N. 14 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 ottobre - 5 novembre 2008

Ordinanza del 28 ottobre 2008 emessa dal Tribunale di sorveglianza di
Bari sull'istanza proposta da S.V.. 
 
Ordinamento penitenziario -  Misure  alternative  alla  detenzione  -
  Detenzione domiciliare speciale  -  Concessione  del  beneficio  al
  detenuto padre di figlio minore di anni dieci, qualora la madre sia
  impossibilitata, soltanto se «non vi e' modo di affidare  la  prole
  ad altri che al padre» - Disparita' di  trattamento  rispetto  alla
  madre detenuta - Pregiudizio dello sviluppo della personalita'  del
  minore - Violazione dei principi posti a tutela dell'infanzia. 
- Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47-quinquies, comma settimo. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 30, primo comma, e 31, comma secondo. 
(GU n.5 del 4-2-2009 )
                            IL TRIBUNALE 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento relativo  a
V.S. (nato ad A .............. il ............. detenuto  nella  Casa
circondariale di Foggia) avente ad  oggetto  istanza  di  concessione
della detenzione domiciliare ai sensi dell'art. 47-quinquies legge n.
354/1975 oppure ai sensi degli artt. 146 n. 3 c.p. - 147 nn.  1  e  2
c.p. - 47-ter, comma 
    1-ter, legge n. 354/1975 in relazione alla pena residua,  di  cui
al cumulo emesso dal p.m. presso il Tribunale di  Larino  in  data  9
gennaio  2007  (pena  inflitta:  anni  12,  mesi  2,  giorni  22,  di
reclusione - fine pena: 30 novembre 2015). 
    Si solleva ex officio questione di legittimita' costituzionale  -
in riferimento agli artt. 2, 3, 30, primo comma e 31,  secondo  comma
della Costituzione - dell'art. 47-quinquies, settimo comma, legge  26
luglio 1975, n. 354 nella parte in cui prevede che, qualora la  madre
sia impossibilitata a prendersi cura del figlio minore di anni 10, la
detenzione domiciliare possa essere concessa  al  padre  soltanto  se
«non vi e' altro modo di affidare la prole ad altri che al padre». 
    1. - Posizione giuridica e  condizione  familiare  della  persona
detenuta. 
    V.S. sta espiando la pena di  anni  12,  mesi  2,  giorni  22  di
reclusione, di cui al cumulo emesso il 9 gennaio 2007  dalla  Procura
della Repubblica presso il Tribunale di Larino; in detto cumulo  sono
state comprese  diverse  sentenze  di  condanna  per  associazione  a
delinquere ex art. 416 c.p. finalizzata al riciclaggio, ricettazione,
falso e occultamento di  atti  veri,  nonche'  per  evasione,  furto,
possesso di arnesi atti allo scasso, truffa e armi commessi tutti tra
il 1993 ed il 2000. 
    L'esecuzione della pena, che e' iniziata in regime carcerario  il
23 gennaio 2007 ed e' stata ridotta nel  quantum  residuo  in  virtu'
della concessione di anni 3 di indulto  ex  lege  n.  241/2006  e  di
giorni 135 di liberazione anticipata, terminera' il 30 novembre 2015. 
    Ora, il S. ha chiesto di poter  espiare  la  pena  in  regime  di
detenzione domiciliare  ai  sensi  dell'art.  47-quinquies  legge  n.
354/1975 oppure ai sensi del combinato disposto degli artt. 146 n.  3
c.p. - 147 nn. 1 e 2 c.p. - 47-ter, comma 
    1-ter legge n. 354/1975. 
    Agli atti di procedura sono stati acquisiti i seguenti documenti: 
        a) il certificato del casellario da  cui  risultano  condanne
per reati commessi in epoca non recente sino al 2000 e  segnatamente:
calunnia nel 1992; furti nel 1997 e 1998;  ricettazioni  nel  1993  e
1997; falso nel 1993; soppressione di atti  veri  nel  1993  e  1999;
truffa nel 1993; possesso di arnesi atti allo scasso nel 1997;  porto
abusivo di armi nel 1997; evasione nel 2000; riciclaggio nel  1999  e
1997; associazione a  delinquere  finalizzata  alla  commissione  dei
reati di falso, riciclaggio, soppressione di atti veri e ricettazione
tra il 1996 ed il 1999; 
        b) il certificato  dei  carichi  pendenti,  rilasciato  il  6
maggio 2008 dalla Procura della Repubblica  presso  il  Tribunale  di
Lucera, in cui non risulta iscritto alcun procedimento a  carico  del
S.; 
        c) il certificato prot. 1362 del 23 aprile  2008  in  cui  il
medico in servizio presso la Casa circondariale di Foggia attesta che
il S. e' affetto  da  ipertensione  arteriosa,  sindrome  ansiosa  ed
emorroidi in trattamento farmacologico; 
        d) la  relazione  prot.  2782  del  19  maggio  2008  in  cui
l'U.E.P.E. di Foggia fa presente  che  il  S.  -  prima  dell'attuale
carcerazione  -  abitava  in  Apricena  con  la  convivente  P.I.  di
nazionalita' rumena, da cui ha avuto un figlio di nome G. di anni  5;
la convivente attualmente lavora  in  Apricena  come  badante  di  un
signore anziano bisognoso di assistenza notturna e diurna, sicche' e'
costretta  ad  abitare  con  il  figlio  G.  in  una  stanza  attigua
all'abitazione della persona assistita; la signora  P.  accudisce  da
sola il piccolo G., perche' i suoi familiari vivono tutti in  Romania
e i genitori del S. sono anziani e ogni giorno si recano in  campagna
per svolgervi lavori agricoli; 
        e) la certificazione del 25 settembre 2008, in cui  il  dott.
Tommaso Pipino di Apricena (Foggia) attesta che  la  signora  P.  «e'
affetta da grave  sindrome  depressiva  con  attacchi  di  panico  ed
astenia grave, con calo di peso  considerevole  (attualmente  49  kg.
rispetto ai 65 di peso forma). Necessita di assistenza psichiatrica e
psicologica»; 
        f) la relazione personologica del  18  luglio  2007,  in  cui
l'equipe della Casa circondariale di Foggia fa presente che il S.  ha
iniziato un percorso di consapevolezza  e  di  revisione  critica  in
ordine ai reati commessi, ha una  struttura  di  personalita'  coesa,
gode di salde relazioni affettive con la convivente  e  i  familiari,
anche  se  manifesta   segni   di   fragilita'   emotiva   e   tratti
ansioso-depressivi  di  natura  reattiva,  che  spesso  sfociano   in
attacchi di  panico  controllati,  pero',  mediante  l'assunzione  di
psicofarmaci. 
    L'equipe precisa, altresi', in detta relazione di sintesi che  il
S. ritiene che le sue vicende  penali  siano  ormai  remote  e  siano
eziologicarnente riconducibili alle cattive amicizie e frequentazioni
avute  un  tempo  con  persone  conosciute  in   ambito   lavorativo,
allorquando svolgeva l'attivita' di carrozziere ed era allettato  dal
facile  guadagno;  egli  manifesta  una  personalita'  connotata   da
rigidita', conformismo, tratti di superficialita' alternati, pero', a
momenti di riflessione e di  consapevolezza,  sicche'  e'  necessario
verificare se tale riflessione proseguira' in futuro,  consentendogli
di' rafforzare quella riconsiderazione critica gia' avviata e tuttora
in atto; 
        g) il rapporto prot. 58/40-1 del 25 maggio  2008  in  cui  il
Comando CC. di Apricena fa presente che il S.  -  prima  dell'attuale
carcerazione - serbava una pessima  condotta  morale  e  civile,  era
socialmente pericoloso per i precedenti penali, era persona capace di
commettere  azioni  delittuose,   non   svolgeva   alcuna   attivita'
lavorativa, era solito frequentare persone pregiudicate e nel 2007 si
sarebbe reso latitante, rifugiandosi in Germania e in Romania. 
    Quest'ultima circostanza, tuttavia, e' smentita per  tabulas,  in
quanto dalla posizione giuridica risulta che  l'attuale  carcerazione
e' iniziata il 23 gennaio 2007. 
    2. - Non manifesta infondatezza della questione. 
    Non appare manifestamente infondata la questione di  legittimita'
costituzionale - in riferimento agli artt. 2, 3, 30,  primo  comma  e
31,  secondo  comma  della  Costituzione  -  dell'art.  47-quinquies,
settimo comma legge 26 luglio 1975 n. 354 nella parte in cui  prevede
che, qualora la madre sia impossibilitata a prendersi cura del figlio
minore di anni 10, la detenzione domiciliare possa essere concessa al
padre soltanto se «non vi e' altro modo di affidare la prole ad altri
che al padre». 
    Invero, come si e'  gia'  evidenziato,  il  S.  da  diversi  anni
convive e ha buoni rapporti  con  la  signora  P.I.  di  nazionalita'
rumena, da cui ha avuto un figlio di nome G. che oggi  ha  l'eta'  di
anni 5; la signora P. attualmente assiste notte e giorno come badante
un signore anziano, sicche' e' costretta  a  vivere  con  G.  in  una
stanza attigua all'abitazione della persona assistita; la signora  P.
accudisce da sola G.,  perche'  i  suoi  familiari  vivono  tutti  in
Romania e i genitori del S. sono anziani e ogni giorno si  recano  in
campagna per svolgervi lavori agricoli. 
    Inoltre, dagli atti emerge che la signora P.  versa  in  precarie
condizioni psico-fisiche, in quanto nella certificazione  medica  del
25 settembre 2008 si attesta che costei «e' affetta da grave sindrome
depressiva con attacchi di panico ed astenia grave, con calo di  peso
considerevole (attualmente 49 kg. rispetto  ai  65  di  peso  forma).
Necessita di assistenza psichiatrica e psicologica». 
    Da dette emergenze procedurali deriva che allo stato gli  anziani
genitori del S. sono le uniche persone in grado di prendersi cura del
piccolo G. 
    Orbene, si ritiene che la  disposizione  dell'art.  47-quinquies,
settimo comma, legge 26 luglio 1975  n.  354  contrasti  con  diverse
norme della Costituzione nella parte in  cui  prevede  che  il  padre
possa espiare la pena detentiva in regime di  detenzione  domiciliare
c.d. «speciale» soltanto se la madre sia impossibilitata a  prendersi
cura del figlio minore di anni 10 e non vi siano altre persone -  con
o senza legami di parentela - disponibili ad assistere detto figlio. 
    A) Violazione dell'art. 2 Costituzione. 
    Nell'art. 2 Cost. si  prevede  che  la  Repubblica  non  soltanto
riconosce e garantisce  i  diritti  inviolabili  dell'uomo  sia  come
singolo  che  nelle  formazioni  sociali  ove  si   svolge   la   sua
personalita', ma richiede anche l'adempimento dei doveri inderogabili
di solidarieta' tra le persone. 
    In altre  parole  lo  Stato,  allorquando  esercita  la  potesta'
punitiva e fa espiare la pena, deve porre sempre  la  dignita'  delle
persone - direttamente o indirettamente coinvolte  -  al  centro  dei
percorsi trattamentali offerti,  fra  i  quali  va  annoverato  anche
l'accesso alle misure alternative alla  detenzione;  in  particolare,
per quel che rileva in  questa  sede,  lo  Stato  deve  non  soltanto
assicurare  il  rispetto  dei  diritti  inviolabili   della   persona
ristretta (direttamente coinvolta) fra  cui  anche  il  diritto  alla
genitorialita', ma anche sostenere e agevolare  in  modo  adeguato  i
rapporti della persona detenuta con i familiari e soprattutto  con  i
figli minorenni in ossequio ai  principi  -  concernenti  il  primato
della persona e la solidarieta' - sanciti nell'art. 2 Cost. 
    Invero, secondo gli studi scientifici di settore, i  figli  hanno
bisogno  dell'affetto  e  della  vicinanza  di  entrambi  i  genitori
soprattutto nei  primi  anni  di  vita  e  nell'eta'  adolescenziale,
perche' l'assenza di entrambi i genitori  o  di  uno  solo  determina
gravi  scompensi  e  turbamenti,  reattivita'  esasperata  e   traumi
dirompenti nei figli, incidendone il  carattere,  l'affettivita',  la
capacita' relazionale, la stabilita' psicologica e  le  potenzialita'
intellettive. 
    Anzi, gli studiosi di psicologia infantile  sono  pervenuti  alla
conclusione che il figlio in tenera eta' -  grazie  soprattutto  alla
presenza e alla protezione di entrambi i  genitori  -  acquisisce  un
senso  di  sicurezza  interiore,  senza  il  quale  il  suo  sviluppo
psicologico ed emotivo e la socializzazione, che ne consegue, corrono
seri rischi; allo scopo sono essenziali sia la madre  che  il  padre,
perche'  anche   quest'ultimo   partecipa   proteggendo   la   coppia
madre-figlio e condizionando la qualita' della fusione di costoro. 
    In  altri  termini,  secondo  le   acquisizioni   delle   scienze
specialistiche,  occorre  prestare   la   massima   attenzione   alla
stabilita' relazionale nella triade madre-padre-figlio, perche'  tale
stabilita' e' all'origine del senso di sicurezza del figlio in tenera
eta'  e  condiziona  anche  la  stabilita'  degli   stessi   genitori
nell'assunzione di responsabilita'; anzi, negli studi di  settore  si
evidenzia   chiaramente   che   la   stabilita'   della    dimensione
narcisistica, concernente l'identita' personale del bambino,  dipende
massimamente dalla qualita' dell'attaccamento ad entrambi i  genitori
e, percio', anche al padre, perche' un adulto fonda  gran  parte  dei
suoi  sentimenti  di  legittimita'  proprio   sull'esperienza   della
vicinanza affettiva del padre. Queste acquisizioni scientifiche  sono
state adeguatamente prese in considerazione e poste alla  base  della
decisione emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo in data 26
ottobre 2006 (ricorso n. 23848/04, Wallova' e Walla/ Repubblica Ceca)
in una fattispecie concreta, che presenta diverse analogie con quello
sub iudice; in tale decisione, infatti, la  C.E.D.U.  afferma  -  con
riferimento ad un caso di figli minori allontanati dai  genitori  per
motivi d'indigenza e poverta' materiale - che l'assenza dei  genitori
o di uno solo determina  profondi  traumi  e  scompensi  nel  figlio,
sicche' la decisione di separare detti figli dai genitori -  adottata
dalle competenti autorita' - deve sempre assicurare il rispetto della
disposizione dell'art. 8 della Convenzione europea,  secondo  cui  lo
Stato ha il dovere  -  fra  l'altro  -  di  conservare,  agevolare  e
rinsaldare le relazioni fra genitori e figli. 
    Ora,  il  Collegio  ritiene   che   la   disposizione   dell'art.
47-quinquies, settimo comma, legge n 354/1975,  posponendo  il  padre
alla madre e addirittura ad altre  persone  anche  prive  di  vincoli
parentali con il bambino infradecenne,  stranamente  e  illogicamente
tutela essenzialmente il legame madre-figlio  e  riserva  chiaramente
una protezione del  tutto  residuale,  «apparente»  e  inadeguata  al
rapporto tra figlio  minore  e  padre  detenuto,  violando  cosi'  il
disposto dell'art. 2 Cost. nella parte in cui si prevede che lo Stato
deve riconoscere e tutelare i diritti inviolabili  di  ogni  persona,
fra  cui  rilevano  sia  quello  del  figlio   minorenne   a   godere
dell'assistenza e prossimita' affettiva del padre nel suo percorso di
crescita  equilibrata,  sia  quello  del  padre  stesso  a   svolgere
realmente in maniera adeguata il ruolo di genitore. 
    Infine, e' appena il caso di ricordare  che  nell'art.  63,  nono
comma, contenuto nella  proposta  di  legge  «sul  nuovo  ordinamento
penitenziario» n. 6164 presentata il 3 novembre 2005 alla Camera  dei
deputati nella XIV legislatura e ripresentata col n. 30 il 28  aprile
2006 nella XV legislatura, non si rinviene e opportunamente  scompare
la locuzione «... e non vi e' altro modo  di  affidare  la  prole  ad
altri  che  al  padre»   contenuta   nella   disposizione   dell'art.
47-quinquies, settimo comma legge n. 354/1975 attualmente in vigore. 
    B) Violazione dell'art. 3 Costituzione. 
    Nell'art. 3  Cost.  sono  enunciati  i  principi  di  uguaglianza
formale e sostanziale tra le persone,  senza  distinzione  di  sesso,
razza, lingua, condizioni personali e sociali. 
    Ora, la disposizione dell'art. 47-quinquies, settimo  comma  O.P.
sembra disattendere il tenore del  primo  comma  dell'art.  3  Cost.,
perche'  riserva  un  trattamento  largamente   e   irragionevolmente
preferenziale alla madre rispetto al padre, discriminando  fortemente
e  ingiustificatamente  quest'ultimo  nell'accesso  alla   detenzione
domiciliare cd. «speciale». 
    Tale discriminazione appare  fondata  su  una  visione  di  fondo
profondamente riduttiva e deformante, secondo cui il figlio in tenera
eta' avrebbe bisogno soprattutto delle cure della madre e  non  anche
di quelle del padre, cancellando cosi' in un «sol colpo» tutte quelle
acquisizioni scientifiche sopra richiamate,  le  quali  sono  fondate
sulla dimensione comunionale del nucleo (genitori + figlio)  e  sulla
constatazione che e' oggettivamente essenziale l'apporto di carattere
morale, psicologico, spirituale e materiale offerto  dal  padre  alla
madre e al figlio minorenne. 
    Al  riguardo  gli  studiosi  evidenziano  che  la  rottura  della
comunione del nucleo - 
    per carcerazione del genitore -  e'  dannosa  e  arreca  gravi  e
permanenti danni al bambino, specialmente se sia iniziata  in  tenera
eta' e si sia protratta per piu' anni; anzi, molti esperti di diverse
scuole  psicologiche,  partendo  proprio  dai   dati   statistici   a
disposizione secondo cui il 70-90% dei giovani in situazione di grave
disagio sociale e' stato privato della presenza del padre, sostengono
che entrambi  i  genitori  sono  indispensabili  nell'educazione  del
figlio minorenne, perche' una madre - per quanto capace  e  idonea  -
non potra' mai sostituire un padre e viceversa. 
    D'altronde, la Corte costituzionale nella  sentenza  4-13  aprile
1990 n. 215,  con  cui  ha  dichiarato  l'illegittimita'  dell'allora
vigente testo dell'art. 47-ter legge n. 354/1975 nella parte  in  cui
non prevedeva che la detenzione domiciliare - concedibile alla  donna
madre di prole - potesse essere accordata anche al padre detenuto, ha
affermato  che  riconoscere   soltanto   alla   madre   detenuta   il
diritto-dovere di assistere la prole significa discriminare il  padre
e ridimensionarne pesantemente il ruolo. 
    Inoltre, la disposizione dell'art.  47-quinquies,  settimo  comma
O.P. sembra contrastare anche con la disposizione del  secondo  comma
dell'art. 3 Cost. 
    Infatti, la norma censurata, posponendo il  padre  alla  madre  e
addirittura ad altre persone con o senza legami di parentela  con  il
figlio minorenne da assistere, da un lato di fatto preclude quasi del
tutto o rende estremamente difficile l'accesso  da  parte  del  padre
detenuto alla detenzione  domiciliare  cd.  «speciale»,  impedendogli
cosi'  di  realizzarsi  integralmente  come  persona,   di   cui   la
genitorialita'  e'  una  dimensione  costitutiva;  dall'altro  canto,
recide e riduce fortemente alla radice ogni possibilita' dello stesso
figlio  in  tenera  eta'  di  svilupparsi  pienamente  e  in  maniera
equilibrata, giacche' la lontananza del  padre  -  come  si  e'  gia'
evidenziato - lascia profonde  «ferite»  difficilmente  rimarginabili
sulla sua persona sotto il  profilo  morale,  etico,  intellettivo  e
psicologico. 
    Peraltro, la Corte costituzionale nella  sentenza  24  novembre-5
dicembre  2003  n.  350,  con  cui  ha  dichiarato   l'illegittimita'
dell'art. 47-ter, primo comma, lettere a) e b) legge n. 354/1975,  ha
chiaramente evidenziato  che  lo  sviluppo  psico-fisico  del  figlio
(portatore di handicap totalmente invalidante) puo' essere gravemente
pregiudicato dalla lontananza dei genitori  o  dalla  mancanza  delle
loro cure, perche' non e' indifferente per  il  figlio  godere  della
vicinanza dei genitori e ricevere le cure da costoro piuttosto che da
altre persone; anzi, ha  puntualizzato  che  garantire  la  vicinanza
fisica  e  affettiva  dei  genitori  al  figlio   significa   attuare
concretamente i principi scolpiti negli artt. 2 e  3  Cost.,  secondo
cui vanno rimossi gli ostacoli  che  impediscono  il  pieno  sviluppo
della personalita' di ciascuno. 
    C) Violazione dell'art. 30 Costituzione. 
    Nell'art. 30, primo comma Cost. si sancisce che e' «... dovere  e
diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se
nati fuori dal matrimonio». 
    Ora, nell'art. 47-quinquies, settimo comma, legge n. 354/1975  si
prevede  che  il  padre  detenuto  puo'  accedere   alla   detenzione
domiciliare «speciale» a condizione  che  la  madre  sia  deceduta  o
impossibilitata e non vi siano altre persone disponibili ad assistere
il figlio minorenne. 
    Il tenore della norma censurata impedisce di fatto  al  padre  di
provvedere alla cura del figlio minorenne, perche' rispetto al  padre
sono privilegiati e preferiti non soltanto la madre, ma  anche  altri
familiari e addirittura persone  estranee  alla  stessa  cerchia  dei
parenti. 
    Ne  deriva  che  la  stessa  carcerazione  -  soprattutto  se  e'
destinata a protrarsi per un tempo abbastanza lungo come nel caso  di
specie - puo' agevolare di fatto un processo di progressivo  distacco
e  deresponsabilizzazione  del  padre  nei   confronti   del   figlio
minorenne, determinando cosi'  per  quest'ultimo  una  condizione  di
sostanziale  abbandono  o  comunque  una  crescita   compromessa   da
squilibri interiori e da traumi psicologici. 
    D) Violazione dell'art. 31 Costituzione. 
    Nella disposizione dell'art. 31, secondo comma, Cost. si  prevede
che la Repubblica «protegge ... l'infanzia e la gioventu',  favorendo
gli istituti necessari a tale scopo». 
    Ora, la disposizione dell'art. 47-quinquies, settimo comma, legge
n. 354/1975 subordina l'accesso da parte del  padre  alla  detenzione
domiciliare al fatto che la madre sia deceduta  o  impossibilitata  e
non vi siano altre persone disponibili a prendersi cura del figlio in
tenera eta'. 
    In altre parole, al padre e' di fatto preclusa quasi del tutto la
possibilita' di provvedere alla cura del figlio minorenne, perche' la
norma censurata consente in primis alla madre e in subordine ad altri
familiari o addirittura a persone estranee (prive, cioe',  di  legami
di parentela con  il  figlio  minorenne)  di  assistere  e  mantenere
costui. 
    Da cio' emerge  chiaramente  che  il  figlio  minorenne  potrebbe
raggiungere l'eta' adolescenziale e la maggiore eta' senza  aver  mai
goduto della vicinanza affettiva del padre; e si e' gia'  evidenziato
che - secondo le discipline empiriche - 
    l'assenza del padre e' all'origine di gravi  traumi  e  scompensi
nella personalita' del figlio, sicche' precludere al padre in carcere
di svolgere il suo ruolo di genitore significa non proteggere affatto
il figlio minorenne nel percorso di crescita umana e  nello  sviluppo
pieno della sua personalita'. 
    E si rammenta che nel caso di  specie  i  genitori  del  S.  sono
anziani e che la signora P. versa in gravi condizioni psico-fisiche e
dispone di un lavoro precario. 
    3. - Rilevanza della questione nella fattispecie concreta per cui
e' procedura. 
    La questione di legittimita' costituzionale rileva  concretamente
nella presente procedura. 
    Infatti, se la questione venga ritenuta  fondata  e  percio'  sia
dichiarata l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  47-quinquies,
settimo comma O.P., questo Tribunale  di  Sorveglianza  omettera'  di
stabilire se gli anziani genitori del S. possano prendersi  cura  del
piccolo G. 
    Per converso,  se  la  questione  sia  ritenuta  inammissibile  o
rigettata, questo tribunale di sorveglianza  dovra'  stabilire  -  in
base alle risultanze degli atti di procedura sopra  richiamati  -  se
gli anziani genitori del S., poiche'  la  convivente  P.I.  versa  in
condizioni psico-fisiche molto precarie  e  lavora  come  badante  in
orario diurno  e  notturno,  possano  provvedere  all'assistenza  del
piccolo G., in caso di valutazione positiva, la domanda del S., volta
a conseguire la detenzione domiciliare ex art. 47-quinquies legge  n.
354/1975, dovra' essere rigettata. 
                              P. Q. M. 
    1) Dichiara non manifestamente infondata e rilevante la questione
di legittimita' costituzionale - in riferimento agli artt. 2, 3,  30,
primo comma e 31,  secondo  comma,  della  Costituzione  -  dell'art.
47-quinquies, settimo comma legge 26 luglio 1975 n. 354  nella  parte
in cui prevede che, qualora la madre sia impossibilitata a  prendersi
cura del figlio minore di anni 10, la  detenzione  domiciliare  possa
essere concessa al padre  soltanto  se  «non  vi  e'  altro  modo  di
affidare la prole ad altri che al padre». 
    2) Sospende il procedimento di sorveglianza in  corso  ed  ordina
trasmettersi - a cura della cancelleria - i relativi atti alla  Corte
costituzionale. 
    3) Dispone che copia della presente  ordinanza  -  a  cura  della
Cancelleria - sia  notificata  alle  parti  del  procedimento  ed  al
Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai  Presidenti
della Camera e del Senato. 
    Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito. 
    Cosi' deciso in Bari, nella Camera di consiglio del tribunale  di
sorveglianza, addi' 28 ottobre 2008. 
                Il Presidente estensore: Mastropasqua