N. 397 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 - 26 settembre 2008

Ordinanza  del  26  settembre 2008 emessa dal Tribunale di Milano nel
procedimento penale a carico di Agrama Frank ed altri

Processo penale - Disposizioni in materia di sospensione del processo
  penale  nei  confronti  delle alte cariche dello Stato - Previsione
  della  sospensione  dei  processi penali nei confronti dei soggetti
  che  rivestano  la  qualita'  di  Presidente  della  Repubblica, di
  Presidente  del Senato della Repubblica, di Presidente della Camera
  dei  deputati e di Presidente del Consiglio dei ministri dalla data
  di  assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione
  -  Applicabilita'  delle  disposizioni  anche ai processi penali in
  corso,  in  ogni  fase,  stato  o  grado  -  Elusione di precedente
  giudicato  costituzionale  -  Mancato  rispetto  della procedura di
  revisione  costituzionale  nella  materia  delle  prerogative degli
  organi    costituzionali,   disciplinata   con   norme   di   rango
  costituzionale.
- Legge 23 luglio 2008, n. 124, art. 1, commi 1 e 7.
- Costituzione, artt. 136 e 138.
(GU n.52 del 17-12-2008 )
                            IL TRIBUNALE
   Ha  emesso  la  seguente ordinanza sulle eccezioni di legittimita'
costituzionale   dell'art.   1,   commi  1  e  7,  legge  n. 124/2008
(disposizioni  in  materia  di  sospensione  del  processo penale nei
confronti delle alte cariche dello Stato), dedotte dal p.m.;
   Sentiti le parti civili ed i difensori degli imputati;
                            O s s e r v a
   La  prospettata  questione  di costituzionalita' e' in primo luogo
rilevante  in  quanto  e'  in  corso  di svolgimento davanti a questo
Tribunale  il  processo  penale indicato in epigrafe a carico di vari
imputati,  tra  i  quali  l'attuale  Presidente del Consiglio, Silvio
Berlusconi  per  fatti  antecedenti  all'assunzione della carica. Con
l'entrata  in  vigore  della  legge  della cui conformita' alle norme
costituzionali   si   dubita,   il   Tribunale   si   trova   infatti
nell'alternativa  di  dichiarare la sospensione del processo a carico
di  Silvio Berlusconi ovvero - nel caso di non manifesta infondatezza
delle eccezioni - di trasmettere gli atti alla Corte costituzionale.
   Cio'  posto,  va  rilevato  che  la  normativa  in  esame trova un
precedente   nella  legge  20  giugno  2003,  n. 140,  che  e'  stata
dichiarata  incostituzionale con sentenza del 20 gennaio 2004, n. 24,
la    quale,    ritenuto    assorbito    ogni    altro   profilo   di
incostituzionalita',  ha  accolto  la  questione  in riferimento agli
artt. 3 e 24 della Costituzione.
   La  Corte,  in  tale  pronuncia,  premesso  che  l'istituto  della
sospensione  del  processo  penale  non  e' soggetto a una disciplina
generale  ma  e'  costituito  da ipotesi che «soddisfano esigenze del
processo  e  sono finalizzate a realizzare le condizioni perche' esso
abbia  svolgimento ed esito regolari», e dunque «e' funzionale al suo
regolare   proseguimento»,  non  esclude  che  il  legislatore  possa
prevedere  altre  ipotesi  di  sospensione  «finalizzate  anche  alla
soddisfazione di esigenze extraprocessuali, precisando pero' che cio'
implica   la   necessita'  di  identificare  i  presupposti  di  tali
sospensioni  e  le finalita' perseguite, eterogenee rispetto a quelle
proprie del processo».
   La  sospensione  del  processo  penale  nei  confronti  delle alte
cariche  -  conclude  sul  punto  la  Corte  -  mira  a proteggere lo
svolgimento sereno della rilevante funzione da esse svolta. Si tratta
di   un  interesse  apprezabile,  eterogeneo  rispetto  al  processo,
che puo'  essere  protetto  «in  armonia  con i principi fondamentali
dello Stato di diritto».
   Ma   proprio   da   questa   premessa   della  Corte  emerge,  con
tranquillizzante  evidenza, che disposizioni normative riguardanti le
prerogative,  l'attivita'  e  quant'altro  di  organi  costituzionali
richiedono  il  procedimento  di  revisione costituzionale. E cio' in
quanto   la   circostanza   che   l'attivita'  di  detti  organi  sia
disciplinata  tramite  la previsione di un'ipotesi di sospensione del
processo penale, non esclude che in realta' essa riguardi non gia' il
regolare  funzionamento del processo, bensi' le prerogative di organi
costituzionali  e  comunque  materie  gia'  riservate dal legislatore
costituente alla Costituzione.
   L'intervento  legislativo  incide,  infatti,  su plurimi ulteriori
interessi  di  rango  costituzionale  quali la ragionevole durata del
processo  (art.  111  Cost.)  e  l'obbligatorieta' dell'azione penale
(art.   112  Cost.),  comunque  vulnerata  seppur  non  integralmente
compromessa,     per     cui     il     loro    bilanciamento    deve
necessariamente avvenire con norma costituzionale.
   Ed  invero, come ha correttamente sottolineato il p.m., gia' nella
fase   costituente,  prima  in  sede  di  commissione,  poi  in  fase
assembleare  (esame  dell'emendamento  Bettiol  nella  seduta  del 24
ottobre 1947), si pose il problema dell'eventuale non perseguibilita'
per  reati  extrafunzionali nei confronti del (solo) Presidente della
Repubblica.  L'assemblea, nell'occasione, pervenne ad una conclusione
negativa,  mostrando,  tuttavia, inequivocabilmente che la norma, ove
fosse   stata   introdotta,   avrebbe   dovuto  esserlo  nella  Carta
costituzionale.
   La  circostanza  che,  nella  specie,  si  trattava di limitazione
dell'azione  penale  piu' pregnante di quell'attuale non rileva sulla
necessita' di disciplinare la materia mediante norma costituzionale.
   In   sostanza,   la   categoria   giuridica   prescelta   per   il
raggiungimento dello scopo perseguito e' assolutamente irrilevante ai
fini  che  qui interessano, posto che non puo' essere messo in dubbio
che  si  tratta in ogni caso di materia riservata, ex art. 138 Cost.,
al  legislatore  costituente, cosi' come dimostrato dalla circostanza
che  tutti  i rapporti tra gli organi con rilevanza costituzionale ed
il processo penale sono definiti con norma costituzionale.
   Ne'  il  rilievo  che  precede  appare  smentito  dalla  decisione
n. 148/83  della  Corte  costituzionale  in  tema  di prerogative dei
componenti  del  C.S.M.,  relativamente  alla  previsione  con  legge
ordinaria  (art.  5,  legge n. 1/1981) della causa di non punibilita'
ivi prevista.
   Afferma,  infatti,  la  Corte:  «certo  rimane  il  fatto  che  la
scriminante   in   esame   non   e stata   configurata   dalla  Carta
costituzionale,  bensi'  da una legge ordinaria ed appena nel gennaio
1981,  a  molti anni dall'entrata in funzione del Consiglio Superiore
della magistratura».
   La Corte, cosi' dicendo, mostra di ritenere normalmente necessaria
una   legge   costituzionale   laddove   si   intervenga   su  organi
costituzionali,  tanto  e'  vero  che  nel  superare la questione non
afferma  affatto il principio della sufficienza della legge ordinaria
in  similari situazioni, ma perviene alla conclusione di legittimita'
costituzionale  sulla  base  di  un  complesso  ragionamento  che  in
sostanza  giustifica il ricorso alla legge ordinaria con la ritardata
sistemazione e collocazione della disciplina del C.S.M.
   Proprio  la  decisione in esame, quindi, lungi dall'autorizzare il
ricorso  alla  legge  ordinaria  nelle  fattispecie  di cui trattasi,
implicitamente  afferma  che  questa materia deve essere trattata con
legge costituzionale.
   Solo  per  completezza  va  evidenziato  che, nella specie, si era
comunque  in  presenza  di  una  scriminante  che  ricalca  cause  di
giustificazione  generalissime  quali  l'esercizio  di un diritto e/o
l'adempimento  di  un dovere, per cui, di fatto, non veniva ad essere
disciplinato l'ambito delle prerogative di un organo costituzionale.
   Ne'  ai  rilievi che precedono vale ancora obiettare che la Corte,
nella  citata  sentenza  n. 24/2004, non ha rilevato il contrasto del
c.d. «Lodo Maccanico-Schifani» con l'art. 138 Cost.
   Si   deduce  al  riguardo  che  la  Corte  avrebbe  implicitamente
rigettato  tale profilo, in quanto, siccome pregiudiziale rispetto ad
ogni altra questione, avrebbe dovuto necessariamente dichiararlo, ove
lo avesse ritenuto.
   Una  tale  conclusione  si fonda sulla considerazione che la Corte
aveva  espressamente  sottolineato  che  la  violazione dell'art. 138
Cost.,  pur  non essendo stata indicata dal tribunale nel dispositivo
dell'ordinanza  di  rimessione,  era  stata ripetutamente dedotta nel
corso di tutto l'iter argomentativo del provvedimento.
   La  tesi  non  appare  condivisibile:  ed  invero nella specie non
esiste  alcuna  pregiudizialita'  tecnico-giuridica e nemmeno essa e'
deducibile dalla complessiva motivazione della sentenza, in quanto la
Corte, nell'accogliere la questione di legittimita' costituzionale in
riferimento   agli   artt.   3  e  24  della  Costituzione,  dichiara
espressamente   «assorbito   ogni  altro  profilo  di  illegittimita'
costituzionale»,  lasciando  cosi'  intendere  che,  in  via gradata,
sarebbero state prospettabili altre questioni.
   Di  conseguenza,  la  circostanza  che  la  Corte  si  sia fermata
all'accoglimento  delle censure di legittimita' della legge attinenti
ai principi supremi e ai valori fondanti, quali quello di uguaglianza
e  di  tutela  giurisdizionale  dei diritti, ritenendo assorbito ogni
altro  profilo  di legittimita', non autorizza l'interprete a dedurne
che   sia  stato  esaminato  e  disatteso  il  profilo  attinente  la
violazione dell'art. 138 Cost.
   In  ogni  caso  questa  asserita  decisione implicita, sull'errato
presupposto dell'esistenza di una pregiudizialita' atecnica, peraltro
all'interno  di una pronuncia di accoglimento, all'evidenza non rende
manifestamente  infondata  la  questione  di  legittimita' come sopra
prospettata.
   Ne'  a  diverse conclusioni possono condurre le note del Quirinale
del 2 e del 23 luglio 2008, posto che le prerogative che si ritengono
attribuite  al  Capo  dello  Stato  in  sede  di  autorizzazione alla
presentazione  alle  Camere  di  un  disegno  di  legge  e in sede di
promulgazione  comportano  un  controllo  diverso  rispetto  a quello
demandato  al  giudice  ordinario  prima ed alla Corte costituzionale
poi. Difatti, nelle stesse citate note del Quirinale, si legge che al
Presidente  della Repubblica compete esclusivamente «un primo esame»,
valutazione  questa  di  contenuto  ben  diverso da quella rimessa al
giudizio di costituzionalita'.
   Deve,  quindi, ritenersi non manifestamente infondata la questione
di legittimita' dell'art. 1, commi 1 e 7, della legge 23 luglio 2008,
n. 124,  per  violazione  dell'art.  138  Cost.  Sussistono  peraltro
ulteriori  profili  di  non  manifesta infondatezza di illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 7, della legge n. 124/2008.
   Ed invero, la legge n. 124/2008, pur avendo eliminato alcuni punti
gia'  censurati  dalla Corte ed in particolare l'indeterminatezza del
periodo  di  sospensione  con l'esclusione della reiterabilita' della
stessa  in  caso  di  nuovo  incarico  istituzionale (comma 5), e pur
garantendo  il  diritto  al  processo sia all'imputato che alla parte
civile  (comma  2  e  6),  incorre  nuovamente  nella  illegittimita'
costituzionale,  gia'  ritenuta  dalla  Corte  sotto il profilo della
violazione dell'art. 3 Cost.
   Al  riguardo  la  Corte  aveva  infatti  dichiarato  che  la norma
censurata  violava  l'art.  3 Cost. per aver accomunato «in una unica
disciplina  cariche diverse non soltanto per le fonti di investitura,
ma  anche per la natura delle funzioni», ed inoltre per aver distinto
irragionevolmente  e  «per  la  prima  volta  sotto  il profilo della
parita'  riguardo  ai  principi  fondamentali  della giurisdizione, i
Presidenti delle Camere, del Consiglio dei ministri ... rispetto agli
altri componenti degli organi da loro presieduti».
   La  norma  in  esame, avendo riproposto la medesima disciplina sul
punto,  appare  violare,  quindi,  la  previsione di cui all'art. 136
della  Costituzione,  interpretato  cosi'  come ritenuto dalla stessa
Corte  costituzionale  con  la  sentenza  n. 922/1988,  non potendosi
ritenere  sufficiente  ad eliminare la censura di illegittimita' gia'
dichiarata  la  sola  non  reiterazione  della inclusione tra le alte
cariche del Presidente della Corte costituzionale.
   Deve,  quindi, ritenersi non manifestamente infondata la questione
di legittimita' dell'art. 1, commi 1 e 7, della legge 23 luglio 2008,
n. 124, anche per violazione dell'art. 136 Cost.
                              P. Q. M.
   Visti gli artt. 134 Cost. e 23, legge n. 87/1953;
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di.
legittimita'  costituzionale  dell'art. 1, commi 1 e 7 della legge 23
luglio  2008,  n. 124,  per  violazione  degli  artt. 138 e 136 della
Costituzione.
   Sospende  il  dibattimento  nei  confronti  di Silvio Berlusconi e
ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
   Per l'effetto dichiara la sospensione del corso della prescrizione
dei reati.
   Ordina  la  notifica  della  presente  ordinanza al Presidente del
Consiglio  dei ministri e la comunicazione della stessa ai Presidenti
delle due Camere del Parlamento.
     Milano, addi' 26 settembre 2008
                       Il Presidente: D'Avossa