N. 352 SENTENZA 22 - 24 ottobre 2008

Giudizio per conflitto di attribuzione tra Enti.

Regione   siciliana   -  Presidente  della  Regione  -  Condanna  non
  definitiva  per  determinati  reati - Accertamento, con decreto del
  Presidente  del  Consiglio  dei ministri del 29 gennaio 2008, della
  sospensione,  a  decorrere  dal 18 gennaio 2008, del Sig. Salvatore
  Cuffaro  dalla  carica  di  Presidente  della Regione siciliana, ai
  sensi  dell'art.  15,  comma  4-bis,  della  legge n. 55 del 1990 -
  Ricorso  per  conflitto  di  attribuzione della Regione siciliana -
  Ritenuta  inapplicabilita'  dell'art. 15 della legge n, 55 del 1990
  nel nuovo assetto statutario determinato dalla legge costituzionale
  n. 2  del  2001  -  Denunciata  lesione  della  sfera di competenza
  costituzionale  garantita  alla  Regione  siciliana  in  materia di
  status  del Presidente - Esclusione - Compatibilita' della prevista
  sospensione  dalla  carica  anche  con  la  nuova  forma di governo
  regionale - Spettanza allo Stato della potesta' esercitata.
- Decreto del Presidente dei Consiglio dei ministri 29 gennaio 2008.
- Statuto della Regione siciliana, artt. 8, 9 e 10.
Regione   siciliana   -  Presidente  della  Regione  -  Condanna  non
  definitiva  per  determinati  reati - Accertamento, con decreto del
  Presidente  del  Consiglio  dei ministri del 29 gennaio 2008, della
  sospensione,  a  decorrere  dal 18 gennaio 2008, del Sig. Salvatore
  Cuffaro   dalla   carica   di   deputato  dell'Assemblea  regionale
  siciliana,  ai  sensi  dell'art. 15, comma 4-bis, della legge n. 55
  del  1990  -  Ricorso  per  conflitto di attribuzione della Regione
  siciliana  -  Ritenuta  inapplicabilita'  dell'art.  15 della legge
  n. 55 del 1990 nel nuovo assetto statutario determinato dalla legge
  costituzionale  n. 2  del  2001 - Esclusione - Applicabilita' della
  sospensione  dalla  carica di Presidente anche all'ufficio derivato
  di  deputato  regionale  -  Spettanza  allo  Stato  della  potesta'
  esercitata.
- Decreto del Presidente dei Consiglio dei ministri 29 gennaio 2008.
- Statuto della Regione siciliana, artt. 8, 9 e 10.
Regione   siciliana   -   Presidente   della   Regione  -  Dimissioni
  irrevocabili  a  seguito di condanna non definitiva per determinati
  reati  - Accertamento, con decreto del Presidente del Consiglio dei
  ministri del 29 gennaio 2008, della sospensione, a decorrere dal 18
  gennaio 2008, del Sig. Salvatore Cuffaro dalla carica di Presidente
  della  Regione  siciliana e dalla carica di deputato dell'Assemblea
  regionale  siciliana,  ai  sensi  dell'art.  15, comma 4-bis, della
  legge  n. 55 del 1990 - Ricorso per conflitto di attribuzione della
  Regione siciliana - Denunciata illegittimita' dei provvedimento per
  mancanza  di  oggetto  -  Esclusione - Diversita' delle conseguenze
  derivanti  dalle  dimissioni  e  dalla sospensione - Spettanza allo
  Stato della potesta' esercitata.
- Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 gennaio 2008.
- Statuto della Regione siciliana, artt. 8, 9 e 10.
(GU n.45 del 29-10-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giovanni Maria FLICK;
Giudici:  Francesco  AMIRANTE,  Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio
   FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA,
   Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria Rita SAULLE, Giuseppe
   TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
                              Sentenza
nel  giudizio  per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito
del  decreto  del  Presidente  del  Consiglio dei ministri 29 gennaio
2008, con il quale a decorrere dal 18 gennaio 2008 e' stata accertata
la  sospensione  del  sig. Salvatore Cuffaro dalla carica di deputato
dell'Assemblea  regionale  siciliana  e  di  Presidente della Regione
siciliana,  ai  sensi dell'art. 15, comma 4-bis, della legge 19 marzo
1990, n. 55, promosso dalla Regione siciliana, notificato il 31 marzo
2008,  depositato in cancelleria il 4 aprile 2008 ed iscritto al n. 6
del registro conflitti tra enti 2008.
   Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 7 ottobre 2008 il giudice relatore
Ugo De Siervo;
   Uditi l'avvocato Guido Corso per la Regione siciliana e l'avvocato
dello  Stato  Antonio  Palatiello per il Presidente del Consiglio dei
ministri.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  Con  ricorso  notificato  il  31 marzo 2008 e depositato il
successivo   4  aprile,  la  Regione  Siciliana  ha  sollevato  -  in
riferimento  agli  articoli  8,  9  e 10 del r.d.lgs. 15 maggio 1946,
n. 455   (Approvazione  dello  statuto  della  Regione  siciliana)  -
conflitto  di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione al
decreto  del  Presidente  del Consiglio dei ministri 29 gennaio 2008,
notificato  il  giorno  successivo,  con il quale «a decorrere dal 18
gennaio  2008  e' accertata la sospensione del sig. Salvatore Cuffaro
dalla  carica  di  deputato  dell'Assemblea  regionale siciliana e di
Presidente  della  Regione  siciliana  ai  sensi  dell'art. 15, comma
4-bis, della legge 19 marzo 1990, n. 55».
   1.1.  -  La  ricorrente  riferisce che il Presidente della Regione
siciliana, on. Salvatore Cuffaro, a seguito di sentenza del Tribunale
di  Palermo,  III  sez.  penale,  che  in  data 18 gennaio 2008 lo ha
dichiarato  colpevole dei delitti di cui all'art. 326 (rivelazione di
segreti  d'ufficio)  e  all'art.  378 (favoreggiamento personale) del
codice  penale,  si  e'  dimesso  irrevocabilmente  dalla  carica  di
Presidente   della   Regione,   dandone  comunicazione  all'Assemblea
regionale il 26 gennaio 2008.
   Con  il  censurato  provvedimento, il Presidente del Consiglio dei
ministri, sentiti il Ministro per gli affari regionali e le autonomie
locali  e  il  Ministro  dell'interno, ha sospeso l'on. Cuffaro dalla
carica  di  deputato  regionale  e  di  Presidente  della Regione con
effetto  dal  18  gennaio  2008,  ai sensi dell'art. 15, comma 4-bis,
della   legge  19  marzo  1990,  n. 55  (Nuove  disposizioni  per  la
prevenzione  della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme
di manifestazioni di pericolosita' sociale).
   Ricorda  la ricorrente che la disposizione in questione prevede la
sospensione  sino  a  diciotto  mesi da una serie di cariche, inclusa
quella   di  presidente  della  giunta  regionale  e  di  consigliere
regionale in caso di condanna non definitiva per taluni delitti (art.
15, comma 4-bis in relazione al comma 1, lett. a).
   La Regione siciliana «non intende [...] contestare la legittimita'
costituzionale  di  tale  previsione, consapevole che una censura del
genere  non  e'  proponibile  in  sede di conflitto di attribuzioni»:
essa, invero, si duole «della sua applicazione ad una fattispecie che
esula  dall'ambito di operativita' della norma stessa per piu' di una
ragione».
   Lo  status  del  Presidente  della  Regione siciliana - osserva la
difesa  regionale  -  sarebbe pressoche' integralmente regolato dallo
statuto  speciale,  come  modificato  dalla  legge  costituzionale 31
gennaio  2001,  n. 2 (Disposizioni concernenti l'elezione diretta dei
presidenti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome
di  Trento  e  di Bolzano), per cio' che concerne i poteri, la durata
nella carica (art. 9), la mozione di sfiducia (art. 10), la rimozione
dalla carica (art. 8).
   Dal  canto suo, l'art. 15 della legge n. 55 del 1990 - nella parte
in   cui  stabilisce  le  conseguenze  della  sentenza  di  condanna,
definitiva e non definitiva, pronunciata nei confronti del Presidente
della Regione siciliana per i reati indicati ai commi 1 e 4-bis dello
stesso art. 15 - sarebbe «norma di stretta interpretazione»: sicche',
«una  sua  applicazione  al  di fuori dei casi espressamente previsti
comporta  l'invasione di un ambito materiale (lo status di Presidente
della Regione Siciliana) coperto da norme di rango costituzionale».
   All'epoca dell'approvazione della legge n. 55 del 1990, e altresi'
in  occasione  delle  successive  modifiche  alla  stessa  apportate,
l'elezione  dell'Assemblea regionale siciliana era disciplinata dalla
legge   regionale   20  marzo  1951,  n. 29  (Elezione  dei  deputati
all'Assemblea  regionale  siciliana),  e  dall'art.  9  dello Statuto
speciale  nella  sua formulazione originaria. Il Presidente regionale
era  eletto,  come  gli assessori, dall'Assemblea regionale nella sua
prima seduta e nel suo seno.
   La  sospensione  dalla carica, prevista dall'art. 15, comma 4-bis,
comportava  la  sostituzione  del  Presidente  con il vice Presidente
(l'assessore  da lui designato, ai sensi dell'art. 10 dello statuto):
si  trattava  di una sostituzione - sottolinea la ricorrente - con un
soggetto  che,  per  essere stato eletto deputato con il presidente e
per essere entrato a far parte della giunta come lui e insieme a lui,
«godeva  di  pari  legittimazione,  in  ragione della identita' della
investitura».
   La  modifica  dello  statuto,  avvenuta  nel  2001  con  la  legge
costituzionale   n. 2,   avrebbe   «radicalmente»  mutato  il  quadro
normativo  di  riferimento.  Attualmente, il Presidente della Regione
siciliana  e' eletto a suffragio universale e diretto contestualmente
all'elezione  dell'Assemblea  regionale  e nell'ambito di un collegio
elettorale  che coincide con l'intero territorio regionale. Lo stesso
Presidente,  poi,  nomina  e  revoca  gli  assessori, tra cui un vice
presidente,  «senza  essere  neppure tenuto ad attingere i nominativi
dall'Assemblea regionale».
   Secondo  la ricorrente, la sospensione in oggetto finirebbe con il
trasferire  la  funzioni  di  Presidente  ad  una  persona  (il  vice
Presidente)   che,   pur   riscuotendo  la  fiducia  del  Presidente,
nell'ipotesi  in cui sia stato scelto al di fuori dell'assemblea, non
ha  ricevuto alcuna investitura popolare: ne conseguirebbe «una seria
frattura  fra una forma di governo spiccatamente democratica, qual e'
quella in cui il capo dell'esecutivo e' eletto a suffragio universale
e  diretto,  ed  un  assetto  dell'esecutivo,  che puo' durare sino a
diciotto  mesi,  in  cui  al  vertice c'e' un soggetto che nessuno ha
eletto».  Anche  quando  il vice Presidente e' un deputato regionale,
«la  sua sarebbe comunque una legittimazione debole», dal momento che
egli e' stato eletto in un collegio provinciale, mentre il presidente
sospeso  e'  stato  eletto da un collegio elettorale che coincide con
l'intera  regione  (e' citato l'art. 1, comma 3, legge reg. n. 29 del
1951,  come  sostituito  dall'art.  1 della legge reg. 3 giugno 2005,
n. 7,  recante  «Norme  per  l'elezione  del Presidente della Regione
siciliana   a   suffragio  universale  e  diretto.  Nuove  norme  per
l'elezione    dell'Assemblea    regionale   siciliana.   Disposizioni
concernenti l'elezione dei consigli comunali e provinciali»).
   La trasformazione della forma di governo regionale da parlamentare
in  (semi)  presidenziale  operata  dalla  legge cost. n. 2 del 2001,
avrebbe  prodotto  notevoli conseguenze, peraltro messe in luce dalla
Corte costituzionale nella sentenza n. 12 del 2006.
   Dal  momento  che  la  nuova  forma  di  governo e' caratterizzata
dall'attribuzione  al  Presidente  eletto  a  suffragio  universale e
diretto   «di   forti  e  tipici  poteri  per  la  gestione  unitaria
dell'indirizzo  politico  e  amministrativo  della  regione (nomina e
revoca  dei  componenti  della  giunta,  potere di dimettersi facendo
automaticamente sciogliere sia la giunta che il consiglio regionale)»
(e'  citata  la  sentenza  n. 2  del  2004),  e tale forma di governo
accomuna la Regione siciliana (art. 9 statuto Regione siciliana) alle
Regioni  ordinarie (art. 122, quinto comma, Cost.), per la ricorrente
«contrasterebbe  col nuovo assetto costituzionale la possibilita' che
per  diciotto  mesi  tale  gestione  unitaria  venga  affidata  ad un
soggetto  diverso  dal  presidente  eletto  a  suffragio universale e
diretto. Soggetto al quale non potrebbe essere riconosciuto il potere
di  nominare  e  revocare  gli  assessori  (art.  9  st.  sic.)  o di
dimettersi  provocando lo scioglimento dell'assemblea regionale (art.
10)».  Pertanto,  ne  deriverebbero «la sopravvenuta inapplicabilita'
dell'art.   15,  comma  4-bis  della  legge  n. 55/1990  (abrogazione
parziale   per   incompatibilita)  nella  parte  in  cui  prevede  la
sospensione   della   carica  del  presidente  della  regione;  e  di
conseguenza l'illegittimita' del provvedimento impugnato».
   1.2.  -  Analoghe  considerazioni varrebbero, a detta della difesa
regionale,   anche  per  la  sospensione  dalla  carica  di  deputato
regionale.
   Ai  sensi  dell'art.  41-ter,  comma 3, dello statuto speciale «e'
proclamato eletto Presidente della regione il candidato capolista che
ha  conseguito  il maggior numero di voti validi in ambito regionale.
Il Presidente fa parte dell'Assemblea regionale».
   La legge costituzionale n. 2 del 2001, che ha introdotto la teste'
richiamata   disposizione   statutaria,   ha  invertito  la  sequenza
temporale   (e   logico-giuridica)   che  caratterizzava  il  sistema
precedente.  Mentre  in questo il Presidente della regione era eletto
nella  prima  seduta  («e  nel  suo seno») dall'Assemblea regionale -
cosi'  che  lo  status di deputato regionale precedeva e condizionava
quello di Presidente della regione - oggi e' il Presidente ad entrare
nell'Assemblea   regionale.   Il   titolo  giuridico  per  far  parte
dell'organo  legislativo  e'  lo  status di Presidente della regione,
acquisito  con  l'elezione  diretta.  Questa relazione sarebbe ancora
piu'  chiaramente esplicitata nella legge regionale sull'elezione del
Presidente  della  regione  (legge  reg.  n. 7  del  2005),  la quale
dispone:  il Presidente della Regione siciliana e' eletto a suffragio
universale,  con  voto  diretto,  libero  e  segreto, contestualmente
all'elezione dell'Assemblea regionale siciliana (art. 1, comma 1); la
votazione   avviene   su  un'unica  scheda  (comma  2);  il  collegio
elettorale  per  l'elezione del Presidente della regione coincide con
il  territorio  regionale  (comma  3); il Presidente della regione fa
parte  dell'Assemblea  regionale  siciliana  (art.  4). Il Presidente
della  regione e' eletto in un collegio diverso (unico regionale) dai
nove  collegi provinciali nei quali sono eletti i deputati regionali;
egli diviene deputato regionale in quanto eletto presidente.
   Ne  dovrebbe  conseguire,  ad  avviso  della ricorrente, che se la
sospensione  non  puo'  essere  disposta  in relazione alla carica di
Presidente  della  regione,  essa  non puo' nemmeno colpire l'ufficio
(derivato) di deputato regionale che il Presidente ricopre.
   1.3.  -  La Regione Sicilia, infine, sottolinea come il 26 gennaio
2008,  e  dunque prima che intervenisse l'impugnato provvedimento del
Presidente  del  Consiglio,  l'on.  Cuffaro si fosse irrevocabilmente
dimesso   dalla   carica:  «sicche'  e'  venuto  meno  da  parte  sua
l'esercizio  delle  funzioni  dalle quali il decreto impugnato mira a
sospenderlo».  La ricorrente chiede, pertanto, alla Corte di valutare
se  tale  «circostanza  non  determini  la  nullita'  per mancanza di
oggetto  del  provvedimento impugnato (artt. 21-septies, legge n. 241
del   1990  e  1418  c.c.)»;  ricorrerebbe,  infatti,  un'ipotesi  di
«invalidita'  radicale  che si risolve in una menomazione della sfera
di  competenza  regionale  garantita  dagli  artt. 8 e seguenti dello
statuto speciale».
   2.  -  Con atto depositato il 16 aprile 2008, si e' costituito nel
presente   giudizio   il   Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
chiede  che  il  ricorso  sia  dichiarato  inammissibile o, comunque,
infondato.
   2.1.  - Innanzitutto, la difesa erariale confuta le argomentazioni
svolte  dalla  ricorrente  -  e  sorrette  dalla  circostanza  che il
Presidente Cuffaro si sia dimesso volontariamente in epoca precedente
rispetto al censurato provvedimento - alla stregua delle quali per il
Presidente  della  Regione  siciliana  non opererebbero le ipotesi di
cessazione  previste  per  la  generalita'  delle  cariche  elettive.
Secondo  l'Avvocatura  dello Stato, «la tesi avversaria prova troppo,
perche'  si risolve nella negazione di efficacia di qualsiasi vicenda
volontaria di sospensione o cessazione sopravvenuta all'elezione».
   D'altronde  -  continua  il resistente - la sospensione in oggetto
opera   di   diritto  «e  dunque  e'  stato  necessario  adottare  il
provvedimento  statale  con  effetto  dal  18  gennaio  2008, perche'
soltanto  il successivo 26 gennaio il Cuffaro aveva sentito il dovere
di dimettersi».
   2.2.  -  La parte resistente, poi, non condivide l'assunto secondo
cui  la  disposizione  in  oggetto, attributiva del potere statale di
sospensione,  «sarebbe  inoperante  quando  non  vi sia un sistema di
sostituzione adeguata del soggetto sospeso».
   Questa  tesi  e'  rigettata in quanto, in primo luogo, non attiene
alla  negazione  del  potere  in  astratto;  inoltre,  essa non trova
riscontro  positivo  nella  realta',  dal  momento  che l'assenza del
Presidente  e'  colmata  dal subingresso del vice presidente; infine,
«nel  sistema  costituzionale  nessuno e' intoccabile, neppure quando
fosse incompleto il sistema delle sostituzioni».
   D'altro  canto  -  conclude  la  difesa  dello  Stato  - tutti gli
amministratori  regionali sono contemplati dall'art. 15, comma 4-bis,
della  legge n. 55 del 1990, come si evincerebbe dall'art. 274, comma
1,  lettera p), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo
unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali).
                       Considerato in diritto
   1.  -  La Regione siciliana ha sollevato conflitto di attribuzione
nei  confronti dello Stato in relazione al decreto del Presidente del
Consiglio  dei ministri 29 gennaio 2008 con il quale, a decorrere dal
18 gennaio 2008, e' stata accertata la sospensione del sig. Salvatore
Cuffaro  dalla  carica  di  deputato  dell'Assemblea  regionale  e di
Presidente  della  Regione  siciliana  ai  sensi  dell'art. 15, comma
4-bis,  della  legge  19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la
prevenzione  della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme
di manifestazioni di pericolosita' sociale).
   La  Regione  ricorrente  sostiene  che  l'impugnato  provvedimento
violerebbe gli articoli 8, 9 e 10 del r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455
(Approvazione dello statuto della Regione siciliana), come modificato
dalla  legge  costituzionale  31  gennaio  2001,  n. 2  (Disposizioni
concernenti l'elezione diretta dei presidenti delle regioni a statuto
speciale  e  delle  province  autonome  di  Trento e di Bolzano), dal
momento   che  la  pretesa  trasformazione  della  forma  di  governo
regionale  in «(semi) presidenziale», operata dalla riforma del 2001,
avrebbe  determinato  la  sopravvenuta  inapplicabilita' alla Regione
Sicilia  dell'art. 15, comma 4-bis, della legge n. 55 del 1990, nella
parte  in  cui  prevede  la  sospensione del Presidente della regione
dalla  propria  carica.  Conseguentemente, il d.P.C.m. del 29 gennaio
2008   avrebbe   invaso   un   ambito  «coperto  da  norme  di  rango
costituzionale»  e  avrebbe menomato la sfera di competenza riservata
alla regione dallo statuto in materia di status del Presidente.
   Analoga   menomazione   sarebbe   stata  perpetrata  dallo  stesso
provvedimento  la' dove dispone la sospensione dell'interessato dalla
carica  di  deputato  dell'Assemblea  regionale.  Poiche',  ai  sensi
dell'art.  43-bis  dello  statuto,  il Presidente assume tale ufficio
proprio  in  forza del suo status, non potendo la sospensione colpire
tale  carica, essa non potrebbe riguardare neppure l'ufficio derivato
di deputato regionale.
   Infine,  la  ricorrente sostiene che il d.P.C.m. impugnato sarebbe
nullo  per  mancanza  di  oggetto,  essendo  intervenuto quando ormai
l'interessato  si  era  gia'  irrevocabilmente  dimesso dalla propria
carica.
   2. - Il ricorso non e' fondato.
   Il  fulcro  delle  argomentazioni su cui esso poggia risiede nella
asserita inapplicabilita' sopravvenuta dell'art. 15 della legge n. 55
del  1990 alla Regione Sicilia per effetto della legge cost. n. 2 del
2001 che ha diversamente disciplinato l'elezione del Presidente della
regione.
   Indubbiamente, tale legge costituzionale, nel prevedere l'elezione
a  suffragio  universale  e diretto del Presidente, ha introdotto una
forma  di  governo caratterizzata dall'attribuzione a tale organo «di
forti  e  tipici  poteri  per  la  gestione  unitaria  dell'indirizzo
politico  e  amministrativo  della  Regione»  (art.  9  dello statuto
siciliano),  allo  scopo  di  «eliminare  in tal modo la instabilita'
nella  gestione politica delle Regioni e quindi di rafforzare il peso
delle  istituzioni regionali» (sentenza n. 2 del 2004). E', altresi',
incontestabile  che  una  simile  opzione  sia «indice della maggiore
forza  politica  del  Presidente»  (sentenza n. 372 del 2004; si veda
pure la sentenza n. 12 del 2006).
   Tale  scelta  operata  dal  legislatore costituzionale non incide,
tuttavia,  sulla  perdurante  applicabilita' dell'art. 15 della legge
n. 55 del 1990 al Presidente della Regione Sicilia.
   Le  misure previste da tale disposizione - incandidabilita' ad una
serie  di  cariche  elettive,  decadenza  di diritto dalle medesime a
seguito   di   sentenza   di  condanna,  passata  in  giudicato,  per
determinati reati, nonche' sospensione automatica in caso di condanna
non  definitiva  per  gli  stessi  -  sono  dirette «ad assicurare la
salvaguardia  dell'ordine e della sicurezza pubblica, la tutela della
libera  determinazione  degli organi elettivi, il buon andamento e la
trasparenza   delle   amministrazioni   pubbliche   allo   scopo   di
fronteggiare una situazione di grave emergenza nazionale coinvolgente
gli  interessi  dell'intera collettivita» (sentenza n. 288 del 1993).
Con  questa  disciplina,  il  legislatore  «ha  inteso essenzialmente
contrastare   il   fenomeno   dell'infiltrazione  della  criminalita'
organizzata   nel   tessuto  istituzionale  locale  e,  in  generale,
perseguire  l'esclusione  dalle  amministrazioni locali di coloro che
per  gravi motivi non possono ritenersi degni della fiducia popolare»
(sentenza n. 407 del 1992; dello stesso tenore le sentenze n. 141 del
1996;  n. 184  e  n. 118  del 1994; n. 218 del 1993). Questa Corte ha
gia'  riconosciuto  come  i  delitti  contemplati  dall'art. 15 fanno
«sorgere  immediatamente il sospetto di un inquinamento dell'apparato
pubblico   da  parte  di  quelle  organizzazioni  criminali,  la  cui
pericolosita' sociale va al di la' della gravita' dei singoli delitti
che  vengono  commessi  o  contestati»:  le  misure  repressive cosi'
configurate  operano,  dunque,  «in  relazione  alla  specificita' di
siffatti rischi di inquinamento degli apparati amministrativi, e alla
necessita'  di  troncare anche visibilmente ogni legame che possa far
apparire  l'amministrazione, agli occhi del pubblico, come non immune
da tali infiltrazioni criminali» (sentenza n. 206 del 1999).
   Con   specifico   riferimento   alla   misura   della  sospensione
obbligatoria  dalla  carica  prevista  dal  comma 4-bis dell'art. 15,
questa  Corte  ha  ritenuto che il bilanciamento dei valori coinvolti
effettuato  dal  legislatore  «non si appalesa irragionevole, essendo
esso  fondato  essenzialmente  sul sospetto di inquinamento o, quanto
meno,  di  perdita  dell'immagine  degli  apparati  pubblici che puo'
derivare  dalla permanenza in carica del consigliere eletto che abbia
riportato  una  condanna,  anche  se  non  definitiva,  per i delitti
indicati  e  sulla  constatazione  del  venir  meno  di  un requisito
soggettivo  essenziale  per  la  permanenza  dell'eletto  nell'organo
elettivo»  (sentenza  n. 25 del 2002; si veda pure la sentenza n. 288
del 1993).
   Se,  dunque,  questa  e' la finalita' della disposizione su cui si
fonda il provvedimento censurato dalla ricorrente, non e' ravvisabile
alcun  rapporto  di  incompatibilita' tra l'art. 15 della legge n. 55
del  1990  e  la  nuova  forma  di  governo  introdotta nella Regione
Sicilia.  Benche' la riforma del 2001 abbia sicuramente rafforzato la
figura del Presidente, la sua condanna, ancorche' non definitiva, per
determinati  reati,  compromette  il  legame  fiduciario tra l'organo
politico  regionale  e  la  relativa  comunita',  in  quanto  mina la
credibilita'   e   l'affidabilita'  che  gli  amministratori  debbono
necessariamente dimostrare in vista di una compiuta e corretta tutela
degli interessi generali di riferimento.
   Ne'  si  puo'  desumere tale incompatibilita' dal diverso grado di
legittimazione  che  il  vicepresidente,  chiamato  a  sostituire  il
Presidente  sospeso, avrebbe rispetto a quest'ultimo. L'intervento di
tale organo, infatti, lungi dal risultare incompatibile con l'attuale
forma  di  governo  regionale,  e',  anzi, specificamente contemplato
dallo  statuto siciliano. L'art. 9, come sostituito dalla legge cost.
n. 2 del 2001, dopo aver disposto che il Presidente della regione «e'
eletto  a suffragio universale e diretto contestualmente all'elezione
dell'Assemblea  regionale»,  prevede  espressamente  che,  in caso di
impedimento  del  Presidente  della regione, questi e' sostituito dal
vicepresidente,  mentre solo «in caso di dimissioni, di rimozione, di
impedimento  permanente  o  di morte del Presidente della Regione, si
procede  alla nuova e contestuale elezione dell'Assemblea regionale e
del  Presidente  della  Regione entro i successivi tre mesi» (art. 10
dello statuto).
   E'  indubbio che la sospensione obbligatoria e di diritto prevista
dall'art.  15,  comma 4-bis, integra gli estremi di un vero e proprio
impedimento  del  Presidente,  che  gli  preclude  l'esercizio  delle
attribuzioni connesse alla carica. Stabilisce, infatti, la richiamata
disposizione che «i soggetti sospesi non sono computati al fine della
verifica del numero legale, ne' per la determinazione di qualsivoglia
quorum».  Si tratta, peraltro, di impedimento temporaneo, dal momento
che  detta  sospensione «cessa di diritto di produrre effetti decorsi
diciotto  mesi»  (comma 4-bis, penultimo periodo), ovvero nel caso in
cui  venga  emessa  sentenza,  anche  non  definitiva, di non luogo a
procedere,  di  proscioglimento  o  di assoluzione o provvedimento di
revoca  della misura di prevenzione o sentenza di annullamento, anche
con rinvio (comma 4-quater).
   Inconferente  risulta,  pertanto,  l'evocazione,  da  parte  della
ricorrente, dell'art. 8 dello statuto, il quale disciplina l'ipotesi,
affatto  diversa,  della  rimozione  dalla  carica del Presidente che
abbia  compiuto  atti  contrari alla Costituzione o reiterate e gravi
violazioni di legge, ovvero per ragioni di sicurezza nazionale.
   Diversamente   da   tale   fattispecie,  la  sospensione  prevista
dall'art. 15, comma 4-bis, della legge n. 55 del 1990 si verifica per
effetto  della  pronuncia di una sentenza di condanna per determinati
reati  la  quale,  ove  divenga definitiva, determina la decadenza di
diritto dalla carica (comma 4-quinquies).
   Del  resto,  la  stessa  legislazione siciliana successiva al 2001
prevede  l'applicabilita'  della legge n. 55 del 1990 sia ai deputati
regionali, sia al Presidente.
   Riguardo  ai  primi,  l'art. 60, comma 6, della legge regionale 20
marzo  1951,  n. 29  (Elezione  dei  deputati all'Assemblea regionale
siciliana), come modificata dalla legge regionale 3 giugno 2005, n. 7
(Norme  per  l'elezione  del  Presidente  della  Regione  siciliana a
suffragio   universale   e   diretto.   Nuove  norme  per  l'elezione
dell'Assemblea    regionale   siciliana.   Disposizioni   concernenti
l'elezione  dei  consigli  comunali  e  provinciali),  disciplina  il
meccanismo  di surrogazione dei deputati anche con specifico riguardo
all'ipotesi in cui «occorra procedere alla temporanea sostituzione di
un  deputato  sospeso  dalla  carica ai sensi dell'articolo 15, comma
4-bis», della legge n. 55 del 1990.
   Quanto  al  Presidente  della Regione, l'art. 1-quater della legge
reg.  n. 29 del 1951, come modificato dalla legge reg. n. 7 del 2005,
stabilisce che questi, all'atto della accettazione della candidatura,
deve rendere la dichiarazione di non trovarsi in una delle condizioni
previste  dal  comma 1 dell'art. 15 della legge n. 55 del 1990, e che
determina  la  cancellazione dalla lista dei candidati l'accertamento
della sussistenza di taluna di tali condizioni (art. 17-ter).
   Ma, soprattutto, il citato art. 1-quater equipara espressamente il
Presidente  ai  deputati  quanto  ai  requisiti di eleggibilita'. Tra
questi rientra anche l'assenza di una delle cause di incandidabilita'
previste dalla legge n. 55 del 1990 il cui accertamento, con sentenza
non  definitiva,  nel corso del mandato determina, ai sensi dell'art.
15, comma 4-bis, la sospensione della carica.
   3.  -  Le conclusioni appena raggiunte rilevano anche con riguardo
alla sospensione dalla carica di deputato dell'Assemblea regionale.
   La  ricorrente  sostiene  che  se  la  sospensione non puo' essere
disposta  in  relazione alla carica di Presidente della regione, essa
non puo' nemmeno colpire l'ufficio derivato di deputato regionale che
il  Presidente  ricopre.  Infatti,  la norma transitoria, posta dalla
legge cost. n. 2 del 2001, secondo cui il Presidente della Regione fa
parte  dell'assemblea  regionale,  e'  stata  confermata dallo stesso
legislatore  siciliano  con la legge reg. n. 7 del 2005. Nell'attuale
sistema,  dunque,  la  carica  di  Presidente  precede  e  condiziona
l'acquisizione dello status di deputato regionale.
   Anche  tale  censura  non  e'  fondata.  Se,  per le ragioni sopra
esposte,  la  sospensione  ai  sensi dell'art. 15, comma 4-bis, legge
n. 55  del 1990, puo' e deve essere disposta in relazione alla carica
di  Presidente  della  regione,  per  la medesima ragione tale misura
trova  applicazione anche per la carica di deputato regionale. E cio'
tanto  piu'  in  quanto  per  i  deputati regionali la sospensione e'
espressamente  prevista  dall'art.  60, comma 6, legge reg. n. 29 del
1951.
   4.  - Neppure fondata e' la censura con cui la ricorrente denuncia
l'illegittimita' del provvedimento impugnato per mancanza di oggetto.
Sostiene  la  regione  che tale vizio discenderebbe dalla circostanza
che l'interessato si sarebbe dimesso irrevocabilmente dall'ufficio di
Presidente  della  regione  prima  che  intervenisse  il  decreto del
Presidente del Consiglio.
   In  realta', la sospensione contemplata dall'art. 15, comma 4-bis,
opera obbligatoriamente (sentenza n. 25 del 2002) e di diritto, cosi'
che  il  decreto  del Presidente del Consiglio dei ministri, previsto
dal comma 4-ter dello stesso art. 15, assolve ad una funzione di mero
accertamento,  e non costitutiva dell'effetto sospensivo («accerta la
sospensione» dispone, appunto, la norma da ultimo citata).
   Nel  caso  di  specie,  la  sentenza  di  condanna pronunciata dal
Tribunale di Palermo nei confronti dell'interessato e' del 18 gennaio
2008,  laddove  le  dimissioni  del  medesimo  sono  state comunicate
all'Assemblea regionale siciliana il successivo 26 gennaio. Ne deriva
che  l'impugnato decreto presidenziale del 29 gennaio 2008 (nel quale
si  afferma  che la condanna e' stata comminata anche per il «delitto
di cui all'art. 378, comma 1 e 2 c.p., che punisce il favoreggiamento
personale  "quando  il  delitto commesso e' quello previsto dall'art.
416-bis"») non ha fatto altro che accertare l'intervenuta, automatica
sospensione  a  partire da una data anteriore rispetto a quella delle
dimissioni del Presidente della regione.
   Cio',  inoltre,  assume  rilevanza  per le diverse conseguenze che
determinano i due atti.
   La   sospensione   di   cui   all'art.   15,  prodromica  rispetto
all'eventuale  decadenza  nel  caso  in  cui sopravvenga una condanna
definitiva  (comma  4-quinquies),  determina  l'impossibilita' per il
sospeso  di  essere computato per la verifica del numero legale o per
la  «determinazione  di  qualsivoglia  quorum»  (comma  4-bis). Essa,
dunque, produce l'effetto dell'immediato allontanamento dalla carica,
con conseguente impossibilita' di compiere qualunque atto.
   Diversamente, le dimissioni del Presidente, determinando, ai sensi
dell'art.   10,   comma   2,   dello   statuto,   la  nuova  elezione
dell'Assemblea  e  del  Presidente,  rendono applicabile nella specie
l'art.   8-bis,  comma  3,  dello  statuto  e  dunque  consentono  lo
svolgimento dell'ordinaria amministrazione.
   5.  -  Alla  luce delle considerazioni che precedono, dunque, deve
riconoscersi  la spettanza allo Stato della competenza ad adottare il
decreto impugnato.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  che  spettava  allo Stato e, per esso, al Presidente del
Consiglio  dei  ministri, adottare il decreto del 29 gennaio 2008 con
il   quale  e'  accertata,  a  decorrere  dal  18  gennaio  2008,  la
sospensione  del  sig.  Salvatore  Cuffaro  dalla  carica di deputato
dell'Assemblea  regionale  siciliana  e  di  Presidente della Regione
siciliana  ai  sensi  dell'art. 15, comma 4-bis, della legge 19 marzo
1990,  n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza
di  tipo  mafioso  e  di  altre  gravi  forme  di  manifestazioni  di
pericolosita' sociale).
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2008.
                        Il Presidente: Flick
                       Il redattore: De Siervo
                      Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 24 ottobre 2008.
                      Il cancelliere: Fruscella