N. 350 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 - 30 luglio 2008
del 30 luglio 2008 emessa dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Cataudella Antonino contro Universita' degli Studi di Roma «La Sapienza» ed altro Universita' - Professori universitari in posizione di fuori ruolo - Prevista riduzione del periodo di fuori ruolo e anticipazione della collocazione in quiescenza - Applicabilita' della normativa censurata anche ai professori per i quali sia stato gia' disposto con formale provvedimento amministrativo il collocamento fuori ruolo - Violazione del principio di uguaglianza per irrazionalita' e violazione dei principi di certezza del diritto e di affidamento - Incidenza sul principio di buon andamento della pubblica amministrazione. - Legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 434. - Costituzione, artt. 3 e 97.(GU n.46 del 5-11-2008 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 4276 del 2008 proposto da Cataudella Antonino, rappresentato e difeso dall'avv. M. A. Sandulli, con domicilio eletto in Roma in corso Vittorio Emanuele II n. 349, contro Universita' degli Studi di Roma «La Sapienza», rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Ministero dell'Universita' e della ricerca, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi n. 12, per l'annullamento previa sospensione, del decreto del rettore dell'Universita' di Roma «La Sapienza» del 25 febbraio 2008, n. 6779, con il quale si stabilisce di collocarlo a riposo a decorrere dal 1 novembre 2008; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti tutti della causa; Vista l'ordinanza di questa sezione n. 3406 del 2 luglio 2008 di accoglimento dell'istanza cautelare di sospensione degli atti impugnati avanzata dal ricorrente. Alla Camera di consiglio del 2 luglio 2008, relatore il primo ref. Cecilia Altavista, uditi i difensori delle parti come da verbale di udienza. F a t t o Il ricorrente, professore ordinario gia' collocato fuori ruolo dal 1° novembre 2006 al 1° novembre 2009, ha impugnato con il presente ricorso il decreto rettorale, con cui in applicazione dell'art. 2, comma 434 della legge n. 244 del 24 dicembre 2007, il suo collocamento a riposo per limiti di eta' e' stato anticipato al 1° novembre 2008, formulando le seguenti censure: illegittimita' costituzionale e comunitaria dell'art. 2, comma 434 della legge n. 244 del 24 dicembre 2007; violazione del principio costituzionale e comunitario dell'affidamento nella certezza dei rapporti giuridici; lesione dei diritti quesiti del ricorrente; violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione; violazione dell'art. 117 per effetto della violazione della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali; violazione del principio costituzionale del diritto al lavoro e al pieno sviluppo della persona umana di cui agli artt. 1, 3 comma 2, 4 e 35; violazione del principio costituzionale di buon andamento; irragionevolezza della disciplina legislativa; violazione del principio costituzionale di autonomia dell'ordinamento universitario; violazione della direttiva 2000/78 sulla parita' di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro; violazione degli artt. 13 del Trattato che istituisce la Comunita' europea e dell'art. 6 del Trattato che istituisce l'Unione europea; violazione dell'art. 21 della Carta di Nizza; violazione dell'art. 117 della Costituzione. Si e' costituita l'Avvocatura dello Stato contestando la fondatezza del ricorso. Alla udienza pubblica del 2 luglio 2008 il ricorso e' stato trattenuto in decisione. D i r i t t o Ritiene il Collegio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 434 della legge n. 244 del 28 dicembre 2007 (finanziaria 2008) rilevante e non manifestamente infondata. La questione e' rilevante, in quanto il provvedimento impugnato si basa esclusivamente sulla riduzione del periodo di fuori ruolo operata da tale norma. L'Universita', infatti, ha adottato, ai sensi dell'art. 2, comma 434 della legge finanziaria, un nuovo provvedimento, impugnato con il presente ricorso, con il quale ha modificato il precedente decreto di collocamento fuori ruolo del prof. Cataudella. Inoltre la disposizione non puo' essere interpretata in modo conforme ai principi costituzionali, avendo un contenuto assolutamente stringente ed una disciplina espressa per i rapporti pendenti. Ai sensi dell'art. 2, comma 434 della legge n. 244 del 24 dicembre 2007, infatti, prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2008, il periodo di fuori ruolo dei professori universitari precedente la quiescenza e' ridotto a due anni accademici e coloro che alla medesima data sono in servizio come professori nel terzo anno accademico fuori ruolo sono posti in quiescenza al termine dell'anno accademico. A decorrere dal 1° gennaio 2009, il periodo di fuori ruolo dei professori universitari precedente la quiescenza e' ridotto a un anno accademico e coloro che alla medesima data sono in servizio come professori nel secondo anno accademico fuori ruolo sono posti in quiescenza al termine dell'anno accademico. A decorrere dal 1° gennaio 2010, il periodo di fuori ruolo dei professori universitari precedente la quiescenza e' definitivamente abolito e coloro che alla medesima data sono in servizio come professori nel primo anno accademico fuori ruolo sono posti in quiescenza al termine dell'anno accademico. Il professor Cataudella e' stato collocato fuori ruolo dal 1° novembre 2006; pertanto, alla data del 1° novembre 2008, si trovava al secondo anno accademico fuori ruolo. Ne consegue la applicazione della norma nella parte in cui prevede la riduzione del fuori ruolo a due anni, come correttamente ha fatto l'amministrazione universitaria. Tale interpretazione e' assolutamente obbligata non solo dal dato testuale di questa parte delle disposizione, ma anche dal complesso del comma 434 che non puo' avere altro significato di far salve solo in via graduale le posizioni in corso. L'unica interpretazione della norma che possa dare un senso a tutte le disposizioni porta a ritenere che solo per i professori collocati fuori ruolo nel novembre 2005 sia mantenuto il periodo triennale fino alla fine dell'anno accademico nel novembre 2008, i quali altrimenti avendo compiuto gia' i due anni sarebbero dovuti andare in pensione al 1° gennaio 2008. Per i professori fuori ruolo dal novembre 2006 non essendovi alcuna disposizione derogatoria che faccia salvo l'intero periodo, si deve ritenere immediatamente applicabile la riduzione del fuori ruolo a due anni accademici, con conseguente collocamento a riposo nel novembre 2008. Progressivamente il periodo di fuori ruolo e' ridotto e destinato ad essere soppresso del tutto nel 2010. Infatti dal 1° gennaio 2009 esso e' ridotto ad un anno facendo salva la posizione solo di coloro che, collocati fuori ruolo dal 1° novembre 2007, il 1° gennaio 2009 si troverebbero ad avere gia' compiuto tale anno; pertanto e' espressamente previsto il completamento del secondo anno accademico fuori ruolo fino al 1° novembre 2009. Analogo regime riguarda il 1° gennaio 2010 quando, venendo meno il periodo di fuori ruolo, tutti coloro che sono collocati fuori ruolo dovrebbero essere posti in quiescenza. La norma fa salve le posizioni dei professori che essendo stati collocati fuori ruolo dal novembre 2009, dovrebbero cessare dal servizio al 1 gennaio 2009, permettendo loro il completamento dell'anno accademico. Tale interpretazione assolutamente obbligata del comma 434 e' l'unica in grado di attribuire alla norma un significato in relazione alla indubbia volonta' del legislatore di prevedere la riduzione progressiva del fuori ruolo dei professori universitari. La questione di legittimita' costituzionale e' quindi rilevante rispetto al presente giudizio. Infatti, al professore ricorrente e' applicabile tale norma con conseguente riduzione di un anno del periodo di fuori ruolo e collocamento a riposo il 1° novembre 2008. La questione di illegittimita' costituzionale e' altresi' non manifestamente infondata sotto diversi profili. Ritiene il Collegio che la disposizione in esame sia sospettabile di violazione dell'art. 3 della Costituzione per la retroattivita' dei suoi contenuti precettivi. La Corte costituzionale ha affermato piu' volte che la irretroattivita' della legge e' un principio di carattere costituzionale solo per le norme penali, in quanto sancito dall'art. 25 della Costituzione. Per le norme non penali la retroattivita' della legge e' ammessa ma nel rispetto dei principi di ragionevolezza ed uguaglianza. Pertanto sono costituzionalmente legittime le norme retroattive che trovino adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrastino con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti (Corte cost. 26 giugno 2007, n. 234). In questo quadro sono, in primo luogo, ammissibili le norme retroattive di carattere interpretativo che danno una delle possibili letture che gia' emergevano dalla norma interpretata; in tal caso, infatti, non sussiste la lesione dei canoni costituzionali di ragionevolezza, di tutela del legittimo affidamento e di certezza delle situazioni giuridiche (Corte costituzionale, 7 luglio 2006, n. 274). Poiche' il divieto di retroattivita' della legge, pur costituendo fondamentale valore di civilta' giuridica e principio generale dell'ordinamento, cui il legislatore ordinario deve in principio attenersi, non ha dignita' costituzionale, salvo che per la materia penale, il legislatore ordinario puo' emanare sia disposizioni di «interpretazione autentica», che determinano - chiarendola - la portata precettiva della norma interpretata fissandola in un contenuto plausibilmente gia' espresso dalla stessa, sia norme innovative con efficacia retroattiva, purche' la retroattivita' trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti tra i quali il rispetto del principio generale di ragionevolezza e di eguaglianza e la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto (Corte costituzionale, 15 luglio 2005, n. 282). Nel caso di specie, la norma contenuta nella legge finanziaria per il 2008, ha introdotto una nuova disciplina del collocamento fuori ruolo dei professori universitari. Si tratta dunque di una norma di carattere innovativo per la quale ritiene il Collegio che vi sia motivo di sospettare una violazione dei principi di ragionevolezza e di affidamento che le norme retroattive devono rispettare. Non si puo' infatti dubitare della retroattivita' della norma che incide su posizioni giuridiche in atto. Il ricorrente e' stato collocato in fuori ruolo con il decreto rettorale del 14 marzo 2006, che indicava espressamente il periodo triennale fino al 31 ottobre 2009. L'art. 2, comma 434 della legge n. 244 ha inciso, riducendolo di un anno, su tale periodo gia' in corso. La retroattivita' infatti non puo' essere giustificata, come sostiene l'Avvocatura dello Stato, in relazione al fatto che la norma ha inciso sul futuro svolgimento del periodo fuori ruolo, in quanto tale periodo deve ritenersi unitario e quindi si deve guardare rispetto alla disciplina al momento in cui e' stato disposto. Rispetto alla materia previdenziale, viene identificato come momento per individuare la retroattivita' della nuova disciplina quello del pensionamento. Se prima dell'ingresso della legge il diritto alla pensione di anzianita' sia maturato ed il rapporto lavorativo sia cessato e sia stata presentata la domanda di pensione, la situazione giuridica resta sottratta alla nuova disciplina (Cassazione civile, sez. lav., 24 agosto 2007, n. 18041, rispetto al comma 29 dell'art. 1 della legge n. 335 del 1995 che incidendo su situazioni che, alla data di ingresso della regolamentazione, riguardante la pensione di anzianita' - 1° gennaio 1996 -, non avevano ancora raggiunto la consistenza del diritto, quali appunto quelle di coloro che, sotto l'impero dell'art. 11, comma 8, legge 24 dicembre 1993, n. 537, avevano maturato i prescritti requisiti di contribuzione e di eta' anagrafica, ma non il collocamento in quiescenza, non rappresentava un intervento legislativo lesivo del principio dell'affidamento sui cd. «diritti quesiti». Rispetto alla materia previdenziale, anche la Corte costituzionale ha affermato che l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica non impedisce al legislatore di emanare norme modificatrici della disciplina dei rapporti di durata in senso sfavorevole per i beneficiari, quando tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irragionevole di situazioni sostanziali fondate su leggi precedenti; in particolare salvaguardando solo le fattispecie pensionistiche gia' giunte a compimento con il collocamento in quiescenza (sent. n. 393 del 2000). Il collocamento fuori ruolo determina una posizione giuridica autonoma che comprende il diritto al completamento di tale periodo. La riduzione di un anno della durata del fuori ruolo incide in maniera irragionevole, quindi, su un affidamento qualificato del ricorrente. Tale affidamento si esplica in vari aspetti della attivita' che il professore compie nel periodo di fuori ruolo. In primo luogo, in relazione allo svolgimento dell'attivita' scientifica. In particolare l'attivita' di ricerca, prevalente nel periodo di fuori ruolo, abbia necessita' di programmazione e di un tempo lungo di svolgimento. Tali attivita' possono restare incomplete a causa del collocamento a riposo entro breve termine. Ne' la retroattivita' puo' essere giustificata dalla riforma complessiva della disciplina dei professori universitari operata con la legge n. 230 del 4 novembre 2005 che ha abolito il periodo di collocamento fuori ruolo e previsto il limite di eta' di settanta anni per il collocamento a riposo. L'art. 1, comma 17 della legge n. 230 si applica, infatti, solo ai professori universitari nominati ai sensi della nuova legge. Irragionevole e', altresi', la stessa previsione di diritto transitorio. Se da una parte tale previsione denota la consapevolezza del legislatore di non potere incidere in maniera immediata sulle situazioni in corso, facendo decorrere la completa abolizione del fuori ruolo dal 1° gennaio 2010, dall'altra prevede la riduzione del fuori ruolo sia per coloro che sono gia' in tale posizione da uno o due anni (prevedendo per entrambe le categorie la riduzione a due anni), sia per coloro, che al momento di entrata in vigore della legge sono ancora in servizio di ruolo, essendo previsto il periodo di fuori ruolo di un anno per coloro che saranno collocati fuori ruolo nel novembre 2008 e nel novembre 2009. Per i professori non ancora collocati fuori ruolo al momento di entrata in vigore della legge, non destinatari dunque di un affidamento qualificato, il periodo di fuori ruolo avrebbe potuto anche essere disciplinato diversamente senza alcuna salvaguardia di posizioni giuridiche. La disciplina di diritto transitorio, prevista nell'art. 2, comma 434, tratta, quindi, in maniera simili, con la sola differenza della riduzione di un anno o di due anni, situazioni radicalmente diverse: posizioni di stato in atto le une, mere aspettative le altre. La norma introdotta dalla legge finanziaria appare in contrasto altresi' con il principio di buon andamento della Amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione. Infatti, anche in relazione alla efficienza organizzativa della universita' la previsione della immediata riduzione del fuori ruolo per tutti i professori ordinari che sono gia' in tale posizione, comporta la immediata perdita di risorse intellettuali, la interruzione di programmi di ricerca, la dispersione dell'attivita' scientifica. La programmazione della attivita' universitaria trova un espresso riscontro normativo nell'art. 1-ter del d.l. n. 7 del 31 gennaio 2005, che prevede a decorrere dall'anno 2006 le universita', anche al fine di perseguire obiettivi di efficacia e qualita' dei servizi offerti, entro il 30 giugno di ogni anno, adottino programmi triennali coerenti con le linee generali di indirizzo definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, sentiti la Conferenza dei rettori delle universita' italiane, il Consiglio universitario nazionale e il Consiglio nazionale degli studenti universitari, tenuto altresi' conto delle risorse acquisibili autonomamente. I predetti programmi delle universita' individuano in particolare tra gli altri obiettivi, il programma di sviluppo della ricerca scientifica. I programmi delle universita' di cui al comma 1, fatta salva l'autonoma determinazione degli atenei per quanto riguarda il fabbisogno di personale in ordine ai settori scientifico-disciplinari, sono valutati dal Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca e periodicamente monitorati sulla base di parametri e criteri individuati dal Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, avvalendosi del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, sentita la Conferenza dei rettori delle universita' italiane. Sui risultati della valutazione il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca riferisce al termine di ciascun triennio, con apposita relazione, al Parlamento. Dei programmi delle universita' si tiene conto nella ripartizione del fondo per il finanziamento ordinario delle universita'. A tale attivita' di programmazione fa riferimento altresi' la legge n. 230 del 4 novembre 2005, per cui l'universita', sede della formazione e della trasmissione critica del sapere, coniuga in modo organico ricerca e didattica, garantendone la completa liberta'. La gestione delle universita' si ispira ai principi di autonomia e di responsabilita' nel quadro degli indirizzi fissati con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca. I professori universitari hanno il diritto e il dovere di svolgere attivita' di ricerca e di didattica, con piena liberta' di scelta dei temi e dei metodi delle ricerche nonche', nel rispetto della programmazione universitaria di cui all'art. 1-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, dei contenuti e dell'impostazione culturale dei propri corsi di insegnamento. La cessazione dal servizio fuori ruolo di numerosi professori ordinari sembra comportare una grave inefficienza del sistema con inutile dispendio di risorse gia' destinate a progetti di ricerca. Il collocamento fuori ruolo determina per il docente universitario soltanto la perdita della titolarita' dell'insegnamento e una proporzionata riduzione dei connessi compiti didattico scientifici, ma gli conserva il compimento di rilevanti attivita' scientifica di ricerca ed il contributo al dibattito accademico. In conclusione, il Collegio ritiene che il giudizio debba essere sospeso e che gli atti vadano trasmessi alla Corte costituzionale, attesa la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' dell'art. 2, comma 434 della legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (legge finanziaria per il 2008).
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 434 della legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (legge finanziaria per il 2008), in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione. Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio. Dispone che a cura della segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 2 luglio 2008. Il Presidente: Baccarini L'estensore: Altavista