescia.
   Con  ricorso  presentato  in  data  17  dicembre 2007, la societa'
contribuente impugna l'atto di contestazione n. ROLCOT400578, per IVA
riferita  agli  anni d'imposta 2005 e 2006, emesso dall'Agenzia delle
entrate - Ufficio di Brescia II.
   Detto  avviso, scaturito a seguito di P.V.A. del 26 settembre 2007
operato  da due funzionari del predetto ufficio, irroga alla societa'
attrice  la  sanzione amministrativa prevista dall'art. 13, commi 1 e
2,  d.lgs.  n. 471/1997,  per  aver  splafonato  rispetto all'importo
massimo annuo compensabile di euro 516.456,90.
   In   proposito   la   ricorrente  riconosce  di  aver  portato  in
compensazione  somme superiori al massimo sopra indicato, ma sostiene
di  averlo  fatto  in  quanto  trovatasi  in  grave crisi finanziaria
cagionata  da  impreviste  insolvenze da parte di alcuni clienti, che
hanno  comportato  una  grave  ricaduta sulle finanze societarie, con
gravi  perdite  di  bilancio  negli anni 2002/2005. Per estinguere le
obbligazioni  tributarie  e contributive, l'azienda, pur a conoscenza
dei  ristretti  limiti  compensabili, ha comunque proceduto con detto
comportamento  per  riequilibrare  le  finanze  e,  secondo  i propri
intendimenti,  per  estinguere  altre  obbligazioni tributarie. Cosi'
facendo,  avrebbe  evitato danni ulteriori che avrebbero anche potuto
portare al fallimento dell'impresa.
   Pertanto, vantando da sempre notevoli crediti d'imposta, derivanti
dall'esportazione di beni, portava in compensazione, per l'anno 2005,
un  credito di euro 2.021.304,00, restando peraltro ancora creditrice
della  somma  di  euro  74.269,00;  detto  importo  veniva portato in
detrazione  nell'anno  2006,  con  una  compensazione  totale di euro
1.884.942,00,  che  faceva  restare  l'azienda ancora creditrice, nei
confronti   del   fisco,   di   un  importo  ulteriore  pari  a  euro
1.028.647,00.
   Secondo  quanto  sostenuto  dalla  ricorrente,  l'art.  17, d.lgs.
n. 241/1997   nulla  prescriverebbe,  in  termini  sanzionatori,  per
l'ipotesi    dello    splafonamento.    Conseguentemente,   l'operato
dell'ufficio sarebbe illegittimo.
   Ma  analizzando ancora piu' attentamente la portata della norma in
materia    di    compensazione,   la   societa'   contribuente   pone
all'attenzione   di  questa  Commissione  due  ipotesi  di  eccezione
d'incostituzionalita':  l'una  inerisce  gli  artt.  17  e  25 d.lgs.
n. 241/1997  e  l'art. 34, legge n. 388/2000, in relazione agli artt.
3,  53  e  97  Cost. per la parte in cui, pur riconoscendo l'istituto
della   compensazione  ai  fini  dell'estinzione  delle  obbligazioni
tributarie, prevedono una soglia massima non superabile, senza alcuna
distinzione  tra  le  varie  categorie  di contribuenti. Tale soglia,
unica   tra   tutti   i   contribuenti,   determinerebbe   una  grave
discriminazione tra quelli c.d. minori, che potrebbero compensare per
intero  i  loro  crediti; e quelli c.d. maggiori, che potrebbero, per
assurdo,  trovarsi  a  dover rincorrere il loro credito nei confronti
dell'erario.
   L'altra   ipotesi   prospettata   riguarda   l'art.   13,   d.lgs.
n. 471/1997,  sempre  in relazione agli artt. 3, 53 e 97 Cost., nella
parte   in  cui  verrebbe  equiparata  l'irrogazione  della  sanzione
amministrativa    all'omesso,    parziale   o   ritardato   pagamento
dell'imposta dovuta.
   In  via  subordinata, inoltre, la ricorrente ritiene non dovuta la
sanzione  amministrativa  irrogatale,  in  applicazione  dell'art. 6,
comma   5-bis,  del  d.lgs.  n. 472/1997.  Infine,  onde  evitare  un
possibile   danno   grave   e  irreparabile  all'Azienda,  chiede  la
sospensione  dell'atto  impugnato  e  la  condanna  dell'ufficio alle
spese.
   Quest'ultimo,  ritualmente  costituitosi  in  giudizio con proprie
deduzioni   depositate   in   data   31  gennaio  2008,  sostiene  la
legittimita'  del  proprio  operato,  ed  insiste  per il rigetto del
ricorso.
   In  particolare,  ribadisce la propria interpretazione della legge
vigente,   ritenendo   trattarsi,  nel  caso  di  specie,  di  omesso
versamento,  a  cui  va  applicata  la  sanzione del 30% dell'imposta
omessa. Contrariamente, infatti, a quanto sostenuto dalla ricorrente,
ritiene che l'aver portato in detrazione una somma maggiore di quanto
consentito   abbia   creato   un   danno   all'Erario,  sottraendo  a
quest'ultimo  la  necessaria  liquidita'.  Richiama  poi  la sentenza
n. 9/2003  della  CTP  di  Torino, sez. IV, la quale ha giudicato nel
senso che «la compensazione dei crediti IVA, effettuata al di la' dei
limiti  previsti  dalla  legge,  non  puo' qualificarsi violazione di
carattere   meramente   formale».   A   tale   decisione,   l'ufficio
compiutamente  si  riporta,  chiedendo  il  rigetto  del ricorso e la
condanna della parte alle spese.
   All'udienza del 29 gennaio 2008 la Commissione, ritenendo motivata
l'istanza di danno grave e irreparabile, disponeva per la sospensione
del provvedimento.
   All'udienza   del   15   aprile  2008  la  Commissione,  vista  la
problematica   prospettata,   si   riservava   la   decisione.  E,  a
scioglimento della stessa, osserva come non possano primariamente non
valutarsi le due sollevate ipotesi di incostituzionalita'.
   Va  anzitutto rilevato che le questioni di costituzionalita' delle
norme  indicate  sono  senza dubbio rilevanti, in quanto la decisione
sul   ricorso   e'   necessaria  conseguenza  della  applicazione  (o
disapplicazione) delle norme medesime.
   Nel  merito,  la  Commissione  ritiene  che risulti manifestamente
infondata  la  questione  di  costituzionalita' relativa all'art. 13,
d.lgs.  n. 471/1997, nella parte in cui parifica l'omesso, parziale e
ritardato  versamento  allo  splafonamento  della  soglia  massima di
compensazione.
   Infatti,  trattasi  di  violazione  sostanziale del disposto della
norma,   in   quanto   incide   sul   giusto,  e  dovuto,  versamento
dell'imposta,  i cui limiti compensabili sono precisamente stabiliti.
Non si tratterebbe quindi di un pagamento inesatto, ma di una precisa
volonta' di violare il disposto legislativo.
   Ritiene,   invece,   non   manifestamente   infondata  l'eccezione
d'incostituzionalita'  inerente  gli artt. 17 e 25 d.lgs. n. 241/1997
nella  parte in cui, pur riconoscendo l'istituto della compensazione,
stabiliscono  una  soglia massima di compensabilita' uguale per tutti
senza   tenere   conto   della   grandezza  dell'impresa,  della  sua
qualificazione,  del volume di affari, dei rapporti economici intra e
infra  nazionali,  dello  stato  finanziario  in  cui momentaneamente
versa,  causato  da  fatti  non  imputabili all'impresa, determinando
irragionevolmente  una  disciplina uniforme in relazione a situazioni
soggettive e oggettive che possono presentare rilevanti differenze.
   Richiamati pertanto gli artt. 3, 53 e 97 Cost.
                              P. Q. M.
   Visto l'art. 23, legge n. 87/1953;
   Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale degli artt. 17 e 25, d.lgs. n. 241/1997,
34, legge n. 388/2000 in relazione agli artt. 3, 53 e 97 Cost.
   Sospende il giudizio in corso e dispone la trasmissione degli atti
alla  Corte  costituzionale;  ordina  che  a cura della segreteria la
presente   ordinanza  sia  notificata  alle  parti  in  causa  ed  al
Presidente  del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti
delle Camere del Parlamento.
     Brescia, addi' 20 giugno 2008
                   Il Presidente relatore: Caristi