N. 446 ORDINANZA 17 - 29 dicembre 2008

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Ordinamento penitenziario - Affidamento in prova al servizio  sociale
  - Istanza presentata dopo l'inizio  dell'esecuzione  della  pena  -
  Possibilita'  per  il  magistrato  di  sorveglianza   di   disporre
  l'applicazione provvisoria della  misura  anziche'  la  sospensione
  dell'esecuzione,  in  attesa  della  decisione  del  tribunale   di
  sorveglianza - Mancata  previsione  -  Denunciata  irragionevolezza
  nonche' violazione del principio  di  eguaglianza  -  Esclusione  -
  Manifesta infondatezza della questione. 
- Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47,  comma  4,  come  sostituito
  dall'art. 2 della legge 27 maggio 1998, n. 165. 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.1 del 7-1-2009 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
composta dai signori: 
Presidente: Giovanni Maria FLICK; 
Giudici: Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,  Paolo  MADDALENA,  Alfio
  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi   MAZZELLA,
  Gaetano SILVESTRI, Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO; 
ha pronunciato la seguente 
                              Ordinanza 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  47,  comma  4,
della  legge  26  luglio  1975,  n.   354   (Norme   sull'ordinamento
penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative  e  limitative
della liberta'), come sostituito dall'art. 2 della  legge  27  maggio
1998, n. 165 (Modifiche all'articolo  656  del  codice  di  procedura
penale  ed  alla  legge  26  luglio  1975,  n.  354,   e   successive
modificazioni), promosso dal Magistrato di  sorveglianza  di  Livorno
nel procedimento relativo a B.H.A., con ordinanza del 1° aprile 2008,
iscritta al n. 271 del registro ordinanze  2008  e  pubblicata  nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  38, 1ª  serie   speciale,
dell'anno 2008. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio del 3 dicembre  2008  il  giudice
relatore Gaetano Silvestri. 
    Ritenuto che  il  Magistrato  di  sorveglianza  di  Livorno,  con
ordinanza del 1° aprile 2008, ha sollevato - in riferimento  all'art.
3 della  Costituzione  -  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 47, comma 4, della legge 26  luglio  1975,  n.  354  (Norme
sull'ordinamento  penitenziario  e   sull'esecuzione   delle   misure
privative e limitative della liberta'), come sostituito  dall'art.  2
della legge 27 maggio 1998, n. 165 (Modifiche  all'articolo  656  del
codice di procedura penale ed alla legge 26 luglio 1975,  n.  354,  e
successive modificazioni), nella parte in  cui  non  prevede  che  il
magistrato di sorveglianza, investito dell'istanza di affidamento  in
prova  al  servizio  sociale,  proposta  dopo  che  ha  avuto  inizio
l'esecuzione della pena, possa  disporre  l'applicazione  provvisoria
della misura «anziche' la pura e semplice sospensione dell'esecuzione
della pena», in attesa della decisione definitiva  del  tribunale  di
sorveglianza; 
        che il rimettente e'  investito  dell'istanza  di  ammissione
provvisoria  alla  misura  dell'affidamento  in  prova  al   servizio
sociale, avanzata da una detenuta gia' condannata a  cinque  anni  di
reclusione dalla Corte d'appello di Roma, per il delitto di cui  agli
artt. 73 e 80 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309  (Testo  unico  delle
leggi in materia di disciplina degli stupefacenti  e  delle  sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati  di
tossicodipendenza), con  sentenza  del  13  dicembre  2006,  divenuta
definitiva il 13 febbraio 2008; 
        che, secondo il giudice a quo,  sussisterebbero  i  requisiti
soggettivi ed oggettivi per l'ammissione dell'interessata alla misura
alternativa richiesta, atteso che il residuo della pena e'  inferiore
a tre anni (la relativa esecuzione ha avuto  inizio  il  23  novembre
2005), e che la  detenuta,  delinquente  primaria,  ha  trascorso  un
significativo periodo di detenzione agli arresti domiciliari (dal  30
maggio 2007 al 27 febbraio 2008), prima  che  la  sentenza  divenisse
irrevocabile, rispettando le prescrizioni e mantenendo  una  condotta
irreprensibile, di talche' risulterebbe inesistente  il  pericolo  di
fuga; 
        che, inoltre, non emergerebbero specifici e concreti elementi
dai quali desumere la  sussistenza  di  «collegamenti  attuali  della
detenuta con la criminalita' organizzata od eversiva,  elementi  che,
di fatto, sarebbero stati  ostativi  anche  alla  sostituzione  della
custodia cautelare in carcere con la piu' tenue misura degli  arresti
domiciliari»; 
        che, infine, la detenuta istante avrebbe  a  disposizione  un
domicilio «ove  riprenderebbe  l'attivita'  di  cura  familiare  gia'
svolta  durante  il  periodo  degli  arresti  domiciliari»,  laddove,
sottolinea il giudice a quo, «la stessa  potrebbe  essere  gravemente
pregiudicata dal protrarsi dello  stato  detentivo  in  attesa  della
decisione del Tribunale di sorveglianza [...] anche in  virtu'  delle
necessita' familiari e di accudimento evidenziate nell'istanza»; 
        che  il  rimettente  osserva  come,  nonostante  la  prognosi
favorevole all'ammissione dell'interessata alla  misura  alternativa,
la richiesta di applicazione  provvisoria  della  stessa  misura  non
possa essere accolta, stante il disposto dell'art. 47, comma 4, della
legge n. 354 del 1975; 
        che  infatti  la  disposizione  citata,   nel   definire   il
procedimento di  ammissione  all'affidamento  in  prova  al  servizio
sociale, con riferimento alle ipotesi in cui l'esecuzione della  pena
abbia gia' avuto inizio, prevede che il  magistrato  di  sorveglianza
possa sospendere detta  esecuzione  e  ordinare  la  liberazione  del
condannato, in attesa della decisione del tribunale di  sorveglianza,
ma non anche applicare in via provvisoria la misura alternativa; 
        che il giudice a quo ritiene irragionevole  tale  disciplina,
in quanto  preclusiva  degli  effetti  positivi  che  discenderebbero
dall'applicazione provvisoria della misura, in termini  di  possibile
sottoposizione dell'interessato a prescrizioni - utili anche ai  fini
della successiva valutazione della condotta ad opera del tribunale di
sorveglianza -, di attivazione dell'intervento del  servizio  sociale
fin dal momento della scarcerazione, e,  infine,  di  garanzia  della
«prosecuzione  dell'esecuzione  della   pena»,   potendosi   riferire
all'espiazione anche il periodo che precede la  decisione  definitiva
del tribunale di sorveglianza; 
        che, inoltre, sarebbe violato  il  principio  di  uguaglianza
sotto il profilo della disparita' di  trattamento,  come  emergerebbe
dal raffronto tra  la  disciplina  in  esame  e  quelle  dettate  per
l'ammissione  alle  misure  dell'affidamento   in   prova   in   casi
particolari  (per  tossicodipendenti  e  alcooldipendenti)  e   della
detenzione domiciliare, contenute rispettivamente nell'art. 94, comma
2, del d.P.R. n. 309 del 1990, come sostituito  dall'art.  4-undecies
della legge 21 febbraio  2006,  n.  49  (Conversione  in  legge,  con
modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2005,  n.  272,  recante
misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti  per  le
prossime    Olimpiadi    invernali,    nonche'    la    funzionalita'
dell'Amministrazione  dell'interno.  Disposizioni  per  favorire   il
recupero dei tossicodipendenti recidivi), e nell'art.  47-ter,  comma
1-quater, della legge n. 354 del 1975; 
        che, infatti, nelle disposizioni  citate  il  legislatore  ha
configurato l'intervento del magistrato  di  sorveglianza  in  chiave
totalmente  anticipatoria,  allo  scopo  di   realizzare   in   tempi
ragionevolmente   rapidi   -   ove   ricorrano   le   condizioni   di
ammissibilita' e sia assente il pericolo di  fuga  -  l'accesso  alle
misure alternative indicate,  tenuto  conto  che  il  termine  di  45
giorni,  previsto  per  la  decisione  definitiva  del  tribunale  di
sorveglianza, e' meramente ordinatorio; 
        che il rimettente si sofferma sulla previsione riguardante la
detenzione domiciliare,  contenuta  nel  citato  art.  47-ter,  comma
1-quater, per effetto della quale, in presenza dei requisiti  di  cui
al comma 1 (detenzione domiciliare per motivi umanitari) e  al  comma
1-bis (detenzione domiciliare biennale «generica»), il magistrato  di
sorveglianza puo' disporre l'applicazione provvisoria  della  misura,
con un provvedimento che conserva efficacia fino alla  decisione  del
tribunale di sorveglianza; 
        che  anche  nel  procedimento  di  ammissione   alla   misura
dell'affidamento in prova cosiddetto terapeutico, per  effetto  della
recente modifica introdotta con la legge n. 49 del 2006, si  realizza
l'immediata «presa in carico» del  detenuto  istante,  da  parte  del
servizio per le  tossicodipendenze  o  della  comunita'  terapeutica,
nonche' l'imposizione di  obblighi  e  prescrizioni  a  carico  dello
stesso, «senza che vengano a crearsi  sospensioni  tra  la  decisione
provvisoria del Magistrato di sorveglianza e  quella  definitiva  del
Tribunale»; 
        che, secondo il giudice a quo,  il  divario  determinatosi  a
proposito  dei   provvedimenti   anticipatori   del   magistrato   di
sorveglianza sarebbe privo di giustificazione, in  quanto  varrebbero
anche per l'ammissione all'affidamento in prova al  servizio  sociale
le ragioni che  militano  a  sostegno  dell'applicazione  provvisoria
della misura; 
        che,   in   particolare,   identica    sarebbe    la    ratio
dell'intervento cautelare dell'organo monocratico nelle  tre  ipotesi
considerate, da individuarsi nell'esigenza di garantire la tempestiva
ammissione del detenuto alla  misura  alternativa,  in  attesa  della
decisione definitiva dell'organo  collegiale,  che  puo'  intervenire
anche a distanza considerevole di tempo rispetto  alla  presentazione
della domanda; 
        che, inoltre, identica sarebbe  la  struttura  del  giudizio,
tipicamente cautelare, di prognosi circa l'accoglimento  dell'istanza
da  parte  del  tribunale  di  sorveglianza,  previa  verifica  della
sussistenza  delle   condizioni   di   ammissibilita'   alla   misura
alternativa richiesta e del grave pregiudizio che  potrebbe  derivare
dalla protrazione dello stato di detenzione,  nonche',  in  negativo,
dell'assenza del pericolo di fuga  (a  tal  proposito  il  rimettente
evidenzia che l'art. 47-ter, comma 1-quater, richiama le disposizioni
dettate dall'art. 47, comma 4, applicabili in quanto compatibili, la'
dove l'art. 94, comma 2, del d.P.R. n.  309  del  1990  espressamente
indica  il  periculum  in  mora  come  presupposto  della   decisione
cautelare); 
        che, infine, il  rimettente  evidenzia  come  la  sospensione
dell'esecuzione della  pena  comporti  un  «temporaneo  congelamento»
dell'esecuzione stessa, il quale, oltre a presentare  i  limiti  gia'
indicati   sotto   il   profilo   contenutistico,   determina,    per
l'interessato, una situazione paragonabile ad una sorta  di  «limbo»,
potenzialmente  di   durata   apprezzabile,   mentre   l'applicazione
provvisoria della misura arricchirebbe di  contenuti  il  periodo  di
attesa e  «consentirebbe  inoltre  al  Tribunale,  al  momento  della
decisione definitiva, di esprimere un giudizio piu'  ponderato  sulla
capacita' del soggetto di conformarsi alle prescrizioni della  misura
alternativa»; 
        che, con riguardo alla rilevanza della questione, il  giudice
a quo ribadisce che l'istanza sottoposta al suo giudizio e' volta  ad
ottenere l'applicazione  provvisoria  dell'affidamento  in  prova  al
servizio sociale, vale a dire un  provvedimento  non  consentito  dal
censurato art. 47, comma 4, della legge n. 354 del  1975,  risultando
cosi' ininfluente la circostanza che, nella specie, potrebbe comunque
essere disposta la sospensione  dell'esecuzione  della  pena,  attesa
l'evidenziata  diversita'  di  contenuto  e  di  effetti  tra  i  due
provvedimenti; 
        che e' intervenuto in giudizio il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, con atto depositato il 30 settembre 2008, ed ha  concluso  per
la manifesta inammissibilita' e, comunque, per  l'infondatezza  della
questione; 
        che, secondo la difesa erariale,  la  comparazione  istituita
tra   la   disciplina   dell'ammissione   alla   misura   alternativa
dell'affidamento in prova al servizio sociale e quelle  previste  per
l'ammissione alla detenzione domiciliare e all'affidamento  in  prova
cosiddetto terapeutico poggerebbe sul presupposto, non condivisibile,
della assimilabilita' delle situazioni in esame; 
        che,  diversamente  da  quanto   ritenuto   dal   rimettente,
l'applicabilita'  in  via   provvisoria   delle   misure   richiamate
risponderebbe  a  specifiche  esigenze,  facilmente   desumibili   in
rapporto al contenuto di ciascuna misura alternativa; 
        che, infatti, nell'ipotesi prevista  dall'art.  47-ter  della
legge n. 354 del 1975, sarebbe evidente «la necessita'  di  garantire
la continuita' del regime detentivo al quale  il  condannato  permane
assoggettato anche dopo l'applicazione della detenzione domiciliare»,
la'  dove,  nell'ipotesi   dell'affidamento   in   prova   cosiddetto
terapeutico, sarebbe del pari evidente la necessita'  di  «assicurare
che il tossicodipendente o l'alcooldipendente inizi immediatamente  o
prosegua il programma di recupero gia' avviato»; 
        che nessuna delle indicate esigenze connoterebbe la  fase  di
ammissione  all'affidamento  in  prova  al  servizio  sociale,   come
configurato  nell'art.  47  della  citata  legge  n.  354  del  1975,
trattandosi di misura alternativa alla detenzione  che  non  comporta
ne' un vero e proprio regime di privazione della liberta'  personale,
ne' la sottoposizione dell'interessato ad un programma  di  recupero,
ma soltanto l'attuazione di una serie di prescrizioni  finalizzate  a
contribuire  alla  rieducazione  del  soggetto  e  ad  assicurare  la
prevenzione del pericolo che lo stesso commetta altri reati; 
        che in definitiva, a parere  della  difesa  dello  Stato,  il
differente regime di  applicazione  di  quest'ultima  misura  sarebbe
sorretto  da  una  adeguata  giustificazione,   e   come   tale   non
irragionevole. 
    Considerato che il Magistrato di sorveglianza di Livorno dubita -
in riferimento all'art. 3 della  Costituzione  -  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 47, comma 4, della legge 26 luglio 1975,  n.
354 (Norme sull'ordinamento  penitenziario  e  sull'esecuzione  delle
misure  privative  e  limitative  della  liberta'),  come  sostituito
dall'art. 2 della legge 27 maggio 1998, n.  165  (Modifiche  all'art.
656 del codice di procedura penale ed alla legge 26 luglio  1975,  n.
354, e successive modificazioni), nella parte in cui non prevede  che
il magistrato di sorveglianza, investito dell'istanza di  affidamento
in prova al servizio sociale,  proposta  dopo  che  ha  avuto  inizio
l'esecuzione della pena, possa  disporre  l'applicazione  provvisoria
della misura «anziche' la pura e semplice sospensione dell'esecuzione
della pena», in attesa della decisione definitiva  del  tribunale  di
sorveglianza; 
        che   il   rimettente   reputa   irragionevole,   oltre   che
ingiustificatamente discriminatoria rispetto ad altre misure  assunte
in comparazione, la scelta legislativa  secondo  cui  l'accesso  alla
misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale puo'
essere preceduto solo dalla sospensione dell'esecuzione della pena  -
e dunque dalla rimessione in  liberta'  del  detenuto  istante  -  in
ipotesi di prognosi favorevole circa l'accoglimento  dell'istanza  da
parte del tribunale di sorveglianza; 
        che  il  rimettente  evidenzia  come,   al   contrario,   con
riferimento  alle  misure  alternative  dell'affidamento   in   prova
cosiddetto terapeutico e della detenzione domiciliare, sia  possibile
l'ammissione  provvisoria  alle  predette  misure,  all'esito  di  un
procedimento valutativo in tutto identico a  quello  delineato  dalla
norma censurata; 
        che il rimettente vorrebbe percio' introdotto, in luogo della
prevista  sospensione  della  pena,  un  provvedimento  di  carattere
anticipatorio, in modo da «riempire» con  i  contenuti  tipici  della
predetta misura il periodo, di durata  potenzialmente  significativa,
che precede la decisione definitiva del  tribunale  di  sorveglianza,
evitando, nel contempo, l'interruzione della fase esecutiva,  con  il
vantaggio, per l'interessato, di  vedersi  riconosciuto  il  predetto
periodo ai fini del computo della pena espiata; 
        che, nell'ambito della discrezionalita' che connota le scelte
di politica penitenziaria, non appare manifestamente irragionevole la
previsione, introdotta con la legge n. 165 del 1998, che consente  la
sospensione cautelare della pena  nei  confronti  del  condannato  il
quale abbia presentato istanza di affidamento in  prova  al  servizio
sociale, in attesa della decisione definitiva dell'organo  collegiale
sull'applicazione della misura; 
        che infatti la  provvisoria  rimessione  in  liberta',  senza
prescrizioni, e' disposta mediante  un  provvedimento  cautelare,  di
competenza del magistrato di sorveglianza nei casi di detenzione gia'
iniziata,  che  deve  essere  sorretto  da  un  giudizio  prognostico
favorevole  circa  l'ammissione  del  soggetto  istante  alla  misura
alternativa  in  assoluto  piu'  favorevole  tra  quelle  configurate
dall'ordinamento penitenziario, e che  presuppone  la  capacita'  del
beneficiario  di  autodeterminarsi  a  prescindere   da   particolari
limitazioni della liberta' personale; 
        che anche il criticato effetto  interruttivo  dell'esecuzione
della  pena,  derivante  dall'applicazione  della  norma   censurata,
risulta  in  realta'   coerente   con   la   scelta   di   restituire
provvisoriamente piena liberta'  al  soggetto  che,  ad  un  giudizio
prognostico,   appare   meritevole   dell'ammissione   alla    misura
alternativa in esame, essendo logica conseguenza che, nell'ipotesi di
mancato  accoglimento  dell'istanza  da  parte   del   tribunale   di
sorveglianza, il periodo trascorso fuori dall'istituto di detenzione,
senza alcuna forma di restrizione, non possa  essere  valutato  quale
forma di espiazione; 
        che nemmeno puo' ritenersi ingiustificata  la  disparita'  di
trattamento denunciata, con riferimento al contenuto  dell'intervento
provvisorio del magistrato di sorveglianza,  tra  condannati  istanti
per l'affidamento in prova al servizio sociale, come nella specie,  e
condannati che richiedano l'ammissione alle misure  della  detenzione
domiciliare e dell'affidamento in prova a  fini  terapeutici,  atteso
che, come ripetutamente affermato  da  questa  Corte,  le  situazioni
poste  in  comparazione  sono  caratterizzate  dalla  diversita'  dei
presupposti di fatto e della configurazione normativa  delle  diverse
misure alternative (ex multis, sentenza n. 338 del 2008  e  ordinanza
n. 375 del 1999); 
        che, infatti, l'ammissione in via provvisoria alla detenzione
domiciliare nei casi indicati all'art. 47-ter, commi 1 e 1-bis, della
legge n. 354  del  1975,  serve  a  garantire  la  continuita'  della
restrizione, in attesa della decisione  definitiva  sull'applicazione
della misura alternativa, quando il detenuto si trovi  in  situazioni
soggettive     caratterizzate     da     esigenze      di      natura
umanitario-assistenziale (comma 1), ovvero in condizioni tali,  avuto
riguardo all'entita' della pena da espiare, al  titolo  del  reato  e
alla mancanza di recidiva (comma 1-bis), da  rendere  preferibile,  a
fini essenzialmente  deflattivi,  la  sostituzione  della  detenzione
carceraria con quella domiciliare; 
        che, in termini analoghi,  l'ammissione  in  via  provvisoria
all'affidamento a fini terapeutici consente l'immediato avvio,  o  la
prosecuzione, del programma di  recupero  dalla  tossicodipendenza  o
alcooldipendenza,  all'interno  del  quale  si  realizza  anche   una
imprescindibile forma di contenimento  e  di  controllo  su  soggetti
altrimenti destinati a rimanere ristretti in carcere; 
        che, pertanto, la  questione  sollevata  appare,  sotto  ogni
profilo, manifestamente non fondata. 
    Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,
n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per  i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale. 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 47, comma  4,  della  legge  26
luglio  1975,  n.  354  (Norme   sull'ordinamento   penitenziario   e
sull'esecuzione delle misure privative e limitative della  liberta'),
come sostituito dall'art. 2  della  legge  27  maggio  1998,  n.  165
(Modifiche all'articolo 656 del codice di procedura  penale  ed  alla
legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni), sollevata,
in riferimento all'art.  3  della  Costituzione,  dal  Magistrato  di
sorveglianza di Livorno con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 2008. 
                        Il Presidente: Flick 
                       Il redattore: Silvestri 
                      Il cancelliere: Di Paola 
    Depositata in cancelleria il 29 dicembre 2008. 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola