N. 410 SENTENZA 3 - 12 dicembre 2008

Parlamento - Immunita' parlamentari - Procedimento penale a carico di
  un  deputato per il reato continuato di diffamazione a mezzo stampa
  -  Deliberazione  di  insindacabilita'  della Camera dei deputati -
  Conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello Stato sollevato dal
  giudice  per  le  indagini  preliminari  del  Tribunale di Milano -
  Insussistenza  del  nesso  funzionale  tra  i  fatti  contestati  e
  l'esercizio dell'attivita' parlamentare - Non spettanza alla Camera
  dei deputati del potere esercitato - Conseguente annullamento della
  deliberazione di insindacabilita'.
- Camera   dei  deputati,  deliberazione  del  2  agosto  2007  (doc.
  IV-quater, nn. 19 e 20, limitatamente al R.G.N.R. n. 90 del 2006).
- Costituzione, art. 68, primo comma.
(GU n.52 del 17-12-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giovanni Maria FLICK;
Giudici:  Francesco  AMIRANTE,  Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio
   FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA,
   Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria Rita SAULLE, Giuseppe
   TESAURO,   Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro
   CRISCUOLO;
ha pronunciato la seguente
                              Sentenza
nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 2
agosto   2007  (doc.  n. IV-quater,  nn.  19  e  20),  relativa  alla
insindacabilita',   ai   sensi   dell'art.  68,  primo  comma,  della
Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato Carlo Taormina nei
confronti della dottoressa Maria Del Savio Bonaudo e della dottoressa
Stefania  Cugge,  rispettivamente,  Procuratore  della  Repubblica  e
Sostituto  Procuratore  della  Repubblica  presso  la  Procura  della
Repubblica di Aosta, promosso con ricorso del Giudice per le indagini
preliminari  del  Tribunale  di  Milano, notificato il 7 aprile 2008,
depositato  in cancelleria il 17 aprile 2008 ed iscritto al n. 15 del
registro conflitti tra poteri dello Stato 2007, fase di merito.
   Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  18  novembre  2008  il giudice
relatore Sabino Cassese;
   Udito l'avvocato Stefano Grassi per la Camera dei deputati.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  Il  Giudice  per  le  indagini preliminari del Tribunale di
Milano  ha  sollevato, con ricorso dell'11 ottobre 2007, conflitto di
attribuzione  nei  confronti  della  Camera dei deputati in relazione
alla   delibera  adottata  nella  seduta  del  2  agosto  2007  (doc.
n. IV-quater,  nn.  19  e  20),  con la quale e' stata dichiarata, ai
sensi    del   primo   comma   dell'art.   68   della   Costituzione,
l'insindacabilita'  delle  dichiarazioni del deputato Carlo Taormina,
rispetto alle quali pende un procedimento penale.
   Il  ricorrente  espone  che il deputato Carlo Taormina e' indagato
del  reato  continuato di diffamazione a mezzo stampa (R.G.N.R. n. 90
del  2006)  per avere, mediante due interviste pubblicate, l'una, sul
quotidiano  «La  Stampa»  in  data  20  luglio  2004,  e l'altra, sul
periodico «Oggi» in data 11 agosto 2004, a commento della sentenza di
condanna   pronunciata   dal  Giudice  dell'udienza  preliminare  del
Tribunale  di  Aosta nei confronti di Anna Franzoni, da lui assistita
in  qualita' di difensore, offeso la reputazione dei magistrati della
Procura  della  Repubblica  presso  il  Tribunale di Aosta, Maria Del
Savio Bonaudo e Stefania Cugge.
   Il  Giudice  ricorrente  richiama  testualmente il contenuto delle
dichiarazioni  asseritamente  diffamatorie, consistite nelle seguenti
risposte  al  giornalista  Marco Neirotti del quotidiano «La Stampa»:
«L'accusa   e'   fatta  da  marescialli  di  paese  che  hanno  anche
falsificato  le  prove»;  ed,  ancora,  «abbiamo  lasciato  molto  ad
intendere,  ma  non  si  e'  voluto  capire. Chi non ha voluto non ha
capito»,  «Il  problema  sta nelle indagini non in quello che abbiamo
detto  noi»;  nonche'  nelle  seguenti risposte alla giornalista Anna
Cecchi  del  settimanale «Oggi»: «Innanzitutto perche' ero certissimo
dell'assoluzione  di  Annamaria  Franzoni e questa avrebbe supportato
ulteriormente  la  nostra  denunzia. Poi perche' non ci fidiamo della
Procura  di  Aosta  che  ha  sempre  indagato in una sola direzione»;
«certo  che c'e' stata una caccia all'assassino. Visto che la Procura
non  cercava il colpevole, dovevamo pur farlo noi, chi altro? Io sono
un  estimatore  della  magistratura  seria (…). So che ci sono
magistrati  bravi, altri influenzati dalla politica, altri ancora, ed
e'  la cosa piu' preoccupante, incapaci. Ed e' il caso dei magistrati
che hanno indagato sul caso Cogne».
   In  fatto,  il Giudice osserva che il procedimento penale a carico
del  deputato e' scaturito da una querela proposta nei suoi confronti
dalle persone offese e che la Camera dei deputati, nella seduta del 2
agosto  2007,  in  accoglimento della proposta formulata dalla Giunta
per  le autorizzazioni, ha riconosciuto, ai sensi dell'art. 68, primo
comma,   Cost.,   l'insindacabilita'   delle  opinioni  espresse  dal
parlamentare, per le quali pende procedimento penale.
   Il  Giudice  ricorrente  riporta  testualmente  il contenuto della
relazione della Giunta per le autorizzazioni: «Il dibattito complesso
e articolato, ai cui resoconti qui allegati si rimanda, e al quale si
e'  accennato  al paragrafo precedente, e' venuto a conclusione nella
seduta   dell'11  luglio  2007,  nella  quale,  con  un  orientamento
maggioritario  non  contrastato  da voti contrari, si e' riconosciuta
l'applicabilita' dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione ai
casi  in  esame.  E'  risultato prevalente, infatti, l'avviso per cui
l'interrogazione  citata  (allegata alla presente relazione) di fatto
contenga  concetti  sostanzialmente  analoghi a quelli contestati nei
capi  d'imputazione.  Quando  nell'interrogazione  stessa si sostiene
infatti  che  non  risultano  conformi all'etica professionale e alle
doti  di  equilibrio,  che  dovrebbero  caratterizzare  il magistrato
inquirente,  le  dichiarazioni  rese  dai pubblici ministeri a carico
della  Franzoni  e  quelle  rese  a  critica  di un provvedimento del
giudice  per  le  indagini  preliminari;  che  occorre  verificare se
corrisponda  a  verita'  che  gli investigatori non avrebbero, quanto
meno  per  negligenza,  adottato le doverose e necessarie cautele per
preservare  il  luogo  del delitto e che vi era stata la possibilita'
concreta  che  l'arma  del  delitto  possa essere stata sottratta, in
fondo  si  dice  che  vi sono state delle insufficienze professionali
degli  investigatori,  tra  i  quali  in  primis rientrano i titolari
dell'azione penale e cioe' i pubblici ministeri.
   Del  resto,  le espressioni «marescialli di paese», «la Procura di
Aosta  ha  indagato  in  una  sola direzione», i magistrati che hanno
indagato  su  Cogne  sono  degli  «incapaci», il processo di Cogne e'
quello  «peggio  istruito  nella  storia della Repubblica» sono tutte
critiche  non delle persone ma dell'operato istituzionale di queste e
dunque  non sono affatto il mero argumentum ad hominem che si ritiene
non   consentito  dall'ordinamento  (Cassazione,  26  febbraio  2003,
Padovani in Dir, e Giust, 2003, n. 20, pag. 95). Ci si trova innanzi,
invece,   alla  legittima  critica  dell'esercizio  di  una  pubblica
funzione, come la giurisprudenza ha affermato in varie occasioni.
   Quanto  all'integrita'  del  quadro probatorio e ai relativi dubbi
espressi  dal  Taormina,  quest'ultimo ha depositato in data 4 luglio
2007 copia di un decreto di archiviazione del Giudice per le indagini
preliminari  presso  il  Tribunale  di Aosta relativo al procedimento
penale  n. 637/2003 RGNR - Aosta, a carico degli ufficiali del RIS di
Parma. Costoro erano stati denunciati per falso ideologico e calunnia
reale  dalla famiglia Lorenzi-Franzoni per aver pretesamente alterato
i  luoghi  e  gli  elementi  di prova. Pur archiviata tale accusa, il
Giudice per le indagini preliminari afferma in effetti che se in data
17  settembre 2002 era stata osservata e fotografata, all'interno del
calco  di  materiale  ematico-cerebrale,  la presenza di un frammento
talvolta  definito  come  osseo, nella documentazione fotografica del
successivo  24 ottobre, invece, tale frammento non era piu' visibile.
Tale  elemento  viene  definito  nel  decreto  di  archiviazione come
«circostanza  pacifica».  A  questo,  probabilmente,  si  riferiva il
Taormina nelle sue esternazioni circa la falsificazione delle prove.
   Le  riserve  che  hanno  portato  all'astensione  (ma  non al voto
contrario) di taluni componenti, motivate dal fatto che a loro avviso
Carlo Taormina abbia esercitato con le dichiarazioni contestategli la
professione  forense e non il mandato parlamentare, sono apparse alla
maggioranza  superabili  in  ragione  di' quanto gia' sostenuto dalla
Giunta  nella seduta del 19 luglio 2005, nella scorsa legislatura. In
tale   occasione  il  relatore  Gironda  Veraldi,  riferendo  su  una
questione  sostanzialmente  analoga  alla  presente  (il  citato doc.
IV-quater, n. 117), argomento' che le due funzioni, quando esercitate
congiuntamente,  sono  difficilmente distinguibili. Che tale fenomeno
ponga  problemi  di  opportunita'  e'  stato  riconosciuto da diversi
componenti, anche tra quelli che hanno votato per l'insindacabilita',
ma cio' non ne ha cambiato l'orientamento di fondo.
   Per  completezza, si puo' aggiungere che nel ricorso per conflitto
fra  poteri  del  Tribunale di Milano contro la delibera attinente al
caso   trattato  nella  scorsa  legislatura,  il  tribunale  medesimo
disconobbe  il  valore  scriminante  dell'interrogazione  piu'  volte
menzionata  per  i  rilievi  critici  mossi  al  colonnello Garofano,
giacche'  essa  si  riferiva ai magistrati procedenti. Sicche', se ne
dovrebbe dedurre che per ammissione stessa dell'autorita' giudiziaria
essa  dovrebbe  valere  oggi a coprire le dichiarazioni oggetto della
presente relazione.
   Per  questi  motivi,  a  maggioranza  e con distinte votazioni, la
Giunta  propone  all'Assemblea  di deliberare che i fatti oggetto dei
procedimenti concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento
nell'esercizio delle sue funzioni» (doc. IV-quater, nn. 19 e 20).
   Tanto  preliminarmente rilevato, osserva il ricorrente che «non e'
agevole  comprendere  il nesso fra attivita' politica e dichiarazioni
afferenti  la  consumazione  di  illeciti a carico di magistrati, che
avrebbero  dovuto essere denunciati e provati nelle sedi competenti e
non   gia'  oggetto  di  interrogazione  e  dibattito  di  fronte  al
Parlamento come una tematica di carattere generale».
   A  parere  del  giudice  ricorrente, la conclusione adottata dalla
Camera   dei  deputati,  inoltre,  sarebbe  contraria  alla  costante
giurisprudenza   della   Corte  costituzionale  secondo  cui  debbono
ritenersi   sindacabili,   in   linea   di  principio,  tutte  quelle
dichiarazioni  che  fuoriescono  dal  campo  applicativo del «diritto
parlamentare»   e   che  non  siano  immediatamente  collegabili  con
specifiche  forme  di  esercizio  di  funzioni parlamentari, anche se
siano  caratterizzate  da un asserito «contesto politico» o ritenute,
per il contenuto delle espressioni o per il destinatario o la sede in
cui  sono state rese, manifestazione di sindacato ispettivo (sentenze
n. 140 del 2003 e n. 10 e n. 11 del 2000).
   A  parere  del  ricorrente,  la  deliberazione  della  Camera  dei
deputati, oggetto di conflitto, «appare in contrasto con i richiamati
canoni interpretativi atteso che non contiene alcun elemento concreto
da   cui   poter   desumere  la  sussistenza  di  una  corrispondenza
sostanziale   tra  i  contenuti  delle  dichiarazioni  giornalistiche
oggetto  della  querela  e  le  opinioni  espresse  dal  deputato  in
specifici   atti  parlamentari,  non  essendo  sufficiente  una  mera
comunanza  di  tematiche  e un generico riferimento alla rilevanza di
fatti pubblici».
   D'altronde  -  aggiunge il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Milano - con l'interrogazione parlamentare del 22 aprile
2002,  il  deputato  chiedeva al Ministro della giustizia di compiere
accertamenti  necessari -  se  del  caso  anche  attivando  i  poteri
disciplinari  -  in  ordine  ad  una  serie  di  fatti  connessi  con
l'omicidio consumato a Cogne, censurando la mancata adozione da parte
degli  investigatori delle dovute cautele per proteggere il luogo del
delitto da possibili inquinamenti probatori.
   Il ricorrente osserva che nelle dichiarazioni in esame, invece, si
attribuiscono  agli  inquirenti illeciti di rilevanza penale e che la
mancanza   di  nesso  funzionale  e'  resa,  altresi',  palese  dalla
circostanza  che  le  dichiarazioni  asseritamente  diffamatorie sono
successive  di  oltre  due anni rispetto al citato atto di funzione e
trovano indubbio fondamento in una serie di specifiche conoscenze che
l'on.  Taormina  non  poteva  possedere  se  non  in quanto difensore
nell'ambito  del  processo  per  l'omicidio  di Cogne, ossia a titolo
privato   e  professionale,  senza  alcun  collegamento  col  mandato
parlamentare.
   Il Giudice ricorrente, sospeso il giudizio, ha sollevato conflitto
di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei
deputati e ha chiesto alla Corte costituzionale di dichiarare che non
spetta  alla stessa Camera dei deputati affermare l'insindacabilita',
a  norma  dell'art. 68, primo comma, Cost., della condotta attribuita
al  deputato  e,  conseguentemente, di annullare la delibera adottata
nella seduta del 2 agosto 2007.
   2.  -  Con  ordinanza  n. 84  del  2008,  la  Corte  ha dichiarato
ammissibile il conflitto.
   3.  -  Si  e'  costituita  in  giudizio  la  Camera  dei deputati,
sostenendo l'inammissibilita' e l'infondatezza del ricorso sulla base
delle  motivazioni  contenute  nella  relazione  della  Giunta per le
autorizzazioni  della  Camera  dei  deputati (doc. IV-quater nn. 19 e
20).
   3.1.  - In prossimita' della data fissata per l'udienza, la Camera
dei  deputati  ha depositato una memoria nella quale ha insistito nel
sostenere l'infondatezza del ricorso.
   In  primo  luogo,  la  difesa  della Camera osserva che «del tutto
correttamente»  e'  stato  ritenuto  che le dichiarazioni oggetto del
procedimento  penale  in  esame  fossero  state espresse dal deputato
quali  esternazioni di opinioni gia' manifestate in atti parlamentari
tipici e come tali assistite dalla prerogativa della insindacabilita'
a  norma  dell'art.  68,  primo  comma,  Cost. A parere della Camera,
infatti, «nel suo complesso, l'interrogazione presentata dal deputato
era  intesa  a  mettere  in  evidenza  “quanto  meno”  la
sostanziale,  grave  e  generalizzata  negligenza riscontrabile nella
conduzione  delle  operazioni di indagine da parte dei magistrati del
pubblico ministero, la quale, ad avviso dello stesso deputato, poteva
aver  alterato  il  corso  del processo relativo al delitto di Cogne;
nonche'   un   intento   persecutorio   (con  effetti,  forse,  anche
diffamatori)  della  magistratura  inquirente  ed  in particolare del
Procuratore  capo  presso  il Tribunale di Aosta, nei confronti della
signora  Anna  Maria  Franzoni».  La  difesa precisa, inoltre, che la
citata   interrogazione  era  stata  presentata  dal  deputato  prima
dell'assunzione,  da  parte  dello stesso, della difesa dell'imputata
nel processo, avvenuta nel giugno 2002.
   In secondo luogo, la difesa della Camera dei deputati, analizzando
il contenuto delle successive esternazioni rese dal deputato, ritiene
che  le medesime siano tutte da ricondurre all'ambito di applicazione
della  prerogativa dell'art. 68, primo comma, Cost. come interpretato
dal   costante   orientamento   della   giurisprudenza   della  Corte
costituzionale,  atteso che dette esternazioni «riprendono - in molti
passaggi  quasi letteralmente - le affermazioni critiche svolte nella
citata  interrogazione  parlamentare  e  si  concretano  “nella
sostanziale  riproduzione  di  specifiche  opinioni  manifestate  dal
parlamentare  nell'esercizio  delle  proprie  attribuzioni”». A
parere  della  difesa,  contrariamente a quanto sostenuto dal Giudice
ricorrente  nell'atto  introduttivo  del  conflitto, nella richiamata
interrogazione  parlamentare  sarebbe  possibile  rinvenire  tutti  i
contenuti   sostanziali   successivamente   divulgati,  «seppure  con
espressioni  anche  letteralmente  diverse  e  di  estrema  sintesi»,
mediante   le  interviste  in  questione.  La  difesa  evidenzia,  al
riguardo,  che nel testo dell'interrogazione il deputato contesto' le
modalita' di conduzione dell'attivita' istruttoria e, in particolare,
sottolineo' con l'espressione «quanto meno» l'asserita negligenza che
avrebbe  connotato la raccolta del materiale probatorio e la relativa
conservazione.
   In  ordine  al  preteso carattere diffamatorio del contenuto delle
esternazioni  rese  dal deputato, la difesa della Camera rammenta che
la   Corte  costituzionale  verifica  la  sussistenza  o  meno  della
guarentigia dell'insindacabilita' prevista dall'art. 68, primo comma,
Cost.  «indipendentemente dall'eventuale contenuto diffamatorio delle
dichiarazioni» (sentenze n. 152 del 2007 e n. 317 del 2006).
   In  merito  alla  pretesa  insussistenza  del legame temporale, la
difesa  della Camera osserva che «il lasso di tempo intercorso tra le
due  tipologie  di  espressione puo' costituire, al piu', un elemento
sintomatico   in   grado   di  rafforzare  la  conclusione  circa  la
riscontrabilita'  o meno di tale corrispondenza». Peraltro, la difesa
stessa  rileva  che  la  Corte  costituzionale  «non  ha  mai fornito
l'indicazione  di  un  lasso  di  tempo rigidamente predeterminato in
astratto  che sia in grado di costituire lo “spartiacque”
tra “riproduzione” e non “riproduzione” extra
moenia di atti di funzione».
   Infine,  a  parere  della  difesa della Camera, «non puo' assumere
alcun  rilievo»,  nel  giudizio  costituzionale, l'altro elemento dal
quale,  secondo il Giudice ricorrente, dovrebbe ricavarsi la mancanza
del  nesso  funzionale,  e  cioe'  il  fatto  che  i  contenuti delle
dichiarazioni  oggetto  del procedimento penale a carico del deputato
troverebbero   «indubbio   fondamento  in  una  serie  di  specifiche
conoscenze  che lo stesso [deputato Taormina] non poteva possedere se
non  in  quanto  avvocato  difensore  nell'ambito  del  processo  per
l'omicidio  di  Cogne,  ossia a titolo privato e professionale, senza
alcun collegamento col mandato parlamentare». In proposito, la difesa
richiama  l'orientamento  della  Corte costituzionale secondo cui, ai
fini  della sussistenza della prerogativa dell'insindacabilita' delle
opinioni  manifestate all'esterno dai membri delle Camere, va esclusa
qualsiasi  rilevanza  della  professione eventualmente esercitata dal
parlamentare,  con  particolare riferimento alle esternazioni rese da
parlamentari   nella  loro  qualita'  di  giornalisti  professionisti
(vengono  richiamate  le sentenze n. 330 e n. 135 del 2008 e n. 151 e
n. 96 del 2007).
                       Considerato in diritto
   1.  -  Il  Giudice  per  le  indagini preliminari del Tribunale di
Milano,  con  ricorso dell'11 ottobre 2007, ha sollevato conflitto di
attribuzione  nei  confronti  della  Camera dei deputati in relazione
alla   delibera  adottata  nella  seduta  del  2  agosto  2007  (doc.
n. IV-quater,  nn. 19 e 20) con la quale e' stata dichiarata, a norma
del  primo  comma dell'art. 68 della Costituzione, l'insindacabilita'
delle  dichiarazioni del deputato Carlo Taormina, rispetto alle quali
pende un procedimento penale (R.G.N.R. n. 90 del 2006).
   Il  Giudice  ricorrente ritiene che «non e' agevole comprendere il
nesso   fra   attivita'   politica   e   dichiarazioni  afferenti  la
consumazione di illeciti a carico di magistrati».
   Secondo  il  ricorrente,  con l'interrogazione parlamentare del 22
aprile  2002,  il  deputato  chiedeva  al Ministro della giustizia di
compiere accertamenti necessari, se del caso anche attivando i poteri
disciplinari, in ordine ad una serie di fatti connessi con l'omicidio
consumato  a  Cogne,  censurando  la  mancata adozione da parte degli
investigatori  delle  dovute  cautele  per  proteggere  il  luogo del
delitto da possibili inquinamenti probatori.
   Il ricorrente osserva che nelle dichiarazioni in esame, invece, si
attribuiscono  agli  inquirenti illeciti di rilevanza penale e che la
mancanza   di  nesso  funzionale  e'  resa,  altresi',  palese  dalla
circostanza  che  le  dichiarazioni  asseritamente  diffamatorie sono
successive  di  oltre  due anni rispetto al citato atto di funzione e
trovano indubbio fondamento in una serie di specifiche conoscenze che
l'on.  Taormina  non  poteva  possedere  se  non  in quanto difensore
nell'ambito  del  processo  per  l'omicidio  di Cogne, ossia a titolo
privato   e  professionale,  senza  alcun  collegamento  col  mandato
parlamentare.
   2.  - Preliminarmente, deve essere confermata l'ammissibilita' del
conflitto,  sussistendone i presupposti soggettivi ed oggettivi, come
gia' ritenuto da questa Corte nell'ordinanza n. 84 del 2008.
   3. - Nel merito, il ricorso e' fondato.
   4.  - Questa Corte ha da tempo adottato il criterio del cosiddetto
nesso   funzionale   che   deve   legare  le  opinioni  espresse  dai
parlamentari e la manifestazione di opinioni extra moenia, al fine di
verificare  la  sussistenza  dell'immunita' spettante ai membri delle
Camere a norma dell'art. 68, primo comma, Cost.
   Per   orientamento   costante,   tale   nesso  ricorre  ove  siano
riscontrabili  contemporaneamente  due  elementi: il legame temporale
tra  l'attivita' parlamentare e l'attivita' esterna, in modo che esso
riveli  una  finalita'  divulgativa; la sostanziale corrispondenza di
significato   tra   opinioni   espresse  nell'esercizio  di  funzioni
parlamentari e dichiarazioni esterne, non essendo sufficiente ne' una
mera  comunanza  di argomenti, ne' un mero contesto politico cui esse
possano riferirsi (sentenze n. 135 del 2008, n. 302 del 2007 e n. 371
del 2006).
   Nel  conflitto  in  esame,  in  primo  luogo,  tra  l'atto  tipico
(interrogazione  in  data  22  aprile  2002,  n. 3-00906)  e  le  due
interviste  (rese  l'una  in data 20 luglio 2004 e l'altra in data 11
agosto 2004) vi e' una distanza temporale talmente ampia da escludere
il   carattere   divulgativo   di  tali  esternazioni  rispetto  alla
interrogazione (sentenze n. 317 e n. 258 del 2006).
   In  secondo  luogo,  tra  le  affermazioni rese dal deputato nelle
interviste e quelle contenute nell'atto funzionale non e' ravvisabile
una sostanziale corrispondenza di significato.
   Nell'interrogazione   il   deputato   sollecitava   un  intervento
disciplinare   del   Ministro  della  giustizia  a  causa  sia  delle
dichiarazioni  rese  alla  stampa  dai  magistrati  inquirenti  e dal
Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Aosta, sia della
asserita  negligenza  degli  organi  investigativi  nello svolgimento
delle indagini.
   Nelle  affermazioni fatte in una delle due interviste (quella resa
il  20  luglio  2004),  invece,  il parlamentare, oltre a ribadire un
giudizio   di   «incapacita'»  dei  magistrati  della  Procura  della
Repubblica  di  Aosta, gia' espresso nella menzionata interrogazione,
lamenta  anche  una  circostanza diversa, ovvero la falsificazione di
prove.
   Tale  dichiarazione  del deputato non costituisce divulgazione del
contenuto  dell'atto  funzionale, non ricorrendo la corrispondenza di
significato.
   Di  conseguenza,  la delibera della Camera dei deputati ha violato
l'art. 68, primo comma, Cost., ledendo le attribuzioni dell'autorita'
giudiziaria ricorrente, e deve essere annullata.
              Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  che  non spettava alla Camera dei deputati affermare che
le  dichiarazioni  rese  dall'onorevole  Carlo Taormina, per le quali
pende  un  procedimento  penale  davanti  al  Giudice per le indagini
preliminari  del  Tribunale  di Milano, di cui al ricorso indicato in
epigrafe, costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento
nell'esercizio  delle  sue  funzioni,  ai  sensi  dell'art. 68, primo
comma, della Costituzione;
   Annulla,  per  l'effetto, la delibera di insindacabilita' adottata
dalla  Camera  dei  deputati  nella  seduta  del  2 agosto 2007 (doc.
n. IV-quater, nn. 19 e 20, limitatamente al R.G.N.R. n. 90 del 2006).
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 2008.
                        Il Presidente: Flick
                        Il redattore: Cassese
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 12 dicembre 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola