N. 437 SENTENZA 15 - 23 dicembre 2008

Paesaggio  (tutela  del) - Norme della Regione Basilicata - Procedura
  autorizzatoria  semplificata  in  aree vincolate, condizionata alla
  sola   conformita'  degli  interventi  territoriali  da  realizzare
  rispetto  allo  strumento  urbanistico regionale o in variante allo
  strumento urbanistico generale - Omessa previsione della preventiva
  verifica   di   conformita'  tra  la  pianificazione  paesaggistica
  regionale  e  i principi fissati agli art. 156 e 143 del Codice dei
  beni culturali e del paesaggio - Violazione della normativa statale
  attinente    alla    «tutela    paesaggistica»   -   Illegittimita'
  costituzionale.
- Legge  della Regione Basilicata 22 ottobre 2007, n. 17, art. 1, nel
  testo  originario  e  nel  testo modificato dall'art. 1 della legge
  della Regione Basilicata 26 novembre 2007, n. 21.
- Costituzione,  artt.  9, secondo comma, 117, secondo comma, lettera
  s),  118,  terzo comma, e 120; d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, artt.
  143 e 156.
(GU n.54 del 31-12-2008 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giovanni Maria FLICK;
Giudici: Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio
   FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA,
   Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria Rita SAULLE, Giuseppe
   TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO;
ha pronunciato la seguente
                              Sentenza
nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge
della   Regione  Basilicata  22  ottobre  2007,  n. 17  (Modifiche  e
integrazioni   alla   legge  regionale  12  febbraio  1990,  n. 3  di
approvazione  dei  piani  territoriali  paesistici  di  area vasta) e
dell'art.  1  della  legge della Regione Basilicata 26 novembre 2007,
n. 21 (Integrazioni alla legge regionale del 22 ottobre 2007, n. 17),
promossi  con  ricorsi  del  Presidente  del  Consiglio dei ministri,
notificati  il  20 dicembre 2007 ed il 30 gennaio 2008, depositati in
cancelleria  il 31 dicembre 2007 ed il 7 febbraio 2008 ed iscritti al
n. 52 del registro ricorsi 2007 e al n. 9 del registro ricorsi 2008;
   Visti gli atti di costituzione della Regione Basilicata;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  4  novembre  2008  il  Giudice
relatore Paolo Maddalena;
   Udito  l'avvocato  Donato  Del  Corso  per la Regione Basilicata e
l'avvocato dello Stato Vittorio Russo per il Presidente del Consiglio
dei ministri.
                          Ritenuto in fatto
   1.1.  - Con ricorso notificato il 20 dicembre 2007 e depositato il
successivo  31  dicembre,  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
proposto  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della
legge  della  Regione  Basilicata 22 ottobre 2007, n. 17 (Modifiche e
integrazioni   alla   legge  regionale  12  febbraio  1990,  n. 3  di
approvazione  dei  piani  territoriali  paesistici  di  area  vasta),
denunciandone  il  contrasto  con  gli  artt.  9, secondo comma, 117,
secondo   comma,   lettera   s),   118,  terzo  comma,  e  120  della
Costituzione.
   Il  ricorrente premette che con la disposizione censurata e' stato
aggiunto  all'art. 6 della legge della Regione Basilicata 12 febbraio
1990,  n. 3  (Piani regionali paesistici di area vasta), un ulteriore
comma  (il  comma  5),  che recita: «Nelle aree classificate di basso
valore  paesaggistico,  gli  interventi  di  trasformazione  a regime
ordinario  (Modalita'  C),  nelle  more  della  formazione  dei Piani
Paesistici  Esecutivi  d'Ambito,  sono  ammessi nei seguenti casi: a)
siano  conformi  allo  strumento  urbanistico  regionale,  ovvero non
comportino variante allo stesso secondo le procedure definite, ovvero
non  comportino  variante  allo  stesso secondo le procedure definite
dalla  legge  regionale  7  agosto  1996,  n. 37; b) in variante allo
strumento   urbanistico   generale,   adottando  le  procedure  della
Conferenza di Localizzazione di cui all'art. 27 della legge regionale
11  agosto 1999, n. 23, a condizione che siano riferiti ad interventi
pubblici  di  interesse  pubblico,  siano  compatibili  con eventuali
prescrizioni  progettuali  delle  Schede d'Ambito e siano motivati da
oggettive  ragioni  d'urgenza  valutate  in  sede  di  Conferenza  di
Localizzazione».
   Si  tratta,  ad  avviso  dell'Avvocatura  erariale,  di  norme che
prescrivono  interventi  in  aree  sottoposte  a  tutela  per il loro
interesse   paesaggistico   e,   segnatamente,   di   interventi  «di
trasformazione  del  territorio  da  effettuarsi  a regime ordinario,
secondo  quanto  previsto dall'art. 4 della l.r. n. 3 del 1990, nelle
aree  classificate  di  basso valore paesaggistico, ai sensi del gia'
citato art. 4 della l.r. n. 3/1990».
   Il  ricorrente  rammenta,  quindi,  che  in  materia di tutela del
paesaggio  allo  Stato  compete la potesta' legislativa esclusiva, ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in forza della
quale  e'  stato dettato il Codice dei beni culturali e del paesaggio
(d.lgs.  22  gennaio  2004, n. 42, recante, appunto, «Codice dei beni
culturali  e  del  paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6
luglio  2002,  n. 137»), il quale, ai sensi dell'art. 143, stabilisce
«regole   specifiche   per  la  verifica  di  compatibilita'  tra  la
pianificazione paesaggistica regionale, ove esistente, ed i principi,
cui  detta  pianificazione  si  sarebbe  dovuta  informare». Sicche',
essendo  la  Regione  Basilicata,  al  momento dell'entrata in vigore
della  novella  al  Codice  recata  dal  d.lgs. 24 marzo 2006, n. 157
(Disposizioni  correttive  ed  integrative  al decreto legislativo 22
gennaio  2004,  n. 42,  in  relazione  al  paesaggio),  dotata di uno
«strumento    di    pianificazione    territoriale    regionale   con
considerazione dei valori paesaggistici, redatto secondo le procedure
dettate   con  la  l.r.  n. 3/1990,  avrebbe  dovuto  provvedere,  in
conformita' a quanto stabilito dall'art. 156 del Codice, a verificare
la  rispondenza di detta pianificazione alle previsioni dell'art. 143
del  Codice  stesso».  Soltanto  all'esito  di una siffatta verifica,
effettuata  d'intesa  con  il  Ministero  per  i  beni e le attivita'
culturali,  la  Regione  avrebbe  potuto,  negli  ambiti  individuati
d'accordo    con    il   Ministero   stesso,   «prevedere   procedure
autorizzatorie  semplificate,  ai sensi dei commi 4 e 5 dell'art. 143
del Codice».
   Secondo l'Avvocatura generale dello Stato, contrariamente a quanto
previsto   dalle   disposizioni  citate,  la  Regione  Basilicata  ha
direttamente  provveduto,  con  l'impugnato  art.  1 della legge reg.
n. 17 del 2007, a disciplinare procedure autorizzatorie semplificate,
in  aree  vincolate,  «nella sostanza stabilendo la ammissibilita' di
interventi  di  trasformazione  del  territorio a condizione che essi
siano  conformi  al  solo  strumento  urbanistico  o  addirittura  in
variante   allo  strumento  urbanistico  purche'  “riferiti  ad
interventi pubblici di interesse pubblico”». Con cio', prosegue
il Presidente del Consiglio dei ministri, si sarebbe ammessa, in aree
vincolate  «classificate  di basso valore paesaggistico» dall'art. 6,
comma  4,  della  legge  regionale n. 3 del 1990, «la equivalenza fra
l'interesse   pubblico   preordinato  alla  tutela  del  paesaggio  e
l'interesse pubblico finalizzato al governo del territorio».
   Il  ricorrente  sostiene,  pertanto,  che  la  norma denunciata si
porrebbe  in  contrasto:  a) con il principio di leale collaborazione
nei rapporti fra Stato e regioni, di cui all'art. 120, secondo comma,
Cost.,  «con  riguardo  all'esercizio da parte dello Stato, di poteri
sostitutivi  in  caso  di  inerzia  delle  regioni, ma avente valenza
generale»;  b) con l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., «che
attribuisce  potesta'  legislativa esclusiva allo Stato in materia di
tutela  del paesaggio, ed in attuazione del quale e' stata dettata la
disciplina  del  Codice  ed  in  particolare  gli  artt.  156  e 143,
disattesi  dalla  disposizione  regionale»  censurata; c) nonche' «in
rapporto  alla  gerarchia  sussistente,  secondo Costituzione, fra la
tutela  del  paesaggio  ed  il  governo  del territorio», il primo da
reputarsi  «valore  primario ed assoluto, sovraordinato, fra l'altro,
anche   al  governo  del  territorio»,  come  precisato  dalla  Corte
costituzionale, tra l'altro, con la sentenza n. 367 del 2007.
   1.2.  -  Si  e'  costituita  in giudizio la Regione Basilicata, in
persona  del Presidente pro tempore della Giunta regionale, chiedendo
che  la sollevata questione venga dichiarata inammissibile ovvero non
fondata.
   La  Regione evidenzia, anzitutto, che la legge reg. n. 3 del 1990,
tramite  gli  artt.  4 e 6, limitava, nelle more della formazione del
Piano   Paesistico   Esecutivo   di   Ambito,  la  sospensione  delle
trasformazioni all'interno dei vari ambiti esclusivamente a quelle di
tipologia  “B” e cioe' degli interventi di trasformazione
da   sottoporre  a  verifiche  di  ammissibilita'  previo  studio  di
compatibilita'  ovvero condizionati a requisiti progettuali (la' dove
per   tipologia   “A”   si   intendevano  gli  interventi
finalizzati   alla  conservazione  del  territorio  e  per  tipologia
“C” gli interventi di trasformazione a regime ordinario),
cosi'  mancando  di  disciplinare  l'eventualita'  «di  interventi in
variante  alle  previsioni  urbanistiche  vigenti che - in assenza di
specifici    divieti   -   potrebbero   (paradossalmente)   ritenersi
ammissibili».  Nel  dubbio  sulla  possibilita'  di detti interventi,
soggiunge  la  resistente,  e'  stata  appunto adottata la legge reg.
n. 17  del 2007, che, sempre nelle more della formazione dei predetti
Piani  Paesistici  Esecutivi,  ha ammesso, nelle aree classificate di
basso   valore  paesaggistico,  interventi  secondo  la  tipologia  o
modalita'   “C”   e  cioe'  di  trasformazione  a  regime
ordinario,  purche'  «conformi  allo  strumento  urbanistico generale
ovvero  in  variante  allo  strumento  urbanistico  generale»  e,  in
quest'ultimo  caso,  nel  rispetto  di  talune  specifiche condizioni
stabilite  dal censurato art. 1, la cui ratio e' quella di garantire,
in attesa della formazione dei Piani esecutivi, «l'ordinario sviluppo
del territorio relativamente agli ambiti le cui modalita' di tutela e
di  valorizzazione  sono  quelle  qualificabili  di  trasformazione a
regime  ordinario,  riconosciute  compatibili con il valore specifico
delle  aree  in questione, al fine di evitare ingiustificate paralisi
della  ordinaria  attivita'  urbanistica  che  si  tradurrebbe  in un
nocumento  per  la  corretta  valorizzazione del territorio». In tale
contesto,   precisa   la   Regione,   gli   interventi  in  variante,
condizionati dall'assoluta conformita' ad interessi pubblici primari,
«si  atteggiano  a  specificazione di contenuti gia' prescritti nella
disciplina    urbanistica    primaria   che   resta   sostanzialmente
inalterata».
   Con  cio',  sostiene  la  resistente,  non  sarebbero  fondate  le
doglianze  mosse  dal  ricorso  avverso la norma denunciata, giacche'
essa  -  come  dimostrato  dalla stessa relazione al disegno di legge
regionale  -  non  sarebbe  stata  dettata  «per regolare o difendere
interessi  ambientali,  ma  […]  per finalita' attinenti ad un
ordinato  governo  del  territorio»,  materia  su cui la Regione puo'
vantare una potesta' legislativa concorrente.
   Sicche',  argomenta  ancora  la  Regione Basilicata, posto che gli
interventi  in  variante  allo strumento urbanistico vanno riferiti a
«zone di basso valore paesaggistico» e «non comportano alterazione al
contesto  paesaggistico  dei  luoghi»,  l'equivoco  nel quale sarebbe
incorso  il ricorrente si anniderebbe nell'aver erroneamente ritenuto
la  disciplina  denunciata  inerente alla materia dell'ambiente, come
tale  sottratta  alla  competenza legislativa regionale, mentre essa,
invero,  chiarirebbe  aspetti  lacunosi della precedente legislazione
regionale in materia urbanistica.
   Peraltro,  soggiunge la resistente, l'entrata in vigore del Codice
dei  beni  culturali  e  del  paesaggio  non  limiterebbe la potesta'
legislativa regionale nelle materie di legislazione concorrente, come
il  governo  del  territorio, cui e' da ascrivere la legge reg. n. 17
del  2007;  inoltre,  la stessa Corte costituzionale (con la sentenza
n. 367 del 2007, citata dal medesimo ricorrente) avrebbe chiarito che
«l'interesse   pubblico   alla  tutela  del  paesaggio  concorre  con
l'ulteriore  interesse alla fruizione del territorio la cui tutela e'
affidata  anche  alle  Regioni», la' dove, peraltro, la Corte, con la
sentenza  n. 407  del 2002, avrebbe altresi' precisato che in materia
di  tutela  dell'ambiente  «si  possono  manifestare anche competenze
regionali,  spettando  allo Stato le determinazioni che rispondono ad
esigenze meritevoli di disciplina uniforme sul territorio nazionale».
   La  Regione  Basilicata  esclude, infine, che il denunciato art. 1
della  legge  reg.  n. 17  del 2007 possa vulnerare l'art. 118, terzo
comma,  Cost.,  nonche'  l'art.  120  Cost.  ed il principio di leale
collaborazione,  non  essendo  conferente, peraltro, l'evocazione del
potere  sostitutivo  del  Governo  rispetto  a  quanto previsto dalla
«fattispecie normativa censurata».
   2.1.  -  Con ricorso notificato il 31 gennaio 2008 e depositato il
successivo  7  febbraio,  il  Presidente  del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
proposto  questione  di  legittimita'  dell'art.  1 della legge della
Regione  Basilicata  26 novembre 2007, n. 21 (Integrazioni alla legge
regionale del 22 ottobre 2007, n. 17), denunciandone il contrasto con
gli  artt.  9,  comma secondo, 117, comma secondo, lettera s), e 118,
comma terzo, Cost.
   Il  ricorrente  evidenzia  che la disposizione denunciata modifica
l'art.  1 della legge della Regione Basilicata 22 ottobre 2007, n. 17
(Modifiche e integrazioni alla legge regionale 12 febbraio 1990, n. 3
di approvazione dei piani territoriali paesistici di area vasta), nei
cui  confronti ha gia' promosso questione di costituzionalita' in via
principale  (con  ricorso  iscritto  al  R.  ric.  n. 52  del  2007),
assumendone  il  contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost.,  nonche'  con  ulteriori  principi costituzionali a tutela del
paesaggio e della leale collaborazione.
   L'Avvocatura  erariale  sostiene,  quindi, che analoghi profili di
incostituzionalita'  riguarderebbero  ora  l'art.  1 della legge reg.
n. 21 del 2001 impugnato con il presente ricorso.
   Difatti,    la    norma   censurata,   nel   prevedere   procedure
autorizzatorie   semplificate   in  aree  vincolate  ai  sensi  della
precedente legge reg. n. 3 del 1990, vulnererebbe talune disposizioni
del  d.lgs.  22 gennaio 2004, n. 42, e, segnatamente, gli artt. 156 -
che  obbliga  la  Regione  a  verificare la rispondenza della propria
pianificazione  preesistente  ai  principi dell'art. 143 dello stesso
d.lgs.  n. 42  entro il 1° maggio 2008 - e 143, commi 4 e 5, in forza
del  quale  solo a seguito di tale verifica, e solo qualora sia stata
effettuata   d'intesa   con  il  Ministero  dei  beni  culturali,  e'
consentito  alla  Regione,  negli ambiti individuati d'accordo con il
Ministero stesso, prevedere procedure autorizzatorie semplificate.
   Il ricorrente precisa che dette misure normative sono «finalizzate
alla   tutela   del  paesaggio,  materia  di  competenza  legislativa
esclusiva statale, in base al combinato disposto degli artt. 9 e 117,
secondo  comma,  lettera  s),  della Costituzione e che quindi devono
essere rispettate dal legislatore regionale».
   Inoltre,  prosegue  l'Avvocatura  generale dello Stato, la mancata
previsione,  da  parte della norma denunciata, della anzidetta previa
intesa   con   il   Ministero,   violerebbe  il  principio  di  leale
collaborazione  nei rapporti tra Stato e Regioni di cui all'art. 118,
terzo comma, della Costituzione.
   Infine,  il  denunciato  art.  1  della  legge reg. n. 21 del 2007
prefigurerebbe  «una equivalenza fra l'interesse pubblico preordinato
alla  tutela  del  paesaggio  e  l'interesse  pubblico finalizzato al
governo  del  territorio»,  cosi'  da  contrastare  «con la gerarchia
sussistente  tra i valori in questione stabilita dalla Costituzione»,
giacche'  «la  tutela del paesaggio deve essere considerata un valore
primario,  assoluto, sovraordinato, fra l'altro, anche al governo del
territorio   e  rientrante  nella  competenza  legislativa  esclusiva
statale, in base agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione».
   2.2.  -  Si  e'  costituita  in giudizio la Regione Basilicata, in
persona  del Presidente pro tempore della Giunta regionale, chiedendo
che venga dichiarata inammissibile o, comunque, infondata la proposta
questione di legittimita' costituzionale.
   La  Regione  premette  che  la  norma denunciata «e' stata emanata
esclusivamente  al  fine  di rettificare un mero errore riportato nel
testo  della  precedente  L.R.  17/2007,  pure impugnata dinanzi alla
Corte  costituzionale»,  giacche' in luogo della voluta espressione -
ora  presente  nella legge n. 21 del 2007 - «interventi pubblici o di
interesse  pubblico»,  nel testo della legge n. 17 del 2007 era stata
inserita  l'espressione  «interventi pubblici di interesse pubblico»;
circostanza, questa, che emergerebbe chiaramente dalla relazione alla
stessa  legge  regionale  n. 17 del 2007, ove appunto sono richiamati
gli  «interventi pubblici o di interesse pubblico». L'espressione poi
corretta sarebbe stata, del resto, pleonastica.
   Cio'  precisato,  la  Regione  evidenzia che le censure svolte nel
presente  ricorso  sono  le  stesse del ricorso precedente avverso la
legge  reg.  n. 17  del  2007;  sicche',  essa  resistente ritiene di
svolgere   le  stesse  difese  gia'  illustrate  con  la  memoria  di
costituzione nel giudizio iscritto al R. ric. n. 52 del 2007.
   3.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  Regione  Basilicata  ha
depositato  memoria  illustrativa  nel  giudizio  di  cui  al ricorso
iscritto  al  R.  ric.  n. 52 del 2007, con la quale ribadisce che il
denunciato  art.  1  della  legge  regionale  n. 17  del  2001 non e'
invasivo della competenza statale in materia paesaggistica.
   La  Regione  precisa,  infatti, che la norma suddetta, a carattere
urbanistico   e   meramente   ricognitiva   e   limitativa  (giacche'
l'originario  art. 6 della legge reg. n. 3 del 1990 non poneva alcuna
limitazione   di   carattere   urbanistico   circa  la  modalita'  di
trasformazione  a  regime ordinario) di interventi gia' consentiti su
aree  classificate  di  basso  valore paesaggistico dai vigenti Piani
territoriali  paesistici, non introdurrebbe «procedure autorizzatorie
semplificate  in  aree  vincolate», imponendo invece detti interventi
«previa  acquisizione  dell'autorizzazione  paesaggistica di cui agli
artt. 146 e 159 del d.lgs. n. 42/04».
   Peraltro,  si sostiene ancora nella memoria, la previsione che gli
interventi  di  trasformazione in variante allo strumento urbanistico
generale   debbano   comunque   essere   compatibili   con  eventuali
prescrizioni  progettuali  contenute  nelle  schede  d'Ambito,  parte
integrante  dei  vigenti Piani territoriali paesistici di area vasta,
dimostrerebbe  ulteriormente  che la disposizione censurata ha tenuto
conto  del  valore  primario  e prevalente della tutela del paesaggio
rispetto a quello del governo del territorio.
                       Considerato in diritto
   1.  - Con l'art. 1 della legge della Regione Basilicata 22 ottobre
2007,  n. 17  (Modifiche  e  integrazioni  alla  legge  regionale  12
febbraio 1990, n. 3 di approvazione dei piani territoriali paesistici
di  area  vasta),  e'  stato  aggiunto  all'art.  6 della legge della
Regione Basilicata 12 febbraio 1990, n. 3 (Piani regionali paesistici
di  area  vasta), un ulteriore comma (il comma 5), che recita: «Nelle
aree  classificate  di  basso valore paesaggistico, gli interventi di
trasformazione  a  regime  ordinario  (Modalita' C), nelle more della
formazione  dei Piani Paesistici Esecutivi d'Ambito, sono ammessi nei
seguenti   casi:   a)   siano  conformi  allo  strumento  urbanistico
regionale,  ovvero  non  comportino  variante  allo stesso secondo le
procedure  definite dalla legge regionale 7 agosto 1996, n. 37; b) in
variante  allo strumento urbanistico generale, adottando le procedure
della  Conferenza  di  Localizzazione  di cui all'art. 27 della legge
regionale  11  agosto 1999, n. 23, a condizione che siano riferiti ad
interventi  pubblici  di  interesse  pubblico,  siano compatibili con
eventuali  prescrizioni  progettuali  delle  Schede  d'Ambito e siano
motivati   da   oggettive  ragioni  d'urgenza  valutate  in  sede  di
Conferenza di Localizzazione».
   Successivamente, con l'art. 1 della Regione Basilicata 26 novembre
2007,  n. 21  (Integrazioni alla legge regionale del 22 ottobre 2007,
n. 17),   e'  stata  modificata  la  lettera  b)  della  disposizione
anzidetta,   sostituendo   l'espressione   «interventi   pubblici  di
interesse  pubblico»  con  l'espressione  «  interventi pubblici o di
interesse pubblico».
   Con due distinti ricorsi, il Presidente del Consiglio dei ministri
ha   impugnato   entrambe  le  richiamate  norme,  denunciandole  per
contrasto con gli artt. 9, secondo comma, 117, secondo comma, lettera
s), 118, terzo comma, e 120 della Costituzione.
   Le  censure  mosse con i ricorsi, di analogo tenore, muovono dalla
medesima  premessa  che  le norme denunciate, nel prevedere procedure
autorizzatorie   semplificate   in  aree  vincolate  ai  sensi  della
precedente   legge   reg.   n. 3   del  1990,  vulnererebbero  talune
disposizioni  del  Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto
legislativo  22  gennaio  2004,  n. 42  e  successive  modificazioni,
recante  «Codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio,  ai  sensi
dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137») e, segnatamente,
l'art. 156 - che obbliga la Regione a verificare la rispondenza della
propria  pianificazione  preesistente ai principi dell'art. 143 entro
il  1° maggio 2008 - e l'art. 143, commi 4 e 5, in forza del quale la
procedura   semplificata   e'   possibile   solo   qualora  il  piano
paesaggistico  sia stato elaborato d'intesa con il Ministero dei beni
culturali,   e   limitatamente  agli  ambiti  individuati  dal  piano
paesaggistico medesimo.
   Ad avviso del ricorrente, sussisterebbe, quindi, la lesione:
     a)  del principio di leale collaborazione nei rapporti fra Stato
e  Regioni,  di cui all'art. 120, secondo comma, Cost., «con riguardo
all'esercizio  da parte dello Stato, di poteri sostitutivi in caso di
inerzia delle regioni, ma avente valenza generale»;
     b)  dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  «che
attribuisce  potesta'  legislativa esclusiva allo Stato in materia di
tutela  del paesaggio, ed in attuazione del quale e' stata dettata la
disciplina del Codice ed in particolare gli artt. 156 e 143»;
     c)  dell'art.  118, terzo comma, Cost., e con esso del principio
di  leale  collaborazione,  per  la  mancata  previsione della previa
intesa con il Ministero prevista dal citato art. 143;
     d)  della  «gerarchia  sussistente, secondo Costituzione, fra la
tutela  del  paesaggio  ed  il  governo  del territorio», il primo da
reputarsi  «valore  primario ed assoluto, sovraordinato, fra l'altro,
anche  al  governo  del  territorio», come precisato da questa Corte,
segnatamente, con la sentenza n. 367 del 2007.
   2.  -  Per  l'evidente  analogia  delle  questioni sollevate con i
suddetti  ricorsi,  giacche' concernenti la stessa disposizione nelle
diverse  formulazioni  succedutesi  tra  loro  e  fondate  su censure
similari,  i  giudizi  vanno  riuniti  per essere decisi con un'unica
pronuncia.
   3. - Le questioni sono fondate.
   Occorre,  innanzitutto, chiarire che le norme regionali censurate,
inserendosi  nel  quadro  normativo  delineato dalla precedente legge
reg.  n. 3  del 1990 sui Piani paesaggistici di area vasta (di cui e'
obbligatorio  verificare la conformita' alle previsioni dell'art. 143
del  d.lgs. n. 42 del 2004 e provvedere all'eventuale adeguamento, ai
sensi dell'art. 156 dello stesso decreto) si riferiscono ad «elementi
del  territorio  di  particolare  interesse  ambientale e pertanto di
interesse pubblico», tra i quali alcuni di valore eccezionale, la cui
tutela  richiede  scelte  progettuali di tipo complesso ed integrato.
Per  esse  i  Piani  paesaggistici  individuano  appositi  ambiti  di
progettazione,  da  definire  in  sede  di Piani paesistici esecutivi
(art. 4, ultimo comma, della citata legge regionale n. 3 del 1990).
   Per  queste  zone  del  territorio, nelle more della formazione di
detti  Piani,  si prevede la possibilita' di «trasformazione a regime
ordinario   (Modalita'  C)».  Si  prevede,  cioe',  il  ricorso  alla
procedura originariamente stabilita dal primo comma dell'art. 6 della
legge  regionale  n. 3  del  1990,  secondo la quale l'autorizzazione
paesaggistica  e'  rilasciata  a  seguito di «verifica di conformita'
alle prescrizioni dei Piani».
   Le  norme  denunciate  prevedono, peraltro, che debba trattarsi di
trasformazioni   conformi  «allo  strumento  urbanistico  regionale».
Inoltre,  per  gli  interventi  pubblici o di pubblico interesse, che
siano  anch'essi  conformi  allo  strumento urbanistico regionale, si
prevede anche la possibilita' di varianti allo «strumento urbanistico
generale»,  nel  qual  caso,  pero', occorre che gli interventi siano
«compatibili  con  eventuali  prescrizioni  progettuali  delle schede
d'ambito  e  siano motivati da oggettive ragioni di urgenza, valutate
in  sede  di  Conferenza di localizzazione», di cui all'art. 27 della
legge reg. n. 23 del 1999.
   4.  -  In  questo quadro, l'art. 1 della legge regionale n. 17 del
2007,  sia  nel  testo  originario  che in quello modificato, secondo
quanto  in  precedenza  chiarito,  dall'art.  1 della legge regionale
n. 21  del  2007,  -  nel  far  riferimento, attraverso l'espressione
«trasformazione  a  regime  ordinario  (Modalita'  C)», alla semplice
«verifica di conformita'» prevista dal primo alinea dell'art. 6 della
legge n. 3 del 1990, nel cui contesto la norma medesima si colloca -,
introduce  una procedura autorizzatoria semplificata, alla stregua di
quanto  consentito  dall'art.  143,  comma  5,  lettere  a)  e b) (in
quest'ultimo  caso, per il recupero di «aree gravemente compromesse e
degradate»)  soltanto  a  seguito  di  piano  elaborato  d'intesa tra
Regione  e  Ministero per i beni e le attivita' culturali e Ministero
dell'ambiente   e  della  tutela  del  territorio.  In  sostanza,  la
normativa   censurata  degrada  la  tutela  paesaggistica  -  che  e'
prevalente - in una tutela meramente urbanistica.
   Ne  consegue, pertanto, il contrasto con l'art. 156, comma 4, che,
nella  fase  di  verifica  ed adeguamento dei piani paesaggistici, in
assenza  di  intesa  tra  Stato  e  Regione  per lo svolgimento della
verifica  e  dell'adeguamento  predetti,  esclude  che  possa trovare
applicazione, tra l'altro, proprio il citato comma 5 dell'art. 143.
              per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi,
   Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 1 della legge
della   Regione  Basilicata  22  ottobre  2007,  n. 17  (Modifiche  e
integrazioni   alla   legge  regionale  12  febbraio  1990,  n. 3  di
approvazione  dei  Piani  Territoriali Paesistici di Area Vasta), nel
testo originario e nel testo modificato dall'art. 1 della legge della
Regione  Basilicata  26 novembre 2007, n. 21 (Integrazioni alla legge
regionale n. 17 del 22 ottobre 2007).
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2008.
                        Il Presidente: Flick
                       Il redattore: Maddalena
                      Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 23 dicembre 2008.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola