N. 392 ORDINANZA 19 - 28 novembre 2008

Reati e pene - Molestia o disturbo alle persone - Molestia ab origine
  indirizzata a danno di un soggetto ben determinato - Procedibilita'
  d'ufficio  anziche'  a querela - Lamentata violazione del principio
  di  ragionevolezza  -  Richiesta  di intervento additivo eccentrico
  rispetto   alle   coordinate   generali  del  sistema  -  Manifesta
  inammissibilita' della questione.
- Cod. pen., art. 660.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.50 del 3-12-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente: Giovanni Maria FLICK;
Giudici:  Francesco  AMIRANTE,  Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio
   FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA,
   Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria Rita SAULLE, Giuseppe
   TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
                              Ordinanza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 660 del codice
penale promossi con due ordinanze del 24 gennaio 2008 dal Giudice per
le  indagini  preliminari del Tribunale per i minorenni di Ancona nei
procedimenti  penali a carico di R.D. e D.C.N., iscritte ai nn. 146 e
147 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 21, 1ª serie speciale, dell'anno 2008.
   Visti  gli  atti  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 22 ottobre 2008 il giudice
relatore Maria Rita Saulle.
   Ritenuto  che,  con  due  ordinanze  in  data  24  gennaio 2008 di
identico tenore, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale
per  i  minorenni  di  Ancona ha sollevato, in riferimento all'art. 3
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art.  660  del  codice  penale  nella  parte  in cui «prevede la
procedibilita'  di  ufficio nei confronti dell'autore dei fatti reato
da  tale  norma  contemplati,  e cio' [...] anche qualora le condotte
poste  in  essere  non  siano suscettibili di riverberarsi in danno o
molestia  di  un  numero  indeterminato  di  persone  ma  si rivelino
indirizzate (solo) a soggetto ben definito e determinato»;
     che  il  giudice rimettente premette di dover decidere in ordine
alla  richiesta  di pronunciare sentenza di non luogo a procedere per
irrilevanza  del fatto, ai sensi dell'art. 27 del d.P.R. 22 settembre
1988,  n. 448  (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a
carico degli imputati minorenni);
     che  detta  richiesta,  secondo  quanto riferisce il rimettente,
risulta   formulata   dal   pubblico  ministero  nell'ambito  di  due
procedimenti  penali  a  carico di minorenni, per fatti integranti il
reato  di  cui  all'art.  660  cod.  pen.  (molestia  o disturbo alle
persone);
     che nelle ordinanze si precisa altresi' che, pur risultando agli
atti  -  in  entrambi i casi - la remissione di querela delle persone
destinatarie delle molestie, essa «dovrebbe considerarsi irrilevante,
attesa  la  procedibilita'  officiosa»  della  contravvenzione per la
quale si procede;
     che,  ad avviso del giudice a quo, tale regime di procedibilita'
per   il   reato   di   cui   all'art.  660  cod.  pen.  risulterebbe
irragionevole,  in  primo luogo, se comparato con quello previsto per
ipotesi   di   reati  di  «maggiore  lesivita'»  le  quali  risultano
procedibili  solo  ad  istanza di parte, come ad esempio i delitti di
cui agli artt. 582, secondo comma, 594 e 595 cod. pen.;
     che,  in  secondo  luogo,  sempre a parere del rimettente, detta
scelta  in ordine alla procedibilita' non si giustificherebbe nemmeno
in  base  alla  considerazione  secondo  la  quale  il  reato, di cui
all'art.  660  cod.  pen., tutelerebbe la «tranquillita' pubblica per
l'incidenza  che  il  suo  turbamento ha sull'ordine pubblico, attesa
l'astratta possibilita' di reazione (da parte della persona offesa)»,
dal  momento  che  ogni reato, il quale si risolva in lesione di beni
personali,  e'  suscettibile  di  produrre  una reazione alterata del
soggetto leso;
     che,  in  terzo  luogo, l'irrazionalita' della scelta di rendere
procedibile  ex  officio  il  reato  in  questione  anche  quando «la
molestia  o  il disturbo si siano ab origine indirizzati a solo danno
di  soggetto ben determinato» emergerebbe - sempre secondo il giudice
a  quo - dal raffronto con le ulteriori fattispecie contravvenzionali
contenute  nella  medesima  sezione nella quale si inserisce la norma
censurata e poste a tutela di «interessi collettivi», circostanza che
invece ne spiegherebbe la procedibilita' di ufficio;
     che,  quanto  alla  rilevanza,  il  rimettente  ritiene  che «la
emissione   di   sentenza   di   irrilevanza   del  fatto  presuppone
l'accertamento  che  la  azione  fosse  iniziabile  e/o proseguibile,
dovendosi   in   caso  contrario  restituire  gli  atti  al  pubblico
ministero,  anche  perche'  valuti  di richiedere l'archiviazione del
procedimento»;
     che  e'  intervenuto in entrambi i giudizi - con atti di analogo
tenore  -  il  Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che  la
questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata;
     che,  in  punto di ammissibilita', la difesa erariale eccepisce,
in particolare, che la procedibilita' d'ufficio risulta connessa alla
natura  contravvenzionale  della  norma  in  esame,  e  che, ai sensi
dell'art.  152  cod.  pen.,  l'estinzione  del reato conseguente alla
remissione   della  querela  e'  ipotizzabile  «solo  per  i  delitti
perseguibili a querela della persona offesa»;
     che,  pertanto,  in  assenza di una contestuale censura anche di
quest'ultima  disposizione,  la  questione  avente ad oggetto il solo
art.  660 cod. pen. risulterebbe irrilevante in quanto, anche in caso
di   suo   accoglimento,   la   procedibilita'  d'ufficio  del  reato
contravvenzionale,  previsto  dalla norma censurata, sarebbe comunque
imposta dalla lettera dell'art. 152 cod. pen.;
     che,  quanto al merito, la difesa erariale osserva che la scelta
della procedibilita' d'ufficio, nell'ipotesi di cui all'art. 660 cod.
pen.,  si  giustificherebbe  in  quanto  con  «il reato di molestia o
disturbo  alle  persone il legislatore ha inteso tutelare, oltre alla
quiete  privata,  la  tranquillita'  pubblica»,  sicche' «l'interesse
privato  individuale  riceve  una  protezione soltanto riflessa» e la
«tutela  penale  viene accordata anche senza e pur contro la volonta'
delle persone molestate o disturbate»;
     che,  inoltre - osserva sempre l'Avvocatura generale dello Stato
- questa Corte ha in piu' occasioni affermato che «la scelta del modo
di  procedibilita'  dei  reati  rientra  nella piena discrezionalita'
legislativa,   ne'  e'  irragionevole  prevedere  la  perseguibilita'
d'ufficio  per  reati  meno  gravi  rispetto ad altri, perseguibili a
querela» (ordinanza n. 91 del 2001).
   Considerato  che,  con due ordinanze di analogo tenore, il Giudice
per  le  indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Ancona
dubita,   in   riferimento   all'art.  3  della  Costituzione,  della
legittimita'  costituzionale  dell'art.  660 del codice penale, nella
parte  in  cui  «prevede  la  procedibilita' di ufficio nei confronti
dell'autore  dei  fatti reato da tale norma contemplati, e cio' [...]
anche  qualora  le condotte poste in essere non siano suscettibili di
riverberarsi  in  danno  o  molestia  di  un  numero indeterminato di
persone  ma  si rivelino indirizzate (solo) a soggetto ben definito e
determinato»;
     che,  in considerazione dell'identita' delle questioni sollevate
dalle  due  ordinanze,  i  relativi  giudizi vanno riuniti per essere
decisi con unica pronuncia;
     che  per  rimuovere il profilo di pretesa irragionevolezza della
norma  censurata  sarebbe  necessario - ad avviso del giudice a quo -
rendere  procedibile  a  querela  di  parte la contravvenzione di cui
all'art.  660  cod.  pen.,  quantomeno  nel  caso  in cui la molestia
risulti diretta a soggetto ben determinato;
     che,  in  tal  modo, il giudice a quo richiede a questa Corte un
intervento  additivo  del  tutto  eccentrico rispetto alle coordinate
generali   del   sistema,   giacche'   l'ordinamento  penale  risulta
improntato  alla  regola secondo la quale l'istituto della querela e'
proprio  dei  soli  delitti, mentre per le contravvenzioni si procede
sempre d'ufficio;
     che,  nella  specie,  il  reato di cui all'art. 660 cod. pen., a
prescindere  da ogni considerazione circa le caratteristiche del bene
giuridico  tutelato, risulta inserito nel paragrafo I della Sezione I
del   Capo   I  del  Libro  III  del  codice  penale,  dedicato  alle
«contravvenzioni   concernenti  l'inosservanza  dei  procedimenti  di
polizia  e  le  manifestazioni  sediziose e pericolose», condividendo
quindi tale natura;
     che,    pertanto,    la   questione   deve   essere   dichiarata
manifestamente inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  comma  2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

   Riuniti i giudizi,
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'   costituzionale   dell'art.   660   del  codice  penale
sollevata,   in   riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,  dal
Tribunale  per  i  minorenni  di  Ancona  con l'ordinanza indicata in
epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 novembre 2008.
                        Il Presidente: Flick

                        Il redattore: Saulle

                      Il cancelliere: Di Paola

   Depositata in cancelleria il 28 novembre 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola