N. 439 SENTENZA 15 - 23 dicembre 2008
Appalti pubblici - Norme della Provincia di Bolzano - Disciplina per l'affidamento dei servizi pubblici di rilevanza economica - Ricorso del Governo - Eccezione di inammissibilita' per asserita tardivita' del ricorso - Riscontrata tempestiva consegna del ricorso all'Ufficio notifiche presso la Corte d'Appello di Roma - Irrilevanza della successiva attivita' posta in essere da detto Ufficio - Reiezione. - Legge della Provincia di Bolzano 16 novembre 2007, n. 12, artt. 3, comma 3, e 5, comma 1. - Trattato CE, artt. 43, 49 e 86; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, art. 8, comma 1; Costituzione, art. 117, primo e secondo comma, lettera e); legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 31. Appalti pubblici - Norme della Provincia di Bolzano - Disciplina per l'affidamento dei servizi pubblici di rilevanza economica - Ricorso del Governo - Eccezione di inammissibilita' per asserita discordanza tra la deliberazione del Consiglio dei ministri di autorizzazione all'impugnazione, riferita solo a taluni articoli, e il ricorso, che la estende all'intera legge - Sufficiente chiarezza del ricorso circa la delimitazione dell'oggetto del gravame - Reiezione. - Legge della Provincia di Bolzano 16 novembre 2007, n. 12, artt. 3, comma 3, e 5, comma 1. - Trattato CE, artt. 43, 49 e 86; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, art. 8, comma 1; Costituzione, art. 117, primo comma e secondo comma, lettera e). Appalti pubblici - Norme della Provincia di Bolzano - Disciplina per l'affidamento dei servizi pubblici di rilevanza economica - Ricorso del Governo - Intervenuta abrogazione della norma denunciata, medio tempore non attuata - Cessazione della materia del contendere. - Legge della Provincia di Bolzano 16 novembre 2007, n. 12, art. 5, comma 1. - Trattato CE, artt. 43, 49 e 86; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, art. 8, comma 1; Costituzione, art. 117, primo comma e secondo comma, lettera e). Appalti pubblici - Norme della Provincia di Bolzano - Disciplina per l'affidamento dei servizi pubblici di rilevanza economica - Definizione del requisito della «rilevanza dell'attivita'» dell'ente concessionario - Assunzione di criterio solo quantitativo, in base al fatturato ed alle risorse economiche impiegate, e non anche qualitativo - Violazione delle norme comunitarie sulla «tutela della concorrenza», come interpretate dalla Corte di giustizia - Illegittimita' costituzionale. - Legge della Provincia di Bolzano 16 novembre 2007, n. 12, art. 3, comma 3. - Trattato CE, artt. 43, 49 e 86; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, art. 8, comma 1; Costituzione, art. 117, primo e secondo comma, lettera e).(GU n.54 del 31-12-2008 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Giovanni Maria FLICK; Giudici: Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO; ha pronunciato la seguente
Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 3, comma 3, e 5, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 novembre 2007, n. 12 (Servizi pubblici locali), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 28 gennaio 2008, depositato in cancelleria il 4 febbraio 2008 ed iscritto al n. 7 del registro ricorsi 2008; Visto l'atto di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano; Udito nell'udienza pubblica del 2 dicembre 2008 il Giudice relatore Alfonso Quaranta; Uditi l'avvocato dello Stato Vittorio Russo per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Giuseppe Franco Ferrari e Roland Riz per la Provincia autonoma di Bolzano. Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso notificato il 28 gennaio 2008 e depositato il successivo 4 febbraio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 novembre 2007, n. 12 (Servizi pubblici locali), «con particolare riferimento agli artt. 3, comma 3, e 5, comma 1», per violazione dei principi comunitari in materia di tutela della concorrenza (artt. 43, 49 e 86 del Trattato 25 marzo 1957, che istituisce la Comunita' europea), nonche' degli artt. 8, comma 1, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), e 117, primo e secondo comma, lettera e), della Costituzione. Il ricorrente premette che le Province autonome, pur essendo titolari di competenza legislativa primaria in materia di «assunzione diretta di servizi pubblici e loro gestione» ex art. 8 dello statuto speciale, devono disciplinare tale materia nel rispetto dei limiti posti dall'art. 4 dello stesso statuto, tra i quali e' ricompresa l'osservanza del diritto internazionale e dei vincoli comunitari. Sul punto, si rileva come, nonostante le concessioni di pubblici servizi siano escluse dalla sfera di applicazione della direttiva 18 giugno 1992, n. 92/50/CE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, gli enti aggiudicatori debbano ugualmente rispettare le norme fondamentali del Trattato e, in particolare, gli artt. 43, 49 e 86, nonche' il principio di non discriminazione in base alla nazionalita', sancito dall'art. 12 del Trattato stesso. In questo senso si e' espressa la Corte di giustizia nella sentenza Parking Brixen del 13 ottobre 2005, in C-458/2003, con cui si e' statuito che la concessione di pubblici servizi in assenza di gara non e' conforme agli artt. 43 e 49 del Trattato, nonche' ai «principi di parita' di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza». 1.1. - Alla luce di tali premesse, l'Avvocatura generale dello Stato ritiene che la legge provinciale impugnata contrasti con le suindicate disposizioni comunitarie e, pertanto, violi l'art. 8, comma 1, dello statuto speciale e l'art. 117, primo comma, Cost. In primo luogo, si censura specificamente l'art. 3, comma 3, della predetta legge, il quale - prevedendo che «la rilevanza dell'attivita'» (…) e' considerata in base al fatturato e alle risorse economiche impiegate» - fornirebbe una definizione del requisito della «rilevanza dell'attivita'» dell'ente concessionario difforme da quella elaborata dalla Corte di giustizia con la sentenza Carbotermo dell'11 maggio 2006, in C-340/04, nella quale il giudice comunitario ha affermato che il requisito in esame deve essere inteso non soltanto in termini quantitativi, ma anche qualitativi. Ne consegue che si puo' ritenere che la societa' concessionaria svolga una parte rilevante della sua attivita' con l'ente che la controlla solo «se l'attivita' di detta impresa e' principalmente destinata all'ente in questione e ogni altra attivita' risulta avere solo un carattere marginale». Secondo la difesa dello Stato, il legislatore provinciale avrebbe fornito una nozione del requisito della «rilevanza dell'attivita'» meno restrittiva rispetto a quella elaborata dalla Corte di giustizia, con conseguente ampliamento dei casi in cui sarebbe possibile il ricorso all'affidamento diretto a societa' a capitale interamente pubblico e restrizione del regime di concorrenza. Da qui la asserita violazione dei principi comunitari in materia di tutela della concorrenza (artt. 43, 49 e 86 del Trattato CE) e del combinato disposto degli artt. 8, comma 1, dello statuto e 117, primo comma, Cost. In secondo luogo, censure specifiche vengono indirizzate all'art. 5, comma 1, della medesima legge provinciale nella parte in cui esso prevede la possibilita' di disporre un affidamento diretto dei servizi pubblici di rilevanza economica a soggetti privati, purche' nei loro confronti la Provincia e gli enti da essa dipendenti ovvero le comunita' comprensoriali ed i Comuni esercitino una influenza dominante. Tale norma contrasterebbe con i principi comunitari elaborati dalla Corte di giustizia con le sentenze Teckal del 18 novembre 1999, in causa C-107/98, e Stadt Halle dell'11 gennaio 2005, in causa C-26/03, le quali hanno messo in rilievo che l'affidamento in house e' legittimo quando ricorrono i seguenti requisiti: a) il capitale della societa' sia interamente pubblico; b) l'amministrazione eserciti sul soggetto affidatario un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; c) il soggetto affidatario svolga la maggior parte della propria attivita' in favore dell'ente pubblico di appartenenza. La mancata osservanza da parte della norma impugnata di tali requisiti determinerebbe la violazione degli artt. 43, 49 e 86 del Trattato e conseguentemente del vincolo del rispetto del diritto comunitario di cui agli artt. 8 dello statuto di autonomia, e 117, primo comma, nonche' secondo comma, lettera e), Cost., in materia di tutela della concorrenza. 2. - Si e' costituita in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, la quale, in via preliminare, ha eccepito la inammissibilita' del ricorso per carenza di motivazione e mancata indicazione dei parametri costituzionali e statutari che si assumono violati. Infatti, si osserva che, avendo la deliberazione del Consiglio dei ministri ad oggetto unicamente gli artt. 3, comma 3, e 5, comma 1, della legge provinciale n. 12 del 2007 e dovendo l'oggetto dell'impugnazione definirsi in conformita' alla decisione assunta dal Consiglio dei ministri, la Provincia «si oppone in modo deciso al tentativo, da parte dell'Avvocatura dello Stato, di estendere la materia del contendere all'intera legge provinciale». Nel merito, la difesa della Provincia chiede che il ricorso venga respinto. Si sottolinea, al riguardo, come la Provincia autonoma, in base allo statuto, abbia una competenza legislativa primaria in materia di assunzione diretta di servizi pubblici e loro gestione a mezzo di aziende speciali (art. 8, n. 19) e sia titolare della connessa potesta' amministrativa (art. 16). Da quanto esposto conseguirebbe la impossibilita' che nel settore in esame possa operare il titolo di legittimazione statale trasversale rappresentato dalla tutela della concorrenza ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Si aggiunge, inoltre, che le norme impugnate rispettano i vincoli comunitari, cosi' come interpretati dalla Corte di giustizia. Quest'ultima, infatti, pur affermando che in materia di concessione di servizi pubblici debbono essere osservati i principi generali posti dal Trattato, ha ammesso la legittimita' dell'affidamento diretto qualora l'autorita' pubblica concedente svolga sull'ente concessionario un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi e «detto ente esercita la maggior parte della sua attivita' con l'autorita' detentrice». Le norme impugnate rispetterebbero quanto affermato dai giudici europei. Innanzitutto, si osserva come l'art. 3 della legge censurata imponga, ai fini della legittimita' dell'affidamento diretto, il rispetto non solo dei requisiti del controllo analogo e dello svolgimento della parte essenziale dell'attivita' con l'autorita' pubblica affidante, ma anche che quest'ultima detenga per intero il capitale sociale; requisito quest'ultimo che la stessa Corte di giustizia non ritiene necessario. Per quanto attiene poi al presupposto dello svolgimento dell'attivita' piu' rilevante con uno o piu' degli enti che la controllano, si sottolinea come gli stessi giudici europei abbiano riconosciuto che, per accertare la sussistenza di tale requisito, occorra tenere conto del fatturato realizzato dall'ente affidatario, specificando che in tale contesto si deve tenere conto non solo del fatturato realizzato con l'ente locale affidante o di quello realizzato nel territorio di detto ente, ma occorre considerare tutte le attivita' realizzate dall'ente affidatario «indipendentemente da chi remunera tale attivita'» o «su quale territorio siano erogate tali prestazioni» (citata sentenza Carbotermo dell'11 maggio 2006). La difesa della Provincia conclude sul punto osservando come la norma censurata sia finalizzata a garantire proprio il pieno rispetto di tale requisito, nella parte in cui prevede che per stabilire se la societa' realizzi la parte piu' rilevante della propria attivita' con uno o piu' degli enti che la controllano bisogna rifarsi al fatturato dell'ente affidatario ed alle risorse economiche da esso impiegate, «uniche fonti per accertare la vera attivita' dell'ente sia sotto il profilo quantitativo, sia sotto il profilo qualitativo». Per quanto attiene, invece, al primo comma dell'art. 5, lo stesso, prevedendo che i servizi di rilevanza economica possono essere affidati direttamente a soggetti privati, purche' nei loro confronti gli enti pubblici ivi indicati esercitino influenza dominante, sarebbe conforme al requisito del controllo analogo richiesto dalla Corte di giustizia. Infatti, tale norma stabilisce, ai fini della determinazione del concetto di influenza dominante, specifiche restrizioni e limitazioni, introducendo, inoltre, un apposito organo con il preciso compito di assicurare il rispetto delle condizioni richieste. Infine, si sottolinea che, qualora questa Corte avesse dubbi sulla conformita' delle norme censurate ai principi del diritto comunitario in materia di concessione di pubblici servizi, dovrebbe sospendere il giudizio a quo e sottoporre le relative questioni alla Corte di giustizia europea. 3. - La Provincia autonomia di Bolzano ha depositato, nell'imminenza dell'udienza pubblica, una memoria con la quale, in via preliminare, ha rilevato come il contenuto dell'impugnato art. 5, comma 1, sia stato integralmente sostituito dall'art. 7, comma 2, della legge provinciale 10 giugno 2008, n. 4 (Modifiche di leggi provinciali in vari settori e altre disposizioni). Essa chiede, pertanto, che, sul punto, venga dichiarata cessata la materia del contendere, atteso che la disposizione impugnata, durante la sua vigenza, non avrebbe mai trovato applicazione. Per il resto, nella memoria si ribadiscono tutte le argomentazioni difensive contenute nell'atto di costituzione. 4. - Nel corso dell'udienza pubblica, la difesa della Provincia ha eccepito anche la tardivita' della notifica del ricorso. Considerato in diritto 1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato la legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 novembre 2007, n. 12 (Servizi pubblici locali), «con particolare riferimento agli artt. 3, comma 3, e 5, comma 1», per violazione dei principi comunitari in materia di tutela della concorrenza (artt. 43, 49 e 86 del Trattato 25 marzo 1957, che istituisce la Comunita' europea), nonche' degli artt. 8, comma 1, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), e 117, primo e secondo comma, lettera e), della Costituzione. 2. - Ha carattere preliminare l'esame dell'eccezione, sollevata dalla difesa della Provincia autonoma di Bolzano nel corso dell'udienza pubblica, relativa alla tardivita' del ricorso. Essa non e' fondata. L'art. 31 della legge 11 marzo 1953, n. 87, prevede che i ricorsi proposti dallo Stato nei confronti di leggi regionali (e delle Province autonome) devono essere notificati entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla pubblicazione dell'atto oggetto di impugnazione. Nel caso in esame tale termine e' stato rispettato. La legge contenente le norme censurate e' stata pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Trentino Alto Adige/Südtirol il 27 novembre 2007; il ricorso, notificato il 28 gennaio 2008, e' stato consegnato all'ufficio notifiche presso la Corte d'Appello di Roma il 26 gennaio 2008 e dunque il sessantesimo giorno utile. E' a tale momento temporale, infatti, che occorre avere riguardo, ai fini della valutazione della tempestivita' del ricorso, essendo irrilevante la successiva attivita' posta in essere dal predetto ufficio, che e' sottratta al controllo ed alla sfera di disponibilita' del soggetto che richiede la notifica (ex plurimis, sentenze n. 477 del 2002 e n. 383 del 2005). 3. - Ancora in via preliminare, deve essere disattesa l'eccezione di inammissibilita' del ricorso, sollevata dalla Provincia autonoma, sotto il profilo che, mentre la deliberazione del Consiglio dei ministri autorizza l'impugnazione soltanto degli artt. 3, comma 3, e 5, comma 1, con il ricorso e' stata proposta l'impugnazione dell'intera legge n. 12 del 2007, sia pure «con particolare riferimento» ai citati articoli, dei quali e' stata chiesta, nel petitum, la declaratoria di illegittimita' costituzionale. Infatti dall'esame congiunto del ricorso e della suindicata deliberazione risulta, con sufficiente chiarezza, che oggetto di gravame sono esclusivamente le disposizioni contenute nei due articoli in questione. 4. - Tanto premesso, deve rilevarsi che l'art. 5, comma 1, della legge provinciale n. 12 del 2007 e' stato abrogato dall'art. 7, comma 2, della legge della stessa Provincia autonoma 10 giugno 2008, n. 4 (Modifiche di leggi provinciali in vari settori e altre disposizioni), che ha introdotto una disposizione dal contenuto completamente diverso, relativa agli affidamenti a societa' a partecipazione mista pubblica e privata. Poiche' la norma censurata, contenuta nell'abrogato art. 5, comma 1, non ha ricevuto attuazione medio tempore - come risulta dalla dichiarazione resa dalla difesa della Provincia autonoma di Bolzano e non contestata dal ricorrente - deve essere dichiarata sul punto la cessazione della materia del contendere. 5. - L'analisi nel merito deve, pertanto, essere condotta soltanto con riguardo a quanto previsto dal comma 3 del citato art. 3. Tale disposizione deve essere esaminata nel quadro della normativa provinciale avente ad oggetto l'affidamento di servizi pubblici a societa' di capitale interamente pubblico. Al riguardo, va precisato che il suddetto art. 3, al comma 1, prevede che i servizi pubblici di rilevanza economica possono essere affidati alle suddette societa' qualora l'ente o gli enti: «a) detengano per intero il capitale sociale; b) esercitino sulla societa' un controllo analogo a quello da essi esercitato sui propri servizi; c) la societa' realizzi la parte piu' rilevante della propria attivita' con uno o piu' degli enti che la controllano». Il comma 2 del medesimo articolo, a sua volta, dispone, in relazione al requisito del controllo analogo di cui alla lettera b) sopra citata, che tale controllo sussiste qualora gli enti: «a) provvedano direttamente alla nomina ed alla revoca degli amministratori e dei sindaci della societa'; b) svolgano funzioni di indirizzo, indicando gli obiettivi dell'attivita' e dettando le direttive generali per raggiungerli; c) esercitino attivita' di controllo gestionale e finanziario, attraverso l'esperimento di sopralluoghi ed ispezioni nonche' attraverso l'esame di report periodici sull'efficacia, sull'efficienza e sull'economicita' del servizio». In relazione, invece, al secondo requisito previsto dalla lettera c) del comma 1, la norma, contenuta nel comma 3, specificamente oggetto di censura, prescrive che «la rilevanza dell'attivita' (…) e' considerata in base al fatturato e alle risorse economiche impiegate». Secondo la difesa dello Stato, il riferimento contenuto in tale norma agli elementi del «fatturato» e delle «risorse economiche impiegate» atterrebbe esclusivamente ad elementi quantitativi, sicche' la mancanza di ogni riferimento ad elementi qualitativi darebbe luogo ad una normativa, in tema di «rilevanza dell'attivita'», meno restrittiva rispetto a quella elaborata in sede comunitaria e determinerebbe, pertanto, «un ampliamento dei casi in cui e' possibile il ricorso all'affidamento diretto a societa' a capitale interamente pubblico», tale da comportare una «effettiva restrizione del regime di concorrenza». 6. - La questione e' fondata. Va premesso che la Provincia autonoma di Bolzano e' titolare di potesta' legislativa primaria in materia di «assunzione diretta di servizi pubblici e loro gestione a mezzo di aziende speciali» (art. 8 n. 19 dello statuto di autonomia). Nell'esercizio di tale potesta' essa, pero', per espressa previsione statutaria (medesimo art. 8), deve rispettare, tra l'altro, gli obblighi internazionali e i vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea. Ai fini della risoluzione della presente questione di legittimita' costituzionale, occorre, pertanto, muovere dalla ricognizione delle norme comunitarie nella specie rilevanti e dei principi affermati in materia dalla Corte di giustizia, dal momento che i limiti alla potesta' legislativa anche delle Province autonome derivano dalle singole disposizioni europee come interpretate dalla suddetta Corte. Piu' in particolare, le norme del Trattato CE poste a tutela della concorrenza, nel significato che ad esse e' attribuito dalla giurisprudenza comunitaria e in ragione del richiamo operato dall'art. 8 dello statuto di autonomia, sono direttamente applicabili nell'ordinamento interno e dunque assumono rilevanza agli effetti del giudizio di costituzionalita', essendo pacifico che «la precisazione o l'indicazione del significato normativo» di disposizioni del Trattato «compiuta attraverso una sentenza dichiarativa della Corte di giustizia abbiano la stessa immediata efficacia delle disposizioni interpretate» (cosi' sentenza n. 389 del 1989; nello stesso senso sentenza n. 168 del 1991). 7. - L'art. 86, secondo paragrafo, del Trattato CE prevede che «le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale (…) sono sottoposte alle norme del presente Trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto o di fatto, della specifica missione loro affidata». Nella prospettiva comunitaria, pertanto, da un lato, e' necessario che gli Stati membri attivino ampi processi di liberalizzazione finalizzati ad abbattere progressivamente le barriere all'entrata, mediante, tra l'altro, l'eliminazione di diritti speciali ed esclusivi a favore delle imprese, ed attuare la concorrenza «nel mercato»; dall'altro, si impone alle pubbliche amministrazioni di osservare, nella scelta del gestore del servizio, adeguate procedure di evidenza pubblica finalizzate a garantire il rispetto della concorrenza «per il mercato» (sentenza n. 401 del 2007, con riferimento al settore degli appalti pubblici). Il perseguimento di tali obiettivi e' inoltre volto ad assicurare, tra l'altro, la libera circolazione delle merci, delle persone e dei servizi; con la puntualizzazione che il rispetto delle citate norme fondamentali del Trattato si impone anche in un settore, quale quello dei servizi pubblici locali, attualmente estraneo alla sfera di applicazione di specifiche discipline comunitarie. In tale contesto, la giurisprudenza della Corte di giustizia (ex multis, sentenza Stadt Halle dell'11 gennaio 2005, in causa C-26/03) ha, pero', riconosciuto che rientra nel potere organizzativo delle autorita' pubbliche «autoprodurre» beni, servizi o lavori mediante il ricorso a soggetti che, ancorche' giuridicamente distinti dall'ente conferente, siano legati a quest'ultimo da una «relazione organica» (c.d. affidamento in house). Nella prospettiva europea, infatti, la pubblica amministrazione puo' decidere di erogare direttamente prestazioni di servizi a favore degli utenti mediante proprie strutture organizzative senza dovere ricorrere, per lo svolgimento di tali prestazioni, ad operatori economici attraverso il mercato. Il meccanismo dell'affidamento diretto a soggetti in house, deve, pero', essere strutturato in modo da evitare che esso possa risolversi in una ingiustificata compromissione dei principi che presiedono al funzionamento del mercato e, dunque, in una violazione delle prescrizioni contenute nel Trattato a tutela della concorrenza. In altri termini, il modello operativo in esame non deve costituire il mezzo per consentire alle autorita' pubbliche di svolgere, mediante la costituzione di apposite societa', attivita' di impresa in violazione delle regole concorrenziali, che richiedono che venga garantito il principio del pari trattamento tra imprese pubbliche e private (art. 295 del Trattato CE). La giurisprudenza della Corte di giustizia - proprio al fine di assicurare il rispetto di tali regole e sul presupposto che il sistema dell'affidamento in house costituisca un'eccezione ai principi generali del diritto comunitario - ha imposto l'osservanza di talune condizioni legittimanti l'attribuzione diretta della gestione di determinati servizi a soggetti «interni» alla compagine organizzativa dell'autorita' pubblica. La Corte, infatti, con la sentenza Teckal del 18 novembre 1999, in causa C-107/98, ha affermato che e' possibile non osservare le regole della concorrenza: a) quando l'ente pubblico svolge sul soggetto affidatario un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; b) quando il soggetto affidatario «realizzi la parte piu' importante della propria attivita'» con l'ente o con gli enti che la controllano. In relazione al primo requisito, la Corte di giustizia, in particolare con la citata sentenza Stadt Halle dell'11 gennaio 2005, ha sottolineato che esso non sussiste quando la societa' sia partecipata da privati, atteso che «qualunque investimento di capitale privato in un'impresa obbedisce a considerazioni proprie degli interessi privati», rifuggendo da «considerazioni ed esigenze proprie del perseguimento di obiettivi di interesse pubblico» che devono caratterizzare «il rapporto tra un'autorita' pubblica (…) ed i suoi servizi». Inoltre, tra le altre, nelle sentenze Carbotermo dell'11 maggio 2006, in causa C-340/04 e Parking Brixen del 13 ottobre 2005, in causa C-458/03, si e' puntualizzato che, ai fini del riconoscimento della sussistenza del presupposto in esame, accanto alla «dipendenza finanziaria», risultante dalla detenzione pubblica dell'intero capitale della societa' affidataria, rilevano profili di natura prettamente gestionale. In particolare, i giudici europei ritengono che l'ente pubblico debba essere dotato di poteri di controllo sull'attivita' del consiglio di amministrazione piu' ampi e pregnanti di quelli che normalmente il diritto societario riconosce alla maggioranza dei soci. Inoltre, e' stata esclusa la sussistenza del controllo analogo quando l'impresa abbia «acquisito una vocazione commerciale che rende precario il controllo» e che risulterebbe dalla presenza di elementi, quali, a titolo esemplificativo: l'ampliamento dell'oggetto sociale; l'apertura obbligatoria della societa', a breve termine, ad altri capitali; l'espansione territoriale dell'attivita' della societa' (citata sentenza Parking Brixen del 13 ottobre 2005; cosi' anche Consiglio di Stato, adunanza plenaria, 3 marzo 2008, n. 1). In relazione al secondo requisito, rappresentato, come si e' precisato, dalla prevalenza dello svolgimento dell'attivita' a favore dell'ente pubblico conferente, va, innanzitutto, chiarito come esso non impedisca che l'istituto dell'affidamento diretto sia configurabile anche in relazione al settore dei servizi pubblici. La circostanza, infatti, che tale settore si caratterizza per il fatto che le relative prestazioni sono rivolte, diversamente da quanto accade in presenza di un contratto di appalto, a favore dell'utenza, non costituisce un ostacolo alla riconduzione dell'attivita' all'autorita' pubblica. Gli stessi giudici europei hanno, sul punto, sottolineato che non rileva stabilire se il destinatario dell'attivita' posta in essere dal gestore del servizio sia la stessa amministrazione o l'utente delle prestazioni. Si deve infatti «tener conto di tutte le attivita' realizzate» da tale gestore sulla base di un affidamento effettuato dall'amministrazione, «indipendentemente da chi remunera tale attivita'», potendo trattarsi della medesima amministrazione o degli utenti delle prestazioni erogate (citata sentenza Carbotermo dell'11 maggio 2006). Quanto al significato da attribuire all'espressione che identifica il requisito in esame, la giurisprudenza comunitaria ha sostanzialmente affermato che e' necessario che il soggetto beneficiario dell'affidamento destini la propria attivita' «principalmente» a favore dell'ente. L'effettuazione di prestazioni che non siano del tutto marginali a favore di altri soggetti renderebbe quella determinata impresa «attiva sul mercato», con conseguente alterazione delle regole concorrenziali e violazione dei principi regolatori delle gare pubbliche e della legittima competizione. In altri termini, nella prospettiva comunitaria, una lettura non rigorosa della espressione «parte piu' importante della sua attivita'» inciderebbe sulla stessa nozione di soggetto in house alterandone il dato strutturale che lo identifica come una mera «articolazione interna» dell'ente stesso. Una consistente attivita' «esterna» determinerebbe, infatti, una deviazione dal rigoroso modello delineato dai giudici europei, con la conseguenza, da un lato, che verrebbe falsato il confronto concorrenziale con altre imprese che non usufruiscono dei vantaggi connessi all'affidamento diretto e piu' in generale dei privilegi derivanti dall'essere il soggetto affidatario parte della struttura organizzativa dell'amministrazione locale; dall'altro, che sarebbero eluse le procedure competitive di scelta del contraente, che devono essere osservate in presenza di un soggetto «terzo» (quale deve ritenersi quello che esplica rilevante attivita' esterna) rispetto all'amministrazione conferente. Va, inoltre, rimarcato che anche questa Corte ha avuto modo di affermare, sia pure con riferimento ad un settore diverso da quello in esame, che le esigenze di tutela della concorrenza impongono di tenere distinto lo svolgimento di attivita' amministrativa posta in essere da una societa' di capitali per conto di una pubblica amministrazione dal libero svolgimento di attivita' di impresa. L'esigenza di mantenere separate le due sfere di attivita', ha puntualizzato la Corte, e' finalizzata ad «evitare che un soggetto, che svolge attivita' amministrativa, eserciti allo stesso tempo attivita' d'impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso puo' godere in quanto pubblica amministrazione» (sentenza n. 326 del 2008, punto 8.3. del Considerato in diritto). Sul piano poi della verifica del rispetto del requisito in esame, la Corte di giustizia, in particolare, con la citata sentenza Carbotermo dell'11 maggio 2006, ha affermato che il giudice competente deve prendere in considerazione «tutte le circostanze del caso di specie, sia qualitative sia quantitative» (par. 64). Sul piano quantitativo, la stessa sentenza, al successivo paragrafo 65, fa espresso riferimento all'elemento del fatturato, osservando che «occorre considerare che il fatturato determinante e' rappresentato da quello che l'impresa in questione realizza in virtu' di decisioni di affidamento adottate dall'ente locale controllante». Inoltre, per mantenere una impostazione coerente con l'esigenza che l'indagine si svolga su un piano casistico, non sono ammesse rigide predeterminazioni connesse all'indicazione della misura percentuale di fatturato rilevante. Sul piano qualitativo, alla luce di quanto affermato dalla giurisprudenza comunitaria (citata sentenza Carbotermo dell'11 maggio 2006), tale profilo incide o puo' incidere sulla natura dei servizi resi e, quindi, sul criterio per ritenere che una attivita' di impresa sia svolta in modo preponderante per l'ente pubblico conferente e solo marginalmente per il mercato perche', a prescindere dal dato quantitativo del fatturato, tale profilo puo' - in astratto - riverberare i suoi effetti sulla rilevanza dell'attivita' svolta dal soggetto al fine di considerare prevalente o solo marginale l'attivita' «libera» in una prospettiva di futura espansione della stessa nel mercato o in zone del territorio diverse da quelle di competenza del soggetto pubblico conferente. 7.1. - Orbene, alla luce di quanto sopra, deve ritenersi sussistente il contrasto tra la norma impugnata e gli invocati parametri costituzionali. Ed infatti, la suddetta norma - sul presupposto che l'affidamento in house possa essere giustificato se, tra l'altro, «la societa' realizzi la parte piu' rilevante della propria attivita' con uno o piu' degli enti che la controllano» (art. 3, comma 1, lettera c) - prevede, come si e' gia' sottolineato, che «la rilevanza dell'attivita' (…) e' considerata in base al fatturato e alle risorse economiche impiegate». Il giudizio di verifica della sussistenza del requisito in esame e', dunque, limitato alla valutazione di dati di tipo quantitativo; e tali devono ritenersi quelli che, al fine di stabilire se il soggetto in house possa considerarsi «attivo» sul mercato in ragione della rilevanza esterna dell'attivita' di impresa svolta, attribuiscono valenza esclusiva all'entita' del fatturato e delle risorse economiche impiegate. Nella prospettiva comunitaria, invece, e' necessario assegnare rilievo anche ad eventuali aspetti di natura qualitativa idonei a fare desumere, ad esempio, la propensione dell'impresa ad effettuare determinati investimenti di risorse economiche in altri mercati - anche non contigui - in vista di una eventuale espansione in settori diversi da quelli rilevanti per l'ente pubblico conferente. Deve, pertanto, ritenersi che effettivamente il legislatore provinciale abbia indicato criteri di verifica del requisito della «rilevanza dell'attivita'» meno rigorosi rispetto a quelli enucleati - sia pure nell'ambito di un complessivo giudizio che mantiene una valenza necessariamente casistica modulata sulle peculiarita' delle singole fattispecie concrete - dalla giurisprudenza che si e' formata al riguardo. Di qui la violazione delle regole comunitarie sulla concorrenza poste dalle norme del Trattato invocate dal ricorrente, alla cui tutela e' finalizzata la delimitazione, effettuata, in via interpretativa, dalla Corte di giustizia, dell'ambito di operativita' del modello gestionale dell'affidamento diretto dei servizi pubblici locali. Pertanto, la valutazione in ordine alla rilevanza preponderante dell'attivita' nei confronti dell'ente pubblico conferente deve essere effettuata mediante la diretta applicazione della normativa comunitaria, quale risulta dall'interpretazione datane dai giudici europei. E sotto l'indicato profilo e' indubbio che la declaratoria di illegittimita' costituzionale del comma in esame conduce ad una maggiore chiarezza nella applicazione della normativa provinciale, contenuta nei commi 1 e 2 dell'art. 3 della legge impugnata, che deve essere interpretata alla luce dei principi sopra richiamati. Sulla base delle considerazioni che precedono, non sussistono i presupposti per il rinvio pregiudiziale, chiesto - in via subordinata - dalla difesa della Provincia autonoma, in quanto nella specie non vi sono dubbi sulla interpretazione della normativa comunitaria, il cui significato e' chiaro sulla base della giurisprudenza della Corte di giustizia; sicche' cio' che residua nella specie e' solo la questione di legittimita' costituzionale della normativa provinciale per contrasto con i principi affermati in sede europea. In conclusione, dunque, l'art. 3, comma 3, della legge provinciale in esame deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione delle norme comunitarie sulla tutela della concorrenza, come interpretate dalla Corte di giustizia CE, e, dunque, dell'art. 8, comma 1, dello statuto speciale per il Trentino Alto-Adige e dell'art. 117, primo comma, Cost.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 3, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 novembre 2007, n. 12 (Servizi pubblici locali); Dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 1, della predetta legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 12 del 2007. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2008. Il Presidente: Flick Il redattore: Quaranta Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 23 dicembre 2008. Il direttore della cancelleria: Di Paola