N. 376 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 giugno - 27 maggio 2008
Ordinanza del 6 giugno 2008 emessa dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia sul ricorso proposto da Kondaj Enkeleda contro il Comune di Rho. Telecomunicazioni - Regione Lombardia - Apertura di nuovi centri di telefonia in sede fissa - Divieto nelle more dell'individuazione degli appositi ambiti territoriali da parte dei comuni - Incidenza sul principio di liberta' d'iniziativa economica privata - Violazione del riparto della competenza legislativa Stato-Regioni, dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dei principi posti dalla normazione statale nella materia dell'«ordinamento della comunicazione». - Legge della Regione Lombardia 3 marzo 2006, n. 6, art. 7. - Costituzione, artt. 41 e 117, commi primo, secondo, lett. e), e terzo.(GU n.49 del 26-11-2008 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunziato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto al RG. n. 1011/2008, proposto da Kondaj Enkeleda, rappresentata e difesa dagli avv. Antonio e Michele Romano ed elettivamente domiciliata (ex lege ai sensi degli artt. 35, r.d. n. 1054/1924, 19, legge n. 1034/1971) in Milano, via del Conservatoriø n. 13, presso la segreteria del Tribunale amministrativo regionaleLombardia; Contro il Comune di Rho, in persona del Sindaco pro tempore rappresentato e difeso dall'avv. Tiziano Ugoccioni, presso il cui studio in Milano, via Boccaccio n. 19 e' elettivamente domiciliato, per l'annullamento previa sospensione del provvedimento prot. n. 12460 del Comune di Rho, adottato in data 3 marzo 2008 e notificato al ricorrente il giorno successivo, nonche' di ogni altro atto comunque preordinato e/o connesso. Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso; Vista la domanda di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato presentata in via incidentale dalla ricorrente; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Rho; Presenti alla Camera di consiglio, in data 27 maggio 2008, l'avv. Pietro Romano, su delega, per la parte ricorrente e l'avv. Tiziano Ugoccioni per l'Amministrazione resistente; Udito il relatore ref. dr.ssa Concetta Plantamura; Vista l'ordinanza cautelare n. 802/08 di accoglimento a termine dell'istanza di sospensione correlata al ricorso in epigrafe indicato, deliberata dalla sezione alla medesima Camera di consiglio, in ragione della presente questione di costituzionalita'; Visto l'articolo 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Visti gli atti tutti della causa. F a t t o La ricorrente, che dal dicembre 2007 gestisce in Comune di Rho un centro di telefonia in sede fissa (phone center) assume di essere subentrata «di fatto» ad altri nella conduzione del suddetto esercizio, acquistando tutti gli impianti e sottoscrivendo un nuovo contratto di affitto dei locali, con decorrenza 18 settembre 2007. Dai documenti prodotti risulta che l'esponente ha effettivamente richiesto al comune di Rho, il 16 gennaio 2008, il rilascio dell'autorizzazione di cui alla legge regionale 3 marzo 2006 n. 6, al fine della regolarizzazione dell'attivita' di phone center. Il comune, tuttavia, ha negato il rilascio del titolo considerando che, da un lato, l'attivita' della ricorrente non puo' essere ritenuta preesistente alla data di entrata in vigore della legge della Regione Lombardia 3 marzo 2006, n. 6 cit. (fissata al 22 marzo 2006) e, dall'altro, che come nuova attivita' non puo' comunque essere autorizzata, ostando a cio' la previsione dell'art. 7 della ridetta legge (introduttivo dell'art. 98-bis della legge regionale n. 12/2005), secondo cui spetta ai Comuni individuare, in sede di P.G.T., gli ambiti territoriali nei quali e' ammessa la localizzazione dei centri di telefonia in sede fissa. In conseguenza di cio', non avendo il Comune di Rho provveduto ad adottare i Piani di Governo del Territorio, in applicazione dell'ultimo comma del cit. art. 98-bis, come sopra novellato (secondo cui: «Nelle more delle determinazioni di cui ai commi 1 e 2 non e' consentita l'apertura di nuovi centri di telefonia in sede fissa, ne' la rilocalizzazione di centri preesistenti.»), si e' giunti alla conclusione per cui «Attualmente a Rho non possono aprirsi nuovi centri di telefonia in sede fissa, o essere ricollocati, per cui tale attivita' non puo' essere assentita neanche nei locali di via C. Fiorenza n. 30» (oggetto della richiesta della ricorrente). Contro tale provvedimento e' stato proposto l'odierno ricorso, affidato a due motivi, oltre all'istanza di sospensione in via incidentale. Alla camera di consiglio del 27 aprile 2008 la Sezione ha accolto - a termine, sino alla pronuncia della Corte costituzionale sulla questione oggetto della presente ordinanza - l'istanza incidentale di sospensiva, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata (nei sensi che verranno di seguito specificati) la questione di costituzionalita' prospettata dalla ricorrente, nei confronti della citata legge regionale n. 6/2006. D i r i t t o Sotto il profilo della rilevanza, si deve sottolineare come l'atto impugnato ponga a fondamento del diniego la previsione dell'art. 98-bis della legge regionale della Lombardia n. 12/2005, cosi' come introdotta dall'art. 7 della legge Regione Lombardia n. 6/2006 (gia' indicata in narrativa). Trattasi, in particolare, dell'ultimo comma dell'art. 98-bis cit., che non consente l'apertura di nuovi centri di telefonia in sede fissa (per tale configurandosi quello gestito dall'odierna ricorrente) nelle more della individuazione degli appositi ambiti territoriali da parte dei comuni. E' proprio dall'applicazione di tale norma al caso di specie che e' derivato il diniego comunale, diniego su cui non si e' dispiegata alcuna valutazione discrezionale da parte dell'ente locale, a parte l'accertamento a seguito del quale si e' stabilito che il centro di che trattasi non e' sussumibile fra quelli «preesistenti». Ora, poiche' tale disposizione e' stata introdotta, come innanzi accennato, dall'art. 7, l.r. n. 6/2006, e' proprio quest'ultima norma ad essere sospettata di incostituzionalita' e ad assumere rilevanza nella vertenza in esame. Le norme costituzionali di cui si sospetta la violazione riguardano l'articolo 117 Cost., non soltanto in relazione al secondo comma, lett. e), come richiesto da parte ricorrente, ma anche, come ritenuto d'ufficio dal Collegio, in riguardo ai commi 1 e 3 della stessa norma, venendo in rilievo la violazione sia del sistema di riparto delle competenze legislative Stato Regione (art. 117, secondo comma, lett. e), che dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario (art. 117, primo comma 1) e, quindi, dei principi di normazione statuale posti nella materia dell'«ordinamento della comunicazione» (art. 117, terzo comma); infine si sospetta la violazione anche dell'art. 41 Cost., in relazione ai rilevanti ostacoli che le prescrizioni in materia di localizzazione dei centri di telefonia in sede fissa, introdotte dalla legge regionale di cui trattasi, determinano sulla liberta' di iniziativa economica dei gestori. Dalle esposte premesse emerge, dunque, sotto il profilo della rilevanza della questione di costituzionalita', un contesto legislativo che ha direttamente determinato in modo cogente il contenuto lesivo dell'atto impugnato, senza lasciare o consentire alcuna mediazione discrezionale in capo alla intimata autorita' amministrativa. Sul piano, ancora, della rilevanza, va nuovamente chiarito che, in relazione alla valutazione di non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' dell'art. 7 sopra indicato, la sezione ha adottato un'ordinanza cautelare di sospensione del provvedimento di diniego di autorizzazione dell'attivita' di phone center, con efficacia limitata al periodo di tempo necessario a che la Corte costituzionale si pronunci sulla questione stessa. Chiarita la rilevanza della questione, il Collegio intende evidenziare a carico della l.r. n. 6/2006 - quanto all'ulteriore profilo della non manifesta infondatezza - anzitutto la sospetta violazione dell'art. 117 della Costituzione. A tal fine, e' necessario premettere come l'articolo 1 della legge regionale in questione riconduca la deliberata normativa «nel quadro delle competenze della regione e dei comuni in materia di commercio»; e, tuttavia, il riferimento a siffatta materia (che rientra nella legislazione residuale regionale ex art. 117, quarto comma Cost.) sembra al Collegio del tutto estraneo all'effettivo ambito applicativo della legge stessa che, ai sensi dell'articolo 2, comma primo, consiste nell'attivita' di « ... cessione al pubblico di' servizi di telefonia in sede fissa in locali aperti al pubblico», secondo le ulteriori specificazioni illustrate nei successivi commi. Un'attivita' di tal fatta, per vero, non rientra nella vendita di merci all'ingrosso o al dettaglio, secondo quanto previsto dall'art. 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 («Riforma della disciplina relativa al settore del commercio (...)». ne' rientra nei settori del commercio definiti dall'art. 39 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. L'attivita' terziaria in esame sembra, per vero, riconducibile alla materia dell'ordinamento delle comunicazioni (art. 117, terzo comma, Cost. rimessa alla legislazione concorrente Stato-regione) ascrivendosi, piu' specificamente, al «servizio di comunicazione elettronica», quale categoria introdotta dall'art. 2, par. 1, lett. c) della dir. 7 marzo 2002 n. 2002/21/CE, con conseguente applicazione della disciplina di derivazione comunitaria (comprensiva, altresi', delle direttive 2202/19/CE, 2002/20/CE e 2002/22/CE), complessivamente recepita dall'italia con il cd. codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259. Appaiono, infatti, del tutto pertinenti ai casi di specie, le definizioni mirate a delimitare il campo di applicazione del decreto medesimo, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, con peculiare riguardo alle lettere bb) («rete telefonica pubblica: una rete di comunicazione elettronica utilizzata per fornire servizi telefonici accessibili al pubblico») ed alle lettere oo) («telefono pubblico a pagamento: qualsiasi apparecchio telefonico accessibile al pubblico, utilizzabile con mezzi di pagamento che possono includere monete o carte di credito o di addebito o schede prepagate, comprese le schede con codice di accesso»). La rilevata derivazione europea di tale normativa comporta, poi, che la materia ivi trattata (ordinamento delle comunicazioni) vincola, anche con riguardo al rispetto del principio di proporzionalita', la Regione, non solo, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, entro i limiti della legislazione statale di principio, ma, piu' in radice, ai sensi dell'articolo 117, primo comma, secondo cui ogni legge della Repubblica deve conformarsi ai «vincoli derivanti dagli obblighi comunitari». In via strettamente consequenziale, il rispetto di tali disposizioni finisce, poi, per impingere su profili trasversali di legislazione esclusiva statale, ex art. 117, secondo comma Cost., con specifico riguardo alla tutela della concorrenza (lett. e) nonche' alla determinazione (e salvaguardia) dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i' diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (lett. m), anche in conformita' all'interesse generale che connota tali servizi, ai sensi dell'art. 3 del citato decreto n. 259/2003. In proposito, va' altresi' evidenziato il disposto del primo comma dell'art. 3 del d.lgs. cit., il quale garantisce i «diritti inderogabili di liberta' delle persone nell'uso dei mezzi di comunicazione elettronica» con espresso richiamo a quel regime di (libera) concorrenza che rinforza il legame dell'attivita' in questione alla «materia-funzione» devoluta alla legislazione esclusiva statale. I principi di derivazione comunitaria e costituzionale, inoltre, risultano espressamente ribaditi dall'art. 4 del medesimo decreto legislativo, il quale prevede (primo comma) che la disciplina delle reti e dei servizi e' volta a salvaguardare i diritti costituzionalmente garantiti di «liberta' di comunicazione», nonche' di «liberta' di iniziativa economica e suo esercizio in regime di concorrenza, garantendo un accesso al mercato delle reti e servizi di comunicazione elettronica secondo criteri di obiettivita', trasparenza, non discriminazione e proporzionalita'» (sul punto, Corte costituzionale n. 236/2005). Il terzo comma dello stesso art. 4 dispone, tra l'altro, che la suddetta disciplina e' volta anche a «promuovere la semplificazione dei procedimenti amministrativi e la partecipazione ad essi dei soggetti interessati, attraverso l'adozione di procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti nei confronti delle imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica». Puntualizzato quanto sopra, va poi affermato che la norma regionale - nella sua unilaterale iniziativa di regolazione del settore (erroneamente riportato al commercio) - ha, non soltanto, introdotto un regime autorizzativo ulteriore e duplicativo, rispetto al sistema delineato in sede comunitaria, come recepito con il decreto legislativo n. 259/2003, ma ha, oltretutto, subordinato l'insediamento dei ridetti centri di telefonia alla previa pianificazione urbanistica degli ambiti territoriali destinati alla loro localizzazione. Ed, invero, tornando al comma 2 dell'articolo 3 di tale decreto, ivi si prevede che «la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica, che e' di preminente interesse generale, e' libera e ad esse si applicano le disposizioni del Codice», fatte salve al successivo comma «le limitazioni derivanti da esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato, della protezione civile, della salute pubblica e della tutela dell'ambiente e della riservatezza e protezione dei dati personali, poste da specifiche disposizioni di legge o da disposizioni regolamentari di attuazione» (testuali concetti sono poi ribaditi nell'articolo 25, comma primo, dello stesso decreto). A fronte della conclamata liberta' di fornitura dei servizi di comunicazioni elettronica (ivi compresi - come sopra visto - quelli connessi all'esercizio di un phone center), il decreto legislativo n. 259/03 prevede, poi, che l'espletamento di tali servizi venga subordinato ad una (sola) «autorizzazione generale», in rigoroso e vincolato recepimento della normativa europea. Tralasciando, a questo punto, l'esame delle norme della legge regionale specificamente intervenute ad imporre un ulteriore titolo abilitativo e per le quali i dubbi di legittimita' costituzionale sono stati gia' a suo tempo sollevati da questa sezione, con ordinanze attualmente all'esame della Corte costituzionale, dev'essere ora evidenziata l'incompatibilita' dell'art. 7, l.r. n. 6/2006 con le vincolanti previsioni di matrice comunitaria e statuale che la legislazione regionale non e' legittimata ad alterare, ai sensi dei primi 3 commi dell'art. 117 Cost. A fronte, infatti, della proclamazione dell'art. 3, d.lgs. n. 259/2003, per cui, giova ribadire, «la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica (nell'ambito della quale rientra l'attivita' di cessione di servizi di telefonia in sede fissa) ... e' libera», la ridetta norma regionale introduce nel sistema un elemento di rigidita', che si traduce in una programmazione quantitativa dell'offerta, nella imposizione di limiti quantitativi, oltre a vere e proprie preclusioni temporali, all'apertura di nuove strutture commerciali nella regione. Ma, al di la' del contrasto con le esigenze di salvaguardia della concorrenza, patrocinate dal d.lgs. n. 259 cit., 1'art. 7 della legge regionale lombarda si palesa in insanabile conflitto anche con le analoghe esigenze che hanno ispirato il disposto dell'art. 3, d.l. n. 223/2006, conv. in legge n. 248/2006 (recante, tra l'altro, disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale) che, tra l'altro, esonera lo svolgimento delle attivita' commerciali dal rispetto di distanze minime obbligatorie tra attivita' appartenenti alla medesima tipologia di esercizio. Ebbene, sembra al Collegio che la previsione di cui all'art. 7 cit. sia idonea ad alterare il regime di sostanziale liberta' di fornitura dei servizi de quibus, cosi' come delineato in via primaria dall'ordinamento comunitario ed in via attuativa dalla normativa statale di recepimento. Cio', in quanto l'insediamento delle attivita' commerciali viene assoggettato a barriere ed ostacoli di tipo normativo ed amministrativo comunque vietati dalla normativa statale (cfr. i citati articoli 3 e 4 del decreto n. 259/2003, l'art. 3, d.l. n. 233/2006), in quanto volti a porre una regolamentazione strutturale del mercato consistente, appunto, nel predeterminare rigidamente i limiti quantitativi alla possibilita' di entrata nel mercato stesso di nuovi operatori. Quanto sopra viene, cosi', a provocare una sospetta lesione della concorrenza, per le inevitabili limitazioni poste all'apertura di nuovi esercizi, a cagione della pianificazione del numero degli stessi, attuata tramite la previsione della necessaria individuazione in sede urbanistica delle aree destinate all'insediamento degli esercizi commerciali di che trattasi. Anche nel caso in cui la condizione (della previa pianificazione comunale) introdotta dall'art. 7 della legge regionale n. 6/2006 dovesse intendersi riferita (solo) agli interessi pubblici strumentali all'attivita' di comunicazione elettronica (nel quadro delle citate «limitazioni» a tale attivita', previste e consentite dagli artt. 3 e 25 del decreto legislativo 259/2003), resta il fatto che anche siffatte limitazioni sembrano afferire a materie comunque (tutte) estranee a quella potesta' legislativa residuale ex art. 117, quarto comma Cost., che la Regione Lombardia ha invece inteso nella specie esercitare. Basti pensare: alle esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato ed alla tutela dell'ambiente (legislazione esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera d); alle esigenze di protezione civile e di salute pubblica (legislazione concorrente ex art. 117, terzo comma). Va precisato, poi, che anche le limitazioni di tipo edilizio od urbanistico (peraltro non espressamente comprese nella citata elencazione di cui agli artt. 3 e 25 del decreto legislativo n. 259/2003) sono subordinate alla concorrenza legislativa di poteri Stato-Regioni sotto la voce del «governo del territorio», ai sensi del citato comma 3 dell'art. 117 Cost. Nessuna attinenza rivestono, poi, le problematiche connesse alla riservatezza e protezione dei dati personali (queste ultime invece espressamente previste fra le limitazioni di cui sopra), non perseguibili con le disposizioni urbanistiche e, comunque, gia' considerate e regolate dal legislatore statale, nel quadro delle esigenze di sicurezza pubblica (con il citato decreto-legge 27 luglio 2005 recante «nuove disposizioni antiterrorismo per gli internet point ed i pubblici esercizi che mettano a disposizioni del pubblico postazioni per comunicazioni telematiche», convertito nella legge 155/2005). In definitiva, cio' che emerge da quanto sopra evidenziato e' che la norma in esame produce un chiaro effetto di contingentamento del mercato attraverso l'uso dello strumento urbanistico. Cio', oltre a risultare contrastante con l'art. 117, commi primo e secondo, lett. e) e terzo della Cost., per la lesione che ne deriva al principio di libera concorrenza, nella triplice valenza cogente da esso attinta (a) quale vincolo derivante dall'ordinamento comunitario; b) quale regola la cui tutela e' rimessa alla legislazione statuale esclusiva e c) quale principio cardine della normazione statuale nella materia «ordinamento delle comunicazioni») si pone anche in contraddizione col principio della liberta' di iniziativa economica privata, garantita dall'art. 41 Cost., cosi' producendo riverberi lesivi, sotto altro profilo, della tutela della concorrenza garantita dall'ordinamento europeo (cfr. sul punto anche la segnalazione in data 6 agosto 2007 formalizzata dall'Autorita' garante della concorrenza e del Mercato al Presidente della Regione Lombardia proprio in relazione «... agli effetti distorsivi della concorrenza che derivano dalle disposizioni ... dettate dalla legge Regione Lombardia 3 marzo 2006, n. 6»). In sostanza la liberta' suddetta, favorita dal legislatore statale nella disciplina come sopra riferita del codice delle comunicazioni verrebbe invece osteggiata dal legislatore regionale in spregio, sia, come gia' detto, dell'art. 117, terzo comma, Cost., che, dell'art. 41 cit. Sulla base delle esposte considerazioni si ritiene rilevante e non manifestamente infondata la presente questione costituzionalita', che si solleva pertanto ai sensi dell'articolo 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 con riguardo all'art. 7 della l.r. 3 marzo 2006, n. 6, in relazione agli artt. 41 e 117 della Costituzione.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara, nei sensi di cui in motivazione, rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 41 e 117 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7 della l.r. 3 marzo 2006, n. 6 Sospende, per 1'effetto, il presente giudizio ed ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone inoltre la notifica della presente ordinanza alle parti' in causa ed al Presidente della Regione Lombardia, nonche' la comunicazione della medesima al Presidente del Consiglio regionale della Lombardia. Cosi' deciso in Milano, alla Camera di consiglio del 27 maggio 2008. Il Presidente: Zucchini L'estensore: Plantamura