N. 40 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 - 16 ottobre 2008

Ordinanza . 
 
Caccia - Regione Lombardia - Prelievi venatori in deroga  al  divieto
  di  caccia  per  alcune  specie  di  uccelli  (storni,  fringuelli,
  peppole) - Denunciata previsione con legge provvedimento,  anziche'
  con atto amministrativo annullabile da  parte  del  Presidente  del
  Consiglio dei ministri - Irragionevolezza - Violazione dei  vincoli
  comunitari e dei principi stabiliti dal  legislatore  nazionale  in
  materia  -  Elusione  del  giudicato  della  sentenza  della  Corte
  costituzionale n. 150/2008. 
- Legge della Regione Lombardia 30 luglio 2008, n. 24, art. 4,  commi
  1 e 2. 
- Costituzione, artt. 3, 117, commi primo e secondo, lett. s) e  137,
  comma terzo. 
Caccia - Regione Veneto - Prelievi venatori in deroga al  divieto  di
  caccia per alcune specie di uccelli (storni, fringuelli, pispole  e
  peppole) - Denunciata previsione con legge provvedimento,  anziche'
  con atto amministrativo annullabile da  parte  del  Presidente  del
  Consiglio dei ministri - Violazione dei vincoli  comunitari  e  dei
  principi stabiliti dal legislatore nazionale in materia. 
- Legge della Regione Veneto 14 agosto 2008, n. 13, art. 1, comma  1,
  allegato A). 
- Costituzione, artt. 3 e 117, commi primo e secondo, lett. s). 
(GU n.7 del 18-2-2009 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza  sul  ricorso  n.  6559/2008
R.g. proposto da Associazione  Lega  per  l'abolizione  della  caccia
Onlus e World Wide Fund for Nature Onlus, in persona  dei  rispettivi
rappresentanti legali  pro  tempore,  rappresentati  e  difesi  dagli
avv.ti  Claudio  Linzola,  Marco  Ramadori   e   Giuseppe   Ramadori,
elettivamente domiciliate presso lo studio di quest'ultimo  in  Roma,
via M. Prestinari n. 13; 
    Contro la Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri -  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  Regioni  e  le  Province
autonome di Trento e Bolzano, in persona del Presidente del Consiglio
in carica, e l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, in  persona
del  legale  rappresentante  pro  tempore,  rappresentati  e   difesi
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui  uffici  in  Roma,
via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati; la Regione Lombardia,  in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dagli  avv.  Pio  Dario  Vivone,  Annalisa  Santagostino  e  Federico
Tedeschini,   elettivamente   domiciliata   presso   lo   studio   di
quest'ultimo in Roma, largo Messico  n.  7;  la  Regione  Veneto,  in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dagli avv. Bianca Peagno, Ezio Zanon  e  Luigi  Manzi,  elettivamente
domiciliata  presso  lo  studio  di   quest'ultimo   in   Roma,   via
Confalonieri  n.  7;  la  Regione  Liguria,  in  persona  del  legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Barbara
Baroli, Gigliola Benghi e Orlando Sivieri, elettivamente  domiciliata
presso lo studio di quest'ultimo in Roma,  via  Cosseria,  n.  5;  la
Regione Marche  e  la  Conferenza  delle  regioni  e  delle  province
autonome,  in  persona  dei  rispettivi  legali  rappresentanti   pro
tempore, n.c., per l'annullamento della nota  prot.  2135/08/4.14/CSR
del Servizio V -  «Ambiente  e  territorio»  della  Segreteria  della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome, con la quale si  prende  atto  della  ripartizione
interregionale della «piccola quantita» delle specie  prelevabili  in
deroga per la  stagione  venatoria  2008/2009  ai  sensi  dell'intesa
sancita in sede di Conferenza Stato-regioni rep. atti n. 1969 del  19
aprile 2004; della deliberazione della  Conferenza  delle  regioni  e
delle  province  autonome  del  26  marzo  2008;  dei   pareri   resi
dall'Istituto nazionale per la fauna  selvatica  sulla  richiesta  di
attivazione  della  caccia  in  deroga,   richiesti   dalle   regioni
Lombardia, Veneto, Liguria, Marche e Friuli Venezia-Giulia;  di  ogni
altro eventuale atto connesso; 
    Visto il ricorso con i relativi allegati; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio delle  amministrazioni
resistenti; 
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese; 
    Visti gli atti tutti della causa; 
    Sentiti alla camera di consiglio dell'8 ottobre 2008, relatore il
dott. Mario  Alberto  di  Nezza,  gli  avv.  Linzola,  Conticiani  in
sostituzione di Tedeschini, Reggio d'Aci in sostituzione di  Manzi  e
l'avv. dello Stato Colelli; 
    Ritenuto e considerato quanto segue in, 
                     F a t t o  e  d i r i t t o 
    1. - Con ricorso notificato il 10-11 giugno 2008,  depositato  il
successivo 30 giugno, le associazioni  Lega  per  l'abolizione  della
caccia e World Wide Fund  for  Nature,  illustrato  il  regime  delle
deroghe al divieto di caccia esistente per alcune specie di  uccelli,
hanno chiesto l'annullamento della nota in data 4  aprile  2008,  con
cui la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  Regioni
e le Province autonome di Trento e Bolzano (in prosieguo,  Conferenza
Stato-regioni) avrebbe fatto propria la ripartizione tra  le  regioni
interessate, effettuata in sede di Conferenza delle regioni  e  delle
province autonome, della «piccola quantita» ex art. 9, par. 1,  lett.
c), dir. 79/409/CEE, ai fini del prelievo in deroga per  la  stagione
venatoria 2008-2009. 
    A   sostegno   del   gravame    le    ricorrenti,    soffermatesi
preliminarmente sulla natura dell'atto impugnato (n. I  ric.),  hanno
lamentato: 
        a) la violazione dell'art. 19-bis, comma 2, legge 11 febbraio
1992, n. 157 (introdotto dalla legge 3 ottobre 2002, n. 221), nonche'
dell'art.  1  del  protocollo  d'intesa  adottato  nel   2004   dalla
Conferenza Stato-regioni (atto rep. n.  1696  del  29  aprile  2004),
stante la mancata indicazione dei mezzi di abbattimento  prescelti  e
delle circostanze di tempo e luogo degli abbattimenti (n. II ric.); 
        b) la violazione dell'art. 3, legge n. 241/1990 e dell'art. 1
del ridetto protocollo del 2004, non risultando enunciate le  ragioni
a supporto della decisione di attivare il regime derogatonio (n.  III
ric.); 
        c) l'ulteriore violazione dell'art. 6 prot. 2004, poiche'  la
ripartizione sarebbe avvenuta senza la previa acquisizione del parere
dell'Istituto nazionale della fauna selvatica (Infs),  necessario  ai
fini dell'individuazione della «piccola quantita» su scala  nazionale
(n. IV ric.); 
        d) l'erronea e  incomprensibile  determinazione  in  concreto
della  «piccola  quantita»,  stabilita  in  percentuali  -  3%  delle
popolazioni  del   fringuello   e   della   peppola   (corrispondenti
rispettivamente a  1.650.000  e  a  205.500  esemplari)  e  2%  della
popolazione dello storno (pari a 580.000 esemplari),  successivamente
suddivise in base al numero dei  cacciatori  presenti  nelle  regioni
interessate - di molto superiori alla  soglia  dell'1  %  individuata
dalla giurisprudenza comunitaria come atta a soddisfare  le  esigenze
di tutela ambientale avute di mira dalla legge (attesa  l'inidoneita'
di  tale  grandezza  a  influire  in  modo  sensibile  sull'andamento
demografico  della  specie  cacciata),  soprattutto  alla  luce   del
raffronto con il prelievo in deroga autorizzato per l'anno  venatorio
2005-2006  (pari  a  meno  della  meta'  del  numero   di   esemplari
contemplato per l'anno in corso; n. VI ric.). 
    Si sono costituite in resistenza le parti intimate. 
    Con atto denominato  «istanza  cautelare»,  notificato  il  18-20
settembre 2008, le ricorrenti, segnalata  l'avvenuta  attivazione  in
Lombardia e in Veneto della caccia in deroga attraverso l'emanazione,
rispettivamente, dell'art. 4, l.r. Lombardia 30 luglio 2008, n. 24, e
dell'art. 1, unitamente all'allegato A, l.r. Veneto 14  agosto  2008,
n.  13,  hanno  instato  per  la  sospensione  cautelare  degli  atti
impugnati e per la  rimessione  alla  Corte  costituzionale  di  tali
disposizioni normative, a loro dire in contrasto  con  una  serie  di
parametri costituzionali. 
    Con ordinanza resa nella camera di consiglio dell'8 ottobre  2008
questa Sezione ha concesso la misura cautelare (fino  alla  decisione
dell'incidente  di  costituzionalita'),   riscontrando   entrambi   i
requisiti per la tutela interinale. 
    Segnatamente,  e'  stata  ravvisata,  in  punto  di   fumus,   la
sussistenza di profili  di  incostituzionalita'  della  normativa  in
esame, sulla base delle considerazioni che seguono. 
    2.  -  Prima  di  illustrare  la  rilevanza   e   non   manifesta
infondatezza delle questioni, giova dare brevemente conto del  quadro
normativo di riferimento. 
    2.1. - La direttiva 2 aprile 1979, n. 79/409/CEE (c.d.  direttiva
«uccelli»), intendendo garantire la «conservazione di tutte le specie
di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico  nel  territorio
europeo» nonche' «la protezione, la gestione e la regolazione di tali
specie», disciplinandone lo sfruttamento (art. 1), impone agli  Stati
membri di adottare «le misure necessarie per mantenere o adeguare  la
popolazione» di  dette  specie  «a  un  livello  che  corrisponde  in
particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e  culturali,  pur
tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative» (art. 2). 
    Negli articoli 5, 6, 7 e 8 la direttiva introduce  un  articolato
regime di divieti, tra cui quello di uccisione o  cattura,  che  puo'
essere derogato ai sensi del successivo art. 9, «sempre  che  non  vi
siano altre soluzioni soddisfacenti», per tre ordini di motivi  (par.
1): 
        a) nell'interesse della salute e  della  sicurezza  pubblica;
nell'interesse della sicurezza aerea; per prevenire gravi danni  alle
colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca  e  alle  acque;  per  la
protezione della flora e della fauna; 
        b)  ai  fini   della   ricerca   e   dell'insegnamento,   del
ripopolamento  e  della  reintroduzione  nonche'  per   l'allevamento
connesso a tali operazioni; 
        c) «per consentire in condizioni rigidamente controllate e in
modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di
determinati uccelli in piccole quantita». 
    La disposizione comunitaria  prescrive  inoltre  che  le  deroghe
menzionino, tra l'altro, «i mezzi, gli impianti e i metodi di cattura
o di uccisione autorizzata» nonche' «le condizioni di  rischio  e  le
circostanze di tempo e di luogo in  cui  esse  possono  esser  fatte»
(par. 2). 
    2.2. - In Italia la direttiva e' stata attuata con  la  legge  11
febbraio 1992, n. 157. 
    Il regime del prelievo venatorio in deroga e' delineato dall'art.
19-bis (introdotto dalla legge n. 221 del  2002),  che  intesta  alle
Regioni  il  potere  di  disciplinare   l'esercizio   delle   deroghe
«conformandosi alle prescrizioni dell'art.  9,  ai  principi  e  alle
finalita' degli articoli 1 e 2» della  direttiva  79/409/CEE  e  alle
disposizioni della legge n. 157 del 1992 (comma 1). Tale disposizione
sancisce in particolare:  a)  che  «le  deroghe  sono  applicate  per
periodi  determinati,  sentito  l'Istituto  nazionale  per  la  fauna
selvatica, o gli istituti riconosciuti a  livello  regionale,  e  non
possono avere comunque ad oggetto specie la cui consistenza  numerica
sia in grave diminuzione» (comma 3),  e  b)  che  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri, su  proposta  del  Ministro  per  gli  affari
regionali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e  della  tutela
del territorio, possa annullare «previa delibera  del  Consiglio  dei
ministri  [...],  dopo  aver  diffidato  la  regione  interessata,  i
provvedimenti di deroga da questa posti in essere in violazione delle
disposizioni della  presente  legge  e  della  direttiva  79/498/CEE»
(comma 4). 
    2.3. - Al fine di individuare procedure comuni  per  «ottimizzare
l'iter di ciascun provvedimento  volto  ad  autorizzare  prelievi  in
deroga», con intesa sancita ai sensi dell'art. 8, comma  6,  legge  5
giugno 2003, n. 131, nella seduta del 29 aprile  2004  la  Conferenza
Stato-regioni ha elaborato un apposito «protocollo operativo». 
    Se il punto 1 del protocollo precisa che le deroghe - che  devono
recare le  indicazioni  contemplate  dalla  normativa  comunitaria  e
nazionale - «possono essere applicate  sentito  l'Istituto  nazionale
per la fauna selvatica» (o altri istituti  riconosciuti)  e  che  «la
valutazione degli interventi da attuarsi viene effettuata verificando
la congruita' delle azioni previste in relazione alle motivazioni per
cui  s'intende  applicare  la  deroga»,  il   successivo   punto   6,
specificamente dedicato all'ipotesi di cui all'art. 9, par. 1,  lett.
c), dir. 79/409/CEE, prevede che «la valutazione dei  prelievi  [...]
richiede la determinazione della "piccola quantita'", unitamente alla
conoscenza  dell'entita'  del  prelievo  che   s'intende   esercitare
complessivamente a livello nazionale, onde  evitare  che  popolazioni
migratrici siano sottoposte ad un prelievo superiore a quello ammesso
dalla  norma  comunitaria».  Cio'  comporta  che  le  amministrazioni
regionali che intendano autorizzare forme  di  caccia  in  deroga  ai
sensi  della  disposizione  in  argomento   siano   tenute   a   dame
comunicazione  «all'Infs  entro  il  31   gennaio   di   ogni   anno»
successivamente, «l'Infs entro i successivi 60  giorni  trasmette  il
proprio parere alle Regioni interessate che concordano  entro  il  30
aprile la suddivisione della "piccola quantita'"  indicata  dall'Infs
riferita  alle  singole  specie,  utilizzando   come   parametro   di
ripartizione il numero dei cacciatori residenti in ogni regione». 
    «Le regioni» - conclude il punto  in  esame  -  «si  impegnano  a
rispettare le decisioni assunte in ordine a tale ripartizione». 
    2.4. - Venendo alla determinazione della  «piccola  quantita»  ex
art. 9, comma 1, lett.  c),  per  la  stagione  venatoria  2008-2009,
risulta agli atti di causa come nella seduta del  26  marzo  2008  la
Conferenza delle regioni e delle province  autonome,  muovendo  dagli
esiti di un «incontro tecnico» tenutosi  il  21  marzo  2008  tra  le
regioni Lombardia, Veneto, Liguria, Marche e Friuli Venezia-Giulia  -
regioni  che  avevano  condiviso  «all'unanimita'  la   proposta   di
ripartizione   dei   quantitativi   prelevabili»,    cui    si    era
dichiaratamente  addivenuti  attraverso  l'applicazione  delle  Linee
guida per l'attuazione della dir. 79/409/CEE «sulla base degli ultimi
dati scientifici disponibili in letteratura, in maniera proporzionale
al numero di cacciatori presenti in ognuna delle regioni richiedenti»
- abbia «preso atto» di tale ripartizione. 
    Risulta ancora come  nel  corso  della  seduta  della  Conferenza
Stato-regioni tenutasi in pari data, il Presidente  della  Conferenza
delle regioni e delle province autonome abbia chiesto di  «mettere  a
verbale»  l'anzidetta  ripartizione,  consegnando  un  documento  «da
trasmettere al  Ministero  delle  politiche  agricole,  alimentari  e
forestali» in dichiarata  Osservanza  della  procedura  definita  nel
protocollo del 2004 (all. 5 amm.). 
    2.5. - Sono successivamente intervenute  le  leggi  regionali  in
esame. 
    2.5.1. - La l.r. Lombardia 30 luglio 2008,  n.  24  -  delineata,
negli articoli da 1 a 3, la disciplina generale per l'attivazione del
regime derogatorio ex art. 9 dir. 79/409/CEE - all'art.  4  autorizza
il prelievo in deroga per la stagione venatoria 2008-2009. 
    Piu' precisamente: al comma 1 di tale  disposizione  si  sancisce
che per tale stagione «ricorrendone le condizioni  e  in  assenza  di
altre soluzioni  soddisfacenti»,  il  regime  di  deroga  si  applica
secondo  quanto  previsto  in  una  tabella,  riportata  nel   corpus
dell'articolo,  riguardante  i  «carnieri  massimi»   (giomaliero   e
stagionale) e l'arco temporale della stagione venatoria  per  le  tre
specie ammesse al prelievo; al successivo comma 2  si  individua  «il
prelievo annuale  complessivo  consentito  nella  regione  Lombardia»
(storno n. 249.639 capi;  fringuello  n.  711.009  capi;  Peppola  n.
123.895 capi; il comma 3 attiene alle schede di monitoraggio). 
    2.5.2. - A sua volta, l'art. 1, comma 1, l.r.  Veneto  14  agosto
2008, n. 13, rubricato «stagione  venatoria  2008-2009:  applicazione
del regime di deroga», prevede che per tale stagione «i  prelievi  in
deroga [...] vengono attuati [...] nei limiti e per le motivazioni di
cui all'allegato A». 
    Tale allegato consta: a) di una  tabella  recante  l'indicazione,
analogamente all'art. 4 della legge lombarda, del limite  massimo  di
prelievo (giornaliero  e  stagionale)  a  livello  regionale  (storno
163.593; fringuello: 465.937; peppola: 81.190); b)  di  un  paragrafo
recante le «motivazioni» del prelievo stesso («l'applicazione per  la
stagione venatoria 2008-2009 delle disposizioni di cui alla  presente
legge consente, nel rispetto di condizioni applicative e di controllo
assai rigide, di sottoporre ad un limitato prelievo venatorio  specie
che risultano in buono stato di conservazione ma  non  sono  inserite
negli  elenchi  delle  specie  cacciabili  in  Italia,  in  tal  modo
conseguendosi  congiuntamente,  fermo  restando  il   carattere   non
ordinario dei prelievi in deroga, un sia pur modesto  soddisfacimento
di una domanda venatoria fortemente legata alle tradizioni  culturali
venete ed una tendenziale diminuzione della pressione venatoria sulle
specie "ordinariamente cacciabili"»). 
    3. - Cio' detto, osserva  il  Collegio  che  tali  norme,  aventi
chiara  natura  «provvedimentale»,  trovano  il  proprio   fondamento
nell'intesa del 21 marzo 2008, esternata sia con  la  «presa  d'atto»
del successivo 26 marzo da parte della  Conferenza  delle  regioni  e
delle province autonome sia con la «messa  a  verbale»  avvenuta  nel
corso della seduta in pari data della Conferenza Stato-regioni. 
    La  determinazione  della  «piccola  quantita»  risulta   infatti
operata  secondo  lo  schema  divisato  dal  protocollo   del   2004,
costituendo le leggi in esame attuazione  degli  impegni  assunti  in
sede  di  intesa  interregionale  (nel  verbale  della  seduta  della
Conferenza  Stato-regioni  e'   registrata   la   dichiarazione   del
presidente della Conferenza delle regioni e delle  province  autonome
che il documento consegnato e' «da  trasmettere  al  Ministero  delle
politiche agricole, alimentari e forestali, frutto di  un'intesa  del
2004 che prevede questa procedura»). 
    La connessione tra l'atto interregionale  di  ripartizione  delle
quote e le norme in esame e' altresi' dimostrata in modo chiaro dalla
perfetta  coincidenza  dei  limiti  massimi  del  prelievo  stabiliti
nell'intesa e di quelli previsti nelle norme stesse. 
    4. - Sulla scorta di quanto appena  rilevato,  e'  ora  possibile
passare all'esame, nei limiti della cognizione propria della presente
fase  cautelare,  delle  eccezioni  di  rito  sollevate  dalle  parti
resistenti. 
    L'Avvocatura   erariale,   costituitasi   per    la    Conferenza
Stato-regioni e per l'Infs, assume che il ricorso avrebbe ad  oggetto
atti non impugnabili, posto che la  Conferenza  non  avrebbe  assunto
alcuna determinazione di  natura  provvedimentale,  mentre  i  pareri
rilasciati dall'Istituto non avrebbero portata lesiva, limitandosi  a
rilevare  l'impossibilita'  di   stabilire   attraverso   un'adeguata
metodologia scientifica la «piccola quantita» cacciabile. 
    La Regione Lombardia  deduce  parimenti  l'assenza  di  contenuto
precettivo della «presa  d'atto»  della  Conferenza,  stante  la  sua
ipotizzata natura di atto politico, ed  eccepisce  l'inammissibilita'
dell'impugnazione di una legge regionale in assenza di  provvedimenti
amministrativi applicativi, censurabili innanzi al giudice comune (su
quest'ultima questione si  rinvia  a  quanto  si  dira'  in  tema  di
rilevanza; v. punto 5.1). 
    Le eccezioni non paiono condivisibili. 
    Premesso che  i  pareri  dell'Infs  effettivamente  non  sembrano
possedere portata pregiudizievole della  posizione  delle  ricorrenti
(ma va al riguardo ricordato che tali atti erano stati  impugnati  in
via cautelativa, posto che nel ricorso le stesse istanti dichiaravano
di non essere a conoscenza del relativo contenuto), e' sufficiente in
questa  sede  rilevare  che  gli  altri  atti  oggetto   di   gravame
appartengono alla  fase  amministrativa  della  serie  procedimentale
preordinata, secondo le prescrizioni dell'art. 19-bis, legge  n.  157
del  1992  e  del  protocollo  d'intesa  del  2004,   alla   concreta
attivazione  del  regime  derogatorio  per  l'anno  in  corso,  serie
iniziata con l'accordo interregionale del marzo 2008, recepito  tanto
dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome quanto dalla
Conferenza  Stato-regioni  (ad  onta  dell'assenza  di  una   formale
deliberazione di quest'organo, al quale  la  presa  d'atto  e'  stata
«consegnata»  dal  presidente  della  Conferenza  delle  Regioni   al
dichiarato fine del perfezionamento della procedura). 
    Cio' consente per altro verso di sottolineare la riconducibilita'
del peculiare iter in disamina (e segnatamente  delle  determinazioni
assunte  in  relazione  al  prelievo  in  deroga)  alla  sfera  della
discrezionalita' (non politica, ma) amministrativa, avendo  la  legge
statale  di  riferimento  individuato,   unitamente   al   protocollo
d'intesa, alcuni parametri - di natura  eminentemente  tecnica,  come
attestato  dall'intervento  consultivo  dell'Infs   -   condizionanti
l'attivazione del  regime  derogatorio  (cosi'  l'«assenza  di  altre
soluzioni soddisfacenti» o il divieto di applicare le deroghe per  le
specie «la cui consistenza numerica sia in grave diminuzione») e  dei
quali va dato puntualmente atto nel provvedimento di deroga. 
    5. - Venendo pertanto  all'esame  della  rilevanza  e  della  non
manifesta infondatezza delle  questioni  di  costituzionalita'  delle
disposizioni in considerazione - il cui chiaro  tenore  impedisce  di
effettuarne una lettura alternativa, compatibile con la  Costituzione
-, va anzitutto  osservato  come  la  sostanziale  coincidenza  delle
medesime (v. supra, punti 2.5.1 e 2.5.2) e la loro  afferenza  a  una
procedura unitaria, permetta di svolgere una trattazione comune. 
    5.1. -  Cominciando  dalla  rilevanza,  dev'essere  disattesa  la
riferita eccezione di difetto di incidentalita'. 
    L'emanazione delle  ridette  norme  regionali  rende  allo  stato
(parzialmente) improcedibile il ricorso,  quanto  meno  in  relazione
alla frazione  di  «piccola  quantita»  da  prelevarsi  in  Veneto  e
Lombardia,  onde  la  rimozione   di   tale   elemento   sopravvenuto
consentirebbe   la   riespansione   del   sindacato    del    giudice
amministrativo   sugli   atti    impugnati.    Cio'    che    attesta
l'incidentalita' del giudizio di legittimita' costituzionale rispetto
a quello principale (v. da ultimo Corte cost. 2 luglio 2008, n.  241;
quand'anche le norme in argomento  potessero  esser  ricondotte  alla
categoria  delle  c.d.  «leggi  autoapplicative»,  andrebbe  comunque
condiviso l'orientamento che propende per la possibilita' di accedere
al sindacato incidentale della Corte  attraverso  l'instaurazione  di
una lis ficta, rimanendo in  tal  caso  rispettato  il  principio  di
necessaria  pregiudizialita'  tra  giudizio  di  costituzionalita'  e
giudizio comune). 
    Questa sezione ha avuto di  recente  modo  di  soffermarsi  sulla
configurazione  del  requisito  della   rilevanza   nell'ipotesi   di
leggi-provvedimento. 
    Segnatamente, nella sentenza 21 aprile 2008, n.  3356,  e'  stato
affrontato  il  problema  della  «sindacabilita'  di  una  previsione
legislativa, che, in quanto volta  a  disciplinare  una  concreta  ed
individuabile   fattispecie,   assume   connotazione    concretamente
provvedimentale», con la  conseguenza  che  «una  determinazione,  in
luogo di essere veicolata dall'adozione di  un  atto  (provvedimento)
amministrativo, si trova invece ad essere introdotta ad opera  di  un
atto formalmente legislativo». 
    Ricordato che la  Corte  costituzionale  in  linea  di  principio
riconosce l'ammissibilita' delle leggi-provvedimento  (a  fronte  sia
dell'insussistenza   di   una   riserva   di   amministrazione    sia
dell'impossibilita' di configurare per il legislatore limiti  diversi
da quelli, formali, dell'osservanza del  procedimento  di  formazione
delle leggi), la Sezione ha rilevato come il sistema  delle  garanzie
di  tutela  giurisdizionale  a  fronte  di  tale  categoria  di  atti
normativi  abbia  trovato  soluzione  nell'elaborazione  della  Corte
costituzionale, allorquando afferma che  «i  diritti  di  difesa  del
cittadino,  in  caso  di  approvazione   con   legge   di   un   atto
amministrativo lesivo dei suoi interessi, non vengono sacrificati, ma
si  trasferiscono,  secondo  il  regime  di  controllo  proprio   del
provvedimento   normativo   medio    tempore    intervenuto,    dalla
giurisdizione amministrativa alla  giustizia  costituzionale»  (Corte
cost. 16 febbraio 1993, n. 62). Il sistema di tutela segue  cioe'  la
natura giuridica dell'atto contestato, sicche'  la  legge,  ancorche'
avente  contenuto  di  provvedimento  amministrativo,   puo'   essere
sindacata,   previa   intermediazione   del    giudice    rimettente,
esclusivamente dal suo giudice naturale (la Corte costituzionale). 
    Si tratta di una  ricostruzione  concettuale  che  «valorizza  la
pregnanza del sindacato costituzionale di ragionevolezza della legge,
ancor piu' incisivo di quello giurisdizionale sull'eccesso di potere;
e finisce, quindi, per riconoscere al  privato,  seppur  nella  forma
indiretta della rimessione  della  questione  da  parte  del  giudice
amministrativo, una forma di protezione ed una  occasione  di  difesa
pari  a  (se  non  maggiore  di)   quella   offerta   dal   sindacato
giurisdizionale». 
    Dal punto di vista dei rapporti tra i due  giudizi,  inoltre,  se
rimane ferma la centralita' dell'apprezzamento del giudice comune  in
punto di non manifesta infondatezza,  «assume,  invece,  connotazione
decisamente depotenziata la (preliminare) valutazione in ordine  alla
rilevanza della questione (pure in linea di principio contemplata, ai
fini in discorso, dall'ordinamento), in quanto essa, in  presenza  di
leggi-provvedimento   altrimenti   insindacabili   dal   giudice   di
legittimita', e' affatto intrinseca nell'esclusiva attribuzione  alla
Corte  costituzionale   dello   scrutinio   di   legittimita'   della
disposizione (formalmente) legislativa ma  avente  sostanza  di  atto
amministrativo». E cio' in quanto «se  e'  vero  che  il  sistema  di
tutela segue la natura giuridica dell'atto contestato [...], allora -
necessariamente  -  la  rilevanza   della   questione   finisce   per
dimostrarsi [...] in re ipsa, pena, altrimenti, un "vuoto" di  tutela
direttamente confliggente con i postulati costituzionali di cui  agli
artt. 24 e 113». 
    5.2. - Le questioni sono, inoltre, non  manifestamente  infondate
sotto i profili che seguono (e' appena il caso di  puntualizzare,  in
merito al tipo di sindacato ammissibile e dunque, specularmente, alle
censure utilmente prospettabili nell'incidente di  costituzionalita',
che la legge-provvedimento e' soggetta a uno  «scrutinio  stretto  di
costituzionalita»,  essenzialmente  sotto   i   profili   della   non
arbitrarieta'  e  della  non  irragionevolezza   della   scelta   del
legislatore, scrutinio che deve essere  tanto  piu'  rigoroso  quanto
piu' marcata sia  la  natura  provvedimentale  dell'atto  legislativo
sottoposto a controllo; (cfr. Corte cost. sent. 13  luglio  2007,  n.
267). 
    5.2.1. - Anzitutto - e con l'avvertenza che l'aspetto di  cui  si
passa a dire non attiene, a rigore, all'irragionevolezza della scelta
di merito compiuta dal legislatore, ponendosi su  un  piano  ad  essa
logicamente preliminare -, le norme impugnate  paiono  collidere  con
l'art. 117, primo e secondo comma, lettera  s),  della  Costituzione,
ossia, rispettivamente, col principio che la potesta' legislativa  e'
esercitata  dalle  regioni  nel  rispetto  «dei   vincoli   derivanti
dall'ordinamento comunitario» e  con  la  riserva  alla  legislazione
statale della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. 
    Con la sentenza 4 luglio 2008, n. 150, il Giudice delle leggi  si
e' pronunciato  (a  seguito  di  ricorso  in  via  di  azione)  sulla
costituzionalita' degli articoli 2 e  3  l.r.  Lombardia  5  febbraio
2007, n. 2 («legge quadro sul prelievo  in  deroga»),  che  in  linea
generale  demandavano  l'esercizio  delle  deroghe  ex  art.  9  dir.
79/409/CEE a una legge-provvedimento. 
    La Corte, ricordato il proprio  orientamento  sulla  natura  e  i
limiti del potere derogatorio, «esercitabile  dalla  regione  in  via
eccezionale "per consentire non tanto la caccia,  quanto,  piuttosto,
piu' in generale, l'abbattimento o la cattura  di  uccelli  selvatici
appartenenti alle specie protette dalla direttiva  medesima"»  (sent.
n. 168 del 1999), ha rilevato il contrasto di quelle norme  regionali
con  l'art.  19-bis,  legge  n.  157  del  1992.   Cio'   in   quanto
«l'autorizzazione  del  prelievo  in  deroga   con   legge   preclude
l'esercizio del potere di annullamento da parte  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri dei provvedimenti  derogatori  adottati  dalle
regioni che risultino  in  contrasto  con  la  direttiva  comunitaria
79/409/CEE e con la legge n. 157 del  1992;  potere  di  annullamento
finalizzato a garantire una uniforme  ed  adeguata  protezione  della
fauna selvatica su tutto il territorio nazionale». 
    Sembra  al  Collegio  che  tale  conclusione   possa   estendersi
agevolmente anche al caso di  specie,  nel  quale  l'attivazione  del
regime derogatorio con norme-provvedimento non consente al Presidente
del Consiglio dei ministri di esercitare il  potere  di  annullamento
introdotto per garantire il rispetto della normativa di riferimento. 
    Valga in proposito rammentare che nella sentenza 8  giugno  2006,
in proc. C-60/05, la Corte  di  giustizia  delle  Comunita'  europee,
chiamata - nell'ambito  di  una  controversia,  pendente  innanzi  al
T.a.r. Lombardia, concernente il prelievo venatorio per  la  stagione
2003-2004 - a stabilire  la  conformita'  del  meccanismo  introdotto
dall'art. 19-bis con l'art. 9 dir. 74/409/CEE, ha affermato:  a)  che
«gli Stati membri sono tenuti a garantire che, indipendentemente  dal
numero e dall'identita' delle autorita' incaricate, nel loro  ambito,
di dare attuazione» all'art. 9 cit., «il totale dei prelievi venatori
autorizzati non superi il tetto, conforme alla  limitazione  di  tali
prelievi a "piccole quantita'", fissato [...] per tutto il territorio
nazionale» (punto 41); b) che tale obbligo «esige che i  procedimenti
amministrativi previsti siano organizzati in modo tale che  tanto  le
decisioni delle autorita' competenti di autorizzazione  dei  prelievi
in deroga, quanto le modalita'  di  applicazione  di  tali  decisioni
siano   assoggettate   ad   un    controllo    efficace    effettuato
tempestivamente» (punto 47). 
    E' allora di chiara percezione il vulnus inferto dai  legislatori
regionali della  Lombardia  e  del  Veneto  ai  menzionati  principi,
siccome declinati in precisi obblighi aventi matrice  comunitaria,  e
alla competenza esclusiva statale in materia di tutela  dell'ambiente
e dell'ecosistema, in specie degli  standard  minimi  e  uniformi  di
tutela della fauna. 
    5.2.2. - Le norme regionali in  argomento  violano  ulteriormente
gli artt. 3 e 117, primo comma, Cost., sotto il profilo della mancata
osservanza dell'obbligo di motivare in  modo  congruo  la  scelta  di
attivare le deroghe, secondo quanto stabilito dagli artt. 9, comma 1,
lett. c), dir. 79/409/CEE e 19-bis, legge n. 157/1992  (v.  anche  la
decisione della Commissione europea 28 giugno 2006,  nella  procedura
d'infrazione n. 2006/2131). 
    A tale proposito, e rilevata  la  peculiarita'  della  situazione
(l'onere  motivazionale  sortisce   per   un   verso   dalla   natura
«provvedimentale» delle norme impugnate e,  per  altro  verso,  dalla
necessita' che siano rispettati  puntuali  impegni  assunti  in  sede
comunitaria), risulta come: 
        a) la l.r.  lombarda  n.  24/2008  sia  del  tutto  priva  di
motivazione; 
        b) la  l.r.  veneta  n.  13/2008  rechi  (cfr.  all.  A)  una
motivazione di mero stile e comunque  illogica  nella  parte  in  cui
assume che l'attivazione del regime  derogatorio  consentirebbe  «una
tendenziale  diminuzione  della  pressione  venatoria  sulle   specie
"ordinariamente cacciabili"», posto che la  caccia  in  deroga,  come
esattamente rilevato dalle ricorrenti, si somma eccezionalmente e non
si sostituisce all'ordinario regime di cacciabilita' (di  talche'  vi
sara' un piu' ampio ventaglio  di  prede,  con  conseguente  maggiore
impoverimento dell'ecosistema). 
    Sotto altro e connesso profilo, non si  comprende  se  sia  stato
effettuato un accertamento in ordine  ai  requisiti  sostanziali  per
consentire 1'attivazione del regime  derogatorio,  e  in  particolare
sull"«assenza  di  altre  soluzioni  soddisfacenti»   o   sul   trend
demografico delle  specie  interessate  (alla  luce  del  divieto  di
applicare le deroghe per le specie «la cui consistenza  numerica  sia
in grave diminuzione»), ne' si percepiscono le ragioni per le quali i
pareri tecnici resi dall'Infs alle regioni Veneto e Lombardia  il  25
marzo 2008 siano stati disattesi (l'Istituto ha affermato che «i dati
attualmente  disponibili  a  livello  europeo  non   consentono   una
determinazione oggettiva e  scientificamente  solida  della  "piccola
quantita'"  cacciabile  nel  corso  della  stagione  venatoria»,  con
conseguente  rilievo  della  insussistenza  dei  presupposti  per  la
determinazione di «quanto previsto al punto  6  dell'intesa»  del  29
aprile 2004; cfr. all.ti 13 e 16 ric.). 
    A tale riguardo si puo' ricordare  il  limite  individuato  dalla
Corte di giustizia delle Comunita' europee nella  citata  sentenza  8
giugno 2006, C-60/05 (punti 26 e  27),  in  cui  all'affermazione  di
principio che «costituisce una piccola quantita'  qualsiasi  prelievo
inferiore all'1% della mortalita' annuale  totale  della  popolazione
interessata (valore medio) per  le  specie  che  non  possono  essere
cacciate e dell'ordine dell'1%  per  le  specie  che  possono  essere
oggetto di azioni di caccia» (elementi quantitativi  che  «si  basano
sui lavori del comitato ORNIS per l'adattamento al progresso  tecnico
e scientifico della direttiva»), segue  il  riconoscimento  che  tali
percentuali, pur se non hanno «carattere  giuridicamente  vincolante,
possono tuttavia costituire, in ragione dell'autorita' scientifica di
cui godono i lavori del comitato ORNIS e dell'assenza  di  produzione
di qualsiasi elemento di prova scientifica  contraria,  una  base  di
riferimento per valutare se una deroga concessa in forza dell'art. 9,
n.  1,  lett.  c),  della   direttiva   sia   conforme   alla   detta
disposizione». 
    Ne segue la palese irragionevolezza e  illogicita'  delle  norme,
nelle quali - a tacere della ricorrenza dei presupposti per la deroga
- la fissazione della «piccola quantita» nella ricordata misura  (del
3 e del 2%) non trova alcun sostegno in dati scientifici. 
    5.2.3. - Va infine rilevata, con esclusivo riferimento alla  l.r.
lombarda,  la  violazione   dell'art.   137,   terzo   comma,   della
Costituzione. 
    Il legislatore regionale sembra infatti avere approvato una norma
in contrasto con il giudicato sostanziale formatosi a  seguito  della
ridetta sentenza n. 150  del  2008,  il  cui  dictum  consiste  nella
preclusione alla potesta' legislativa regionale di azionare il regime
derogatorio attraverso leggi-provvedimento. 
    La menzionata pronuncia  della  Corte,  avente  efficacia  -  pur
peculiare - di «giudicato» in  forza  dell'art.  137,  ultimo  comma,
Cost., e' stata infatti resa tra le stesse parti (Regione Lombardia e
Stato) e su un thema decidendum  coincidente,  pur  nella  diversita'
degli atti in esame, con quello  oggi  all'attenzione  del  Collegio,
venendo  in  rilievo  la  questione  della  corretta  attuazione  del
meccanismo divisato dalla legge statale nel ridetto art. 19-bis. 
    6.  Quanto  sin  qui  osservato  giustifica  la  valutazione   di
rilevanza e non manifesta infondatezza: 
        a) della questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
4, commi 1 e 2, della legge regionale Lombardia n. 24 del  2008,  per
contrasto con gli articoli 3,  117,  primo  comma  e  secondo  comma,
lettera s), e 137, terzo comma, della Costituzione; 
        b) della questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
1, comma 1, e dell'allegato A della legge regionale Veneto n. 13  del
2008, per contrasto con gli articoli 3 e 117, primo comma  e  secondo
comma, lettera s), della Costituzione. 
    Si rende conseguentemente necessaria la sospensione del  giudizio
e la rimessione degli atti alla  Corte  costituzionale  affinche'  si
pronunci su tali questioni. 
                              P. Q. M. 
    Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11  marzo
1953, n. 87, cosi' provvede: 
        a) dichiara rilevante  e  non  manifestamente  infondata,  in
relazione agli articoli 3, 117, primo comma e secondo comma,  lettera
s),  137,  terzo  comma,  della   Costituzione,   la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 1  e  2,  della  legge
regionale Lombardia 30 luglio 2008, n. 24; 
        b) dichiara rilevante  e  non  manifestamente  infondata,  in
relazione agli articoli 3, 117, primo comma e secondo comma,  lettera
s), della Costituzione, la questione di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 1, e dell'allegato A della legge regionale  Veneto
14 agosto 2008, n. 13; 
        c) sospende il presente giudizio; 
        d) dispone l'immediata trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale a cura della segreteria della sezione, che provvedera'
altresi' alla notificazione della presente ordinanza  alle  parti  in
causa, al Presidente della Giunta  regionale  della  Lombardia  e  al
Presidente  della  Giunta  regionale  del  Veneto  nonche'  alla  sua
comunicazione al Presidente del Consiglio regionale della Lombardia e
al Presidente del Consiglio regionale del Veneto. 
    Cosi' deciso in Roma, nella Camera di  consiglio  dell'8  ottobre
2008. 
                      Il Presidente: Giovannini 
                                                L'estensore: Di Nezza