N. 95 ORDINANZA 1 - 2 aprile 2009

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Procedimento civile - Esecuzione  forzata  -  Pignoramento  dei  beni
  nella casa del genitore del debitore, con lo  stesso  convivente  -
  Opposizione del terzo-genitore all'esecuzione - Divieto di  provare
  per  presunzioni  semplici  il  diritto  di  proprieta'  del  terzo
  opponente  anche  quando  l'esistenza  di  tale  diritto  sia  resa
  verosimile dal rapporto di convivenza fra terzo-genitore  e  figlio
  debitore  esecutato  -  Denunciata  violazione  del  principio   di
  eguaglianza e del diritto di  difesa  -  Insufficiente  motivazione
  sulla rilevanza - Manifesta inammissibilita' della questione. 
- Cod.  proc.  civ.,  art.  621; cod.  civ.,   art.   2729 (combinato
  disposto). 
- Costituzione, artt. 3 e 24. 
(GU n.14 del 8-4-2009 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
composta dai signori: 
Presidente: Paolo MADDALENA; 
Giudici: Alfio FINOCCHIARO, Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi
  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,
  Giuseppe  TESAURO,  Paolo   Maria   NAPOLITANO,   Giuseppe   FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
                              Ordinanza 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 621 del  codice
di procedura civile in combinato disposto con l'art. 2729 del  codice
civile, promosso dal Tribunale  di  Torino  nel  procedimento  civile
vertente tra Lo Monte Caterina e la Furlan s.r.l. con ordinanza del 5
maggio 2008, iscritta  al  n.  335  del  registro  ordinanze  2008  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, 1ª  serie
speciale, dell'anno 2008. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio del 25 febbraio 2009  il  giudice
relatore Alfio Finocchiaro. 
    Ritenuto che il Tribunale di Torino - nel corso  di  giudizio  di
opposizione di terzo all'esecuzione, in cui la madre del debitore  ha
rivendicato la proprieta' dei beni pignorati e chiesto la sospensione
dell'esecuzione, adducendo  che  i  beni,  oggetto  di  pignoramento,
arredavano, da tempo, la casa coniugale di lei e del marito,  nonche'
l'impossidenza del di lei figlio, attuale  debitore  esecutato  -  ha
sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale  del  combinato
disposto degli artt. 621 del codice di procedura civile  e  2729  del
codice civile, nella parte in cui  vieta  la  prova  per  presunzioni
semplici, anche quando l'esistenza  del  diritto  di  proprieta'  del
terzo  sui  beni  pignorati  sia  resa  verosimile  dal  rapporto  di
convivenza tra terzo-genitore e figlio, per violazione degli artt.  3
e 24 Cost.; 
        che il rimettente espone  che  l'opponente  non  ha  prodotto
documenti, con data certa anteriore al pignoramento, che  provino  la
proprieta' dei beni pignorati, e quindi si  affida  alle  presunzioni
semplici di cui all'art. 2729 cod. civ.; 
        che, tuttavia, l'art. 621 cod. proc. civ., che vieta la prova
per testi per comprovare che i beni mobili siano  di  proprieta'  del
terzo opponente, esclude, implicitamente e automaticamente, la  prova
per presunzioni, di cui all'art.  2729  cod.  civ.,  per  il  divieto
legale, di cui al secondo comma di quest'ultimo articolo; 
        che la circostanza che il terzo non possa invocare  la  prova
per presunzioni e comunque che tale prova non possa essere utilizzata
dal giudice, e' principio  affermato  costantemente  dalla  Corte  di
cassazione nell'applicazione dell'art. 621 cod. proc.  civ.,  secondo
cui il terzo ha l'onere di  provare  il  fatto  costitutivo  del  suo
diritto di proprieta' nonche' il titolo per cui i beni  pignorati  si
trovano presso il debitore; 
        che a causa della notoria  e  sempre  piu'  diffusa  e  lunga
convivenza dei figli maggiorenni  con  i  genitori,  il  fenomeno  e'
sempre piu' ricorrente nella prassi giudiziaria, per  cui  il  figlio
maggiorenne, debitore esecutato, privo di  redditi,  residente  nella
casa genitoriale, si trova a subire il pignoramento e  l'asportazione
del mobilio, che per il combinato degli artt. 513 e  621  cod.  proc.
civ. si presume ex lege iuris tantum di sua proprieta', senza che  il
genitore possa invocare le presunzioni semplici, di  cui  agli  artt.
621 cod. proc. civ. e 2729 cod. civ., pur in costanza  di  situazioni
di fatto connesse alla sua abitazione,  per  molti  anni,  in  quella
casa; 
        che, per giurisprudenza costante, la presunzione legale iuris
tantum del combinato disposto degli artt. 513 e 621 cod. proc.  civ.,
in base alla quale le cose che si trovino nella casa del debitore  si
presumono di proprieta' dello stesso, opera sul  presupposto  di  una
relazione di fatto tra il debitore e questi particolari spazi di vita
professionale o familiare,  perche'  chi  ne  gode  puo'  liberamente
introdurvi e solitamente vi introduce cose che gli appartengono; 
        che, secondo il rimettente, il combinato disposto degli artt.
621 cod. proc. civ. e 2729 cod. civ. e' in contrasto con il parametro
costituzionale dell'art. 24 Cost., perche', se appare ragionevole che
l'art. 621 c.p.c. vieti la prova per testi per comprovare che i  beni
mobili siano di proprieta'  del  terzo,  in  quanto  la  prova  sulla
proprieta' non puo' affidarsi alle percezioni delle persone, chiamate
a testimoniare, appare irragionevole che il legislatore  vieti  anche
la prova per presunzioni semplici, che  e'  prova  logica  basata  su
fatti obiettivi, quando  il  terzo  opponente  sia  il  genitore  del
debitore esecutato maggiorenne, che conviva con i genitori; 
        che, per di piu', il combinato disposto  degli  articoli  621
cod. proc. civ. e 2729  cod.  civ.,  si  pone  in  contrasto  con  la
presunzione legale che discende dagli articoli 159 e 177  cod.  civ.,
secondo la quale i beni mobili acquistati, dopo il matrimonio, per la
casa coniugale, sono in comproprieta' e comunione tra i coniugi e non
certo dei figli conviventi; 
        che l'art. 621 cod. proc. civ. ammette,  come  eccezione,  la
prova per testi o per presunzione, ma solo  quando  «l'esistenza  del
diritto  (di  proprieta')  del  terzo  sia  reso   verosimile   dalla
professione o dal commercio, esercitati dal terzo o dal debitore», ma
non quando  sia  reso  verosimile  dal  rapporto  di  convivenza  tra
terzo-genitore e figlio, debitore esecutato; 
        che  la  normativa  impugnata  appare   altresi'   gravemente
discriminatoria,  per  il  contrasto  con  l'art.  3  Cost.,  tra  il
creditore, a cui favore opera la presunzione  legale,  in  base  alla
quale  i  beni  presenti  nella  casa  ove  abita  il  debitore  sono
considerati nella di lui proprieta', e  il  terzo-genitore,  che  da'
alloggio al figlio debitore maggiorenne e vive nella stessa  casa  (a
volte i beni pignorati si trovano nella  casa  gia'  da  prima  della
convivenza del figlio),  sul  quale  terzo-genitore  grava  la  prova
diabolica di presentare documenti con data  certa  e  il  divieto  di
invocare le presunzioni,  dell'art.  2729  cod.  civ.,  anche  quando
l'esistenza del diritto di proprieta' del terzo sia  reso  verosimile
dal rapporto di convivenza  tra  terzo-genitore  e  figlio,  debitore
esecutato; 
        che  il  Tribunale  di  Torino  motiva  la  rilevanza   della
questione nel processo a quo perche', in caso di  accoglimento,  egli
potrebbe servirsi delle presunzioni, di cui all'art. 2729 cod.  civ.,
che allo stato non puo' utilizzare; 
        che nel giudizio e' intervenuto il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che  ha  chiesto  dichiararsi  l'inammissibilita'  e  comunque
l'infondatezza della questione. 
    Considerato che il Tribunale di Torino dubita della  legittimita'
costituzionale del combinato disposto degli artt. 621 cod. proc. civ.
e 2729 cod. civ., nella parte in cui vieta la prova  per  presunzioni
semplici, anche quando l'esistenza  del  diritto  di  proprieta'  del
terzo opponente all'esecuzione dei beni pignorati sia resa verosimile
dal rapporto di  convivenza  tra  terzo-genitore  e  figlio  debitore
esecutato,  per   violazione   dell'art.   24   della   Costituzione,
costituendo la prova per presunzioni prova  logica  basata  su  fatti
obiettivi, quando il terzo opponente sia  il  genitore  del  debitore
esecutato maggiorenne che conviva con i genitori, ed essendo  inoltre
in contrasto con la presunzione di comproprieta' dei coniugi sui beni
acquistati in costanza  di  matrimonio;  nonche'  dell'art.  3  della
Costituzione, per disparita' di trattamento  nell'onere  della  prova
tra il terzo-genitore, su cui grava la prova diabolica di  presentare
documenti con data certa e il divieto di invocare le presunzioni,  ed
il creditore, a cui favore opera la presunzione legale, in base  alla
quale i beni di casa ove abita il debitore, sono considerati nella di
lui proprieta'; 
        che le limitazioni poste dagli artt.  2721  e  seguenti  cod.
civ. all'ammissibilita' della prova testimoniale,  sulla  base  della
costante giurisprudenza di legittimita', non attengono a  ragioni  di
ordine pubblico, ma sono dettate a  tutela  di  interessi  di  natura
privatistica, con la conseguenza che la loro violazione non solo  non
puo' essere rilevata d'ufficio dal giudice, ma neppure e'  rilevabile
dalle  parti  ove  non  sia  stata  dedotta  dalla  parte   contraria
all'ammissibilita' della prova; 
        che  dall'ordinanza  di  rimessione  emerge  che  il   terzo,
genitore convivente del debitore, non ha prodotto documenti  di  data
certa anteriore al pignoramento, ma ha articolato la  propria  difesa
mostrando di voler avvalersi di una presunzione di  proprieta',  resa
verosimile dal rapporto di convivenza; 
        che  non  risulta  se  il  creditore,  che  ha  proceduto  al
pignoramento, sempre che si sia costituito in giudizio (il che non e'
dato sapere), si sia doluto  della  ammissibilita'  della  prova  per
presunzioni; 
        che, senza l'eccezione di parte, la prova e' ammissibile, con
la conseguenza che la causa puo' esser decisa  sulla  base  di  essa,
senza che si renda  necessaria  la  dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale dell'art. 621 cod. proc. civ.  in  relazione  all'art.
2729, secondo comma, cod. civ.; 
        che,  da  quanto  precede,  deriva  che   la   questione   e'
manifestamente inammissibile, per difetto di rilevanza o, almeno, per
insufficiente  motivazione  sulla  rilevanza,  per   mancanza   della
attualita' pregiudiziale del quesito  di  costituzionalita'  rispetto
alla definizione del giudizio a quo. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale del combinato disposto  degli  artt.  621
del codice di procedura civile e 2729 del codice  civile,  sollevata,
in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di
Torino, con l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 1º aprile 2009. 
                      Il Presidente: Maddalena 
                      Il redattore: Finocchiaro 
                      Il cancelliere: Di Paola 
    Depositata in cancelleria il 2 aprile 2009. 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola