N. 346 ORDINANZA 20 - 23 ottobre 2008

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Ordinamento  giudiziario - Magistratura - Lavoratrici madri - Mancata
  corresponsione   dell'indennita'   giudiziaria   nel   periodo   di
  astensione  dal  lavoro  per  maternita'  e  puerperio  secondo  la
  disciplina  vigente anteriormente alle modifiche di cui all'art. 1,
  comma  325,  della legge n. 311 del 2004 - Violazione del principio
  di  uguaglianza per disparita' di trattamento rispetto al personale
  delle cancellerie e segreterie giudiziarie - Esclusione - Manifesta
  infondatezza della questione.
- Legge  19  febbraio  1981,  n. 27,  art.  3, primo comma, nel testo
  anteriore  alla  modifica  introdotta dall'art. 1, comma 325, della
  legge 30 dicembre 2004, n. 311.
- Costituzione, art. 3, primo comma.
(GU n.45 del 29-10-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:  Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE Giudice, Ugo DE
   SIERVO,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso QUARANTA,
   Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Maria  Rita
   SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza
nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 3, primo comma,
della  legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di
magistratura),  promossi  con  ordinanze  del  22  novembre  2007 dal
Tribunale  amministrativo  regionale della Puglia, sezione distaccata
di  Lecce  e  con  tre  ordinanze  del  22 gennaio 2008 dal Tribunale
amministrativo  regionale della Lombardia rispettivamente iscritte ai
nn. 46, 110, 111 e 112 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella
Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica nn. 11 e 17, 1ª serie speciale,
dell'anno 2008.
   Visto  l'  atto  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera di consiglio del 24 settembre 2008 il giudice
relatore Luigi Mazzella.
   Ritenuto  che  nel corso di distinti giudizi promossi da Albertini
Bruna   ed  altre,  tutte  magistrati  ordinari,  nei  confronti  del
Ministero  della  giustizia  e  del  Ministero  dell'economia e delle
finanze,  al  fine  di  ottenere  la  corresponsione dell'«indennita'
giudiziaria» prevista dall'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27
(Provvidenze  per  il  personale  di  magistratura), anche durante il
periodo  di astensione dal lavoro per maternita' e puerperio ai sensi
dell'art.  4  della  legge  30  dicembre  1971, n. 1204 (Tutela delle
lavoratrici  madri),  il  Tribunale  amministrativo  regionale  della
Lombardia -  con  tre  ordinanze,  di  analogo tenore, del 22 gennaio
2008 -  ha  sollevato,  in riferimento all'art. 3 della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, primo comma,
della  legge  n. 27  del  1981 -  nel  testo  anteriore alla modifica
introdotta  dall'art.  1,  comma  325  della  legge 30 dicembre 2004,
n. 311  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  dello  Stato -  legge finanziaria 2005) - nella parte in
cui  esclude  la corresponsione della predetta indennita' nei periodi
di  assenza  obbligatoria  o  facoltativa per maternita', di cui agli
artt. 4 e 7 della legge n. 1204 del 1971;
     che, a giudizio del rimettente, tale esclusione darebbe luogo ad
una  ingiustificata  disparita'  di trattamento rispetto al personale
amministrativo  delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie, nei
cui  confronti  l'erogazione  della  medesima  indennita'  - dapprima
esclusa  nei  periodi  di  astensione  obbligatoria  dal  lavoro  per
maternita'  e  puerperio,  in  base  all'art. 1 della legge 22 giugno
1988,  n. 221 (Provvedimenti a favore del personale delle cancellerie
e segreterie giudiziarie) - e' stata disposta dall'art. 21 del d.P.R.
17  gennaio  1990,  n. 44 (Regolamento per il recepimento delle norme
risultanti  dalla  disciplina  prevista dall'accordo del 26 settembre
1989  concernente  il  personale  del  comparto  Ministeri  ed  altre
categorie di cui all'art. 2 del d.P.R. 5 marzo 1986, n. 68) anche nei
periodi di astensione obbligatoria per maternita' o puerperio;
     che  tale  previsione e'  stata  recepita  dal  Ministero  della
giustizia  (Circolare  n. 22  del  22  settembre 1993 della direzione
generale   dell'organizzazione  giudiziaria  e  affari  generali),  e
ribadita  nei  successivi contratti collettivi nazionali del comparto
Ministeri,  con la conseguenza che, mentre il personale dirigente - e
qualifiche  equiparate  delle  cancellerie e segreterie giudiziarie -
percepiscono  l'indennita'  di  cui  all'art. 3 della legge n. 27 del
1981  (loro estesa dall'art. 1 della legge n. 221 del 1988) anche nei
periodi  di  astensione obbligatoria per maternita' e puerperio (art.
21  del  d.P.R. n. 44 del 1990), le donne magistrato non percepiscono
alcunche'  al  medesimo  titolo,  nonostante  l'identita'  della loro
posizione  e la ricorrenza della medesima ratio legis per entrambe le
categorie;
     che,  secondo  il  giudice  a quo, la diversa natura della fonte
regolatrice  dei due rapporti di lavoro posti a confronto non sarebbe
sufficiente   per  giustificare  la  differenza  di  trattamento  dei
magistrati  rispetto a quello dei dirigenti delle cancellerie e delle
segreterie  giudiziarie  (contrattualizzati  questi  ultimi,  e non i
primi);
     che,  ritenuta pacifica la rilevanza della questione, il giudice
a   quo  osserva  che  la  legittimita'  costituzionale  della  norma
impugnata  e'  stata  piu'  volte  positivamente verificata da questa
Corte  con  riferimento  a  diversi  parametri  costituzionali,  e in
confronto con altre posizioni similari (sent. n. 238 del 1990, n. 407
del  1996 e ord. n. 106 del 1997), ma non con quella delle dipendenti
dal  Ministero  della  giustizia  addette  alle  cancellerie  ed alle
segreterie giudiziarie;
     che  la  posizione  delle  (diverse)  categorie  di  lavoratrici
considerate    non   presenta   differenze   tali   da   giustificare
l'attribuzione  ad  una  sola del diritto a detta indennita', laddove
l'identita' di ratio del medesimo emolumento (diretto a compensare la
gravosita'   dell'impegno   connesso   all'esercizio   dell'attivita'
giudiziaria)    esclude   la   compatibilita'   di   una   disciplina
differenziata dei relativi diritti tra classi di dipendenti del tutto
omologhe,  rispetto  al parametro costituzionale che esige la parita'
di trattamento di situazioni uguali (sent. n. 476 del 2002);
     che  in  data  1°  gennaio 2005 e' entrata in vigore la legge 30
dicembre  2004,  n. 311  (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005), la quale
all'art.  1, comma 325, ha disposto che «all'articolo 3, primo comma,
della  legge 19 febbraio 1981, n. 27, le parole "assenza obbligatoria
o  facoltativa  previsti negli articoli 4 e 7 della legge 30 dicembre
1971, n. 1204" sono sostituite dalle seguenti "astensione facoltativa
prevista  dagli  articoli 32 e 47, commi 1 e 2 del testo unico di cui
al  decreto  legislativo  26  marzo  2001, n. 151" (Testo unico delle
disposizioni  legislative  in  materia  di  tutela  e  sostegno della
maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge 8
marzo  2000,  n. 53)‰‰, in tal modo rimuovendo l'ostacolo posto a
base delle censure di legittimita' costituzionale in esame;
     che,  secondo  il rimettente, la normativa sopravvenuta non puo'
applicarsi  alle situazioni dedotte in giudizio, in quanto esauritesi
prima della sua entrata in vigore;
     che,  in termini del tutto identici, il Tribunale amministrativo
regionale  della  Puglia,  sezione  di  Lecce,  con  ordinanza del 22
novembre  2007  ha  sollevato  la  medesima questione di legittimita'
costituzionale,  deducendo  la  violazione  degli  artt. 3 e 37 della
Costituzione,   nel   giudizio  originato  dal  ricorso  proposto  da
Consiglia   Invitto,   avvocato   dello  Stato,  in  servizio  presso
l'Avvocatura distrettuale di Lecce, parificata, quanto allo stipendio
ed alla cosiddetta indennita' giudiziaria, alle donne-magistrato;
     che   in  questo  giudizio  e'  intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri -  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato -  rilevando  che lo status delle addette alle
cancellerie  ed  alle segreterie giudiziarie e' completamente diverso
rispetto a quello dei magistrati, essendo, in particolare, diversa la
fonte  da  cui scaturisce il trattamento economico concernente le due
categorie  poste  a confronto (il contratto collettivo per le prime e
la legge per i secondi);
     che,  secondo  l'Avvocatura  generale,  diversa  e'  altresi' la
genesi  ed  il  fine  dell'indennita' in questione per ciascuna delle
categorie  poste  a  confronto:  per  i magistrati e per gli avvocati
dello   Stato   viene  in  evidenza  la  finalita'  di  studio  e  di
aggiornamento professionale, piuttosto che la gravosita' dell'impegno
connesso all'attivita' giudiziaria;
     che nessuna disparita' sussiste, inoltre, per la circostanza che
altre  donne  magistrato,  o  avvocato dello Stato, possano percepire
l'indennita' dopo l'entrata in vigore della nuova normativa del 2004,
atteso  che rientra nella discrezionalita' del legislatore derogare o
meno al principio di irretroattivita' della legge.
   Considerato   che  il  Tribunale  amministrativo  regionale  della
Lombardia  ha  sollevato -  con tre ordinanze di identico contenuto -
con esclusivo riferimento all'art. 3, primo comma della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 3, primo comma
della  legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di
magistratura)  nel testo anteriore alla modifica introdotta dall'art.
1,  comma  325 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per
la  formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2005),  nella  parte  in cui escludeva la corresponsione
della   indennita'  giudiziaria  durante  il  periodo  di  astensione
obbligatoria per maternita';
     che   identica   questione  e'  stata  sollevata  dal  Tribunale
amministrativo regionale della Puglia, sezione di Lecce, deducendo la
violazione  degli artt. 3 e 37 della Costituzione, con riferimento al
ricorso  proposto  da  Consiglia  Invitto,  avvocato  dello Stato, in
servizio  presso  l'Avvocatura  distrettuale  di  Lecce,  parificata,
quanto allo stipendio ed alla cosiddetta indennita' giudiziaria, alle
donne-magistrato;
     che i rimettenti, pur dando atto che la norma censurata e' stata
modificata  dal  richiamato art. 1, comma 325, della legge n. 311 del
2004,   nel   senso   che  l'astensione  obbligatoria  dell'attivita'
lavorativa    per   maternita'   non   comporta   piu'   la   perdita
dell'indennita'  prevista  dall'art. 3, primo comma della legge n. 27
del 1981, rilevano che la novella legislativa non e' applicabile alle
fattispecie  oggetto  dei  giudizi principali, perche' la modifica ha
effetto con decorrenza 1° gennaio 2005;
     che,   relativamente   al  periodo  anteriore  a  tale  data,  i
rimettenti  deducono  l'illegittimita'  della  norma  denunciata, per
disparita'  di trattamento rispetto al personale amministrativo delle
cancellerie  e segreterie giudiziarie, al quale, invece, l'indennita'
in  questione  veniva  gia'  concessa  anche  durante  il  periodo di
astensione   obbligatoria   per   maternita',   come  previsto  dalla
contrattazione  collettiva  riguardante il rapporto di lavoro di quel
personale,  a  partire dall'accordo recepito con il d.P.R. 17 gennaio
1990,  n. 44  (Regolamento  per il recepimento delle norme risultanti
dalla   disciplina   prevista  dall'accordo  del  26  settembre  1989
concernente il personale del comparto Ministeri ed altre categorie di
cui all'art. 2 del d.P.R. del 5 marzo 1986, n. 68);
     che,  secondo i giudici a quibus, la diversita' del regime della
regolamentazione  dei  rapporti  di  lavoro  tra le categorie poste a
raffronto  (magistrati,  da  una  parte,  e personale dirigente delle
cancellerie  e  segreterie,  dall'altra)  non  vale  ad  escludere la
prospettata  violazione  degli  artt.  3  e 37 della Costituzione: il
fatto  che un tipo di rapporto sia regolato dalla legge e l'altro dal
contratto  collettivo,  non  esime il legislatore che regola il primo
dall'obbligo   di  rispettare  i  suddetti  precetti  costituzionali,
quand'anche  il  trattamento  piu'  favorevole venga introdotto da un
contratto collettivo successivo alla legge;
     che  l'identita'  della  materia  e  delle questioni prospettate
rendono  opportuna  la  riunione dei giudizi, per la loro trattazione
congiunta e per la loro decisione con unica pronuncia;
     che, nel merito, la questione e' manifestamente infondata;
     che  l'indennita'  di funzione - per i magistrati e gli avvocati
dello  Stato,  unitariamente  contemplati  dall'art.  9, comma terzo,
della  legge  2 aprile 1979, n. 97 (Norme sullo stato giuridico e sul
trattamento  economico  dei magistrati ordinari e amministrativi, dei
magistrati  della  giustizia militare e degli avvocati dello Stato) -
ha  mantenuto, sin dalla sua istituzione, connotati peculiari perche'
assoggettata  al  meccanismo di rivalutazione automatica previsto per
gli  stipendi dei magistrati (ed avvocati dello Stato) dal precedente
art. 2 della legge n. 27 del 1981;
     che  tale  rivalutazione  si  ispira  al precetto costituzionale
dell'indipendenza  dei magistrati, costituendo una guarentigia idonea
a tale scopo;
     che, conseguentemente, tale meccanismo, connesso allo status dei
magistrati,  non  e' stato mai esteso sic et simpliciter al personale
delle  cancellerie  e  segreterie  giudiziarie (legge 22 giugno 1988,
n. 221,   recante «Provvedimenti   a   favore   del  personale  delle
cancellerie  e  segreterie giudiziarie»), ne' a quello amministrativo
delle  magistrature  speciali (legge 15 febbraio 1989, n. 51, recante
«Attribuzione dell'indennita' giudiziaria al personale amministrativo
delle  magistrature  speciali»),  in  quanto  l'indennita'  e'  stata
attribuita  in  misura  fissa  con l'esclusione di ogni meccanismo di
adeguamento automatico (sentenza n. 15 del 1995);
     che  le  differenze  di regime giuridico tra le due categorie di
dipendenti  statali  si  sono  accentuate a seguito della riforma del
pubblico  impiego, stante la diversita' ormai riscontrabile sul piano
delle  fonti  di  disciplina  dei  rispettivi rapporti di impiego (il
rapporto di lavoro degli impiegati e' disciplinato, in gran parte - e
in   particolare   quanto   al   trattamento   economico -  da  fonti
contrattuali,  quello  dei  magistrati  esclusivamente  dalla  legge)
(ordinanze n. 290 del 2006 e n. 137 del 2008);
     che,   in  conclusione,  trattandosi  di  posizioni  e  funzioni
diverse,  non  e'  possibile  accomunare il regime dell'indennita' di
funzione riferito ai magistrati a quello riservato al personale delle
cancellerie  e  segreterie  giudiziarie, sicche' non e' configurabile
una  irrazionale  disparita'  di trattamento per il solo fatto che da
tale  raffronto discende una diversa quantificazione delle rispettive
prestazioni;
     che,  contrariamente a quanto ritenuto dai giudici a quibus, non
e'  possibile  dedurre  dall'intervento dell'art. 1, comma 325, della
legge finanziaria per l'anno 2005 a favore dei magistrati assenti per
maternita',  l'intento del legislatore di rimuovere una situazione di
illegittima  disparita'  di  trattamento,  costituendo, piuttosto, la
novella   citata   la   manifestazione   della  discrezionalita'  del
legislatore   nel   collocare  nel  tempo  le  innovazioni  normative
(ordinanza n. 137 del 2008 citata);
     che,   pertanto   la   questione   sollevata  e'  manifestamente
infondata.
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi,
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale  dell'art.  3,  primo  comma,  della legge 19 febbraio
1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di magistratura), nel testo
anteriore  alla  modifica  introdotta  dall'art.  1, comma 325, della
legge  30  dicembre  2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005),
nella  parte in cui esclude la corresponsione dell'indennita' da esso
prevista  nel  periodo  di  astensione  obbligatoria  per maternita',
sollevata,   in   riferimento   all'art.   3,   primo   comma,  della
Costituzione,  dai Tribunali amministrativi regionali della Lombardia
e della Puglia - sezione di Lecce - con le ordinanze in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 ottobre 2008.
                        Il Presidente: Flick
                       Il redattore: Mazzella
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 23 ottobre 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola