N. 24 SENTENZA 26 - 30 gennaio 2009

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Espropriazione  per  pubblica  utilita'  -  Interventi   nelle   zone
  terremotate di cui  alla  legge  n.  219  del  1981  -  Verbali  di
  concordamento  dell'indennita'  di  espropriazione  e  rinuncia   a
  qualunque  pretesa  indennitaria  -  Caducazione  per  la   mancata
  conclusione   del   procedimento   espropriativo   -   Sopravvenuta
  previsione  legislativa  della  perdurante  efficacia  dei  verbali
  indipendentemente dall'emanazione del decreto di  espropriazione  -
  Eccezione di inammissibilita' per difetto di rilevanza - Reiezione. 
- D.l. 28 dicembre 2006, n. 300, art. 3,  comma  3,  convertito,  con
  modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17. 
- Costituzione, artt. 3, secondo comma, 42, secondo e terzo comma,  e
  111, primo e secondo comma; Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
  diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali,  art.  6,  primo
  comma; Protocollo addizionale alla Convenzione per la  salvaguardia
  dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 1. 
Espropriazione  per  pubblica  utilita'  -  Interventi   nelle   zone
  terremotate di cui  alla  legge  n.  219  del  1981  -  Verbali  di
  concordamento  dell'indennita'  di  espropriazione  e  rinuncia   a
  qualunque  pretesa  indennitaria  -  Caducazione  per  la   mancata
  conclusione   del   procedimento   espropriativo   -   Sopravvenuta
  previsione  legislativa  della  perdurante  efficacia  dei  verbali
  indipendentemente dall'emanazione del decreto di  espropriazione  -
  Violazione  del  principio  di  ragionevolezza   -   Illegittimita'
  costituzionale - Assorbimento di ulteriori profili. 
- D.l. 28 dicembre 2006, n. 300, art. 3,  comma  3,  convertito,  con
  modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17. 
- Costituzione, art. 3, secondo comma, (artt.  42,  secondo  e  terzo
  comma,  e  111,  primo  e  secondo  comma;   Convenzione   per   la
  salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali,
  art. 6, primo comma; Protocollo addizionale alla Convenzione per la
  salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali,
  art. 1). 
(GU n.5 del 4-2-2009 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
composta dai signori: 
Presidente: Giovanni Maria FLICK; 
Giudici: Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,  Paolo  MADDALENA,  Alfio
  FINOCCHIARO,    Alfonso    QUARANTA,    Franco     GALLO,     Luigi
  MAZZELLA,  Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,
  Giuseppe  TESAURO,  Paolo   Maria   NAPOLITANO,   Giuseppe   FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO; 
ha pronunciato la seguente 
                              Sentenza 
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 3,  del
decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300 (Proroga di  termini  previsti
da disposizioni legislative e disposizioni diverse), convertito,  con
modificazioni, dalla legge 26 febbraio  2007,  n.  17,  promossi  con
ordinanze del 28 giugno e del 10 maggio 2007 dal Tribunale di  Napoli
nei procedimenti civili vertenti tra Di Lorenzo Carmine  ed  altra  e
Paduano Michele ed altre e il Consorzio  Cooperative  Costruzioni  ed
altri, iscritte ai nn. 209  e  210  del  registro  ordinanze  2008  e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, 1ª  serie
serie speciale, dell'anno 2008. 
    Visti gli atti di costituzione di Di Lorenzo Carmine ed  altra  e
di Paduano Michele ed altre e del Consorzio  Cooperative  Costruzioni
nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  2  dicembre  2008  il  giudice
relatore Alfio Finocchiaro; 
    Uditi gli avvocati Raffaele Fattoruso per Di Lorenzo  Carmine  ed
altra e per Paduano Michele ed altre, Felice Laudadio e  Carlo  Russo
per il Consorzio Cooperative Costruzioni  e  l'avvocato  dello  Stato
Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
                          Ritenuto in fatto 
    1. -  Nel  corso  della  causa  civile  avente  ad   oggetto   la
determinazione dell'indennita' di occupazione di terreni sottoposti a
procedura  espropriativa  nel  quadro   degli   interventi   per   la
ricostruzione delle zone terremotate, ai sensi del titolo VIII  della
legge  14  maggio  1981,  n.   219   (Conversione   in   legge,   con
modificazioni, del d.l. 19  marzo  1981,  n.  75,  recante  ulteriori
interventi in favore delle popolazioni colpite dagli  eventi  sismici
del novembre 1980 e del febbraio 1981. Provvedimenti organici per  la
ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti), il  Tribunale  di
Napoli, con ordinanza del 28 giugno 2007 (r. o. n. 209 del 2008),  ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma
3, del d.l. 28 dicembre 2006, n. 300 (Proroga di termini previsti  da
disposizioni legislative e  disposizioni  diverse),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n.  17,  per  violazione
dell'art. 3, secondo comma, dell'art.  42,  secondo  e  terzo  comma,
della Costituzione, anche in  relazione  all'art.  1  del  Protocollo
addizionale  alla  Convenzione  per  la  salvaguardia   dei   diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali, e  dell'art.  111,  primo  e
secondo comma, Cost., anche in relazione  all'art.  6,  primo  comma,
della suddetta Convenzione. 
    La norma  censurata  dispone  che  «i  verbali  di  concordamento
dell'indennita' di espropriazione e di rinuncia a  qualunque  pretesa
connessa alla procedura di  esproprio,  relativi  alla  realizzazione
degli interventi di cui al titolo VIII della legge 14 maggio 1981, n.
219, conservano la loro efficacia  indipendentemente  dall'emanazione
del decreto di espropriazione». 
    Nel giudizio a quo gli attori, proprietari di suoli  assoggettati
a procedura espropriativa per la realizzazione degli interventi nelle
zone terremotate,  pur  avendo  stipulato  a  suo  tempo  verbali  di
concordamento, pretendono l'indennita' di occupazione, assumendo  che
la mancata emanazione  nei  termini  del  decreto  di  esproprio,  ha
determinato  la  caducazione  dell'accordo  e,  quindi,  anche  della
rinuncia, che in esso era compresa, ad ogni  azione  giudiziaria  per
l'indennita'. La scadenza dell'occupazione, in data 18 novembre 1998,
avrebbe  comportato  la  perdita  della  proprieta'  dei  privati   e
l'acquisizione pubblica per l'irreversibile trasformazione del  fondo
con  destinazione   ad   opera   pubblica   (cosiddetta   occupazione
appropriativa  o  accessione  invertita),  restando   inefficaci   le
proroghe legislative dell'occupazione, successivamente intervenute. 
    Assume il rimettente che la sopravvenuta  disposizione  determina
irragionevolmente (e  quindi  con  violazione  dell'art.  3,  secondo
comma, Cost.) la reviviscenza degli effetti delle  dichiarazioni  dei
proprietari (di accettazione dell'indennita' offerta e rinuncia  alle
azioni  indennitarie),  ormai  caducate  dalla   mancata   tempestiva
adozione del decreto di espropriazione, in modo da conferire all'atto
dismissivo del diritto all'indennita' un carattere aleatorio, venendo
scisso  l'atto  abdicativo  del  proprietario  dalla  condizione  sua
propria, quella del sopravvenire di un atto espropriativo, che invece
e' mancato, con lesione  dell'affidamento  del  cittadino  che  abbia
compiuto una valutazione in termini di  convenienza  economica  della
propria rinuncia. 
    La volonta' legislativa di emanare leggi retroattive deve  essere
in  primo  luogo  non  irragionevole   e   non   lesiva   di   valori
costituzionalmente protetti. 
    La norma, ad avviso del rimettente, sarebbe altresi'  lesiva  del
diritto di proprieta', perche' verrebbe a legittimare a posteriori un
nuovo modo di perdita della proprieta' che, rendendo irrilevante  sia
la mancata sopravvenienza del decreto  di  esproprio,  sia  l'effetto
traslativo dell'accessione invertita, crea un'incertezza ben maggiore
di quella che la  giurisprudenza  della  Corte  europea  dei  diritti
dell'uomo ha censurato riguardo all'occupazione appropriativa in se'. 
    Da ultimo, intervenendo la norma censurata nei giudizi in  corso,
gia'  istruiti  dal  rimettente  in   base   all'esplicita   adesione
all'orientamento della Cassazione sulla ratio e gli effetti dell'art.
9 d.lgs. 20 settembre 1999, n. 354  (sentenza  n.  7544  del  2005) -
secondo cui la proroga dell'occupazione da questa norma  disposta  e'
inapplicabile alle fattispecie in cui sia gia' maturata l'occupazione
appropriativa -,  il  mutamento  in  corsa  delle  regole  del  gioco
comporterebbe  violazione  dei  principi  del  giusto  processo,   in
particolare delle condizioni di parita' delle parti (artt. 111, primo
e secondo comma, Cost.; art. 6 Convenzione dei diritti dell'uomo). 
    Sotto il profilo della rilevanza, il Tribunale di  Napoli  assume
che ove cadesse la norma censurata, la domanda risulterebbe  fondata,
non potendosi riconoscere al verbale  di  concordamento,  in  assenza
della  tempestiva  emissione  di  decreto   di   esproprio,   effetto
abdicativo del diritto di agire per il conseguimento  dell'indennita'
di occupazione legittima. 
    1.1. - Nel giudizio incidentale si  sono  costituiti  i  soggetti
privati che hanno agito per  ottenere  l'indennita'  di  occupazione,
dichiarando di condividere le deduzioni del giudice  rimettente,  con
ampia riserva di ulteriori deduzioni e memorie. 
    1.2.  -  Si  e'  costituito  anche   il   Consorzio   Cooperativa
Costruzioni, CCC soc. cooperativa, parte  convenuta  nel  giudizio  a
quo, il quale ha dedotto l'inammissibilita'  e  l'infondatezza  della
questione. 
    Secondo quest'ultimo, il Tribunale muove dall'erroneo presupposto
dell'inapplicabilita' della proroga disposta dall'art.  9,  comma  2,
del d.lgs. n. 354 del 1999, e prolungata  dall'art.  1  del  d.l.  26
ottobre 2001, n. 390, mentre la giurisprudenza del T.a.r. Campania  e
della Corte d'appello di Napoli ritengono correttamente che la norma,
non facendo riferimento alle occupazioni in corso alla data della sua
entrata in vigore, ma incidendo direttamente sui termini di efficacia
degli iniziali decreti di occupazione di urgenza, li dilatano fino  a
comprendere un  ulteriore  biennio  dalla  primitiva  scadenza  degli
stessi: il  chiarimento  interpretativo  contenuto  nel  comma  3-bis
dell'art. 3 d.l. 300 del  2006  (che  non  e'  oggetto  del  presente
giudizio di legittimita' costituzionale),  conferma  l'applicabilita'
della   proroga   di   cui   sopra   alle   occupazioni   preordinate
all'espropriazione, come nella fattispecie del giudizio a quo. 
    Ma l'irrilevanza della questione discende chiaramente  da  quanto
ritenuto  dalle  Sezioni  unite  della  Corte   di   Cassazione,   in
fattispecie analoga  alla  presente  (sentenza  n.  9038  del  2008),
secondo cui «la rituale conclusione del  procedimento  espropriativo,
mediante  la  tempestiva  emissione  di  decreto  di  esproprio,   e'
condizione di efficacia dell'atto  di  accordo  sull'indennita'  solo
riguardo all'indennita' di espropriazione (non essendo questa  dovuta
ove la procedura non si sia conclusa), ma non anche per  l'indennita'
di occupazione legittima, in  quanto  la  conclusione  irrituale  del
procedimento, per via dell'irreversibile trasformazione del fondo  in
assenza  di  tempestivo  decreto  di  esproprio,   non   esclude   la
legittimita'  dell'occupazione  fino  alla  sua  scadenza»,   sicche'
«l'irrilevanza   della   conclusione   del   procedimento    rispetto
all'accordo  sull'indennita'  di  occupazione  rende  superflua  ogni
questione  di  applicabilita',  e  di  legittimita'   costituzionale,
relativamente allo ius superveniens, costituito dall'art. 3, comma 3,
d.l. 300 del 2006, conv. in legge 17 del 2007, che riconosce comunque
efficacia vincolante agli accordi sull'indennita',  indipendentemente
dall'emanazione del decreto di esproprio». 
    Secondo la parte, la questione e' comunque  infondata  atteso  il
carattere interpretativo della norma  censurata.  Questa  perviene  a
risolvere un contrasto  giurisprudenziale  riguardo  all'applicazione
dell'art. 9, comma 2, d.lgs. 354 del 1999, stabilendo ora chiaramente
che la proroga  prevista  da  tale  disposizione  si  riferisce  alle
occupazioni d'urgenza, e i verbali di  concordamento  dell'indennita'
mantengono efficacia a prescindere dalla  tempestiva  emanazione  del
decreto di occupazione. 
    Tale disciplina non puo' esser considerata irragionevole, potendo
la legge  avere  efficacia  retroattiva  per  sua  stessa  previsione
esplicita o implicita, specie ove si tratti di chiarire il  senso  di
norme preesistenti, o di imporre  una  delle  possibili  varianti  di
significato compatibile con il tenore letterale, non solo ove  esista
contrasto  giurisprudenziale,  ma  anche  in  presenza  di  indirizzi
omogenei, purche' non  si  ponga  un  problema  di  stabilita'  delle
pronunce passate in giudicato. 
    Neppure potrebbe dirsi violato l'art. 42 Cost., giacche'  non  si
vede come la norma censurata avrebbe  introdotto  un  nuovo  modo  di
perdita della proprieta', in ragione del concordamento amichevole (la
cessione volontaria del bene e' prevista  legislativamente,  e  nella
fattispecie e' stata corrisposta agli espropriandi una  maggiorazione
del settanta per cento dell'indennita'). Ne'  il  giudice  rimettente
spiega come cio' possa rilevare nel giudizio a  quo,  in  cui  si  fa
questione della spettanza dell'indennita' di occupazione legittima. 
    Non puo' neppure ravvisarsi la violazione dei principi del giusto
processo, posto che il limite  alla  possibilita'  di  emanare  norme
retroattive, ravvisabile nella tutela  dell'affidamento,  e'  dettato
dalla rispondenza o meno a criteri di ragionevolezza del  regolamento
d'interessi, innovativo rispetto a quello preesistente. L'accordo,  a
suo  tempo  stipulato  dai  proprietari   espropriandi,   ha   natura
transattiva,  e  la  sua  applicazione  s'impone  con  la  forza  dei
contratti. Inoltre, nessun mutamento radicale ha posto il legislatore
con la norma  censurata,  limitandosi  semplicemente  a  dirimere  un
contrasto giurisprudenziale. 
    1.3. - Nel giudizio e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, che chiede dichiararsi l'infondatezza della questione. 
    La censura, secondo la difesa erariale, si risolve in una critica
inammissibile alle  scelte  discrezionali  del  legislatore,  che  ha
effettuato una comparazione di interessi in chiave  di  bilanciamento
di posizioni contrapposte. 
    Nella relazione al disegno di legge di conversione del  d.l.  300
del 2006, si richiama l'art. 9, comma 2, d.lgs. 354  del  1999,  che,
proponendosi di condurre a  termine  le  procedure  espropriative  in
corso  nel  quadro  del  completamento  dell'opera  di  ricostruzione
avviata con la legge 219 del 1981, aveva disposto la protrazione  per
due  anni  del  termine  di  efficacia  dei  decreti  di  occupazione
d'urgenza emanati per la realizzazione degli interventi  previsti  da
quella normativa. 
    La Cassazione aveva originariamente interpretato  la  norma  come
estensiva ab origine  dei  termini  di  occupazione,  e  quindi  come
sanatoria generalizzata delle  occupazioni  ai  fini  dell'esproprio.
L'efficacia dei decreti di occupazione era  prorogata  da  successivi
interventi normativi (fino al 31 dicembre 2005, per effetto dell'art.
1, comma 1, d.l. 390 del 2001,  convertito  con  modificazioni  dalla
legge 21 dicembre 2001, n. 444, e per effetto dell'art. 6-quater  del
d.l. 30 dicembre 2004, n. 314,  convertito  con  modificazioni  dalla
legge 1° marzo 2005, n. 26), ma la Suprema Corte maturava un  diverso
orientamento,  nel  senso  di  escludere  l'efficacia  della  proroga
postuma,  ove  alla  scadenza  fosse  gia'  maturata   l'acquisizione
pubblica del fondo per via dell'irreversibile trasformazione. 
    Per  regolare  tale  situazione,  suscettibile   di   determinare
pesantissimi oneri per le Amministrazioni locali,  e'  stato  emanato
l'art. 3, comma 3, d.l.  300  del  2006,  finalizzato  ad  attribuire
perdurante efficacia agli accordi gia' perfezionati sulle  indennita'
espropriative. 
    Venendo  ai  profili  di   costituzionalita'   della   norma   in
discussione, l'Avvocatura esclude che la legge retroattiva sia di per
se' irragionevole, avendo essa realizzato un equilibrato componimento
degli interessi in gioco, in relazione alla natura  ed  al  carattere
eccezionale della disposizione, anche al  fine  di  salvaguardare  la
finanza pubblica  in  vista  degli  impegni  assunti  anche  in  sede
comunitaria: e' nota la peculiarita'  della  procedura  espropriativa
contemplata dalla legge n. 219 del  1981,  emanata  per  fronteggiare
situazioni di emergenza conseguenti a gravi calamita' naturali. 
    Per la  difesa  erariale  non  c'e'  violazione  del  diritto  di
proprieta', la  cui  funzione  sociale,  costituzionalmente  sancita,
investe il legislatore del perseguimento del fine pubblico a  seconda
delle condizioni socio-economiche e  delle  scelte  di  politica  del
diritto, con l'unico limite che le scelte discrezionali devono essere
guidate  dal  canone  della  ragionevolezza,   identificabile   nella
plausibile  idoneita'  del  mezzo  impiegato  rispetto  al  fine   da
perseguire e nella proporzionalita' tra l'interesse da tutelare e  lo
strumento prescelto. 
    Da  ultimo,  l'art.  111  Cost.  non  tocca  le  prerogative  del
legislatore,  e  non  contiene  alcun  divieto  esplicito  di   leggi
retroattive fuori della materia penale. 
    2. - Nel corso di analoga causa civile, il Tribunale  di  Napoli,
con ordinanza del 10  maggio  2007  (r.  o.  n.  210  del  2008),  ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma
3, d.l. 28 dicembre 2006 n.  300  (Proroga  di  termini  previsti  da
disposizioni legislative  e  disposizioni  diverse),  convertito  con
modificazioni dalla legge 26 febbraio 2007,  n.  17,  per  violazione
degli artt. 3, secondo comma, 42, secondo e terzo comma, Cost., anche
in relazione all'art. 1 del Protocollo addizionale  alla  Convenzione
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali, e dell'art. 111, primo e secondo comma, Cost., anche in
relazione all'art. 6, primo comma, della suddetta Convenzione. 
    Il rimettente svolge considerazioni  del  tutto  coincidenti  con
quelle dell'ordinanza n. 209, sopra richiamata. 
    2.1. - Nel giudizio costituzionale si sono costituiti gli  attori
del giudizio a quo,  dichiarando  di  condividere  le  deduzioni  del
giudice rimettente,  con  ampia  riserva  di  ulteriori  deduzioni  e
memorie. 
    2.2. -  Si  e'  costituito   anche   il   Consorzio   Cooperativa
Costruzioni, CCC soc. cooperativa, convenuto nel giudizio principale,
il quale deduce l'inammissibilita'  e  l'infondatezza  della  dedotta
questione  e  svolge  argomentazioni  conformi  alla  memoria,  sopra
esaminata, relativa all'ordinanza n. 209. 
    2.3. -  Anche  il  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
intervenuto   nel   giudizio   costituzionale,   chiede   dichiararsi
l'infondatezza  della  questione  in  base   alle   stesse   testuali
argomentazioni svolte nella parallela procedura. 
    3. - Nell'imminenza dell'udienza pubblica entrambe  le  parti  di
ciascuno dei giudizi a quibus hanno presentato memorie. 
    Il  Consorzio  Cooperativa  Costruzioni   insiste   perche'   sia
dichiarata  l'inammissibilita'   e   l'infondatezza   della   dedotta
questione. Conferma che a differenza di quanto sostiene  controparte,
il verbale di concordamento non  puo'  considerarsi  inefficace,  non
solo alla luce della norma impugnata, ma, prima ancora,  per  effetto
della proroga del termine di occupazione legittima con il  d.lgs.  n.
354 del 1999. 
    Le   parti    private    sostengono    invece    l'illegittimita'
costituzionale della norma, giacche' a loro  dire,  il  Tribunale  di
Napoli ha correttamente applicato il principio per cui i  verbali  di
concordamento perdono efficacia  se  non  interviene  il  decreto  di
esproprio. Con la norma censurata il legislatore,  consapevole  della
perdita di efficacia dell'accordo  una  volta  scaduta  l'occupazione
senza l'emissione di decreto di  esproprio,  ha  alterato  la  natura
giuridica degli istituti, configurando un singolare  acquisto-perdita
della proprieta', che vanifica e  sostituisce,  indietro  nel  tempo,
quelli  precedenti.  L'art.  3,  comma  3,  d.l.  n.  300  del  2006,
convertito in legge n. 17 del 2007, non e' norma interpretativa, e lo
si desume dal diverso carattere, dichiaratamente interpretativo,  del
successivo comma 3-bis, che esclude dalla proroga le occupazioni  non
presiedute da dichiarazione d'indifferibilita' e urgenza. 
    Secondo le parti, i lavori parlamentari per  la  conversione  del
decreto  tradiscono  il  vero  intento  governativo  di  salvare   il
concessionario  Consorzio  Cooperative  Costruzioni  da  un   esborso
stimabile in 10 milioni di euro, perpetrando  un  abuso  clamoroso  a
danno dei proprietari, con grave interferenza nelle cause in corso. 
                       Considerato in diritto 
    1. - Il Tribunale di Napoli - con due ordinanze  identiche,  come
sono  identici  gli  scritti  difensivi  delle  parti  costituite   e
intervenute nel giudizio innanzi alla Corte - ha sollevato  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 3, d.l. 28 dicembre
2006, n. 300 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative
e disposizioni diverse), convertito, con modificazioni,  dalla  legge
26 febbraio 2007, n. 17. 
    Osserva il Tribunale che la suddetta  disposizione  determina  la
reviviscenza   dei   verbali   di   concordamento    dell'indennita',
nell'ambito di procedure espropriative per gli interventi nelle  zone
terremotate, di cui alla legge 14 maggio 1981, n. 219.  Diversamente,
questi sarebbero stati  da  considerare  inefficaci  per  la  mancata
emanazione dei decreti di esproprio  entro  il  termine  di  scadenza
delle occupazioni. La norma censurata - a parere del giudice a  quo -
vanificherebbe qualsiasi pretesa  indennitaria  dei  proprietari,  in
contrasto con il principio di ragionevolezza (art. 3, secondo  comma,
della Costituzione), introdurrebbe  un  nuovo  modo  di  perdita  del
diritto  di  proprieta',  in  ragione  del  concordamento  amichevole
dell'indennita', in contrasto con l'art. 42, secondo e  terzo  comma,
Cost., anche in riferimento all'art. 1 del I  Protocollo  addizionale
alla  Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo,  e  risolverebbe
giudizi   in    corso    in    senso    deliberatamente    favorevole
all'amministrazione, in contrasto con l'art.  111,  primo  e  secondo
comma, Cost., anche  in  riferimento  all'art.  6  della  Convenzione
europea dei diritti dell'uomo. 
    2. - In via preliminare deve essere disposta la riunione dei  due
giudizi aventi ad oggetto la stessa questione. 
    3. - Non puo'  essere  accolta  l'eccezione  di  inammissibilita'
avanzata  dal   Consorzio   Cooperativa   Costruzioni,   che   assume
l'inapplicabilita'  all'accordo  sull'indennita'  di   espropriazione
della condizione di efficacia, costituita dall'emanazione del decreto
di esproprio nei termini. 
    Pur essendo corretto l'assunto da cui muove la parte  costituita,
per cui l'emanazione del decreto di espropriazione e'  condizione  di
efficacia  dell'accordo  indennitario  solo   per   l'indennita'   di
espropriazione, ma  non  per  l'indennita'  di  occupazione,  che  e'
comunque dovuta, anche se la procedura espropriativa degeneri,  e  si
concluda con l'occupazione appropriativa  (cosi'  la  sentenza  delle
Sezioni unite della Cassazione, n.  9038  del  2008),  nella  specie,
risulta che le parti, in  sede  di  concordamento,  avevano  previsto
un'indennita' onnicomprensiva, senza distinzioni, e  dunque,  essendo
inefficace  l'accordo  riguardo  alla  parte  di   essa   concernente
l'espropriazione del bene, la somma, forfetariamente  concordata  nel
suo intero ammontare, rimarrebbe comunque priva di giustificazione. 
    La   recuperata   azionabilita'   della    complessiva    pretesa
indennitaria dei proprietari, che conseguirebbe alla dichiarazione di
illegittimita' costituzionale della  disposizione  censurata  che  ha
reso efficaci gli accordi  in  cui  gli  stessi  proprietari  avevano
rinunciato ad azionare tali pretese,  rende  rilevante  la  questione
sollevata. 
    4. - La questione e' fondata. 
    L'art. 3, comma  3,  del  d.l.  n.  300  del  2006  determina  la
reviviscenza degli effetti di dichiarazioni  a  suo  tempo  rese  dai
proprietari, annullando  la  rilevanza  della  mancata  adozione  del
decreto di esproprio. 
    Senza  voler  ripercorrere   tutta   la   vicenda   normativa   e
giurisprudenziale  relativa  ai  verbali   di   concordamento   delle
indennita' espropriative nel quadro degli interventi di ricostruzione
delle zone terremotate (legge n. 219 del 1981),  la  norma  censurata
appare come il tentativo  di  sottrarre  quegli  accordi  indennitari
all'inefficacia cui li condannerebbe la mancata  conclusione  rituale
della procedura ablatoria. 
    Gia' l'art. 9 del d.lgs. 20 settembre 1999, n. 354  (Disposizioni
per la definitiva chiusura del programma di ricostruzione di  cui  al
titolo  VIII  della legge  14  maggio  1981,  n.  219,  e  successive
modificazioni, a norma dell'articolo  42,  comma  6,  della legge  17
maggio 1999, n. 144), si proponeva di rendere  possibile,  attraverso
la proroga delle occupazioni, l'emanazione  tardiva  dei  decreti  di
esproprio,  in  modo  da  assicurare  l'efficacia   degli   atti   di
concordamento  dell'indennita'.  Di  quella  norma,  pero',  prevalse
l'interpretazione costituzionalmente orientata, secondo cui qualsiasi
proroga dell'occupazione, stabilita in via legislativa per  dar  modo
al  decreto  di  esproprio  di   intervenire   utilmente   (giacche',
diversamente, l'avvenuto compimento dell'opera in assenza di  decreto
di esproprio fa acquisire il bene  alla  mano  pubblica  per  effetto
dell'occupazione  appropriativa),  deve   intervenire   prima   della
scadenza del periodo di occupazione legittima (Cass. n. 3966 del 2004
e n. 7544 del 2005). 
    L'art. 3, comma 3, del d.l. n. 300  del  2006,  convertito  dalla
legge n. 17 del 2007, oggetto di censura, interviene ora direttamente
a  sancire  l'efficacia  degli  accordi  indennitari,  a  prescindere
dall'emanazione del decreto di espropriazione. 
    L'irragionevolezza dell'intervento legislativo e' palese, ove  si
pensi che, nella specie, i proprietari degli immobili assoggettati al
procedimento espropriativo furono indotti a concordare  l'indennita',
peraltro  cumulativamente  determinata,   da   una   valutazione   di
convenienza riferita a quel momento specifico della procedura.  Nella
valutazione dei motivi per la stipulazione  dell'accordo  non  poteva
non essere presente la consapevolezza  della  disciplina  vigente  in
tema di accordi, ivi compresa l'eventualita' di una loro  inefficacia
ove la procedura non fosse pervenuta a compimento. 
    Il decreto di esproprio non  venne  emanato  tempestivamente.  La
disposizione censurata, ad oltre venti anni  da  quella  vicenda,  e'
intervenuta a salvaguardare l'efficacia dell'accordo  (con  l'intento
di incidere  sulle  liti  in  corso),  quando  sono  venute  meno  le
condizioni che avevano contribuito, allora, a determinare la volonta'
negoziale della parte. 
    L'intervento legislativo diretto a regolare situazioni  pregresse
e'  legittimo  a  condizione  che   vengano   rispettati   i   canoni
costituzionali di ragionevolezza e i principi generali di tutela  del
legittimo affidamento  e  di  certezza  delle  situazioni  giuridiche
(sentenze n. 74 del 2008 e  n.  376  del  1995),  anche  al  fine  di
assegnare a determinate  disposizioni  un  significato  riconoscibile
come una delle possibili letture del testo  originario  (sentenze  n.
234 del 2007 e n. 224 del 2006). La norma successiva non puo', pero',
tradire l'affidamento del  privato  sull'avvenuto  consolidamento  di
situazioni sostanziali (sentenze n. 156 del 2007 e n. 416 del  1999),
pur se dettata dalla necessita' di riduzione  del  contenzioso  o  di
contenimento della spesa pubblica (sentenza n. 374 del  2002)  o  per
far fronte ad evenienze eccezionali (sentenza n. 419 del 2000). 
    La norma censurata non e' interpretativa ma  innovativa.  La  sua
portata  precettiva  non  e'  compatibile,  come  possibile   opzione
interpretativa, con la disciplina previgente, che, anzi, deponeva, al
contrario, nel senso  dell'inefficacia  dell'accordo,  se  non  fosse
tempestivamente emanato il decreto di esproprio. Essa  interviene  su
situazioni  in  cui  si  e'  consolidato  l'affidamento  del  privato
riguardo alla regolamentazione giuridica del rapporto,  dettando  una
disciplina con esso contrastante,  e  sbilanciandone  l'equilibrio  a
favore di  una  parte  (quella  pubblica,  o  del  privato  assuntore
dell'opera, comunque tenuto a sopportare  le  conseguenze  economiche
dell'espropriazione), e a svantaggio dell'altra (il proprietario). 
    La dichiarazione di  illegittimita'  costituzionale  della  norma
censurata in riferimento al canone della ragionevolezza  assorbe  gli
ulteriori profili di censura. 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
    Riuniti i giudizi; 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  dell'art.  3,
comma 3, del decreto-legge 28  dicembre  2006,  n.  300  (Proroga  di
termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni diverse),
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17. 
    Cosi' deciso, in Roma, nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 gennaio 2009. 
                        Il Presidente: Flick 
                      Il redattore: Finocchiaro 
                      Il cancelliere: Di Paola 
    Depositata in cancelleria il 30 gennaio 2009. 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola