N. 54 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 marzo - 14 maggio 2008

Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale  per  la  Sicilia  -
Sezione staccata di Catania del 30 maggio 2008. 
 
Calamita' pubbliche e protezione civile - Sospensione del  versamento
  dei   contributi   previdenziali   -   Limitazione,    con    norma
  autoqualificata interpretativa, del beneficio  ai  soli  datori  di
  lavoro  privati  -  Conseguente  esclusione  del  beneficio  per  i
  lavoratori dipendenti - Denunciato carattere innovativo della norma
  censurata - Incidenza  su  diritto  fondamentale  della  persona  -
  Ingiustificata disparita' di trattamento tra  datori  di  lavoro  e
  lavoratori - Violazione del  diritto  al  lavoro,  del  diritto  di
  difesa,  dei  principi  di  tutela  della  salute,  di  tutela  del
  lavoratore, di retribuzione  proporzionata  ed  adeguata,  di  buon
  andamento della pubblica amministrazione. 
- Decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, art. 6, comma 1-bis, aggiunto
  dalla legge 6 dicembre 2006, n. 290. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 4, 32, 35, 36 e 97. 
(GU n.9 del 4-3-2009 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
    Ha pronunciato la seguente  ordinanza  sul  ricorso  per  decreto
ingiuntivo n. 1220/05 R.G., proposto da Rossi  Ugo,  rappresentato  e
difeso dall'avv. Antonello Leone presso il cui studio in Catania, via
Fimia n. 35, e' selettivamente domiciliato; 
    Contro il Ministero della economia  e  finanze,  in  persona  del
Ministro pro tempore, e della Guardia  di  finanza,  in  persona  del
Comandante  generale  pro  tempore,  domiciliati   ex   lege   presso
l'Avvocatura distrettuale dello Stato  di  Catania,  in  via  Vecchia
Ognina n. 149, per l'ingiunzione di pagamento a carico del  Ministero
dell'economia e finanze, in persona del Ministro pro tempore e  della
Guardia di finanza, in persona del Comandante generale  pro  tempore,
dell'importo di €  4.179,67  (quattromilacentosettantanove/67)  oltre
interessi e rivalutazione monetaria, ai sensi  dell'art.  429  c.p.c.
terzo comma, con decorrenza  dalle  singole  date  di  corresponsione
delle retribuzioni al soddisfo nonche' per le spese  e  compensi  del
procedimento monitorio; 
    Visto il ricorso, con i relativi allegati; 
    Visto il decreto ingiuntivo n. 178 del 14 luglio 2005; 
    Visto l'atto di  costituzione  nel  giudizio  dell'Avvocatura  di
Stato, in opposizione al decreto ingiuntivo n.  178/2005;  Visti  gli
atti tutti della causa; 
    Designato relatore all'udienza pubblica del 20 dicembre  2007  il
referendario dr. Salvatore Gatto Costantino; 
    Uditi  altresi'  gli  avvocati  delle  parti,  come  da  relativo
verbale; 
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. 
                           I n  f a t t o 
    Con  il  ricorso   in   esame,   parte   ricorrente   chiede   la
corresponsione delle somme derivanti dall'applicazione del  beneficio
della sospensione delle ritenute  previdenziali  ed  assistenziali  e
l'immediata restituzione di quelle gia'  trattenute  sullo  stipendio
2002, ai sensi  dell'art.  4  del  d.l.  4  novembre  2002,  n.  245,
convertito  in  legge  27  dicembre  2002,  n.  286  e  dell'art.   5
dell'o.P.C.m. 29 novembre 2002. 
    L'Avvocatura di Stato ha eccepito che con o.P.C.m.  n.  3442/2005
e' stato riformato, in senso restrittivo e sfavorevole al ricorrente,
l'ambito oggettivo e soggettivo dell'ordinanza 29 novembre 2002 sopra
richiamata. 
    La sezione, con sentenze numeri 95, 97 e 98 del 26 gennaio  2006,
ha annullato la predetta o.P.C.m. n. 3442/2005. 
    L'Avvocatura di Stato ha proposto  appello  avverso  le  suddette
sentenze. 
    Ai fini della decisione del ricorso e' stata quindi  disposta  la
sospensione del giudizio ex art.  297  cpc  con  sentenza  n.  945/06
emessa il 24 marzo 2006 e depositata in cancelleria l'8 giugno 2006. 
    Intervenuta la pronuncia di appello sui ricorsi  in  esame  (cfr.
tra le varie, CGA n. 260/2007, depositata il 12 aprile 2007)  che  ha
rigettato  l'appello  nei  vari  motivi  di  impugnazione,  la  parte
ricorrente ha chiesto con memoria depositata il  24  aprile  2007  la
fissazione dell'udienza ai fini della prosecuzione del giudizio. 
    L'Avvocatura di Stato, con memoria depositata il 9 novembre 2007,
ha eccepito che la materia e' stata disciplinata con la norma di  cui
all'art. 6, comma l-bis del d.l. n. 263/2006 convertito in  legge  n.
290/2006 che, disponendo la interpretazione autentica della norma  di
cui  alla   legge   24   febbraio   1992,   n.   225,   ha   sancito,
retroattivamente, che le disposizioni delle ordinanze  di  Protezione
civile che «prevedono il beneficio della sospensione  dei  versamenti
dei  contributi  previdenziali   ed   assistenziali   e   dei   premi
assicurativi, si applicano esclusivamente ai datori di lavoro privati
avente sede legale ed operativa nei comuni individuati  da  ordinanze
di protezione civile» e con l'esclusione, quindi dei datori di lavoro
pubblici. 
    Alla udienza pubblica del 20 dicembre  2007  la  causa  e'  stata
trattenuta in decisione. 
                         I n  d i r i t t o 
    Il ricorso in esame,  in  applicazione  della  normativa  di  cui
all'art. 6, comma l-bis del d.l. n. 263/2006 convertito in  legge  n.
290/2006,     dovrebbe     essere      respinto,      dichiarandosene
l'inammissibilita', in quanto l'applicazione del beneficio di cui  al
combinato disposto dell'art. 4 del d.l.  4  novembre  2002,  n.  245,
convertito  in  legge  27  dicembre  2002,  n.  286  e  dell'art.   5
dell'o.P.C.m. 29 novembre 2002 e' interdetta ai dipendenti dei datori
di lavoro pubblici, tra i quali rientra il  ricorrente  in  questione
(Consigliere di  Cassazione  in  servizio  presso  la  Procura  della
Repubblica di Catania, con funzioni di Procuratore aggiunto). 
    Ma, a fronte di questa prospettiva,  il  Collegio  non  puo'  non
avvertire, d'ufficio, la rilevanza e la  non  manifesta  infondatezza
della questione di incostituzionalita' della norma sopra  richiamata,
in quanto affetta da manifesta disparita' di trattamento,  abnormita'
della disposizione, violazione dei  limiti  del  potere  legislativo,
violazione del principio di separazione dei pubblici poteri. 
    La  questione,  ad  avviso  del  Collegio,  e'  rilevante  e  non
manifestamente infondata. 
Sulla rilevanza. 
    La decisione del giudizio dipende  interamente  dall'applicazione
della norma invocata dalla difesa erariale, la  quale  condurrebbe  a
negare al ricorrente il diritto  al  beneficio  emergenziale  di  cui
all'o.P.C.m. 29 novembre 2002. 
    La rilevanza della questione di  legittimita'  costituzionale  e'
evidente:  l'applicazione  della  norma   e'   estesa   a   tutti   i
provvedimenti che trovano il loro presupposto giuridico  nella  legge
24 febbraio 1992, n. 225 (e tale e' la fattispecie all'odierno  esame
del Collegio) ed impone di interpretare provvedimenti  amministrativi
o normativi generali (quali, appunto, quelli contenuti  nella  citata
o.P.C.m.) nel senso di escluderne dall'ambito applicativo i  soggetti
diversi  dai  datori  di  lavoro  privati   (pertanto,   si   osserva
incidentalmente che  l'esclusione  riguarda  sia  il  c.d.  «pubblico
impiego non contrattualizzato» - nell'ambito  del  quale  rientra  il
ricorrente - che il pubblico impiego interamente soggetto  al  regime
di cui al d.lgs. n. 165/2001). 
    Piu' precisamente,  il  beneficio  economico  cui  il  ricorrente
aspira  e'  disciplinato  dal  combinato  disposto  dell'art.  4  del
decreto-legge 4 novembre 2002, n. 245, convertito  con  modificazioni
nella legge n. 27 dicembre 2002, n. 286 che  dispone  la  sospensione
dei termini «anche  previdenziali»,  e  del  comma  uno  dell'art.  5
dell'ordinanza del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  del  29
novembre 2002, n. 3254  che  dispone:  «Nei  confronti  dei  soggetti
residenti, aventi sede legale od operativa nel territorio di  cui  al
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 ottobre 2002
sono  sospesi,  fino  al  31  marzo  2003  (termine   successivamente
prorogato), i versamenti dei contributi di previdenza  ed  assistenza
sociale e dei  premi  per  l'assicurazione  obbligatoria  contro  gli
infortuni e le malattie professionali, ivi compresa la quota a carico
dei lavoratori dipendenti...». 
    L'art. 4 del d.l. n. 245/2002, peraltro, non puo' neppure  essere
considerata come atta a fondare - autonomamente rispetto  alla  legge
n. 225/1992, cosi' come reiterpretata alla luce dell'art. coma  1-bis
del  d.l.  n.  263/2006  convertito  in  1egge  n.  290/2006   -   il
provvedimento contenuto nella o.P.C.m. del 29 novembre 2002,  perche'
(a tacere delle evidenti correlazioni tra i rispettivi  istituti)  la
disposizione  del  2006,  avendo  contenuto  inconciliabile  rispetto
all'art.  4  del  d.l.  4  novembre  2002,  n.  245,  convertito  con
modificazioni  nella  legge  27  dicembre  2002,   n.   286,   impone
all'interprete di ritenere  quest'ultima  disposizione  evidentemente
abrogata in parte qua. 
    La chiara dizione dell'art. 6, comma l-bis del d.l.  n.  963/2006
convertito in legge n. 290/2006, non  consente,  infine,  di  operare
alcuna interpretazione correttiva o adeguatrice della disposizione in
esame, la quale, in effetti (per come sara' meglio  chiarito  oltre),
assume a proprio presupposto non tanto  l'esigenza  di  chiarire  una
ambiguita' interpretativa, quanto quella di  correggere  l'intervento
di pubblici poteri re melius perpensa essendo stato ritenuto ex  post
che il beneficio emergenziale di protezione civile  che  riguarda  la
sospensione dei versamenti di ritenute previdenziali ed assistenziali
incidesse  eccessivamente  sulle  finanze  pubbliche   (ratio   legis
quest'ultima  emergente  dalla  considerazione  di  quanto  e'  stato
apertamente indicato nella o.P.C.m. n. 3442/2005, atto  asseritamente
di interpretazione autentica  della  o.P.C.m.  29  novembre  2002  ed
annullato dalla Sezione con sentenze nn.i 95, 97 e 98 del 2006). 
    Ne consegue che, in applicazione della norma di cui  all'art.  6,
comma l-bis piu' volte citato, l'o.P.C.m. del 29 novembre  2002  deve
oggi sicuramente ritenersi  applicabile  ai  soli  datori  di  lavoro
privati, ed essendo  la  norma  come  tale  chiaramente  ostativa  al
riconoscimento del  beneficio  richiesto  dal  ricorrente  Rossi,  il
Collegio dovrebbe pertanto  respingerne  il  gravame,  ed  accogliere
l'opposizione al decreto ingiuntivo proposta  dalla  difesa  erariale
(con conseguente revoca o annullamento dello stesso),  se,  tuttavia,
non dubitasse della legittimita' costituzionale di essa. 
    La rilevanza di tale questione appare dunque evidente. 
Sulla non manifesta infondatezza. 
    Le ragioni della questione di legittimita' costituzionale, che si
esporranno  non  appaiono  al  tribunale  manifestamente   infondate,
sussistendo,  al   contrario,   gravi   ragioni   di   illegittimita'
costituzionale della norma in esame, in relazione alla ingiustificata
disparita' di trattamento, alla evidente irrazionalita' ed abnormita'
della disposizione, alla violazione dei principi in materia di tutela
del lavoro, ed alla  violazione  del  principio  di  separazione  dei
poteri. 
    I differenti motivi di illegittimita' della disposizione in esame
possono essere trattati come meglio di seguito espresso. 
A) Violazione degli articoli 2 e 3  della  Costituzione -  Violazione
dell'art. 32 della Costituzione - Violazione degli articoli 4,  35  e
36 della Costituzione -  Ingiustificata  e  manifesta  disparita'  di
trattamento. 
    1) Va preliminarmente osservato che  il  beneficio  in  questione
(cui il ricorrente aspira), disposto per i paesi colpiti dal fenomeno
eruttivo  dell'Etna  del  2002,  appare  manifestamente  rivolto   ad
assicurare l'adempimento dei doveri di solidarieta' sociale  che,  ex
art.  2  della  Costituzione,  la  Repubblica  richiede  e   pertanto
riconosce e garantisce. In questo senso, lo sforzo economico  che  la
misura emergenziale comporta, pone a carico del  pubblico  erario  un
«ammortizzatore»  del  costo  che  le  popolazioni  interessate  sono
chiamate  a  svolgere  per  mantenere,  nei  limiti  del   possibile,
l'ordinario livello quali-quantitativo di vita, compromesso  nel  suo
andamento  dal  fenomeno  naturale  la  cui   insolita   potenza   ha
costituito, per l'appunto, il presupposto dell'intervento  stesso  di
protezione civile. 
    L'esercizio dei pubblici poteri rappresenta,  in  relazione  alle
popolazioni colpite dagli eventi naturali (come del resto  accade  in
altri scenari di catastrofi naturali, come  i  terremoti),  non  solo
l'adempimento degli obblighi di tutela e di  intervento  dello  Stato
volti a fronteggiare direttamente l'emergenza ma, nella misura in cui
dispone misure economiche di assistenza attiva come quelle in  esame,
anche l'adempimento  di  obblighi  di  solidarieta'  sociale  di  cui
l'intera comunita' nazionale e' portatrice. Appare evidente, infatti,
che la sospensione del versamento  delle  ritenute  previdenziali  ed
assistenziali, nella misura in cui aggravia l'erario  di  una  minore
entrata (o, piu' precisamente, di una entrata differita nel  tempo  e
quindi di un minore valore reale della medesima quantita' nominale di
moneta), implica che aumenta, proporzionalmente,  la  qualita'  della
pressione  parafiscale  che  grava  su  tutti  gli  altri  dipendenti
(essendo   immutato   il   valore   del   «prodotto   finale»,   dato
dall'erogazione dell'assistenza o della previdenza). 
    Ne consegue che limitare tale beneficio solo ad una categoria  di
lavoratori e non ad altre,  comporta  che  nei  confronti  di  queste
ultime  viene  negata  la  solidarieta'   sociale   della   comunita'
nazionale,  per  effetto  di  una  limitazione   dei   corrispondenti
strumenti di intervento pubblico a carattere socio-assistenziale. 
    E' appena il caso di  sottolineare  l'importanza  che  il  valore
della solidarieta' sociale, nell'attuale ordinamento, rappresenta  in
se' ed altresi' al fine della coesione e della  unita'  nazionale:  a
fondamento di una  comunita'  si  pone  la  condivisione  di  fini  e
risorse, e l'identita' di un Paese nasce dalla percezione diffusa  di
tale condivisione. Laddove, pertanto, una parte, non  importa  quanto
estesa o  minore,  di  questa  comunita'  si  trova  esposta  ad  una
situazione di emergenza che ne compromette la sicurezza,  l'andamento
della  vita  quotidiana  e  l'ordinario  livello  di   sviluppo,   e'
inderogabile dovere dell'istituzione  che  rappresenta  la  comunita'
tutta intervenire senza distinzioni di alcun  genere  (di  sesso,  di
razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche o di condizioni
personali e sociali, quindi neppure di condizioni lavorative),  posto
che e' compito della Repubblica rimuovere quelle condizioni (come  la
situazione di emergenza accaduta nel 2002 nella zona dell'Etna)  che,
limitando  di  fatto  la  liberta'  e  l'eguaglianza  dei  cittadini,
impediscono il pieno  sviluppo  della  persona  umana  e  l'effettiva
partecipazione di tutti  i  lavoratori  all'organizzazione  politica,
economica e sociale del Paese. 
    3) Il beneficio in questione si  propone  anche  di  tutelare  il
diritto alla salute,  costituzionalmente  garantito  ex  art.  32  ed
inteso, come  la  giurisprudenza  costituzionale  insegna,  come  non
semplicemente   diritto   alla   integrita'   psicofisica   (peraltro
compromessa dai  livelli  di  cenere  diffusi  nell'aria  al  momento
dell'evento  eruttivo)  ma  diritto  alla  tutela   del   complessivo
benessere fisico e psicologico della persona. Tramite la  sospensione
dei termini di versamento dei contributi di  natura  assistenziale  e
previdenziale,  l'amministrazione,  nell'esercizio  dei  suoi  poteri
normativi  extra  ordinem  attribuitile  dal  legislatore,  ha  cosi'
realizzato, senza diretta spesa, ma assumendo l'onere di  una  minore
entrata, un  accrescimento  in  termini  di  valore  monetario  delle
retribuzioni dei  lavoratori,  i  quali  hanno  cosi'  percepito  una
utilita' rivolta a consentire loro di adeguatamente fare fronte  alle
esigenze di tutela del proprio benessere (e di quello dei familiari a
carico) a fronte di un evento per definizione tale  da  incidere  sui
livelli di vita precedenti. 
    Negare tale beneficio ad una  categoria  di  lavoratori,  implica
diminuire per  questi  ultimi  i  livelli  collettivi  di  assistenza
sanitaria riconosciuti ai dipendenti di datori di lavoro privati, con
evidente violazione dell'art. 32 della Costituzione. 
    4) Sotto altro profilo  (ed  anche  in  subordine  rispetto  alla
violazione dell'art. 32 della  Costituzione),  la  norma  legislativa
viola i principi in materia di tutela del lavoratore (artt. 4,  35  e
36 della Costituzione), perche' «abrogando» il beneficio economico ed
assistenziale descritto piu' volte, ha determinato una ingiustificata
riduzione del  livello  retributivo  che  era  stato  potenziato  con
l'intervento di protezione civile operato con l'o.P.C.m. 29  novembre
2002. 
    Quest'ultimo, operando una riduzione (sia pure temporanea)  della
differenza tra retribuzione lorda e retribuzione netta percepita,  ha
evidentemente.  concorso  ad  adeguare   la   seconda   alla   prima,
aumentandone il valore economico disponibile per il  lavoratore,  che
ha avuto modo, quindi, di confidare sulla accresciuta  disponibilita'
economica per  poter  fare  fronte  alle  conseguenze  dell'emergenza
naturale. 
    Anche sotto il profilo della violazione dell'affidamento, quindi,
ai dipendenti del settore pubblico, tra i quali l'odierno ricorrente,
e' stata sottratta una disponibilita'  retributiva  della  quale  era
stata inizialmente assicurata la disponibilita'  e,  pertanto  si  e'
inciso sulla  «adeguatezza»  della  retribuzione  in  relazione  allo
specifico momento e contesto emergenziale. 
    5) La disposizione in esame costituisce  un  motivo  di  evidente
disparita'  di  trattamento,  in   violazione   dell'art.   3   della
Costituzione    tra    lavoratori    dipendenti    della     pubblica
amministrazione, e lavoratori dipendenti da privati. La disparita' di
trattamento e' gia' evidenziata  in  relazione  alla  diversa  tutela
inerente i beni costituzionalmente rilevanti illustrati subb 2, 3 4 e
5, ed e', per quanto prima esposto, di per se'  evidente,  cosi'  che
non necessiterebbero di altro commento. 
    Tuttavia, ad un opportuno approfondimento,  giova  osservare  che
non sussiste alcuna ragione giustificativa di tale disparita'. 
    In primo luogo, la conduzione di  attivita'  alle  dipendenze  di
datoti  di  lavoro  pubblici,  anziche'  privati,  non  implica   una
sostanziale diversita' di contenuti  nei  doveri  di  protezione  del
lavoratore che incombono sia sugli uni che  sugli  altri;  egualmente
comuni sono gli altri tratti distintivi  del  rapporto  di  servizio,
quali la  subordinazione  e  la  esclusivita'  del  rapporto.  Quindi
assolutamente analoga e' l'incidenza dell'evento naturale  che  rende
necessitato l'intervento  della  Protezione  Civile,  sull'esecuzione
della prestazione lavorativa, ossia sono del tutto identiche le serie
difficolta' che tutti i lavoratori, sia pubblici che  privati,  hanno
dovuto sostenere per continuare a prestare  la  propria  attivita'  a
servizio delle istituzioni (come nel caso del ricorrente  odierno)  o
delle aziende private. 
    In questo senso, comune e' l'esigenza di tutela di cui le diverse
categoria sono portatrici, in quanto il fenomeno eruttivo ha  inciso,
alterandone  la  qualita',  sulle  condizioni  di  vita  di  tutti  i
lavoratori indistintamente, sia pubblici che privati. 
    Si pensi che, durante il fenomeno in questione, la ricaduta della
cenere sulle citta' del  comprensorio,  ha  notoriamente  determinato
fortissime  conseguenze  in  termini  di  spostamenti  (e  quindi  di
possibilita' di recarsi  al  lavoro),  di  salubrita'  dell'aria,  di
funzionamento dei servizi pubblici ( basti ricordare che l'aereoporto
di Fontana Rossa e' stato chiuso  al  traffico  aereo)  di  igiene  e
pulizia delle strade e delle abitazioni e cosi' via. 
    In conclusione, nessuna refluenza in termini di ratio  di  tutela
la  difformita'  di  disciplina  in  esame   puo'   esplicare   sulla
applicazione  dei  benefici  emergenziali  di  protezione  civile  in
questione, essendo questi ultimi legati non  tanto  alla  qualita'  o
quantita' di  lavoro,  ma  alla  tutela  di  beni  costituzionalmente
garantiti propri della persona umana e delle formazioni  sociali  ove
essa svolge la propria personalita'. 
B) Irragionevolezza  ed  abnormita'  della  disposizione.  Violazione
dell'art. 3 della Costituzione. 
    Il Collegio si richiama  a  quanto  recentemente  statuito  dalla
Corte costituzionale, la quale ha avuto modo di  affermare  che  «nel
giudizio   sulla   legittimita'   costituzionale   delle   norme   di
interpretazione autentica non e'  decisivo  verificare  se  la  norma
abbia  carattere  effettivamente  interpretativo   (e   sia   percio'
retroattiva) ovvero sia  innovativa  con  efficacia  retroattiva,  in
quanto il divieto di retroattivita' della legge non e' stato  elevato
a dignita' costituzionale, salva per la materia penale la  previsione
dell'art. 25 Cost.» inoltre, prosegue la Corte, «il legislatore,  nel
rispetto  di  tale  previsione,  puo'  emanare  sia  disposizioni  di
"interpretazione autentica",  che  determinano  -  chiarendola  -  la
portata  precettiva  della  norma  interpretata  fissandola   in   un
contenuto  plausibilmente  gia'  espresso  dalla  stessa,  sia  norme
innovative con efficacia retroattiva, purche' la retroattivita' trovi
adeguata  giustificazione  sul  piano  della  ragionevolezza  e   non
contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente  protetti»
(Corte costituzionale, 7 luglio 2006, n. 274). 
    Nella fattispecie all'esame della Corte,  la  norma  interpretata
dalla disposizione censurata (recante  un  divieto  di  cumulabilita'
delle agevolazioni contributive) sin dall'inizio, una delle possibili
letture, sicche' la norma di interpretazione autentica non  e'  stata
ritenuta irragionevole, limitandosi ad  assegnare  alla  disposizione
interpretata un significato gia' da essa desumibile. 
    A  giudizio  del  Collegio,  nella  fattispecie  odierna  nessuna
ragionevolezza puo' riconoscersi alla  disposizione  censurata,  ne',
d'altrocanto, essa interviene a dirimere  una  originaria  ambiguita'
interpretativa, posto  che  la  norma  di  cui  all'o.P.C.m.  del  29
novembre 2002 e' chiara nel non discriminare tra i  vari  beneficiari
della misura in esame sia i dipendenti di datori  di  lavoro  privati
che i dipendenti di datori di lavoro pubblici (cfr.  T.a.r.  Catania,
III, sent. nn. 95, 97 e 98 del 2006; tali pronunce  sono  passate  in
cosa giudicata). 
    Alla luce delle considerazioni espresse prima in ordine  ai  beni
costituzionalmente rilevanti che la misura di assistenza emergenziale
si propone di  tutelare,  la  disposizione  censurata  appare  dunque
irragionevole ed addirittura abnorme. 
    L'irragionevolezza risiede nella circostanza che il  legislatore,
in presenza di una dimensione di  emergenza  che  riguarda  tutto  il
territorio interessato alla eruzione  dell'Etna,  e  dunque  tutti  i
soggetti che  vi  operano  e  che  sono  stati  chiamati  a  prestare
attivita'  lavorativa  nelle  proibitive  condizioni  ambientali  che
l'eruzione vulcanica ha determinato, sceglie di  assistere  solo  una
categoria di soggetti,  individuati  con  un  criterio  che,  pur  se
oggettivo, nella sua estrema semplicita'  e'  del  tutto  slegato  da
qualsiasi collegamento  fattuale  o  funzionale  con  l'emergenza  da
affrontare. Quindi, sul piano logico, la scelta normativa non aiuta a
comprendere in alcun modo la motivazione  della  esclusione,  neppure
nell'ambito, cosi' ampio, della discrezionalita' legislativa. 
    L'abnormita'  della   disposizione,   inoltre,   discende   dalla
precedente considerazione,  perche',  per  raggiungere  lo  scopo  di
discriminare  nell'ambito  della   medesima   situazione   tra   vari
destinatari potenziali degli interventi emergenziali, ha operato  una
modifica legislativa con effetto retroattivo  che  incide  non  sulla
legge, pure formalmente oggetto della nuova norma, ma, essenzialmente
sull'esercizio  dei   poteri   di   amministrazione   demandati,alla.
Protezione Civile: la stessa p.a., laddove si  fosse  resa  conto  di
avere creato i presupposti per un esborso a  carico  dell'Erario  non
preventivabile ex ante e rivelatosi  eccessivo  ed  insostenibile  ex
post, o anche se avesse ritenuto ad un ripensamento  dei  presupposti
della propria azione, che i lavoratori pubblici non necessitassero di
assistenza, avrebbe dovuto fare uso dei propri poteri di riesame  dei
provvedimenti emanati, con  ogni  conseguente  statuizione  (salvi  i
principi posti dalla legge per la revoca o  annullamento  di  atti  o
provvedimenti amministrativi ed il rispetto dei diritti quesiti). 
    A proposito dei diritti quesiti, la  retroattivita'  della  norma
travolge  anche  le  situazioni  consolidate,  sempre  senza   alcuna
giustificazione plausibile o evidente,  infliggendo  cosi'  un  grave
vulnus  alla  immagine  dello  Stato  ed  alla   credibilita'   delle
Istituzioni   le   quali,   dapprima,   nell'emergenza,    assicurano
determinati tipi di intervento a tutti i cittadini (cori  impegni  il
cui  onere  non  era  difficilmente  preventivabile),  creano   cosi'
l'affidamento dei destinatari su questo tipo  di  interventi  e  poi,
finita l'emergenza, e per mezzo della funzione legislativa,  revocano
i benefici  concessi  e  nullificano  il  rapporto  di  assistenza  e
sostegno che, pure, esse  stesse  avevano  creato  con  i  consociati
colpiti dalle calamita' naturali. 
    La Sezione aveva gia' avuto modo di affermare con le sentenze nn.
95, 97 e 98/2006 gia' richiamate, che la  o.P.C.m.  del  29  novembre
2002 era chiara nel ricomprendere nell'ambito della sua efficacia sia
i datori di lavori privati che quelli  pubblici:  «...  .Sostiene  la
difesa erariale che l'ordinanza del 29 novembre 2002, all'art. 5, era
gia' da interpretarsi nel senso di aver disposto  le  provvidenze  in
esame a favore dei soli  imprenditori  privati;  ma  nessun  elemento
strutturale  o  letterale  dell'ordinanza  in   esame   supporta   la
interpretazione restrittiva che ne da' la difesa erariale.  A  fronte
di cio', le richieste dei ricorrenti sono invece chiaramente  fondate
sulla lettera dell'art. 5 della citata ordinanza 29 novembre 2002, n.
3254, che dispone espressamente la sospensione dei  versamenti  senza
alcuna distinzione tra datori di lavoro pubblici e privati e relativi
dipendenti». 
    Gia' in quella sede, la Sezione aveva anche affermato che:  «...i
provvedimenti emergenziali  adottati  nelle  funzioni  di  Protezione
civile, proprio per  la  loro  indiscussa  e  pacifica  capacita'  di
innovare  temporaneamente  l'ordinamento,  salvi  i   soli   principi
generali  di  quest'ultimo,  devono  essere  formulati   in   maniera
dettagliata e la lettera di essi costituisce argomento interpretativo
cui fare riferimento in maniera altrettanto rigorosa.  Cio'  infatti,
e' naturalmente proprio di fonti del diritto che  contengono  ordini,
direttive  e  disposizioni  volte  a  far  fronte  a  situazioni   di
emergenza, situazioni cioe' connotate da un  particolare  deficit  di
riferimento sociale e quindi anche  normativo,  a  fronte  del  quale
l'intervento emergenziale trova la sua giustificazione causale. 
    Se  cosi'  e',  il  dato  letterale  della  fonte  normativa   di
Protezione civile deve essere considerato con il  particolare  rigore
proprio di ogni  atto  o  fatto  suscettibile  di  apportare  deroghe
all'ordinamento per due  motivi.  In  primo  luogo,  il  contesto  di
emergenza non consente di poter  fare  riferimento  ad  altri  canoni
interpretativi che richiedono la  correlazione  della  fonte  con  le
altre fonti dell'ordinamento. 
    Infatti, per definizione, in virtu' della situazione emergenziale
vengono meno gli ordinari strumenti  di  intervento  dell'ordinamento
cosi' che e' necessario conferire capacita'  derogatoria  alla  fonte
normativa   speciale   di   Protezione   civile    affinche'    possa
opportunamente  colmare  il  vuoto  normativo  derivante  da   eventi
eccezionali   ed   imprevedibili   con   provvedimenti   ed    ordini
contingibili,  i  quali  pertanto  devono  essere,  per  cosi'  dire,
"autosufficienti" ossia capaci di provvedere all'emergenza  da  soli.
... . In secondo luogo, proprio  l'attitudine  (e  la  vocazione)  ad
intervenire "derogando" per fare fronte a situazioni di emergenza che
le norme ordinarie non consentirebbero (o addirittura  impedirebbero)
di affrontare (perlomeno con i necessari ed accelerati tempi  tecnici
necessari), fonda la caratteristica propria di  questi  provvedimenti
che si puo' rinvenire nella peculiare attitudine di  essi  a  fondare
l'affidamento dei destinatari. 
    La comunicazione pubblica  insita  nel  provvedimento  tipico  di
Protezione civile e la potesta'  derogatoria  di  esso  sono  (devono
essere) infatti tali da consentire e fondare nei destinatari di  esso
il massimo  grado  di  affidamento  sulle  disposizioni  che  vengono
impartite  ed  erogate;   altrimenti,   anche   qui   verrebbe   meno
l'attitudine della  pubblica  funzione  della  Protezione  civile  di
"gestire" adeguatamente le situazioni di emergenza, perche' il  grado
di efficacia ed incisivita' dell'intervento dipende proporzionalmente
ed  in  via  immediata  e  diretta  dalla  capacita'  dell'intervento
straordinario di essere chiaro,  esaustivo,  completo,  in  relazione
all'evento-danno che sta compromettendo  la  ordinaria  funzionalita'
del sistema-societa' civile. Quindi, nei provvedimenti di  protezione
civile "tipici" la lettera fonda il provvedimento, poiche'  i  limiti
della deroga devono essere interpretati rigorosamente sia  nel  senso
di definire esattamente quali  sono  le  parti  dell'ordinamento  che
vengono sospese o limitate e sia nel senso  di  definire  esattamente
quali siano le misure concrete che, nell'ambito di  tale  deroga,  si
inseriscono nel sistema delle fonti. 
    Cio' posto, venendo all'esame dell'o.P.C.m. del 29 novembre 2002,
come si e' detto  prima  la  lettera  dell'art.  5  e'  tale  da  non
consentire interpretazioni equivoche  o  dubbie.  Le  tesi  difensive
dell'Avvocatura potrebbero trovare un loro indice testuale  solo  nel
preambolo dell'Ordinanza, ove si fa riferimento  alla  necessita'  di
tutelare le attivita' produttive ed i servizi pubblici essenziali. Ma
tale riferimento e' peraltro carente di un  presupposto  sostanziale:
l'ordinanza reca disposizioni molto eterogenee tra loro e sono  tutte
riferibili al medesimo preambolo motivazionale, chiamato a dare forma
alla espressione dell'interesse  pubblico  perseguito  dall'ordinanza
medesima. Ragione per cui, la struttura stessa del  provvedimento  e'
tale da dover imporre di considerare i riferimenti motivazionali  del
preambolo a tutto il contenuto del successivo articolato, rivelandone
quindi la funzione di mera clausola di stile o comunque di  finalita'
generale che si intende  perseguire  in  suscettibile  come  tale  di
fondare in terpretazioni teleologicamente  orientate  dei  successivi
articoli; il tutto a tacere,  tra  l'altro,  che  il  riferimento  ai
servizi pubblici essenziali e'  gia'  prova  letterale  che  comunque
nella  "platea"  dei  destinatari  della  norma  non  possono  essere
considerati acriticamente solo i lavoratori  e  le  aziende  private,
trovandovisi espressamente  ricompresi  anche  quelli  riferibili  ai
detti servizi pubblici essenziali». 
    Le motivazioni delle sentenze di questa  sezione  nn.  95,  97  e
98/2006 vanno  qui  richiamate  e  riportate,  perche'  concorrono  a
sostenere la non manifesta infondatezza del dubbio di  illegittimita'
costituzionale della disposizione normativa in esame, considerato che
quest'ultima altro non si rivela essere che la trasposizione in  sede
legislativa di argomenti difensivi utilizzati nei giudizi precedenti,
argomenti che erano gia' stati respinti sia in  primo  grado  che  in
sede di appello. 
    Sotto tutti questi aspetti la norma, dunque, si  segnala  per  il
particolare disordine che  crea  nella  relazione  tra  cittadini  ed
istituzioni, e se ne conferma quindi un  giudizio  di  abnormita'  ed
irragionevolezza sotto i vari aspetti evidenziati. 
Violazione del principio di separazione dei poteri. 
    Richiamato quanto ritenuto nelle sentenze di questa  sezione  nn.
95, 97 e 98 del 2006, appare evidente che, nella fattispecie  in  cui
l'amministrazione interviene con poteri  di  Protezione  civile,  gli
impegni di spesa  che  assume  in  tale  frangente  per  fare  fronte
all'emergenza,  pur  se  possiedono  la  peculiare  natura  di   atti
straordinari, sono  pur  sempre  atti  amministrativi,  attuativi  di
esercizio di potere connotato da una forte supremazia  specifica,  in
quanto  rivolto  (anche  in  deroga  a  norme   dell'ordinamento)   a
fronteggiare situazioni ove, a  causa  dell'emergenza,  gli  ordinari
limiti,  tempi   e   procedure,   del   potere   amministrativo   non
consentirebbero di curare adeguatamente e tempestivamente le esigenze
delle popolazioni colpite dalla calamita' naturale. 
    Cio' premesso, gia' nelle Sentenze nn. 95, 97 e 98  del  2006  la
sezione evidenziava come l'eventuale riconsiderazione  dell'emergenza
dalla quale derivi la  constatazione  che  l'impegno  finanziario  e'
stato eccessivo,  sovradimensionato  o  inefficace  e  come  tale  va
ridotto, deve essere oggetto di adeguata ponderazione, ovviamente nel
rispetto delle ordinarie procedure di legge, essendo cessato il fatto
causativo della emergenza. 
    Laddove il legislatore, invece, interviene con una norma di legge
finalizzata   a   revocare   atti   sostanzialmente   e   formalmente
amministrativi (siano pure questi  ultimi  inseriti  nella  gerarchia
delle fonti, in quanto aventi capacita'  di  innovare  l'Ordinamento,
nei limiti in cui possono essere in deroga  a  norme  di  legge),  di
fatto invade il campo di competenza  dell'Amministrazione  ossia  del
potere esecutivo. 
    La  dimostrazione   dell'avvenuto   «straripamento»   di   potere
legislativo si trova nella lettera della norma di cui alla  legge  n.
225/1992  che  non  disciplina  direttamente  benefici  quali  quelli
oggetto dell'art. 6-bis varie volte citato, con  la  conseguenza  che
manca l'oggetto  della  interpretazione  autentica  (ossia  la  norma
ambigua), risolvendosi l'efficacia della norma interpretativa in  una
correzione materiale  dell'ambito  di  applicazione  della  legge  n.
225/1992 e, mediatamente, dei suoi provvedimenti applicativi. 
    Appare dunque evidente che il vero scopo del legislatore  non  e'
quello di risolvere una ambiguita'  interpretativa,  ma  di  rivedere
l'avvenuto esercizio del potere amministrativo di protezione  civile,
discriminando ex  post,  tra  piu'  soggetti  aventi  originariamente
titolo a ricevere le relative prestazioni, quali mantenere nel novero
degli interventi medesimi di protezione  civile  e  quali  escludere,
attivita' queste, come si vede, del tutto incompatibili con  l'ambito
ordinario di intervento del legislatore, perche'  di  amministrazione
attiva e quindi di competenza dell'Esecutivo. 
    Conclusivamente,  apparendo  rilevante   e   non   manifestamente
infondata la questione della legittimita' costituzionale della  norma
di cui all'art. 6, comma 1-bis del d.l.  n.  263/2006  convertito  in
legge n. 290/2006, per violazione degli articoli 2, 3, 4, 32, 35, 36,
97 della Costituzione, a norma dell'art. 23, secondo comma, legge  11
marzo 1953, n. 87, va disposta l'immediata  trasmissione  degli  alla
Corte costituzionale, per la risoluzione della questione  incidentale
di costituzionalita' di cui trattasi,  disponendosi  conseguentemente
la sospensione del giudizio. 
                              P. Q. M. 
    Ritenuta la rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 1-bis del
d.l. n. 263/2006 convertito in legge n. 290/2006, in  relazione  agli
articoli 2, 3, 4, 32, 35, 36, 97 della Costituzione; 
    Visti  gli  articoli  134  della  Costituzione,  1  della   legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo  1953,
n. 87; 
    Sospende il giudizio in corso ed ordina l'immediata  trasmissione
degli atti  alla  Corte  costituzionale  perche'  si  pronunci  sulla
questione  di  legittimita'  costituzionale  delle  norme  di   legge
sopraindicate; 
    Dispone che, a cura della Segreteria della Sezione,  la  presente
ordinanza sia notificata alle  parti  in  causa,  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri ed ai Presidenti delle Camere. 
    Cosi' deciso in Catania, in  Camera  di  consiglio,  in  data  20
dicembre 2007. 
                         Il Presidente: Leo 
                                        L'estensore: Satto Costantino 
                                                             Allegato 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
    Ha pronunciato  il  seguente  decreto  di  correzione  di  errore
materiale nel ricorso  per  decreto  ingiuntivo  n.  1220/2005  R.G.,
proposto da Rossi Ugo, rappresentato e  difeso  dall'avv.  Sebastiano
Mazzullo presso il cui studio in Catania,  via  Umberto  n.  287,  e'
elettivamente domiciliato; 
    Contro il Ministero della economia  e  finanze,  in  persona  del
Ministro  pro  tempore  domiciliato  ex  lege   presso   l'Avvocatura
distrettuale dello Stato di Catania, in via Vecchia Ognina n.149, per
l'ingiunzione di pagamento a carico del Ministero  della  economia  e
finanze, in persona del Ministro pro  tempore,  e  della  Guardia  di
finanza, in persona del Comandante generale pro tempore, dell'importo
di  €   20.105,60   (ventimilacentocinque/60)   oltre   interessi   e
rivalutazione monetaria, ai sensi dell'art. 429 c.p.c., terzoI comma,
con  decorrenza  dalle   singole   date   di   corresponsione   delle
retribuzioni  al  soddisfo  nonche'  per  le  spese  e  compensi  del
procedimento monitorio; 
    Visto il ricorso, con i relativi allegati; 
    Visto il decreto ingiuntivo n. 178 del 14 luglio 2005; 
    Visto l'atto di  costituzione  nel  giudizio  dell'Avvocatura  di
Stato, in opposizione al decreto ingiuntivo n. 178/2005; 
    Vista l'ordinanza n. 104, depositata il 4 marzo 2008, con cui  e'
stata sollevata questione di legittimita' costituzionale ed e'  stato
conseguentemente sospeso il giudizio; 
    Vista  l'istanza  per  la   correzione   dell'errore   materiale,
depositata il 17 aprile 2008, proposta dall'Avvocatura di Stato,  con
l'adesione  della  parte  ricorrente,  con  la  quale  si  chiede  di
rettificare gli errori materiali contenuti nella predetta  ordinanza,
meglio in essa indicati; 
    Visti gli atti tutti della causa; 
    Designato relatore alla camera di consiglio dell'8 maggio 2007 il
referendario dr. Salvatore Gatto Costantino; 
    Uditi  altresi'  gli  avvocati  delle  parti,  come  da  relativo
verbale; 
    Visto l'art. 93 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642; 
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto che l'errore materiale
sussiste ed e'  dovuto  ad  un  mero  errore  nell'uso  del  supporto
informatico; 
    Ritenuto, piu' precisamente, che l'errore materiale e' consistito
in quanto di seguito riportato: 
      1) e' erroneamente indicato il difensore della parte ricorrente
come avv. Antonello Leone (con studio in via Fimia n. 35)  mentre  il
difensore di parte  ricorrente,  e',  in  realta'  l'avv.  Sebastiano
Mazzullo (con studio in via Umberto n. 287); 
      2) e'  erroneamente  inserita,  tra  le  parti  resistenti,  la
Guardia di finanza; 
      3) l'importo del decreto ingiuntivo n.  178/2005  e'  riportato
erroneamente in  euro  «4.179,67»  (quattromilacentosettantanove/67),
invece che nella cifra  corretta  che  e'  pari  ad  euro  «20.105,60
(ventimilacentocinque/60)»; 
    Ritenuto  che  l'errore,  essendo  relativo  alla  non   corretta
copiatura di dati direttamente riscontrabili e sussistenti negli atti
di giudizio, puo' essere corretto, con la procedura di  cui  all'art.
93 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642; 
    Ritenuto di dover apportare alla ordinanza nr. 104/2008  indicata
in epigrafe le correzioni indicate; 
                              Decreta: 
    Di apporre alla ordinanza n.  104/08  le  correzioni  dell'errore
materiale di cui alla parte motiva. 
    Manda alla segreteria di apporre le correzioni di cui al presente
decreto alla ordinanza n. 104/2008, riportando in calce  alla  stessa
ai sensi dell'art.  93,  terzo  comma,  regio  decreto  n.  642/1907,
l'annotazione del presente decreto. 
      Catania, addi' 8 maggio 2008 
                         Il Presidente: Leo 
                                        L'estensore: Satto Costantino