N. 54 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 marzo - 14 maggio 2008
Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia - Sezione staccata di Catania del 30 maggio 2008. Calamita' pubbliche e protezione civile - Sospensione del versamento dei contributi previdenziali - Limitazione, con norma autoqualificata interpretativa, del beneficio ai soli datori di lavoro privati - Conseguente esclusione del beneficio per i lavoratori dipendenti - Denunciato carattere innovativo della norma censurata - Incidenza su diritto fondamentale della persona - Ingiustificata disparita' di trattamento tra datori di lavoro e lavoratori - Violazione del diritto al lavoro, del diritto di difesa, dei principi di tutela della salute, di tutela del lavoratore, di retribuzione proporzionata ed adeguata, di buon andamento della pubblica amministrazione. - Decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, art. 6, comma 1-bis, aggiunto dalla legge 6 dicembre 2006, n. 290. - Costituzione, artt. 2, 3, 4, 32, 35, 36 e 97.(GU n.9 del 4-3-2009 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso per decreto ingiuntivo n. 1220/05 R.G., proposto da Rossi Ugo, rappresentato e difeso dall'avv. Antonello Leone presso il cui studio in Catania, via Fimia n. 35, e' selettivamente domiciliato; Contro il Ministero della economia e finanze, in persona del Ministro pro tempore, e della Guardia di finanza, in persona del Comandante generale pro tempore, domiciliati ex lege presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, in via Vecchia Ognina n. 149, per l'ingiunzione di pagamento a carico del Ministero dell'economia e finanze, in persona del Ministro pro tempore e della Guardia di finanza, in persona del Comandante generale pro tempore, dell'importo di € 4.179,67 (quattromilacentosettantanove/67) oltre interessi e rivalutazione monetaria, ai sensi dell'art. 429 c.p.c. terzo comma, con decorrenza dalle singole date di corresponsione delle retribuzioni al soddisfo nonche' per le spese e compensi del procedimento monitorio; Visto il ricorso, con i relativi allegati; Visto il decreto ingiuntivo n. 178 del 14 luglio 2005; Visto l'atto di costituzione nel giudizio dell'Avvocatura di Stato, in opposizione al decreto ingiuntivo n. 178/2005; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore all'udienza pubblica del 20 dicembre 2007 il referendario dr. Salvatore Gatto Costantino; Uditi altresi' gli avvocati delle parti, come da relativo verbale; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. I n f a t t o Con il ricorso in esame, parte ricorrente chiede la corresponsione delle somme derivanti dall'applicazione del beneficio della sospensione delle ritenute previdenziali ed assistenziali e l'immediata restituzione di quelle gia' trattenute sullo stipendio 2002, ai sensi dell'art. 4 del d.l. 4 novembre 2002, n. 245, convertito in legge 27 dicembre 2002, n. 286 e dell'art. 5 dell'o.P.C.m. 29 novembre 2002. L'Avvocatura di Stato ha eccepito che con o.P.C.m. n. 3442/2005 e' stato riformato, in senso restrittivo e sfavorevole al ricorrente, l'ambito oggettivo e soggettivo dell'ordinanza 29 novembre 2002 sopra richiamata. La sezione, con sentenze numeri 95, 97 e 98 del 26 gennaio 2006, ha annullato la predetta o.P.C.m. n. 3442/2005. L'Avvocatura di Stato ha proposto appello avverso le suddette sentenze. Ai fini della decisione del ricorso e' stata quindi disposta la sospensione del giudizio ex art. 297 cpc con sentenza n. 945/06 emessa il 24 marzo 2006 e depositata in cancelleria l'8 giugno 2006. Intervenuta la pronuncia di appello sui ricorsi in esame (cfr. tra le varie, CGA n. 260/2007, depositata il 12 aprile 2007) che ha rigettato l'appello nei vari motivi di impugnazione, la parte ricorrente ha chiesto con memoria depositata il 24 aprile 2007 la fissazione dell'udienza ai fini della prosecuzione del giudizio. L'Avvocatura di Stato, con memoria depositata il 9 novembre 2007, ha eccepito che la materia e' stata disciplinata con la norma di cui all'art. 6, comma l-bis del d.l. n. 263/2006 convertito in legge n. 290/2006 che, disponendo la interpretazione autentica della norma di cui alla legge 24 febbraio 1992, n. 225, ha sancito, retroattivamente, che le disposizioni delle ordinanze di Protezione civile che «prevedono il beneficio della sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi assicurativi, si applicano esclusivamente ai datori di lavoro privati avente sede legale ed operativa nei comuni individuati da ordinanze di protezione civile» e con l'esclusione, quindi dei datori di lavoro pubblici. Alla udienza pubblica del 20 dicembre 2007 la causa e' stata trattenuta in decisione. I n d i r i t t o Il ricorso in esame, in applicazione della normativa di cui all'art. 6, comma l-bis del d.l. n. 263/2006 convertito in legge n. 290/2006, dovrebbe essere respinto, dichiarandosene l'inammissibilita', in quanto l'applicazione del beneficio di cui al combinato disposto dell'art. 4 del d.l. 4 novembre 2002, n. 245, convertito in legge 27 dicembre 2002, n. 286 e dell'art. 5 dell'o.P.C.m. 29 novembre 2002 e' interdetta ai dipendenti dei datori di lavoro pubblici, tra i quali rientra il ricorrente in questione (Consigliere di Cassazione in servizio presso la Procura della Repubblica di Catania, con funzioni di Procuratore aggiunto). Ma, a fronte di questa prospettiva, il Collegio non puo' non avvertire, d'ufficio, la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di incostituzionalita' della norma sopra richiamata, in quanto affetta da manifesta disparita' di trattamento, abnormita' della disposizione, violazione dei limiti del potere legislativo, violazione del principio di separazione dei pubblici poteri. La questione, ad avviso del Collegio, e' rilevante e non manifestamente infondata. Sulla rilevanza. La decisione del giudizio dipende interamente dall'applicazione della norma invocata dalla difesa erariale, la quale condurrebbe a negare al ricorrente il diritto al beneficio emergenziale di cui all'o.P.C.m. 29 novembre 2002. La rilevanza della questione di legittimita' costituzionale e' evidente: l'applicazione della norma e' estesa a tutti i provvedimenti che trovano il loro presupposto giuridico nella legge 24 febbraio 1992, n. 225 (e tale e' la fattispecie all'odierno esame del Collegio) ed impone di interpretare provvedimenti amministrativi o normativi generali (quali, appunto, quelli contenuti nella citata o.P.C.m.) nel senso di escluderne dall'ambito applicativo i soggetti diversi dai datori di lavoro privati (pertanto, si osserva incidentalmente che l'esclusione riguarda sia il c.d. «pubblico impiego non contrattualizzato» - nell'ambito del quale rientra il ricorrente - che il pubblico impiego interamente soggetto al regime di cui al d.lgs. n. 165/2001). Piu' precisamente, il beneficio economico cui il ricorrente aspira e' disciplinato dal combinato disposto dell'art. 4 del decreto-legge 4 novembre 2002, n. 245, convertito con modificazioni nella legge n. 27 dicembre 2002, n. 286 che dispone la sospensione dei termini «anche previdenziali», e del comma uno dell'art. 5 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2002, n. 3254 che dispone: «Nei confronti dei soggetti residenti, aventi sede legale od operativa nel territorio di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 ottobre 2002 sono sospesi, fino al 31 marzo 2003 (termine successivamente prorogato), i versamenti dei contributi di previdenza ed assistenza sociale e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, ivi compresa la quota a carico dei lavoratori dipendenti...». L'art. 4 del d.l. n. 245/2002, peraltro, non puo' neppure essere considerata come atta a fondare - autonomamente rispetto alla legge n. 225/1992, cosi' come reiterpretata alla luce dell'art. coma 1-bis del d.l. n. 263/2006 convertito in 1egge n. 290/2006 - il provvedimento contenuto nella o.P.C.m. del 29 novembre 2002, perche' (a tacere delle evidenti correlazioni tra i rispettivi istituti) la disposizione del 2006, avendo contenuto inconciliabile rispetto all'art. 4 del d.l. 4 novembre 2002, n. 245, convertito con modificazioni nella legge 27 dicembre 2002, n. 286, impone all'interprete di ritenere quest'ultima disposizione evidentemente abrogata in parte qua. La chiara dizione dell'art. 6, comma l-bis del d.l. n. 963/2006 convertito in legge n. 290/2006, non consente, infine, di operare alcuna interpretazione correttiva o adeguatrice della disposizione in esame, la quale, in effetti (per come sara' meglio chiarito oltre), assume a proprio presupposto non tanto l'esigenza di chiarire una ambiguita' interpretativa, quanto quella di correggere l'intervento di pubblici poteri re melius perpensa essendo stato ritenuto ex post che il beneficio emergenziale di protezione civile che riguarda la sospensione dei versamenti di ritenute previdenziali ed assistenziali incidesse eccessivamente sulle finanze pubbliche (ratio legis quest'ultima emergente dalla considerazione di quanto e' stato apertamente indicato nella o.P.C.m. n. 3442/2005, atto asseritamente di interpretazione autentica della o.P.C.m. 29 novembre 2002 ed annullato dalla Sezione con sentenze nn.i 95, 97 e 98 del 2006). Ne consegue che, in applicazione della norma di cui all'art. 6, comma l-bis piu' volte citato, l'o.P.C.m. del 29 novembre 2002 deve oggi sicuramente ritenersi applicabile ai soli datori di lavoro privati, ed essendo la norma come tale chiaramente ostativa al riconoscimento del beneficio richiesto dal ricorrente Rossi, il Collegio dovrebbe pertanto respingerne il gravame, ed accogliere l'opposizione al decreto ingiuntivo proposta dalla difesa erariale (con conseguente revoca o annullamento dello stesso), se, tuttavia, non dubitasse della legittimita' costituzionale di essa. La rilevanza di tale questione appare dunque evidente. Sulla non manifesta infondatezza. Le ragioni della questione di legittimita' costituzionale, che si esporranno non appaiono al tribunale manifestamente infondate, sussistendo, al contrario, gravi ragioni di illegittimita' costituzionale della norma in esame, in relazione alla ingiustificata disparita' di trattamento, alla evidente irrazionalita' ed abnormita' della disposizione, alla violazione dei principi in materia di tutela del lavoro, ed alla violazione del principio di separazione dei poteri. I differenti motivi di illegittimita' della disposizione in esame possono essere trattati come meglio di seguito espresso. A) Violazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione - Violazione dell'art. 32 della Costituzione - Violazione degli articoli 4, 35 e 36 della Costituzione - Ingiustificata e manifesta disparita' di trattamento. 1) Va preliminarmente osservato che il beneficio in questione (cui il ricorrente aspira), disposto per i paesi colpiti dal fenomeno eruttivo dell'Etna del 2002, appare manifestamente rivolto ad assicurare l'adempimento dei doveri di solidarieta' sociale che, ex art. 2 della Costituzione, la Repubblica richiede e pertanto riconosce e garantisce. In questo senso, lo sforzo economico che la misura emergenziale comporta, pone a carico del pubblico erario un «ammortizzatore» del costo che le popolazioni interessate sono chiamate a svolgere per mantenere, nei limiti del possibile, l'ordinario livello quali-quantitativo di vita, compromesso nel suo andamento dal fenomeno naturale la cui insolita potenza ha costituito, per l'appunto, il presupposto dell'intervento stesso di protezione civile. L'esercizio dei pubblici poteri rappresenta, in relazione alle popolazioni colpite dagli eventi naturali (come del resto accade in altri scenari di catastrofi naturali, come i terremoti), non solo l'adempimento degli obblighi di tutela e di intervento dello Stato volti a fronteggiare direttamente l'emergenza ma, nella misura in cui dispone misure economiche di assistenza attiva come quelle in esame, anche l'adempimento di obblighi di solidarieta' sociale di cui l'intera comunita' nazionale e' portatrice. Appare evidente, infatti, che la sospensione del versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, nella misura in cui aggravia l'erario di una minore entrata (o, piu' precisamente, di una entrata differita nel tempo e quindi di un minore valore reale della medesima quantita' nominale di moneta), implica che aumenta, proporzionalmente, la qualita' della pressione parafiscale che grava su tutti gli altri dipendenti (essendo immutato il valore del «prodotto finale», dato dall'erogazione dell'assistenza o della previdenza). Ne consegue che limitare tale beneficio solo ad una categoria di lavoratori e non ad altre, comporta che nei confronti di queste ultime viene negata la solidarieta' sociale della comunita' nazionale, per effetto di una limitazione dei corrispondenti strumenti di intervento pubblico a carattere socio-assistenziale. E' appena il caso di sottolineare l'importanza che il valore della solidarieta' sociale, nell'attuale ordinamento, rappresenta in se' ed altresi' al fine della coesione e della unita' nazionale: a fondamento di una comunita' si pone la condivisione di fini e risorse, e l'identita' di un Paese nasce dalla percezione diffusa di tale condivisione. Laddove, pertanto, una parte, non importa quanto estesa o minore, di questa comunita' si trova esposta ad una situazione di emergenza che ne compromette la sicurezza, l'andamento della vita quotidiana e l'ordinario livello di sviluppo, e' inderogabile dovere dell'istituzione che rappresenta la comunita' tutta intervenire senza distinzioni di alcun genere (di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche o di condizioni personali e sociali, quindi neppure di condizioni lavorative), posto che e' compito della Repubblica rimuovere quelle condizioni (come la situazione di emergenza accaduta nel 2002 nella zona dell'Etna) che, limitando di fatto la liberta' e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. 3) Il beneficio in questione si propone anche di tutelare il diritto alla salute, costituzionalmente garantito ex art. 32 ed inteso, come la giurisprudenza costituzionale insegna, come non semplicemente diritto alla integrita' psicofisica (peraltro compromessa dai livelli di cenere diffusi nell'aria al momento dell'evento eruttivo) ma diritto alla tutela del complessivo benessere fisico e psicologico della persona. Tramite la sospensione dei termini di versamento dei contributi di natura assistenziale e previdenziale, l'amministrazione, nell'esercizio dei suoi poteri normativi extra ordinem attribuitile dal legislatore, ha cosi' realizzato, senza diretta spesa, ma assumendo l'onere di una minore entrata, un accrescimento in termini di valore monetario delle retribuzioni dei lavoratori, i quali hanno cosi' percepito una utilita' rivolta a consentire loro di adeguatamente fare fronte alle esigenze di tutela del proprio benessere (e di quello dei familiari a carico) a fronte di un evento per definizione tale da incidere sui livelli di vita precedenti. Negare tale beneficio ad una categoria di lavoratori, implica diminuire per questi ultimi i livelli collettivi di assistenza sanitaria riconosciuti ai dipendenti di datori di lavoro privati, con evidente violazione dell'art. 32 della Costituzione. 4) Sotto altro profilo (ed anche in subordine rispetto alla violazione dell'art. 32 della Costituzione), la norma legislativa viola i principi in materia di tutela del lavoratore (artt. 4, 35 e 36 della Costituzione), perche' «abrogando» il beneficio economico ed assistenziale descritto piu' volte, ha determinato una ingiustificata riduzione del livello retributivo che era stato potenziato con l'intervento di protezione civile operato con l'o.P.C.m. 29 novembre 2002. Quest'ultimo, operando una riduzione (sia pure temporanea) della differenza tra retribuzione lorda e retribuzione netta percepita, ha evidentemente. concorso ad adeguare la seconda alla prima, aumentandone il valore economico disponibile per il lavoratore, che ha avuto modo, quindi, di confidare sulla accresciuta disponibilita' economica per poter fare fronte alle conseguenze dell'emergenza naturale. Anche sotto il profilo della violazione dell'affidamento, quindi, ai dipendenti del settore pubblico, tra i quali l'odierno ricorrente, e' stata sottratta una disponibilita' retributiva della quale era stata inizialmente assicurata la disponibilita' e, pertanto si e' inciso sulla «adeguatezza» della retribuzione in relazione allo specifico momento e contesto emergenziale. 5) La disposizione in esame costituisce un motivo di evidente disparita' di trattamento, in violazione dell'art. 3 della Costituzione tra lavoratori dipendenti della pubblica amministrazione, e lavoratori dipendenti da privati. La disparita' di trattamento e' gia' evidenziata in relazione alla diversa tutela inerente i beni costituzionalmente rilevanti illustrati subb 2, 3 4 e 5, ed e', per quanto prima esposto, di per se' evidente, cosi' che non necessiterebbero di altro commento. Tuttavia, ad un opportuno approfondimento, giova osservare che non sussiste alcuna ragione giustificativa di tale disparita'. In primo luogo, la conduzione di attivita' alle dipendenze di datoti di lavoro pubblici, anziche' privati, non implica una sostanziale diversita' di contenuti nei doveri di protezione del lavoratore che incombono sia sugli uni che sugli altri; egualmente comuni sono gli altri tratti distintivi del rapporto di servizio, quali la subordinazione e la esclusivita' del rapporto. Quindi assolutamente analoga e' l'incidenza dell'evento naturale che rende necessitato l'intervento della Protezione Civile, sull'esecuzione della prestazione lavorativa, ossia sono del tutto identiche le serie difficolta' che tutti i lavoratori, sia pubblici che privati, hanno dovuto sostenere per continuare a prestare la propria attivita' a servizio delle istituzioni (come nel caso del ricorrente odierno) o delle aziende private. In questo senso, comune e' l'esigenza di tutela di cui le diverse categoria sono portatrici, in quanto il fenomeno eruttivo ha inciso, alterandone la qualita', sulle condizioni di vita di tutti i lavoratori indistintamente, sia pubblici che privati. Si pensi che, durante il fenomeno in questione, la ricaduta della cenere sulle citta' del comprensorio, ha notoriamente determinato fortissime conseguenze in termini di spostamenti (e quindi di possibilita' di recarsi al lavoro), di salubrita' dell'aria, di funzionamento dei servizi pubblici ( basti ricordare che l'aereoporto di Fontana Rossa e' stato chiuso al traffico aereo) di igiene e pulizia delle strade e delle abitazioni e cosi' via. In conclusione, nessuna refluenza in termini di ratio di tutela la difformita' di disciplina in esame puo' esplicare sulla applicazione dei benefici emergenziali di protezione civile in questione, essendo questi ultimi legati non tanto alla qualita' o quantita' di lavoro, ma alla tutela di beni costituzionalmente garantiti propri della persona umana e delle formazioni sociali ove essa svolge la propria personalita'. B) Irragionevolezza ed abnormita' della disposizione. Violazione dell'art. 3 della Costituzione. Il Collegio si richiama a quanto recentemente statuito dalla Corte costituzionale, la quale ha avuto modo di affermare che «nel giudizio sulla legittimita' costituzionale delle norme di interpretazione autentica non e' decisivo verificare se la norma abbia carattere effettivamente interpretativo (e sia percio' retroattiva) ovvero sia innovativa con efficacia retroattiva, in quanto il divieto di retroattivita' della legge non e' stato elevato a dignita' costituzionale, salva per la materia penale la previsione dell'art. 25 Cost.» inoltre, prosegue la Corte, «il legislatore, nel rispetto di tale previsione, puo' emanare sia disposizioni di "interpretazione autentica", che determinano - chiarendola - la portata precettiva della norma interpretata fissandola in un contenuto plausibilmente gia' espresso dalla stessa, sia norme innovative con efficacia retroattiva, purche' la retroattivita' trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti» (Corte costituzionale, 7 luglio 2006, n. 274). Nella fattispecie all'esame della Corte, la norma interpretata dalla disposizione censurata (recante un divieto di cumulabilita' delle agevolazioni contributive) sin dall'inizio, una delle possibili letture, sicche' la norma di interpretazione autentica non e' stata ritenuta irragionevole, limitandosi ad assegnare alla disposizione interpretata un significato gia' da essa desumibile. A giudizio del Collegio, nella fattispecie odierna nessuna ragionevolezza puo' riconoscersi alla disposizione censurata, ne', d'altrocanto, essa interviene a dirimere una originaria ambiguita' interpretativa, posto che la norma di cui all'o.P.C.m. del 29 novembre 2002 e' chiara nel non discriminare tra i vari beneficiari della misura in esame sia i dipendenti di datori di lavoro privati che i dipendenti di datori di lavoro pubblici (cfr. T.a.r. Catania, III, sent. nn. 95, 97 e 98 del 2006; tali pronunce sono passate in cosa giudicata). Alla luce delle considerazioni espresse prima in ordine ai beni costituzionalmente rilevanti che la misura di assistenza emergenziale si propone di tutelare, la disposizione censurata appare dunque irragionevole ed addirittura abnorme. L'irragionevolezza risiede nella circostanza che il legislatore, in presenza di una dimensione di emergenza che riguarda tutto il territorio interessato alla eruzione dell'Etna, e dunque tutti i soggetti che vi operano e che sono stati chiamati a prestare attivita' lavorativa nelle proibitive condizioni ambientali che l'eruzione vulcanica ha determinato, sceglie di assistere solo una categoria di soggetti, individuati con un criterio che, pur se oggettivo, nella sua estrema semplicita' e' del tutto slegato da qualsiasi collegamento fattuale o funzionale con l'emergenza da affrontare. Quindi, sul piano logico, la scelta normativa non aiuta a comprendere in alcun modo la motivazione della esclusione, neppure nell'ambito, cosi' ampio, della discrezionalita' legislativa. L'abnormita' della disposizione, inoltre, discende dalla precedente considerazione, perche', per raggiungere lo scopo di discriminare nell'ambito della medesima situazione tra vari destinatari potenziali degli interventi emergenziali, ha operato una modifica legislativa con effetto retroattivo che incide non sulla legge, pure formalmente oggetto della nuova norma, ma, essenzialmente sull'esercizio dei poteri di amministrazione demandati,alla. Protezione Civile: la stessa p.a., laddove si fosse resa conto di avere creato i presupposti per un esborso a carico dell'Erario non preventivabile ex ante e rivelatosi eccessivo ed insostenibile ex post, o anche se avesse ritenuto ad un ripensamento dei presupposti della propria azione, che i lavoratori pubblici non necessitassero di assistenza, avrebbe dovuto fare uso dei propri poteri di riesame dei provvedimenti emanati, con ogni conseguente statuizione (salvi i principi posti dalla legge per la revoca o annullamento di atti o provvedimenti amministrativi ed il rispetto dei diritti quesiti). A proposito dei diritti quesiti, la retroattivita' della norma travolge anche le situazioni consolidate, sempre senza alcuna giustificazione plausibile o evidente, infliggendo cosi' un grave vulnus alla immagine dello Stato ed alla credibilita' delle Istituzioni le quali, dapprima, nell'emergenza, assicurano determinati tipi di intervento a tutti i cittadini (cori impegni il cui onere non era difficilmente preventivabile), creano cosi' l'affidamento dei destinatari su questo tipo di interventi e poi, finita l'emergenza, e per mezzo della funzione legislativa, revocano i benefici concessi e nullificano il rapporto di assistenza e sostegno che, pure, esse stesse avevano creato con i consociati colpiti dalle calamita' naturali. La Sezione aveva gia' avuto modo di affermare con le sentenze nn. 95, 97 e 98/2006 gia' richiamate, che la o.P.C.m. del 29 novembre 2002 era chiara nel ricomprendere nell'ambito della sua efficacia sia i datori di lavori privati che quelli pubblici: «... .Sostiene la difesa erariale che l'ordinanza del 29 novembre 2002, all'art. 5, era gia' da interpretarsi nel senso di aver disposto le provvidenze in esame a favore dei soli imprenditori privati; ma nessun elemento strutturale o letterale dell'ordinanza in esame supporta la interpretazione restrittiva che ne da' la difesa erariale. A fronte di cio', le richieste dei ricorrenti sono invece chiaramente fondate sulla lettera dell'art. 5 della citata ordinanza 29 novembre 2002, n. 3254, che dispone espressamente la sospensione dei versamenti senza alcuna distinzione tra datori di lavoro pubblici e privati e relativi dipendenti». Gia' in quella sede, la Sezione aveva anche affermato che: «...i provvedimenti emergenziali adottati nelle funzioni di Protezione civile, proprio per la loro indiscussa e pacifica capacita' di innovare temporaneamente l'ordinamento, salvi i soli principi generali di quest'ultimo, devono essere formulati in maniera dettagliata e la lettera di essi costituisce argomento interpretativo cui fare riferimento in maniera altrettanto rigorosa. Cio' infatti, e' naturalmente proprio di fonti del diritto che contengono ordini, direttive e disposizioni volte a far fronte a situazioni di emergenza, situazioni cioe' connotate da un particolare deficit di riferimento sociale e quindi anche normativo, a fronte del quale l'intervento emergenziale trova la sua giustificazione causale. Se cosi' e', il dato letterale della fonte normativa di Protezione civile deve essere considerato con il particolare rigore proprio di ogni atto o fatto suscettibile di apportare deroghe all'ordinamento per due motivi. In primo luogo, il contesto di emergenza non consente di poter fare riferimento ad altri canoni interpretativi che richiedono la correlazione della fonte con le altre fonti dell'ordinamento. Infatti, per definizione, in virtu' della situazione emergenziale vengono meno gli ordinari strumenti di intervento dell'ordinamento cosi' che e' necessario conferire capacita' derogatoria alla fonte normativa speciale di Protezione civile affinche' possa opportunamente colmare il vuoto normativo derivante da eventi eccezionali ed imprevedibili con provvedimenti ed ordini contingibili, i quali pertanto devono essere, per cosi' dire, "autosufficienti" ossia capaci di provvedere all'emergenza da soli. ... . In secondo luogo, proprio l'attitudine (e la vocazione) ad intervenire "derogando" per fare fronte a situazioni di emergenza che le norme ordinarie non consentirebbero (o addirittura impedirebbero) di affrontare (perlomeno con i necessari ed accelerati tempi tecnici necessari), fonda la caratteristica propria di questi provvedimenti che si puo' rinvenire nella peculiare attitudine di essi a fondare l'affidamento dei destinatari. La comunicazione pubblica insita nel provvedimento tipico di Protezione civile e la potesta' derogatoria di esso sono (devono essere) infatti tali da consentire e fondare nei destinatari di esso il massimo grado di affidamento sulle disposizioni che vengono impartite ed erogate; altrimenti, anche qui verrebbe meno l'attitudine della pubblica funzione della Protezione civile di "gestire" adeguatamente le situazioni di emergenza, perche' il grado di efficacia ed incisivita' dell'intervento dipende proporzionalmente ed in via immediata e diretta dalla capacita' dell'intervento straordinario di essere chiaro, esaustivo, completo, in relazione all'evento-danno che sta compromettendo la ordinaria funzionalita' del sistema-societa' civile. Quindi, nei provvedimenti di protezione civile "tipici" la lettera fonda il provvedimento, poiche' i limiti della deroga devono essere interpretati rigorosamente sia nel senso di definire esattamente quali sono le parti dell'ordinamento che vengono sospese o limitate e sia nel senso di definire esattamente quali siano le misure concrete che, nell'ambito di tale deroga, si inseriscono nel sistema delle fonti. Cio' posto, venendo all'esame dell'o.P.C.m. del 29 novembre 2002, come si e' detto prima la lettera dell'art. 5 e' tale da non consentire interpretazioni equivoche o dubbie. Le tesi difensive dell'Avvocatura potrebbero trovare un loro indice testuale solo nel preambolo dell'Ordinanza, ove si fa riferimento alla necessita' di tutelare le attivita' produttive ed i servizi pubblici essenziali. Ma tale riferimento e' peraltro carente di un presupposto sostanziale: l'ordinanza reca disposizioni molto eterogenee tra loro e sono tutte riferibili al medesimo preambolo motivazionale, chiamato a dare forma alla espressione dell'interesse pubblico perseguito dall'ordinanza medesima. Ragione per cui, la struttura stessa del provvedimento e' tale da dover imporre di considerare i riferimenti motivazionali del preambolo a tutto il contenuto del successivo articolato, rivelandone quindi la funzione di mera clausola di stile o comunque di finalita' generale che si intende perseguire in suscettibile come tale di fondare in terpretazioni teleologicamente orientate dei successivi articoli; il tutto a tacere, tra l'altro, che il riferimento ai servizi pubblici essenziali e' gia' prova letterale che comunque nella "platea" dei destinatari della norma non possono essere considerati acriticamente solo i lavoratori e le aziende private, trovandovisi espressamente ricompresi anche quelli riferibili ai detti servizi pubblici essenziali». Le motivazioni delle sentenze di questa sezione nn. 95, 97 e 98/2006 vanno qui richiamate e riportate, perche' concorrono a sostenere la non manifesta infondatezza del dubbio di illegittimita' costituzionale della disposizione normativa in esame, considerato che quest'ultima altro non si rivela essere che la trasposizione in sede legislativa di argomenti difensivi utilizzati nei giudizi precedenti, argomenti che erano gia' stati respinti sia in primo grado che in sede di appello. Sotto tutti questi aspetti la norma, dunque, si segnala per il particolare disordine che crea nella relazione tra cittadini ed istituzioni, e se ne conferma quindi un giudizio di abnormita' ed irragionevolezza sotto i vari aspetti evidenziati. Violazione del principio di separazione dei poteri. Richiamato quanto ritenuto nelle sentenze di questa sezione nn. 95, 97 e 98 del 2006, appare evidente che, nella fattispecie in cui l'amministrazione interviene con poteri di Protezione civile, gli impegni di spesa che assume in tale frangente per fare fronte all'emergenza, pur se possiedono la peculiare natura di atti straordinari, sono pur sempre atti amministrativi, attuativi di esercizio di potere connotato da una forte supremazia specifica, in quanto rivolto (anche in deroga a norme dell'ordinamento) a fronteggiare situazioni ove, a causa dell'emergenza, gli ordinari limiti, tempi e procedure, del potere amministrativo non consentirebbero di curare adeguatamente e tempestivamente le esigenze delle popolazioni colpite dalla calamita' naturale. Cio' premesso, gia' nelle Sentenze nn. 95, 97 e 98 del 2006 la sezione evidenziava come l'eventuale riconsiderazione dell'emergenza dalla quale derivi la constatazione che l'impegno finanziario e' stato eccessivo, sovradimensionato o inefficace e come tale va ridotto, deve essere oggetto di adeguata ponderazione, ovviamente nel rispetto delle ordinarie procedure di legge, essendo cessato il fatto causativo della emergenza. Laddove il legislatore, invece, interviene con una norma di legge finalizzata a revocare atti sostanzialmente e formalmente amministrativi (siano pure questi ultimi inseriti nella gerarchia delle fonti, in quanto aventi capacita' di innovare l'Ordinamento, nei limiti in cui possono essere in deroga a norme di legge), di fatto invade il campo di competenza dell'Amministrazione ossia del potere esecutivo. La dimostrazione dell'avvenuto «straripamento» di potere legislativo si trova nella lettera della norma di cui alla legge n. 225/1992 che non disciplina direttamente benefici quali quelli oggetto dell'art. 6-bis varie volte citato, con la conseguenza che manca l'oggetto della interpretazione autentica (ossia la norma ambigua), risolvendosi l'efficacia della norma interpretativa in una correzione materiale dell'ambito di applicazione della legge n. 225/1992 e, mediatamente, dei suoi provvedimenti applicativi. Appare dunque evidente che il vero scopo del legislatore non e' quello di risolvere una ambiguita' interpretativa, ma di rivedere l'avvenuto esercizio del potere amministrativo di protezione civile, discriminando ex post, tra piu' soggetti aventi originariamente titolo a ricevere le relative prestazioni, quali mantenere nel novero degli interventi medesimi di protezione civile e quali escludere, attivita' queste, come si vede, del tutto incompatibili con l'ambito ordinario di intervento del legislatore, perche' di amministrazione attiva e quindi di competenza dell'Esecutivo. Conclusivamente, apparendo rilevante e non manifestamente infondata la questione della legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 6, comma 1-bis del d.l. n. 263/2006 convertito in legge n. 290/2006, per violazione degli articoli 2, 3, 4, 32, 35, 36, 97 della Costituzione, a norma dell'art. 23, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, va disposta l'immediata trasmissione degli alla Corte costituzionale, per la risoluzione della questione incidentale di costituzionalita' di cui trattasi, disponendosi conseguentemente la sospensione del giudizio.
P. Q. M. Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 1-bis del d.l. n. 263/2006 convertito in legge n. 290/2006, in relazione agli articoli 2, 3, 4, 32, 35, 36, 97 della Costituzione; Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Sospende il giudizio in corso ed ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale perche' si pronunci sulla questione di legittimita' costituzionale delle norme di legge sopraindicate; Dispone che, a cura della Segreteria della Sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti delle Camere. Cosi' deciso in Catania, in Camera di consiglio, in data 20 dicembre 2007. Il Presidente: Leo L'estensore: Satto Costantino Allegato IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato il seguente decreto di correzione di errore materiale nel ricorso per decreto ingiuntivo n. 1220/2005 R.G., proposto da Rossi Ugo, rappresentato e difeso dall'avv. Sebastiano Mazzullo presso il cui studio in Catania, via Umberto n. 287, e' elettivamente domiciliato; Contro il Ministero della economia e finanze, in persona del Ministro pro tempore domiciliato ex lege presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, in via Vecchia Ognina n.149, per l'ingiunzione di pagamento a carico del Ministero della economia e finanze, in persona del Ministro pro tempore, e della Guardia di finanza, in persona del Comandante generale pro tempore, dell'importo di € 20.105,60 (ventimilacentocinque/60) oltre interessi e rivalutazione monetaria, ai sensi dell'art. 429 c.p.c., terzoI comma, con decorrenza dalle singole date di corresponsione delle retribuzioni al soddisfo nonche' per le spese e compensi del procedimento monitorio; Visto il ricorso, con i relativi allegati; Visto il decreto ingiuntivo n. 178 del 14 luglio 2005; Visto l'atto di costituzione nel giudizio dell'Avvocatura di Stato, in opposizione al decreto ingiuntivo n. 178/2005; Vista l'ordinanza n. 104, depositata il 4 marzo 2008, con cui e' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale ed e' stato conseguentemente sospeso il giudizio; Vista l'istanza per la correzione dell'errore materiale, depositata il 17 aprile 2008, proposta dall'Avvocatura di Stato, con l'adesione della parte ricorrente, con la quale si chiede di rettificare gli errori materiali contenuti nella predetta ordinanza, meglio in essa indicati; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore alla camera di consiglio dell'8 maggio 2007 il referendario dr. Salvatore Gatto Costantino; Uditi altresi' gli avvocati delle parti, come da relativo verbale; Visto l'art. 93 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642; Ritenuto in fatto e considerato in diritto che l'errore materiale sussiste ed e' dovuto ad un mero errore nell'uso del supporto informatico; Ritenuto, piu' precisamente, che l'errore materiale e' consistito in quanto di seguito riportato: 1) e' erroneamente indicato il difensore della parte ricorrente come avv. Antonello Leone (con studio in via Fimia n. 35) mentre il difensore di parte ricorrente, e', in realta' l'avv. Sebastiano Mazzullo (con studio in via Umberto n. 287); 2) e' erroneamente inserita, tra le parti resistenti, la Guardia di finanza; 3) l'importo del decreto ingiuntivo n. 178/2005 e' riportato erroneamente in euro «4.179,67» (quattromilacentosettantanove/67), invece che nella cifra corretta che e' pari ad euro «20.105,60 (ventimilacentocinque/60)»; Ritenuto che l'errore, essendo relativo alla non corretta copiatura di dati direttamente riscontrabili e sussistenti negli atti di giudizio, puo' essere corretto, con la procedura di cui all'art. 93 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642; Ritenuto di dover apportare alla ordinanza nr. 104/2008 indicata in epigrafe le correzioni indicate; Decreta: Di apporre alla ordinanza n. 104/08 le correzioni dell'errore materiale di cui alla parte motiva. Manda alla segreteria di apporre le correzioni di cui al presente decreto alla ordinanza n. 104/2008, riportando in calce alla stessa ai sensi dell'art. 93, terzo comma, regio decreto n. 642/1907, l'annotazione del presente decreto. Catania, addi' 8 maggio 2008 Il Presidente: Leo L'estensore: Satto Costantino