N. 90 ORDINANZA 11 - 27 marzo 2009

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Elezioni   -   Operazioni   per   l'elezione   degli   organi   delle
  amministrazioni comunali - Ricorsi avverso  atti  del  procedimento
  elettorale immediatamente lesivi  -  Possibilita'  di  proposizione
  solo  successivamente  alla  proclamazione  degli  eletti,  secondo
  l'interpretazione del Consiglio di Stato,  assunta  quale  «diritto
  vivente»  -  Denunciata  irragionevolezza  nonche'  violazione  del
  diritto di difesa, del diritto alla tutela  giurisdizionale  contro
  gli atti amministrativi, dei diritti di elettorato attivo e passivo
  e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione  -
  Motivazione perplessa e contraddittoria - Difetto  di  rilevanza  -
  Manifesta inammissibilita' della questione. 
- D.P.R.  16  maggio  1960,  n.  570,  art.  83-undecies,  introdotto
  dall'art. 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147. 
- Costituzione, artt. 3, 24, 48, 49, 51, 97 e 113. 
(GU n.13 del 1-4-2009 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO; 
ha pronunciato la seguente 
                              Ordinanza 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 83-undecies del
decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo
unico delle leggi per la composizione  e  la  elezione  degli  organi
delle amministrazioni comunali), aggiunto dall'art. 2 della legge  23
dicembre 1966, n. 1147  (Modificazione  alle  norme  sul  contenzioso
elettorale amministrativo),  promosso  dal  Tribunale  amministrativo
regionale per la Sicilia - Sezione staccata di Catania,  sui  ricorsi
riuniti proposti da  B.  C.  ed  altri  contro  l'Ufficio  elettorale
circoscrizionale di Ragusa ed altri, con ordinanza  del  28  febbraio
2008, iscritta al n. 307 del registro ordinanze del 2008 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, 1ª  serie  speciale,
dell'anno 2008; 
    Visti gli atti  di  costituzione  della  Provincia  regionale  di
Ragusa, di B. C. ed altra nonche' l'atto di intervento del Presidente
del Consiglio dei ministri; 
    Udito nell'udienza pubblica  del  24  febbraio  2009  il  giudice
relatore Sabino Cassese; 
    Udito l'avvocato dello Stato Sergio Sabelli per il Presidente del
Consiglio dei ministri; 
    Ritenuto  che  il  Tribunale  amministrativo  regionale  per   la
Sicilia - Sezione staccata di Catania, ha sollevato,  in  riferimento
agli articoli 3, 24,  48,  49,  51,  97  e  113  della  Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  83-undecies  del
decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo
unico delle leggi per la composizione  e  la  elezione  degli  organi
delle Amministrazioni comunali), introdotto dall'art. 2  della  legge
23 dicembre 1966, n. 1147 (Modificazioni alle norme  sul  contenzioso
elettorale  amministrativo),  o,   in   subordine,   della   predetta
disposizione nella parte in cui si interpreti nel senso  di  impedire
la  proposizione  del   ricorso   avverso   atti   endoprocedimentali
attualmente lesivi anteriormente alla proclamazione degli eletti; 
        che il collegio rimettente, chiamato a  pronunciarsi  su  due
ricorsi proposti contro i provvedimenti di esclusione  di  una  lista
dalle consultazioni elettorali per il rinnovo degli  organi  elettivi
della Provincia di Ragusa,  riferisce  di  aver  accolto  la  domanda
cautelare proposta dai ricorrenti - candidato  e  presentatori  della
lista esclusa - e di avere,  quindi,  ammesso  provvisoriamente  tale
lista alle elezioni; 
        che il giudice a quo espone che, dopo  lo  svolgimento  delle
elezioni, con successivo ricorso, uno dei ricorrenti  nei  primi  due
giudizi  ha  impugnato  il  risultato  elettorale  e  ne  ha  chiesto
l'annullamento e l'integrale ripetizione, lamentando  l'insufficiente
spazio di propaganda elettorale concessogli per non avere l'autorita'
correttamente e tempestivamente ottemperato alle  pronunce  cautelari
del giudice amministrativo; 
        che,  secondo  quanto  afferma  il  Tribunale  amministrativo
rimettente,  l'Avvocatura  generale  dello   Stato   e   alcuni   dei
controinteressati, costituitisi nel  giudizio  principale,  resistono
all'accoglimento dei ricorsi, rilevandone l'inammissibilita' in  base
alla    disposizione     legislativa     censurata,     la     quale,
nell'interpretazione  fatta  propria   dall'Adunanza   plenaria   del
Consiglio di Stato con la sentenza 24 novembre 2005, n.  10,  prevede
che i ricorsi contro le operazioni elettorali possano essere proposti
soltanto dopo la proclamazione  degli  eletti,  cioe'  ad  operazioni
elettorali concluse; 
        che tale interpretazione della  norma  impugnata,  in  quanto
affermata dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato,  deve  ormai
considerarsi, ad avviso del rimettente, una regola di diritto vivente
che, nella misura in  cui  impedisce  «l'immediata  esperibilita'  di
tutela  giurisdizionale  contro  atti  elettorali  endoprocedimentali
lesivi», «non sfugge a gravi  dubbi  di  incostituzionalita»  e  deve
essere,  dunque,  sottoposta  ad   una   verifica   di   legittimita'
costituzionale; 
        che, in punto di rilevanza, il collegio rimettente  evidenzia
che la decisione sui tre ricorsi sottoposti al suo giudizio  «dipende
pregiudizialmente dalla ammissibilita' o meno dei primi due gravami»,
i quali, in quanto proposti  contro  i  provvedimenti  di  esclusione
prima  della  proclamazione  degli  eletti,  dovrebbero  considerarsi
inammissibili alla luce della disposizione legislativa censurata, con
conseguente improcedibilita', per sopravvenuta carenza di  interesse,
anche del terzo ricorso; 
        che, in ordine alla non manifesta infondatezza, il giudice  a
quo, innanzitutto, ritiene che la  disposizione  censurata  contrasti
con gli artt. 24  e  113  Cost.,  dal  momento  che  il  differimento
dell'impugnabilita'  degli  atti  endoprocedimentali   immediatamente
lesivi, quali quelli di esclusione o  di  ammissione  alle  elezioni,
priva il ricorrente,  con  riferimento  a  tali  atti,  della  tutela
cautelare, che costituisce parte integrante del diritto  alla  difesa
costituzionalmente garantito; 
        che, in secondo luogo, la  norma  censurata,  precludendo  la
possibilita' di un  intervento  tempestivo  del  giudice  nella  fase
antecedente allo svolgimento delle elezioni, aumenta  il  rischio  di
reiterazione delle operazioni elettorali e in tal  modo  lede,  sotto
diversi profili, il diritto di elettorato attivo e  passivo,  di  cui
agli artt. 48, 49 e 51 Cost.; 
        che, in terzo luogo, secondo  il  giudice  a  quo,  la  norma
censurata viola l'art. 97 Cost., sia perche' impedisce un  tempestivo
intervento del giudice per ripristinare la  legittimita'  dell'azione
amministrativa,  sia  perche'  «consente  ad   un   organo   elettivo
proclamato in carica all'esito di un procedimento elettorale invalido
di  governare  per   un   periodo   di   tempo   consistente,   senza
legittimazione popolare effettiva»; 
        che, in quarto luogo, il Tribunale amministrativo  rimettente
ritiene che la disposizione  impugnata  si  ponga  implicitamente  in
contrasto con la sentenza n. 154 del 1995 di  questa  Corte,  con  la
quale  e'  stata  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale,   per
superamento dei limiti della competenza legislativa esclusiva, di una
legge regionale che espressamente impediva  il  ricorso  avverso  gli
atti del procedimento  elettorale  prima  della  proclamazione  degli
eletti; 
        che, in quinto luogo,  secondo  il  collegio  rimettente,  la
disposizione censurata si pone  in  contrasto  con  l'art.  3  Cost.,
perche' determina una irragionevole disparita' di trattamento sia sul
piano processuale (in quanto in  altri  settori,  come  quello  degli
appalti pubblici, e' invece  ammessa  l'impugnativa  immediata  degli
atti  infraprocedimentali  immediatamente  lesivi),  sia  sul   piano
sostanziale (in quanto i candidati  illegittimamente  esclusi,  nella
ripetizione della consultazione elettorale,  devono  confrontarsi  in
una posizione di svantaggio con quelli illegittimamente eletti); 
        che, infine, ad avviso del giudice  a  quo,  la  disposizione
censurata  e'  irrazionale  in  quanto  «irrimediabilmente   ambigua,
perche' si presta ad  essere  interpretata,  ed  e'  stata  di  fatto
interpretata, anche  dopo  la  sentenza  dell'Adunanza  plenaria  del
Consiglio di Stato,  addirittura  in  tre  modi  diversi:  «immediata
impugnabilita' dell'ammissione o dell'esclusione; inammissibilita' di
tale impugnazione; ammissibilita' della sola  impugnazione  immediata
dei provvedimenti di esclusione»; 
        che, secondo il collegio rimettente,  tale  «altalenante  (ed
esasperante) oscillazione interpretativa giurisprudenziale  [...]  e'
prova del fatto che la norma e' oggettivamente ambigua e formulata in
un contesto che  non  consente  alcuna  sicura  interpretazione,  con
evidente lesione dei principi di certezza del diritto, specie perche'
[...] non e' possibile risolvere detta  ambiguita'  alla  luce  della
ratio legis»; 
        che e' intervenuto in giudizio il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   insistendo   affinche'   la   questione   di    legittimita'
costituzionale  sollevata  sia   dichiarata   inammissibile   o,   in
subordine, manifestamente infondata; 
        che,  ad  avviso  della  difesa  erariale,  la  questione  e'
inammissibile perche' priva del requisito della rilevanza, avendo  la
lista in questione partecipato alle elezioni in forza della pronuncia
cautelare del giudice a quo e non potendo «la eventuale dichiarazione
di inammissibilita' dei ricorsi [...] determinare ne'  l'operativita'
del  provvedimento  di   esclusione,   ne'   la   ripetizione   della
consultazione elettorale senza la partecipazione della lista»; 
        che, nel merito, l'Avvocatura generale dello Stato ritiene la
questione infondata, osservando, in  particolare,  che  il  principio
della  non  impugnabilita'  immediata  degli  atti  del  procedimento
elettorale  risponde  ad  esigenze  di  speditezza  del  procedimento
elettorale, e' volto a «consentire lo svolgimento della consultazione
alla data stabilita»  e  trova  un  bilanciamento  nella  particolare
struttura del procedimento  elettorale,  che  risulta  improntato  «a
criteri di accentuate garanzie di imparzialita'  e  obiettivita»,  in
particolare con affidamento  dei  compiti  piu'  delicati  ad  organi
composti da magistrati; 
        che si  e'  costituito  in  questa  sede  il  ricorrente  nel
giudizio principale, la cui difesa ha  insistito  per  l'accoglimento
della questione di legittimita' costituzionale sollevata; 
        che  e'  costituita  nel  giudizio  costituzionale  anche  la
Provincia  regionale  di  Ragusa,  controinteressata   nel   giudizio
principale,  insistendo  affinche'  la  questione   di   legittimita'
costituzionale  sia  dichiarata  inammissibile,   per   difetto   del
requisito della rilevanza, e in ogni caso infondata nel merito. 
    Considerato che il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la
Sicilia - Sezione staccata di  Catania,  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art.  83-undecies  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle
leggi  per  la  composizione  e  la  elezione  degli   organi   delle
Amministrazioni comunali), introdotto  dall'art.  2  della  legge  23
dicembre 1966, n. 1147  (Modificazioni  alle  norme  sul  contenzioso
elettorale amministrativo); 
        che tale  disposizione,  nell'interpretazione  fatta  propria
dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato e assunta quale diritto
vivente dal giudice a quo, prevede che  i  ricorsi  contro  gli  atti
immediatamente lesivi  del  procedimento  elettorale  possano  essere
proposti solo dopo la proclamazione degli eletti; 
        che simile regola di diritto vivente, ad avviso del Tribunale
amministrativo rimettente, nell'escludere la tutela cautelare  contro
gli   atti   endoprocedimentali   del   procedimento   elettorale   e
nell'accrescere  il  rischio   di   reiterazione   delle   operazioni
elettorali, si pone in contrasto con gli articoli 3, 24, 48, 49,  51,
97 e 113 della Costituzione; 
        che l'ordinanza di rimessione e' formulata in modo  perplesso
e contraddittorio, dal momento che il giudice a quo,  per  un  verso,
assume  quale  diritto  vivente,  di  cui  chiede  la   verifica   di
costituzionalita',  l'interpretazione  della  norma  censurata  fatta
propria dall'Adunanza plenaria del Consiglio di  Stato,  mentre,  per
altro verso,  rileva  come,  anche  dopo  l'intervento  dell'Adunanza
plenaria, la disposizione impugnata sia stata oggetto di contrastanti
interpretazioni giurisprudenziali, al punto che la norma stessa viene
censurata dallo stesso rimettente anche per la sua ambiguita'; 
        che, in mancanza di un diritto vivente, la cui  esistenza  e'
posta in dubbio dalla stessa ordinanza di rimessione, la questione di
legittimita'  costituzionale,  sollevata  dal  giudice  a   quo   con
riferimento ad una interpretazione della norma censurata da  lui  non
condivisa, si risolve in un  tentativo  di  ottenere  l'avallo  della
Corte a favore di una diversa interpretazione della  norma  stessa  e
deve, pertanto, ritenersi manifestamente inammissibile; 
        che, inoltre, la circostanza che i ricorrenti nei  primi  due
giudizi abbiano ottenuto la tutela cautelare contro  i  provvedimenti
di esclusione, con conseguente  partecipazione  della  lista  esclusa
alla consultazione elettorale, costituisce una ulteriore  ragione  di
inammissibilita', non avendo il giudice a quo dimostrato la rilevanza
della sollevata questione. 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art.  83-undecies  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle
leggi  per  la  composizione  e  la  elezione  degli   organi   delle
Amministrazioni comunali), introdotto  dall'art.  2  della  legge  23
dicembre 1966, n. 1147  (Modificazioni  alle  norme  sul  contenzioso
elettorale amministrativo), sollevata, in riferimento  agli  articoli
3, 24, 48, 49,  51,  97  e  113  della  Costituzione,  dal  Tribunale
amministrativo  regionale  per  la  Sicilia -  Sezione  staccata   di
Catania, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 marzo 2009. 
                       Il Presidente: Amirante 
                        Il redattore: Cassese 
                      Il cancelliere: Di Paola 
    Depositata in cancelleria il 27 marzo 2009. 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola