N. 20 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 novembre - 22 ottobre 2008

Ordinanza dell'11 novembre 2008 emessa dal  Tribunale  amministrativo
regionale del Lazio sul ricorso proposto da Tagliamonte  Emanuela  ed
altri contro Ministero della giustizia. 
 
Magistratura - Concorso  per  uditore  giudiziario  -  Ammissione  al
  concorso per  gli  abilitati  all'esercizio  della  professione  di
  avvocato iscritti al relativo Albo professionale - Irragionevolezza
  del richiesto requisito dell'iscrizione all'Albo  -  Ingiustificato
  deteriore   trattamento   degli   abilitati   all'esercizio   della
  professione  di   avvocato   impossibilitati   all'iscrizione   per
  incompatibilita' in quanto  dipendenti  pubblici  o  dipendenti  di
  banca - Incidenza sul diritto di accesso  ai  pubblici  impieghi  e
  sull'autonomia ed indipendenza dell'ordine giudiziario. 
- Decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, art. 2, comma  1,  lett.
  f), come sostituito dall'art. 1 della legge 30 luglio 2007, n. 111. 
- Costituzione, artt. 3, 51, e 104, primo comma. 
(GU n.5 del 4-2-2009 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza  sul  ricorso  n.  6015/2008
proposto  da  Emanuela  Tagliamonte,  Ireneangela  Smargiassi,   Mara
Marchese, Chiara Zompi', Esther Emma, rappresentate  e  difese  dagli
avv.ti Carmelo  Giurdanella  e  Benedetta  Caruso,  ed  elettivamente
domiciliate presso lo studio dell'avv. Guido Scorza, in Roma, via  di
Monte Giordano n. 36; 
    Contro Ministero della giustizia, in  persona  dei  Ministro  pro
tempore, rappresento e difeso dall'Avvocatura generale  dello  Stato,
presso la quale domicilia ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi n.
12; per l'annullamento 1) del  bando  di  concorso  a  500  posti  di
magistrato ordinario indetto con d.m. 27  febbraio  2008,  pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale, IV^ s.s., n. 23 del 21  marzo  2008,  nella
parte in cui, all'art. 2,  lett.  g),  non  prevede  l'ammissione  al
concorso per gli abilitati alla professione di avvocato, non iscritti
all'Albo. 2) di ogni altro presupposto e conseguenziale; nonche'  dei
seguenti atti impugnati con motivi aggiunti: 
        1) provvedimento prot. N. 1917g/1541 del 3  ottobre  2008  di
non ammissione della dott.ssa Tagliamonte al concorso a 500 posti  di
magistrato ordinario, indetto con d.m. 27 febbraio 2008; 
        2) del provvedimento prot. n. 1917g/993 del 25 luglio 2008 di
non ammissione della  dott.ssa  Emma  al  concorso  a  500  posti  di
magistrato ordinario, indetto con d.m. 27 febbraio 2008; 
        3) del provvedimento prot. l917g/946 del 24  luglio  2008  di
non ammissione della dott.ssa Marchese al concorso  a  500  posti  di
magistrato ordinario, indetto con d.m. 27 febbraio 2008; 
        4) del provvedimento prot. 1917g/969 del 24  luglio  2008  di
non ammissione della dott.ssa Zompi'  al  concorso  a  500  posti  di
magistrato ordinario, indetto con d.m. 27 febbraio 2008, 
        5)   di   ogni   altro   atto   presupposto,   connesso   e/o
conseguenziale. 
    Visto il ricorso con i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione  in  giudizio  del  Ministero  della
giustizia; 
    Visti i motivi aggiunti; 
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese; 
    Visti gli atti tutti di causa; 
    Relatore alla camera di consiglio del 22 ottobre 2008 la dott.ssa
Silvia Martino; 
    Uditi gli avv. come da verbale; 
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue. 
                     F a t t o  e  d i r i t t o 
    1. - Le ricorrenti hanno chiesto di partecipare al  concorso  per
esami  a  500  posti  di  magistrato  ordinario,  indetto  con  bando
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, IV^ serie speciale, n. 23 del 21
marzo 2008. 
    Esse sono tutti abilitate alla professione di  avvocato,  ma  non
sono attualmente iscritte  all'Albo  perche'  dipendenti  pubblici  o
dipendenti di banca. 
    Il bando di concorso, all'art. 2, lett.  g)  punto  6,  richiede,
quale requisito di  ammissione,  anche  l'iscrizione  all'Albo  degli
avvocati, in esecuzione dell'ultima legge che ha modificato le  norme
sull'ordinamento giudiziario, n. 111 del 2007. 
    Le ricorrenti ritengono di avere in tal modo  subito  un'ingiusta
discriminazione, e, all'uopo, denunciano l'illegittimita'  del  bando
nella  parte  in  cui  l'ammissione  al  concorso   degli   abilitati
all'esercizio  della  professione  forense  e'   stata   condizionata
all'iscrizione al relativo Albo professionale. 
    Si e' costituito, per resistere, il Ministero della giustizia. 
    Le ricorrenti Tagliamonte, Emma, Marchese e  Zompi'  hanno  anche
proposto motivi  aggiunti  avverso  i  provvedimenti,  nel  frattempo
intervenuti, con cui l'amministrazione  ne  ha  formalmente  disposto
l'esclusione dal concorso. 
    Con ordinanza n. 4969/2008 e' stata provvisoriamente  accolta  la
domanda di tutela cautelare. 
    Le  ricorrenti  sono  state  pertanto  ammesse  con  riserva   al
procedimento di concorso, in attesa -  dopo  la  pronuncia  da  parte
della Corte costituzionale sulla questione di  costituzionalita'  che
viene  sollevata  con  la  presente   ordinanza -   della   pronunzia
definitiva sull'istanza cautelare e della decisione di merito. 
    2. -  Cio'  Premesso,  deve  anzitutto  rilevarsi  che  il  bando
impugnato rappresenta, in parte qua, la pedissequa riproduzione delle
disposizioni di cui all'art. 2, comma 1, lett. f) del d.lgs. 5 aprile
2006, n. 160, cosi' come modificato dall'art. 1 della  legge  n.  111
del 30 luglio 2007. 
    Esso  non  rappresenta,  pertanto,  il  frutto  di   una   scelta
discrezionale dell'amministrazione, ma il risultato dell'applicazione
di puntuali previsioni legislative,  di  talche'  la  sostanza  delle
censure  dedotte  si  risolve  nella  pura   dedotta   questione   di
legittimita' costituzionale della norma citata, nella  parte  in  cui
richiede,  per  l'ammissione   al   concorso,   che   gli   abilitati
all'esercizio  della  professione  forense   siano   anche   iscritti
all'Albo. 
    Giova, al riguardo, premettere il complessivo quadro normativo in
cui si inserisce il ricorso in esame. 
    2.1. - Con il d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160, in  attuazione  della
delega di cui dell'art. 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio
2005, n. 150, e' stata introdotta la «nuova  disciplina  dell'accesso
in magistratura, nonche' in materia di progressione  economica  e  di
funzioni dei magistrati». 
    Per quanto qui interessa, l'art. 2, comma  1,  decreto  cit.,  ha
previsto che al concorso siano ammessi coloro che: 
        «a) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di
corso universitario di durata non inferiore a quattro anni  ed  hanno
conseguito  diploma  presso  le  scuole  di  specializzazione   nelle
professioni legali previste dall'art. 16 del decreto  legislativo  17
novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni. [...]; 
        b) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito  di
corso universitario di durata non inferiore a quattro anni  ed  hanno
conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche; 
        c) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito  di
corso universitario di durata non inferiore a quattro anni  ed  hanno
conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense; 
        d) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito  di
corso universitario di durata non inferiore a quattro anni  ed  hanno
svolto, dopo il superamento del relativo concorso, funzioni direttive
nelle pubbliche amministrazioni per almeno tre anni; 
        e) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito  di
corso universitario di durata non inferiore a quattro anni  ed  hanno
svolto le funzioni di magistrato onorario  per  almeno  quattro  anni
senza demerito e  senza  essere  stati  revocati  o  disciplinarmente
sanzionati; 
        f) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito  di
corso universitario di durata non inferiore a quattro anni  ed  hanno
conseguito  il  diploma  di  specializzazione   in   una   disciplina
giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore
a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162». 
    L'efficacia di tali disposizioni, e' stata dapprima sospesa  sino
alla data del 31 luglio 2007, ai sensi di quanto disposto dal comma 1
dell'art. 1, legge 24 ottobre 2006, n. 269. Le disposizioni  medesime
sono state  successivamente  parzialmente  modificate  con  legge  30
luglio  2007,  n.  111,  pervenendosi  all'attuale  formulazione  del
sistema di accesso che prevede l'ammissione delle seguenti  categorie
di soggetti: 
        a) i magistrati amministrativi e contabili; 
        b) i procuratori dello Stato che non sono incorsi in sanzioni
disciplinari; 
        c) i dipendenti dello Stato,  con  qualifica  dirigenziale  o
appartenenti ad una delle posizioni dell'area C prevista dal  vigente
contratto collettivo nazionale di  lavoro,  comparto  Ministeri,  con
almeno  cinque  anni  di  anzianita'  nella  qualifica,  che  abbiano
costituito il rapporto di lavoro a seguito di concorso per  il  quale
era richiesto il possesso del diploma  di  laurea  in  giurisprudenza
conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine  di
un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni  e  che
non sono incorsi in sanzioni disciplinari; 
        d) gli  appartenenti  al  personale  universitario  di  ruolo
docente di materie giuridiche in possesso del diploma  di  laurea  in
giurisprudenza che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; 
        e) i dipendenti, con qualifica  dirigenziale  o  appartenenti
alla ex area direttiva, della pubblica  amministrazione,  degli  enti
pubblici a carattere nazionale  e  degli  enti  locali,  che  abbiano
costituito il rapporto di lavoro a seguito di concorso per  il  quale
era richiesto il possesso del diploma  di  laurea  in  giurisprudenza
conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine  di
un corso universitario di durata non inferiore a  quattro  anni,  con
almeno cinque anni di anzianita' nella qualifica o,  comunque,  nelle
predette carriere e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; 
        f) gli avvocati iscritti all'albo che  non  sono  incorsi  in
sanzioni disciplinari; 
        g) coloro i quali hanno  svolto  le  funzioni  di  magistrato
onorario per almeno sei  anni  senza  demerito,  senza  essere  stati
revocati e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; 
        h)  i  laureati  in  possesso  del  diploma  di   laurea   in
giurisprudenza conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea,
al termine di un  corso  universitario  di  durata  non  inferiore  a
quattro  anni  e  del  diploma  conseguito  presso   le   scuole   di
specializzazione per le professioni legali previste dall'art. 16  del
decreto  legislativo  17  novembre  1997,  n.   398,   e   successive
modificazioni; 
        i)  i  laureati   che   hanno   conseguito   la   laurea   in
giurisprudenza al termine di un corso  universitario  di  durata  non
inferiore a quattro anni, salvo che non si tratti di seconda  laurea,
ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche; 
        l)  i  laureati   che   hanno   conseguito   la   laurea   in
giurisprudenza a seguito di un  corso  universitario  di  durata  non
inferiore a quattro anni, salvo che non si tratti di seconda  laurea,
ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una  disciplina
giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore
a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162. 
    Ai sensi del comma 5 della medesima disposizione, inoltre; 
    «5. - Ai concorsi per l'accesso in magistratura indetti  fino  al
quinto anno successivo alla data di acquisto di efficacia  del  primo
dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della  delega  di  cui
all'art. 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n.  150,
sono ammessi, oltre a coloro che sono in possesso dei  requisiti  per
l'ammissione al concorso di cui al presente  articolo,  anche  coloro
che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito  di  corso
universitario di durata  non  inferiore  a  quattro  anni,  essendosi
iscritti  al  relativo  corso  di   laurea   anteriormente   all'anno
accademico 1998-1999. L'accesso al concorso avviene con le  modalita'
di cui al presente articolo.». 
    Il raffronto tra le disposizioni teste' riportate evidenzia  che,
anche con le modifiche apportate dalla legge n.  111/2007,  e'  stato
mantenuto l'impianto di fondo del sistema di  accesso  della  riforma
c.d. Castelli, ed in particolare l'opzione in favore del concorso  di
secondo grado, riservato quindi a soggetti aventi requisiti culturali
e/professionali specifici. 
    Tale opzione,  peraltro,  non  costituisce  un'assoluta  novita',
bensi' l'approdo di un travagliato progetto  di  riforma  che  si  e'
snodato  per  diverse  legislature  ma  le  cui  diverse  modulazioni
appaiono tutte accomunate  dall'affermazione  dell'inadeguatezza  del
tradizionale sistema  di  accesso,  aperto  a  tutti  i  laureati  in
giurisprudenza. 
    Le origini di tale disegno  riformatore  risalgono  all'art.  17,
comma 113, della legge 15 maggio  1997,  n.  127,  con  la  quale  il
Governo veniva delegato ad emanare uno o piu' decreti legislativi per
modificare la disciplina del concorso per l'accesso alla magistratura
ordinaria, sulla base dei  seguenti  principi  e  criteri  direttivi:
«semplificazione  delle  modalita'  di  svolgimento  del  concorso  e
introduzione graduale, come condizione per l'ammissione al  concorso,
dell'obbligo di conseguire un diploma esclusivamente presso scuole di
specializzazione istituite nelle universita', sedi della facolta'  di
giurisprudenza». 
    In attuazione della delega veniva emanato il d.lgs.  17  novembre
1997, n. 398. Il decreto in questione prevedeva - relativamente  agli
iscritti al corso di laurea in giurisprudenza a  decorrere  dall'anno
accademico 1998/1999 -  che  l'ammissione  al  concorso  per  uditore
giudiziario  fosse  condizionata   al   possesso   del   diploma   di
specializzazione per le professioni legali; esso prevedeva  altresi',
in via residuale,  la  possibilita'  di  ammissione  al  concorso  di
candidati in possesso della sola laurea in  giurisprudenza  (art.  6,
che ha novellato l'art. 124 del r.d. 3.0 gennaio 1941, n. 12). 
    In particolare, il cit. art. 124  veniva  cosi'  modificato:  «al
concorso sono ammessi  i  laureati  in  giurisprudenza  in  possesso,
relativamente agli iscritti al relativo corso di laurea  a  decorrere
dall'anno  accademico  1998/1999,  del  diploma  di  specializzazione
rilasciato da una delle scuole di cui all'art. 17, comma  114,  della
legge 15 maggio 1997, n. 127, che, alla data della pubblicazione  del
bando di concorso, risultino di eta' non inferiore agli anni  ventuno
e non superiore ai  quaranta,  soddisfino  alle  condizioni  previste
dall'art. 8 del presente ordinamento e abbiano  gli  altri  requisiti
previsti dalle leggi vigenti» (comma 1); il  successivo  terzo  comma
prevedeva peraltro che,  qualora  le  domande  di  partecipazione  al
concorso presentate dai candidati in  possesso  del  diploma  fossero
inferiori a cinque volte il numero dei posti per i quali il  concorso
e' bandito, fossero altresi' ammessi, «previo superamento della prova
preliminare di cui all'art. 123-bis  ed  in  misura  pari  al  numero
necessario per raggiungere il rapporto anzidetto, anche  i  candidati
in possesso della sola laurea in giurisprudenza» (comma 3). 
    Con la legge 13 febbraio 2001, n.  48  quest'ultima  disposizione
veniva modificata  eliminando  -  in  armonia  con  la  sua  prevista
soppressione  e  con  l'introduzione  del  sistema  dei   «correttori
esterni» - il riferimento alla prova preliminare. 
    2.2. - In applicazione della previsione relativa all'introduzione
graduale  del  possesso  del  diploma   di   specializzazione   nelle
professioni legali come  condizione  per  l'ammissione  al  concorso,
veniva quindi prevista, per  i  laureati  in  giurisprudenza  non  in
possesso del diploma di specializzazione  nelle  professioni  legali,
l'ammissione al concorso subordinatamente al superamento di una prova
preliminare da svolgersi con l'ausilio  di  strumenti  informatici  e
consistente nella risposta ad un questionario. 
    La prova in questione era disciplinata dall'art. 2 del d.lgs.  n.
398 che introduceva nel r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, l'art. 123-bis. 
    2.3. - Il sistema veniva nuovamente modificato per effetto  della
cit. legge 13 febbraio 2001, n. 48, in particolare con l'eliminazione
della prova preliminare. Venivano  quindi  abrogate  le  disposizioni
disciplinanti la prova in questione e l'obiettivo di  semplificazione
e di accelerazione dello svolgimento del  concorso,  prima  garantito
dalla stessa, veniva affidato ai c.d «correttori esterni». 
    In via transitoria, nelle more dell'introduzione di tale sistema,
l'art. 22 della legge n.  48/2001  stabiliva  il  mantenimento  della
prova  preliminare,  da  svolgersi  in  conformita'  alla  disciplina
dell'art. 123-bis. 
    2.4. - Il sistema teste' delineato e' stato abrogato dall'art. 54
del d.lgs. n. 106/2006 e sostituito da quello di cui si  controverte,
nella versione derivante dalle modifiche introdotte  dalla  legge  n.
111/2007. 
    Nella nuova disciplina e' chiaramente venuta meno  la  preferenza
accordata, quale canale privilegiato di accesso alla selezione,  alla
frequenza delle scuole di specializzazione nelle professioni  legali,
le  quali  erano  state  in  origine  concepite  quale  strumento  di
formazione post universitaria comune a tutti i futuri  operatori  del
diritto. 
    Risulta poi di immediata evidenza - come si ammette  anche  nella
relazione di accompagnamento al  d.d.l.  poi  divenuto  la  legge  n.
111/2007 - l'eterogeneita'  dei  titoli  di  ammissione  al  concorso
rispetto alla  qualificazione  tecnico -  professionale  propria  del
magistrato («si  e'  ritenuto  opportuno  riconoscere  un  valore  di
ammissione  al  concorso  anche  ad  esperienze,  se  pur  in   parte
eterogenee  rispetto  alla  professione   di   magistrato,   comunque
caratterizzate dall'esercizio di specifiche pubbliche funzioni,  come
per i funzionari della carriera direttiva della p. a. e per i docenti
in materie giuridiche tra il personale  di  ruolo  delle  universita'
[...]». 
    Relativamente agli avvocati,  l'originario  progetto  governativo
richiedeva l'esercizio della professione per  almeno  tre  anni  («la
considerazione della presenza di un comune humus  culturale e'  stata
ritenuta condizione  necessaria  e  sufficiente  per  una  previsione
analoga in favore degli avvocati con almeno tre  anni  di  iscrizione
all'albo professionale»), in adesione alle  osservazioni  svolte  dal
C.S.M., nel parere reso, ai sensi dell'art. 10 comma 2,  della  legge
n. 195 del 1958, in data 31 maggio 2007. 
    L'Organo di  autogoverno  aveva  infatti  positivamente  valutato
l'originaria formulazione, in tale parte, del  progetto  governativo,
in quanto ritenuta effettivamente  idonea  a  ridurre  la  potenziale
platea dei candidati, tenendo conto del  fatto  che  coloro  i  quali
abbia iniziato «questo percorso» possono «aver gia' maturato in  modo
adeguato una propria scelta professionale  e  nel  contempo»  debbono
«aver mantenuto a un livello  elevato  la  propria  preparazione  per
poter affrontare congruamente una prova  selettiva,  cui  partecipano
concorrenti che hanno sicuramente curato la preparazione teorica». 
    Nel  corso  dell'iter   parlamentare,   il   requisito   relativo
all'esercizio  della  professione  per  almeno  tre  anni  e'   stato
soppresso in quanto ritenuto non coerente con l'ampio  ventaglio  dei
titoli di accesso contestualmente previsti, tra i quali  ve  ne  sono
alcuni  che  rappresentano  indubbiamente  un  quid  minus   rispetto
all'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato. 
    Nel testo definitivamente licenziato e' stato pero'  inserito  il
requisito  dell'iscrizione  all'Albo,  del  quale  e'  invero   arduo
comprendere la finalita', avendo esso valenza puramente formale. 
    La mera iscrizione all'Albo non aggiunge infatti  alcunche'  alla
particolare qualificazione e/o esperienza  richiesta  agli  aspiranti
magistrati ordinari che hanno conseguito l'abilitazione,  atteso  che
l'iscrizione medesima  non  e'  subordinata  all'effettivo  esercizio
della  professione  di  avvocato  e  non  postula,  quindi,   nemmeno
l'attualita' dell'esperienza dalla stessa derivante. 
    L'irragionevolezza di siffatta previsione emerge con nettezza ove
si ponga mente al fatto che la peculiare formazione  giuridica  degli
abilitati all'esercizio  della  professione  forense  e'  omogenea  o
comunque affine a quella richiesta al magistrato, laddove, viceversa,
l'accesso al concorso e' consentito anche ai possessori di titoli che
non necessariamente denotano  il  possesso  di  peculiari  competenze
tecniche  (come  i  funzionari  e  dirigenti  amministrativi   aventi
l'anzianita'  prescritta)  ovvero  ancora  hanno  natura  prettamente
scientifica (come i dottori di ricerca). 
    Se, dunque, il criterio ispiratore della  riforma  e'  di  stampo
pluralistico, al punto da valorizzare anche il possesso di esperienze
pregresse  sicuramente  «eterogenee  rispetto  alla  professione   di
magistrato»,  l'estromissione  degli  abilitati  all'esercizio  della
professione forense che  non  possono  (o  non  vogliono)  iscriversi
all'Albo, appare irrazionale ed arbitraria. 
    Significativo, al riguardo, risulta il  raffronto  con  l'accesso
consentito ai diplomati presso le scuole  di  specializzazione  delle
professioni legali. 
    Le  ricorrenti  hanno  correttamente   richiamato   quanto   gia'
osservato da  questa  stessa  Sezione,  in  relazione  al  precedente
sistema  di  accesso  introdotto  con  la  legge  n.  48/2001  (sopra
brevemente sintetizzato), la cui originaria formulazione, come  noto,
non prevedeva  l'esonero  dal  test  preliminare  per  gli  abilitati
all'esercizio della professione forense. 
    In  quella  occasione  il  tribunale  rilevo'  che,  secondo   la
previsione del d.m. 11 dicembre 2001, n. 475  (tuttora  vigente),  il
diploma  rilasciato  dalle  scuole   di   specializzazione   per   le
professioni legali e' valutato ai fini del compimento  della  pratica
per l'accesso alla professione (oltre che di notaio) per  il  periodo
di un anno. 
    La circostanza che i diplomati in  questione,  allora  come  ora,
«accedano direttamente al concorso  di  uditore  giudiziario,  mentre
sono comunque tenuti a compiere un anno di tirocinio per l'ammissione
all'esame  di  avvocato,  lascerebbe  intendere  che  il  superamento
dell'esame  di  abilitazione  all'esercizio  della   professione   di
avvocato costituisca un quid  pluris  rispetto  al  diploma,  con  la
conseguenza che appare irrazionale  che  i  diplomati  siano  ammessi
direttamente al concorso ad uditore giudiziario e che lo  stesso  non
sia previsto per coloro che abbiano  conseguito  l'abilitazione  alla
professione  di  avvocato»  (cosi',  le  numerosissime  ordinanze  di
rimessione emanate tra il 30 luglio e il 7 ottobre 2004). 
    La disposizione in  questione  attua,  del  resto,  la  specifica
previsione dell'art. 17, comma 114, della cit. legge n. 127 del 1997,
secondo cui «anche  in  deroga  alle  vigenti  disposizioni  relative
all'accesso alla professione di avvocato  e  notaio,  il  diploma  di
specializzazione di cui al comma 113  costituisce,  nei  termini  che
saranno definiti con decreto del  Ministro  di  grazia  e  giustizia,
adottato di concerto con il Ministro dell'universita' e della ricerca
scientifica e tecnologica, titolo valutabile ai fini  del  compimento
del relativo periodo di pratica». 
    Le considerazioni allora svolte  (sulle  quali,  per  inciso,  la
Corte costituzionale  non  ebbe  modo  di  esprimersi  in  quanto  il
legislatore con d.l. 7 settembre 2004,  n.  234,  conv.  in  legge  5
novembre 2004, n. 262, incluse, tra i candidati esonerati dalla prova
preliminare,  anche  i  laureati  in   giurisprudenza   in   possesso
dell'abilitazione all'esercizio della professione forense),  assumono
ben maggiore regnanza nel mutato sistema di accesso alla magistratura
ordinaria, in cui il  possesso  del  titolo  prescritto  non  esonera
semplicemente  dalla  prova  preliminare  ma  condiziona,  in  quanto
requisito di ammissione, la  stessa  possibilita'  di  competere  per
assumere siffatta elevata  e  delicata  funzione  «in  condizioni  di
uguaglianza», secondo i canoni dettati dalla Carta fondamentale. 
    Non  deve,  altresi',  essere  dimenticato  che   la   disciplina
dell'accesso alla magistratura ordinaria  ha  incidenza  diretta  sui
valori costituzionali dell'autonomia e dell'indipendenza  dell'Ordine
giudiziario. 
    Il sistema  congegnato  dal  Legislatore  appare  ispirato  dalla
necessita', si e' osservato in  dottrina,  di  trovare  un  punto  di
equilibrio tra il perseguimento di una  composizione  pluralistica  e
paritaria  del  potere  giudiziario  e  la  creazione  di  un   corpo
magistratuale altamente qualificato e professionale. 
    Alla ricerca di siffatto punto di equilibrio, nel  caso  oggi  in
rilievo, non sembra rispondere  la  previsione  di  un  requisito  di
ordine meramente formale il quale viene in  definitiva  a  costituire
soltanto  una  incomprensibile,  e  ingiusta,  barriera  frapposta  a
soggetti i quali posseggono una formazione tecnica omogenea a  quella
richiesta per l'esercizio della funzione cui aspirano. Ad essi  viene
cioe' preclusa in radice la chance di pianificare un  nuovo  percorso
di vita e professionale  sol  perche',  allo  stato,  si  trovano  ad
esercitare attivita' per le quali e' stabilita l'incompatibilita' con
l'esercizio della professione di avvocato  (cfr.  l'art.  3  del  r.d
gennaio n.  1578  del  1933)  e  cioe'  per  una  ragione  del  tutto
estrinseca al concorso in magistratura. 
    3. - Non appare invece conferente, in ordine alla  ragionevolezza
della previsione normativa qui in esame,  la  comparazione  istituita
dalle ricorrenti con la disposizione  transitoria,  rimasta  immutata
anche dopo le modifiche apportate dalla legge  n.  111/2007,  secondo
cui «Ai concorsi per l'accesso in magistratura indetti fino al quinto
anno successivo alla data di acquisto  di  efficacia  del  primo  dei
decreti  legislativi  emanati  nell'esercizio  della  delega  di  cui
all'art. 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n.  150,
sono ammessi, oltre a coloro che sono in possesso dei  requisiti  per
l'ammissione al concorso di cui al presente  articolo,  anche  coloro
che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito  di  corso
universitario di durata  non  inferiore  a  quattro  anni,  essendosi
iscritti  al  relativo  corso  di   laurea   anteriormente   all'anno
accademico 1998-1999. L'accesso al concorso avviene con le  modalita'
di cui al presente articolo.» (art.2, comma 5, d.lgs. cit.). 
    E'  opportuno  ricordare  che  il  legislatore  gode   di   ampia
discrezionalita' nel collocare nel tempo  le  innovazioni  normative,
specie nel caso in cui, come nella specie, si determini  a  rilevanti
progetti di riforma di interi settori dell'ordinamento, in  relazione
ai quali e' anzi del tutto normale che venga dettato  un  insieme  di
norme destinato a disciplinare la  «transizione»  dall'uno  all'altro
sistema. 
    A cio' si aggiunga che la disposizione in  esame  non  appare  ai
Collegio manifestamente discriminatoria o irragionevole. 
    Essa e' evidentemente ispirata a  quelle,  sopra  ricordate,  del
d.lgs. n. 398 del 1997 e risulta coerente con  l'originario  progetto
di riforma dell'accesso alla magistratura  ordinaria,  varato  quello
stesso anno, che si  imperniava  sulla  previsione  dell'introduzione
graduale del diploma rilasciato dalle scuole di specializzazione  per
le professioni legali quale requisito generale e  «privilegiato»  per
l'ammissione al concorso. 
    Nel mutato contesto  ordinamentale,  la  previsione  dell'accesso
diretto  dei  laureati  iscrittisi  all'universita'  prima  dell'anno
accademico 1998 - 1999 vede rafforzato  l'originario  significato  di
tutela delle  aspettative  di  quanti  abbiano  iniziato  il  proprio
percorso  formativo,  e  correlativamente  pianificato   la   propria
esistenza, in epoca  anteriore  all'avvio  del  travagliato  iter  di
riforma. 
    La difesa erariale ha ad esempio richiamato la circostanza che le
Scuole di specializzazione  per  le  professioni  legali,  di  durata
biennale, sono state  in  concreto  istituite  soltanto  a  decorrere
dall'anno accademico 2000/2001. 
    Piu' in generale, e' giocoforza  rilevare  che,  con  l'immediata
soppressione del sistema di accesso basato sulla prova preliminare  -
e in assenza di disposizioni transitorie - un'intera  generazione  di
laureati in giurisprudenza  avrebbe  visto  definitivamente  preclusa
ogni concreta possibilita' di partecipare al concorso,  tenuto  anche
conto dei tempi  necessari  per  acquisire  i  titoli  di  ammissione
previsti dalla nuova disciplina. 
    A  cio'  si  aggiunga,  da  un  lato,   che   l'efficacia   della
disposizione e' limitata nel tempo, e, dall'altro,  che  essa  appare
coerente anche  con  l'esigenza  oggettiva,  piu'  volte  manifestata
dall'Organo  di  autogoverno   della   magistratura   ordinaria,   di
conseguire la creazione di un corpo magistratuale avente  un  livello
medio di eta' non eccessivamente elevato e, sotto  tale  profilo,  il
piu' possibile omogeneo. 
    4. - Quanto in  precedenza  argomentato  giustifica  peraltro  la
valutazione di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione
di legittimita' costituzionale, in relazione agli artt. 3, 51 e  104,
comma 1, della Costituzione, dell'art.  2,  comma  1,  lett.  f)  del
d.lgs. n. 160/2006, cosi' come modificato dalla  legge  n.  111/2007,
nella parte in cui richiede, ai fini dell'ammissione al concorso  per
magistrato  ordinario,  che   gli   abilitati   all'esercizio   della
professione  di  avvocato  siano  anche  iscritti  al  relativo  Albo
professionale. 
    Si rende conseguentemente necessaria la sospensione del  giudizio
e la rimessione degli atti alla  Corte  costituzionale  affinche'  si
pronunci sulla questione. 
                              P. Q. M. 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata,  in  relazione
agli artt. 3, 51 e 104, comma 1, della Costituzione, la questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 2,  comma  1,  lett.  f)  della
legge n. 160/2006, cosi' come modificata  dalla  legge  n.  111/2007,
nella parte in cui richiede, ai fini dell'ammissione al concorso  per
magistrato  ordinario,  che   gli   abilitati   all'esercizio   della
professione  di  avvocato  siano  anche  iscritti  al  relativo  Albo
professionale. 
    Dispone la sospensione del presente giudizio e ordina l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
    Ordina che, a cura della segreteria della  sezione,  la  presente
ordinanza sia notificata alle parti costituite e  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica. 
    Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio  del  22  ottobre
2008. 
                      Il Presidente: Giovannini 
                                                 L'estensore: Martino