N. 7 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 ottobre 2008

Ordinanza del 9 ottobre 2008 emessa dal Tribunale  di  Ascoli  Piceno
sul ricorso proposto da B. Z. nei confronti di G. P.. 
 
Patrocinio a spese dello Stato  -  Ricorso  per  la  revisione  delle
  statuizioni  contenute  nella  sentenza  di  divorzio  proposto  da
  soggetto  ammesso  al  gratuito  patrocinio   -   Soccombenza   del
  ricorrente - Istanza di liquidazione del  compenso  presentata  dal
  difensore del ricorrente - Ritenuta non spettanza al  difensore  di
  alcun compenso, non avendo il ricorrente tratto alcuna utilita' dal
  giudizio intrapreso per motivi del tutto noti e prevedibili fin dal
  momento della presentazione dell'istanza di ammissione al  gratuito
  patrocinio (in specie,  la  manifesta  infondatezza  della  pretesa
  fatta valere dall'interessato) - Omessa previsione che il consiglio
  dell'ordine degli avvocati specifichi i  motivi  per  i  quali,  in
  fatto e in  diritto,  ritiene  che  le  pretese  che  l'interessato
  intende far valere non appaiono manifestamente infondate  -  Omessa
  previsione che il  magistrato  competente  per  il  giudizio  possa
  revocare l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato disposta in
  via anticipata e provvisoria anche nell'ipotesi  in  cui  verifichi
  che, sin dall'inizio, le pretese che  l'interessato  intendeva  far
  valere fossero manifestamente infondate - Denunciata violazione dei
  principi costituzionali in materia di tutela del diritto di  difesa
  dei non abbienti  -  Incidenza  sul  principio  di  buon  andamento
  dell'amministrazione della giustizia. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 30  maggio  2002,  n.  115,
  artt. 126 e 127. 
- Costituzione, artt. 24, comma terzo, e 97. 
(GU n.4 del 28-1-2009 )
                            IL TRIBUNALE 
    Ha emesso la seguente ordinanza. 
    B. Z., ammessa al gratuito patrocinio a  spese  dello  Stato  con
provvedimento del Consiglio  dell'ordine  degli  avvocati  di  Ascoli
Piceno del 25 febbraio 2008,  ha  chiesto  a  questo  tribunale,  con
ricorso ai sensi dell'art. 9, legge n.  898/1970,  di  modificare  le
statuizioni contenute nella sentenza n. 174/2007  emanata  da  questo
tribunale tra la medesima ricorrente e G.P. all'esito della causa  di
divorzio. 
    Nel ricorso,  la  suddetta  B.,  ha  chiesto  la  modifica  delle
statuizioni sia in relazione all'assegno divorzile, sia in  relazione
all'assegno posto a carico del G., quale contributo  al  mantenimento
della figlia S., nata dal matrimonio, lamentando  l'inadeguatezza  di
tali statuizioni in relazione alle esigenze della stessa ricorrente e
della figlia. 
    Il    procedimento    si    e'    concluso    con    declaratoria
d'inammissibilita' del ricorso, in quanto, come da costante e notoria
giurisprudenza di legittimita', nei procedimenti ai  sensi  dell'art.
9, legge n. 898/1970, il giudice e' tenuto solo a  valutare  se  sono
sopravvenute  circostanze  che  giustifichino  una   diversa   misura
dell'assegno  divorzile  o  dell'assegno   da   corrispondere   quale
contributo  al  mantenimento  dei  figli  o   eventualmente   diversa
modalita' di corresponsione (si veda tra le piu' recenti, la sentenza
della Corte di cassazione, sez. I, n. 22249 del 23 ottobre 2007). 
    Con  il  provvedimento  che  ha  rigettato  il  ricorso,   questo
tribunale ha condannato la ricorrente al pagamento  delle  spese  del
procedimento sostenute da controparte,  liquidate  in  complessivi  €
800,00, di cui € 500 per onorari, oltre IVA e CPA come per legge. 
    Il difensore della  ricorrente,  avv.  Roberta  Alessandrini,  ha
presentato istanza  di  liquidazione  dei  compensi  per  l'attivita'
difensiva svolta, per € 5.049,91. 
    Ritiene il tribunale che, nel caso di specie, sin dall'inizio, la
parte ricorrente, non dovesse essere ammessa al  patrocinio  a  spese
dello Stato, per i seguenti motivi. 
    L'art. 126, d.P.R. n. 115/2002, al riguardo, stabilisce  che  «il
Consiglio dell'ordine  degli  avvocati,  verificata  l'ammissibilita'
dell'istanza, ammette l'interessato in via anticipata  e  provvisoria
al patrocinio se, alla stregua della dichiarazione sostitutiva  della
certificazione prevista,  ricorrono  le  condizioni  di  reddito  cui
l'ammissione  al  beneficio  e'  subordinata  e  se  le  pretese  che
l'interessato  intende  far  valere   non   appaiono   manifestamente
infondate»; 
    L'art. 82, sia pure in relazione all'entita'  della  liquidazione
degli onorari, stabilisce  che  occorra  tener  conto  dell'incidenza
degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della  persona
offesa». 
    L'art.  127,  quarto  comma  prevede  che  «l'effettivita'  e  la
permanenza delle condizioni previste per l'ammissione al patrocinio e
in ogni tempo, anche successivo all'ammissione,  (va)  verificata  su
richiesta dell'autorita' giudiziaria...». 
    L'art. 127, quarto comma del d.P.R. n. 115/2002  sembra  limitare
l'accertamento   demandato   all'autorita'   giudiziaria   ai    soli
presupposti economici relativi all'effettivita'  ed  alla  permanenza
delle  condizioni  previste  per  l'ammissione  al  patrocinio,   con
esclusione, quindi, della verifica (con valutazione  ex  ante)  della
non manifesta infondatezza delle pretese che l'interessato  intendeva
far valere in giudizio, illustrate (presumibilmente) con la richiesta
di ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato. 
    Tutto cio' premesso, osserva il Collegio che le  norme  contenute
negli artt. 126 e 127 quarto comma, d.P.R. n.  115/2002  si  pongono,
nel loro complesso, in contrasto con il disposto dell'art.  24  della
Costituzione,  il  quale,  al  comma  n.  3,  stabilisce  che   «sono
assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per  agire
e difendersi davanti ad ogni giurisdizione». 
    Dalla lettura di tale norma  costituzionale  sembra  al  Collegio
potersi desumere che: 
    il gratuito patrocinio non e' assicurato  in  ogni  caso  al  non
abbiente che intenda agire in giudizio, ma solo nell'ipotesi  in  cui
questi si trovi nella necessita' di far valere  una  pretesa  che  si
assume ragionevolmente fondata, sia pure in base ad  una  valutazione
sommaria:  in  altri  termini,  non  appare  coerente   al   disposto
costituzionale assicurare al non abbiente la difesa in ogni  caso  in
cui questi, in base a mere convinzioni personali,  ritenga  di  poter
far valere un diritto  che  in  realta'  non  appare  sussistente  o,
addirittura, si proponga di porre in  essere  iniziative  giudiziarie
palesemente infondate anche al solo scopo  di  arrecare  disturbo  ai
soggetti che intende convenire in giudizio; 
    il gratuito patrocinio (che e' l'istituto  in  concreto  adottato
dal legislatore ordinario per assicurare  ai  non  abbienti  i  mezzi
economici necessari per la tutela giurisdizionale  dei  loro  diritti
soggettivi o interessi legittimi) dovrebbe essere assicurato in  ogni
caso in cui il non abbiente sia convenuto  in  giudizio,  non  avendo
egli adottato l'iniziativa di adire il giudice, ma  trovandosi  nella
necessita' di doversi difendere in giudizio a seguito  di  iniziativa
giudiziaria altrui  e  sempre  che,  anche  in  tal  caso,  la  linea
difensiva adottata non sia meramente pretestuosa o dilatoria e,  come
tale, si traduca in un'ingiustificata opposizione alle pretese  fatte
valere in giudizio dalla controparte. 
    Cio' posto, si sottolinea che la norma contenuta  nell'art.  126,
d.P.R. n. 115/2002 in esame  appare  coerente  con  tale  costruzione
nella parte in cui subordina  l'ammissione  in  via  provvisoria  del
soggetto  non  abbiente  al  gratuito  patrocinio  alla   valutazione
preventiva del Consiglio dell'ordine degli avvocati che e' tenuto  ad
accertare la sussistenza non solo  dei  presupposti  di  reddito  per
l'ammissione, ma anche la non manifesta  infondatezza  delle  pretese
che l'interessato intende far valere. 
    Si rileva, tuttavia, che l'ammissione in via provvisoria da parte
del Consiglio dell'ordine non e'  subordinata  ad  alcun  obbligo  di
motivazione da parte del medesimo consiglio sul punto  relativo  alla
valutazione della non manifesta infondatezza della pretesa che il non
abbiente intende  far  valere  in  giudizio,  rendendo  in  tal  modo
impossibile al giudice, che dovra' poi provvedere  alla  liquidazione
dei compensi spettanti al difensore del soggetto ammesso al  gratuito
patrocinio, accertare su quali basi il  Consiglio  dell'ordine  abbia
ritenuto la pretesa «non manifestamente infondata». 
    La mancanza della motivazione (sia pure sommaria)  da  parte  del
Consiglio dell'ordine degli avvocati rende assolutamente  impossibile
la  verifica,  da  parte  del  giudice,  della  completezza  e  della
correttezza del procedimento che si e' concluso con il  provvedimento
di ammissione in via provvisoria al gratuito patrocinio a spese dello
Stato, nel senso non sempre il giudice,  sia  pure  rapportandosi  al
momento precedente all'inizio della causa, e' in grado  di  stabilire
se ricorressero le condizioni della «non manifesta  infondatezza  del
diritto» previste dall'articolo in esame. 
    Cio' appare evidente, ove si consideri (ed e' appena il  caso  di
rilevarlo) che l'esito di ogni vertenza appare quasi spesso  incerto,
in quanto le previsioni iniziali  prescindono  dalla  disamina  della
linea difensiva avversaria (e di  cio'  occorre  tener  conto  quando
l'ammissione al gratuito patrocinio sia antecedente all'inizio  della
causa);  inoltre,  quando   l'ammissione   al   gratuito   patrocinio
intervenga in corso di causa, le valutazioni sulla  fondatezza  della
pretesa sono parimenti difficili, soprattutto quando l'oggetto  della
causa  e  le  deduzioni  istruttorie  delle  parti  non  siano  state
compiutamente definite. 
    Nonostante cio', nel caso di specie, come in ogni altro  caso  in
cui,  sin  dall'inizio,  la  pretesa  fatta  valere  dall'ammesso  al
gratuito patrocinio era palesemente infondata (e quindi  l'esito  del
giudizio, sfavorevole al soggetto  ammesso  la  gratuito  patrocinio,
appariva scontato),  appare  illogico  e  contrario  alle  previsioni
dell'art. 24, terzo comma della Costituzione  il  disposto  dell'art.
127, ultimo comma, d.P.R. n. 115/2002 nella parte in cui non  prevede
che il giudice, chiamato a provvedere sulla liquidazione dei compensi
spettanti al difensore, non possa, oltre a verificare la  sussistenza
effettiva e la permanenza, nel corso del giudizio,  delle  condizioni
economiche necessarie per l'ammissione (o per la  conservazione)  del
beneficio del gratuito patrocinio, valutare  se,  in  relazione  alla
pretesa fatta valere in giudizio dal  soggetto  ammesso  al  gratuito
patrocinio, sussistessero, sin dall'inizio (e quindi con un  giudizio
ex ante), le condizioni previste dall'art. 126, primo  comma,  d.P.R.
n. 115/2002. 
    Tale rilievo  appare  fondato  anche  ove  si  consideri  che  il
giudice, nel liquidare il compenso al difensore della  parte  ammessa
al gratuito patrocinio, deve valutare, ai sensi dell'art. 82,  d.P.R.
n. 115/2002 (dettata, a quanto sembra, con  riferimento  al  gratuito
patrocinio in favore della parte  civile  nei  procedimenti  penali),
«l'incidenza degli atti assunti rispetto alla  posizione  processuale
della persona offesa». 
    Ove si dovesse tenere conto di  tale  principio,  che  appare  di
portata generale, appare chiaro  che,  in  tutti  i  casi  di  palese
infondatezza della pretesa fatta  valere  in  giudizio  dal  soggetto
ammesso  al  gratuito   patrocinio,   dovendosi   escludere   che   a
quest'ultimo  sia  derivata  un'utilita'  di  qualunque  genere   dal
giudizio  intrapreso,  mancherebbero  del  tutto   i   parametri   di
valutazione del compenso da liquidare in favore  del  suo  difensore:
infatti,  se  l'«incidenza»  dell'intero   giudizio   rispetto   alla
posizione  processuale  dell'interessato  e'  inesistente,   non   si
dovrebbe riconoscere  alcun  diritto  al  difensore  dell'ammesso  al
gratuito patrocinio a percepire compensi, da  porre  a  carico  dello
Stato, per l'attivita' svolta. 
    In altri termini, quando la  pretesa  fatta  valere  in  giudizio
appariva, sin dall'inizio,  palesemente  infondata,  l'ammissione  al
patrocinio a spese dello Stato non determina alcun vantaggio  per  la
parte ammessa,  sicche'  non  puo'  ritenersi  raggiunta  (nonostante
l'impegno economico che grava sulla finanza pubblica) la finalita' di
tutela del non abbiente  alla  quale  l'art.  24  della  Costituzione
tende. 
    In  aggiunta  alla  denunciata  irrazionalita'  della  norma   in
questione ed al  suo  contrasto  con  il  disposto  del  terzo  comma
dell'art. 24 della  Costituzione,  appare  opportuno  aggiungere  che
l'elevatissimo numero di cause  intentate  dai  soggetti  ammessi  al
gratuito patrocinio (che agiscono senza il «deterrente» degli effetti
economici negativi derivanti dalla condanna alle spese del  giudizio)
ha, quale ulteriore (innegabile)  effetto,  un  evidente  pregiudizio
alla  funzionalita'  dell'intero  sistema  giudiziario,  essendo  gli
organi giurisdizionali spesso chiamati a provvedere  su  pretese  del
tutto infondate, con distrazione di  risorse  che  potrebbero  essere
diversamente (e piu' fruttuosamente) impiegate. 
    Sotto questo aspetto, il sistema di norme in  esame  si  pone  in
contrasto  anche  con  l'art.  97  della   Costituzione,   il   quale
stabilisce, come e' noto, che le leggi che regolano  l'organizzazione
dei   pubblici   uffici   devono   assicurare   il   buon   andamento
dell'amministrazione,   come   tale   dovendosi    intendere    anche
l'amministrazione della giustizia, la quale subisce gravi disfunzioni
ricollegabili  a  numerose  iniziative  giudiziarie  rivelatesi   poi
relative a pretese del tutto infondate. 
    Nel caso di specie, il tribunale ritiene che al  difensore  della
suddetta B. Z. non debba essere liquidato alcun compenso, perche'  la
ricorrente non ha tratto alcuna utilita' dal giudizio intrapreso  per
motivi  del  tutto  noti  e  prevedibili  gia'   al   momento   della
presentazione dell'istanza di ammissione  al  gratuito  patrocinio  a
spese dello Stato e della successiva presentazione del ricorso. 
    Il tribunale, tuttavia, non puo' pervenire a tale  determinazione
indipendentemente dalla risoluzione della questione di illegittimita'
costituzionale sopra illustrata. 
                              P. Q. M. 
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Solleva la questione di illegittimita' costituzionale: 
    1) dell'art. 126, d.P.R. n. 115 del 2002 nella parte in  cui  non
prevede che il Consiglio  dell'ordine  degli  avvocati  specifichi  i
motivi per i quali, in fatto e in diritto, ritiene  che  «le  pretese
che l'interessato intende  far  valere  non  appaiono  manifestamente
infondate»; 
    2) dell'art. 127, d.P.R. n. 115 del 2002 (anche indipendentemente
dall'accoglimento della sollevata  questione  di  incostituzionalita'
dell'art 126, d.P.R. 115/2002) nella parte in cui non prevede che  il
magistrato competente per il giudizio possa revocare l'ammissione  al
patrocinio  a  spese  dello  Stato  disposta  in  via  anticipata   e
provvisoria anche nell'ipotesi in cui verifichi che, sin dall'inizio,
le  pretese  che   l'interessato   intendeva   far   valere   fossero
manifestamente infondate. 
    Ordina che gli atti del procedimento siano trasmessi  alla  Corte
costituzionale; 
        che,  a  cura  della  cancelleria,   questa   ordinanza   sia
notificata alle parti in causa, al pubblico ministero, al  Presidente
del Consiglio dei  ministri,  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
Parlamento. 
          Ascoli Piceno, addi' 9 ottobre 2008 
                      Il Presidente: Marangoni 
                                      Il giudice relatore: De Angelis