N. 91 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 novembre 2008
Ordinanza del 1° dicembre 2008 emessa dal Tribunale di Milano nel procedimento civile promosso da Giovinazzo Caterina contro Manutencoop Facility Management S.p.A.. Lavoro e occupazione - Lavoratrici - Licenziamento per raggiungimento dell'eta' pensionabile - Esclusione subordinata all'esercizio dell'opzione per la continuazione del rapporto di lavoro fino allo stesso limite di eta' previsto per gli uomini, comunicata al datore di lavoro almeno tre mesi prima della data di perfezionamento del diritto alla pensione di vecchiaia - Ingiustificata disparita' di trattamento tra lavoratori in base al sesso - Incidenza sul diritto al lavoro e sul principio di tutela del lavoro - Lesione del principio di parita' di trattamento delle lavoratrici rispetto ai lavoratori. - Decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, art. 30. - Costituzione, artt. 3, 4, 35 e 37.(GU n.13 del 1-4-2009 )
IL TRIBUNALE A scioglimento della riserva assunta all'udienza del 29 settembre 2008 nella causa R.G. n. 8349/2007, promossa da Caterina Giovinazzo, con l'avv. Davide Pollastro, nei confronti di Manutencoop Facility Management S.p.A., con gli avv. Germano Dondi e Andrea Rondo, osserva, I n f a t t o 1) Tramite ricorso ex articolo 414 c.p.c. depositato il 28 novembre 2007, R.G. n. 8349/2007, la signora Caterina Giovinazzo conveniva in giudizio l'impresa Manutencoop Facility Management S.p.A., per impugnare il licenziamento a lei intimato in data 9 maggio 2007. 2) La signora Giovinazzo, dopo avere premesso di essere stata assunta alle dipendenze della Manutencoop Facility Management S.p.A. in data 1° agosto 2002 e di essere sempre stata inquadrata al primo livello di cui al CCNL Pulizie/Multiservizi con mansioni di operaia addetta alle pulizie, esponeva di essere stata licenziata in data 9 maggio del 2007 per avere raggiunto l'eta' pensionabile, senza anticipatamente manifestare la propria intenzione di volere proseguire nel rapporto di lavoro. 3) La difesa di parte ricorrente insisteva per l'accertamento della illegittimita' del recesso, con le conseguenze tutte di cui all'art. 18 statuto, ritenendo ormai assente dall'ordinamento l'obbligo delle lavoratrici di manifestare anticipatamente alla data di maturazione del requisito di eta' pensionabile, l'intenzione di proseguire nel rapporto di lavoro fino al compimento dell'eta' pensionabile nella misura fissata per i lavoratori di sesso maschile. E cio' alla luce dei ripetuti pronunciamenti della Corte costituzionale in argomento (Sentenze 138/1986; 498/1988; 256/2002). Alla luce tuttavia delle novita' normative introdotte dalla disposizione di cui all'articolo n. 30 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, la difesa attrice sollevava un dubbio di costituzionalita', di dette disposizioni, per contrasto con gli articoli 3, 4, 27 e 35 della Carta costituzionale. 4) La resistente Manutencoop Facility Management S.p.A. si costituiva nel giudizio, sottolineando la rinnovata attualita', alla luce delle novita' normative introdotte nel 2006, dell'obbligo per le lavoratrici di sesso femminile, di preventivare manifestare la propria intenzione di proseguire nel rapporto di lavoro anche oltre la maturazione dell'eta' pensionabile, fino agli stessi limiti fissati per i lavoratori di sesso maschile, ed in ogni caso la radicale assenza di una lesione ai principi costituzionali. I n d i r i t t o Lo scrivente giudice rileva come permanga nell'ordinamento la fissazione di una differente eta' per l'acquisizione del beneficio del trattamento pensionistico di vecchiaia in funzione del sesso del lavoratore. Osserva altresi' come, in materia di licenziamenti individuali, la disciplina di tutela sia collegata alla data di maturazione dell'eta' pensionistica, in quanto esclusa nei confronti dei lavoratori «in possesso dei requisiti di legge per avere diritto alla pensione di vecchiaia». La Corte costituzionale, con ripetuti interventi, ha dichiarato dapprima l'illegittimita' costituzionale dell'articolo n. 11 della legge n. 604/1966 e di altre disposizioni connesse (sentenza n. 137 del 18 giugno 1986), «nella parte in cui prevedono il conseguimento della pensione di vecchiaia e, quindi, il licenziamento della donna lavoratrice per questo motivo, al compimento del cinquantacinquesimo anno d'eta', anziche' al compimento del sessantesimo anno come per l'uomo», giudicando ormai venute meno quelle ragioni e condizioni che in precedenza potevano giustificare una differenza di trattamento della donna rispetto all'uomo, e, di riflesso, illegittima qualsiasi disposizione che differenziasse l'applicazione dei diritti di tutela del posto di lavoro alla condizione di essere lavoratore uomo, ovvero lavoratrice donna. In seguito, anche l'onere, introdotto dalla legge n. 903/1977, di comunicare anticipatamente al datore di lavoro la propria intenzione di proseguire a lavorare fino agli stessi limiti di eta' fissati per gli uomini, veniva parimenti dichiarato incostituzionale (vedi sentenza n. 498/1988 nella quale la Corte afferma essere «evidente che la lavoratrice, rispetto al lavoratore, ha avuto un trattamento diverso che non ha alcuna ragionevole giustificazione proprio per i principi affermati piu' volte da questa Corte sulla parita' uomo-donna in materia di lavoro e, in particolare, per quelli posti a fondamento della sentenza n. 137 del 1986. Si e ritenuto che l'evoluzione delle situazioni verificatesi nel campo del lavoro, specie a seguito dell'introduzione di nuovi mezzi e di nuove tecniche, della previdenza, dell'assistenza, nonche' nel campo del diritto di famiglia per effetto della riforma di cui alla legge 19 maggio 1975, n. 151, con l'attuazione della parita' dei coniugi in seno alla famiglia, nell'assistenza, nella cura e nell'educazione dei figli, ha fatto venir meno le ragioni giustificatrici della differenza di trattamento della donna lavoratrice rispetto all'uomo lavoratore ai fini della stabilita del rapporto di lavoro». Detti principi venivano poi ulteriormente ribaditi tramite la pronunzia n. 256 del 2002, laddove si afferma, in sintesi, che «i precetti costituzionali di cui agli artt. 3 e 37, primo comma, non consentono di regolare l'eta' lavorativa della donna in modo difforme da quello previsto per gli uomini, non soltanto per quanto concerne il limite massimo di eta', ma anche riguardo alle condizioni per raggiungerlo». Sennonche', il legislatore, tramite l'articolo n. 30 del d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198, in materia di pari opportunita' tra uomo e donna, mentre ribadisce il pieno diritto delle donne lavoratrici a continuare a lavorare fino agli stessi limiti di eta' fissati per gli uomini, di fatto reintroduce le disposizioni in materia di preventiva dichiarazione di opzione al datore di lavoro, nel senso di subordinare il diritto della donna lavoratrice, a godere della stabilita' del rapporto di lavoro fino al sessantacinquesimo anni di eta', ad una esplicita e preventiva manifestazione di volonta'. Tale norma, infatti, stabilisce che «1. Le lavoratrici, anche se in possesso dei requisiti per aver diritto alla pensione di vecchiaia, possono optare di continuare a prestare la loro opera fino agli stessi limiti di eta' previsti per gli uomini da disposizioni legislative, regolamentari e contrattuali, previa comunicazione al datore di lavoro da effettuarsi almeno tre mesi prima della data di perfezionamento del diritto dalla pensione di vecchiaia. 2. Nell'ipotesi di cui al comma 1 si applicano alle lavoratrici le disposizioni della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, in deroga all'art. 11 della legge stessa». Tanto premesso, questo giudice rileva come il problema sollevato nel presente giudizio non sia tanto quello di valutare la legittimita' e, piu' in generale, l'opportunita' di norme che fissino per le donne un limite di eta' per il conseguimento della pensione di vecchiaia inferiore a quello fissato per gli uomini, Sul punto si deve comunque segnalare che la Corte europea (IV Sezione) con sentenza 13 novembre 2008 ha dichiarato che la fissazione ai fini del pensionamento di una condizione d'eta' diversa a seconda del sesso integra violazione dell'art. 141 CE. comunque bensi' quello di valutare la compatibilita' con i precetti costituzionali di una difforme tutela del rapporto di lavoro, in funzione del sesso del lavoratore/dipendente. Cosi' posto il problema, questo giudice dubita che la pure constatata esistenza di una normativa di carattere previdenziale piu' favorevole per le donne, possa essere tale da giustificare una tutela differenziata in materia di licenziamenti. Siccome la richiesta opzione differenzia la donna rispetto all'uomo per guanto riguarda la tutela dai licenziamenti, chiara emerge la possibile lesione di principi costituzionali e cio', si ribadisce, indipendentemente dall'esistenza di disposizioni previdenziali che consentano alla donna lavoratrice di potere conseguire la pensione di vecchiaia ad una eta' inferiore rispetto a quella fissata per i lavoratori uomini. Peraltro, le argomentazioni che avevano gia' in passato indotto la Corte costituzionale a dichiarare illegittima e priva di una logica giustificatrice l'introduzione di un obbligo per le lavoratrici donne, quale condizione per rendere applicabile la normativa vincolistica sui licenziamenti, non solo appaiono di rinnovata attualita', ma addirittura rafforzate proprio alla luce delle penetranti modifiche che si sono venute a determinare nel mercato del lavoro e nella struttura della societa' italiana (ed europea), che sempre piu' valuta come radicalmente inattuale qualsiasi differenziazione di norme e/o di trattamenti in funzione del sesso. Nella fattispecie, quindi, siccome la richiesta opzione discrimina la donna rispetto all'uomo per quanto riguarda l'eta' massima di durata del rapporto di lavoro e, quindi, la diminuita tutela della lavoratrice in tema di licenziamento, sussiste la violazione dell'art. 3 Cost., non avendo la detta opzione alcuna ragionevole giustificazione, e dell'art. 37 Cost., risultando leso il principio della parita' uomo-donna in materia di lavoro. (1) Sul punto si deve comunque segnalare che la Corte europea (IV Sezione) con sentenza 13 novembre 2008 ha dichiarato che la fissazione ai fini del pensionamento di una condizione d'eta' diversa a seconda del sesso integra violazione dell'art. 141 CE.
P. Q. M. Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87; Dichiara non manifestamente infondata e rilevante l'eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 30 del d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198, per contrasto con gli articoli 3, 4, 35 e 37 della carta Costituzionale. Sospende il presente procedimento e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza venga comunicata alle parti costituite nonche' notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Milano, addi' 28 novembre 2008 Il giudice del lavoro: Casella