N. 112 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 ottobre 2008

Ordinanza del 22 ottobre 2008 emessa dal Tribunale  di  Caltanissetta
nel  procedimento  penale  a  carico  di  Ferrara  Emanuele  Raimondo
Calogero. 
 
Misure  di  prevenzione  -  Inosservanza  degli  obblighi   e   delle
  prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con l'obbligo o il
  divieto di soggiorno - Trattamento sanzionatorio  -  Reclusione  da
  uno a  cinque  anni  -  Disparita'  di  trattamento  rispetto  alle
  fattispecie di abusivo allontanamento dalla localita' di esecuzione
  degli arresti o della detenzione  domiciliare,  sanzionate  con  la
  reclusione da sei mesi ad un anno  -  Violazione  dei  principi  di
  proporzionalita' e della finalita' rieducativa della pena. 
- Legge 27 dicembre 1956,  n.  1423,  art.  9,  comma  secondo,  come
  sostituito dall'art. 14 del decreto-legge 27 luglio 2005,  n.  144,
  convertito, con modificazioni, nella legge 31 luglio 2005, n. 155. 
- Costituzione, artt. 3, primo comma, e 27, comma terzo. 
(GU n.16 del 22-4-2009 )
                            IL TRIBUNALE 
    Ritenuto che deve essere sollevata -  per  i  motivi  di  seguito
esposti - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma
2, della legge 27 dicembre 1956, cosi' come sostituito  dall'art.  14
del d.l. 27 luglio 2005 n. 144, convertito, con modificazioni,  nella
legge n. 155 del 31 luglio 2005, nella parte in cui prevede  la  pena
della reclusione da uno a cinque anni in caso di  inosservanza  degli
obblighi e delle prescrizioni inerenti la sorveglianza  speciale  con
l'obbligo o il  divieto  di  soggiorno,  questione  rilevante  e  non
manifestamente infondata in riferimento agli artt. 3, primo  comma  e
27, terzo comma, della Costituzione. 
                             R i l e v a 
    Nei confronti di Ferrara Emanuele Raimondo Calogero il G.i.p. del
Tribunale di Caltanissetta ha emesso - su richiesta  del  Procuratore
della Repubblica - decreto di  giudizio  immediato  contestandogli  i
reati p. e p. dagli artt. 116, comma XIII, d.lgs. n. 285/1992  (cosi'
come modificato dal d.l. n. 117/2007, conv. con legge n. 1069  del  2
ottobre 2007) e 9, comma primo e secondo,  della  legge  27  dicembre
1956, n. 1423 cosi' come modificato dalla legge n. 155 del  2005;  in
particolare,  si  imputa  al  prevenuto  sottoposto  alla  misura  di
prevenzione della  sorveglianza  speciale  di  P.S.  con  obbligo  di
soggiorno nel  comune  di  residenza  di  avere  contravvenuto  «alle
prescrizioni inerenti alla stessa di vivere onestamente e  rispettare
le leggi» avendo egli condotto l'autovettura Fiat Stilo tg. CK*860*YB
«senza avere conseguito la patente di guida» (fatto commesso  in  San
Cataldo, il 28 settembre 2007). 
    All'odierna  udienza  -  esaurita   la   fase   istruttoria   del
dibattimento  -  il  tribunale  ha  inteso   rimettere   alla   Corte
costituzionale   la    questione    concernente    la    legittimita'
costituzionale della normativa cosi' come di' seguito illustrata. 
    Ed invero, la sanzione da comminare, in ipotesi  di  affermazione
della   penale   responsabilita'   dell'imputato,   dovrebbe   essere
determinata avuto riguardo a quella prevista dalla disposizione della
cui legittimita' costituzionale si dubita. 
    Segnatamente,  a  seguito  della  intervenuta  sostituzione   del
disposto del comma secondo dell'art. 9 della legge n. 1423 del  1956,
si e' affermato nella giurisprudenza di legittimita' un incontroverso
indirizzo interpretativo a mente del quale - a differenza  di  quanto
accadeva in passato, allorquando ogni violazione  delle  prescrizioni
imposte all'atto della  applicazione  della  misura  di'  prevenzione
della sorveglianza speciale  di  P.S.  veniva  ricondotta  nell'alveo
della  fattispecie  contravvenzionale  di  cui  al  primo  comma  del
medesimo art.  9,  salvo  i  casi  di  effettivo  allontanamento  dal
territorio del comune  (o  di  violazione  concreta  del  divieto  di
soggiorno) sanzionati, questi soli, dal disposto  del  secondo  comma
dell'art.  9  -  ove  venga  in  rilievo,  adesso,  una  qualsivoglia
violazione  agli  obblighi  ovvero  alle  prescrizioni  inerenti   la
sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno, deve essere
irrogata la sanzione della reclusione da uno a cinque anni in  virtu'
della configurabilita', comunque, in tali evenienze, del  delitto  di
cui all'art. 9, secondo comma, della legge n. 1423 del 1956. 
    Cio'  premesso,  deve  -  nel  caso  di  specie  -  darsi   atto,
innanzitutto, della sussistenza  d  i  un  «consolidato  orientamento
giurisprudenziale» secondo cui: «la guida senza patente o con patente
revocata e'  riconducibile  alla  violazione  della  prescrizione  di
osservare  le  leggi  inerente  all'imposizione   della   misura   di
prevenzione  della  sorveglianza  speciale  della  P.S.,  come   tale
integrante la contravvenzione di cui all'art. 9, comma 1, della legge
n. 1423/1956 (e adesso, in forza di  quanto  rilevato,  nei  casi  si
sorveglianza speciale di P.S. con obbligo o divieto di soggiorno,  il
delitto  di  cui   al   comma   secondo   della   detta   fattispecie
incriminatrice), in concorso con la violazione contemplata dal codice
della strada» (cosi', ex multis, Cass., sez. I,  sent,  n.  1673/2004
che richiama, a sua volta, Cass., sez. I.,  sent.  n.  1053/1995,  n.
1888/1996 e n. 11103/1987). 
    Se cosi' e', non puo'  farsi  a  meno  di  osservare  che,  nelle
ipotesi - connotate da esigenze di prevenzione di maggiore  rilevanza
e, per l'effetto, disciplinate  da  una  specifica  e  piu'  rigorosa
normativa speciale - in cui la detta misura sia applicata a  soggetti
indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso  e  similari
(cosi', art. 1 della legge n. 575/1965), ove venga accertato un  caso
di «guida di un autoveicolo o motoveicolo senza patente o dopo che la
patente sia stata negata,  sospesa  o  revocata»  si  applica  -  per
giurisprudenza parimenti consolidata (cfr., da  ultimo,  Cass.  pen.,
sez. V, sent. n. 2655/2006) - «la pena dell'arresto da sei mesi a tre
anni qualora si tratti di persona gia' sottoposta, con  provvedimento
definitivo, a misura di prevenzione». 
    Con  evidenza  emerge,  pertanto,  che  le  predette  fattispecie
incriminatrici - le quali, in  origine,  cadenzavano  un  ragionevole
crescendo sanzionatorio stante la differente gravita' che il medesimo
fatto oggettivo (la guida di un autoveicolo o di un motoveicolo senza
patente) poteva assumere a secondo che fosse stato posto in essere da
un soggetto rientrante nelle categorie  previste  dall'art.  1  della
legge  n.  1423/1956  e,  come  tale,  sottoposto  alla   misura   di
prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo o divieto
di soggiorno (assoggettato alla sanzione dell'arresto da tre mesi  ad
un anno) ovvero da  un  soggetto  sottoposto  ad  analoga  misura  di
prevenzione ma perche' indiziato di appartenere  ad  associazioni  di
tipo mafioso (punito con la pena dell'arresto da sei mesi a tre anni)
risultano oggi, a seguito della intervenuta sostituzione del disposto
del  comma  secondo  dell'art.  9  della  legge  n.  1423  del  1956,
assoggettate ancora  a  sanzioni  differenti  ma  nel  senso  opposto
rispetto a quanto accadeva in precedenza, essendo la  condotta  posta
in essere dai soggetti di minore pericolosita'  sociale  assoggettata
alle piu' grave sanzione prevista dal secondo comma del suddetto art.
9 (reclusione da uno a cinque anni) - e, applicandosi invece ex  art.
15 c.p. ai soli sorvegliati  speciali  indiziati  di  appartenere  ad
associazioni  mafiose  e,  come  tali,  sottoposti  alla  misura   di
prevenzione, la disposizione di legge  speciale  di  cui  all'art.  6
della legge n. 575 del 1975 (e con essa la pena dell'arresto  da  sei
mesi a tre anni). 
    La questione di legittimita',  pertanto,  non  e'  manifestamente
infondata per via  della  ipotizzabile  violazione  delle  richiamate
disposizioni costituzionali. 
    Invero,   la   Corte   costituzionale,   pur   riservando    alla
«discrezionailta'  del  legislatore  stabilire  quali   comportamenti
debbano essere puniti, determinare quali debbano essere la qualita' e
la  misura  della  pena  ed  apprezzare  parita'  e   disparita'   di
situazioni», ha pero' costantemente  ribadito  il  principio  secondo
cui: «l'esercizio di  tale  discrezionalita'  puo'  essere  censurato
quando esso non rispetti 11 limite della ragionevolezza e dia  quindi
luogo ad una  disparita'  di  trattamento  palese  e  ingiustificata»
(sentenza n. 25/1994; il principio e' richiamato anche nella sentenza
n. 333/1992, nell'ordinanza n. 220/1996, nella sentenza n. 84/1997). 
    E la sentenza n. 409/1989 individua i contenuti e la portata  dei
requisiti di proporzionalita'  e  ragionevolezza:  «Il  principio  di
uguaglianza, di cui all'art. 3, primo comma, Costituzione  esige  che
la pena sia proporzionata al disvalore del fatto  illecito  commesso,
in modo che  il  sistema  sanzionatorio  adempia  nel  contempo  alla
funzione di difesa sociale ed a  quella  di  tutela  delle  posizioni
individuali»,    disconoscendo    la    legittimita'    di    quelle:
«incriminazioni che, anche se presumibilmente  idonee  a  raggiungere
finalita' statuali di prevenzione,  producono,  attraverso  la  pena,
danni all'individuo (ai suoi diritti fondamentali) ed  alla  societa'
sproporzionatamente maggiori dei vantaggi ottenuti (o da ottenere) da
quest'ultima con la  tutela  dei  beni  e  dei  valori  offesi  dalle
predette incriminazioni». 
    Inoltre, si e' ripetutamente affermato (sentenze n. 313/1995 e n.
343/1993) che la manifesta mancanza di proporzionalita'  rispetto  ai
fatti  reato  non  corrisponde  all'esigenza   della   finalita'   di
rieducazione posta dall'art.  27,  terzo  comma,  della  Costituzione
repubblicana. 
    Nella vicenda oggetto della proposta  questione  di  legittimita'
costituzionale  si  realizza,  invero,  per  quanto  osservato,   una
evidente  valutazione  difforme  a  fini  sanzionatori  di   condotte
illecite  oggettivamente  identiche  e  soggettivamente   differenti,
riservando tuttavia un trattamento deteriore a quella che tra le  due
si caratterizza per la minore pericolosita' sociale del soggetto che,
in potenza (ed in concreto, avuto  riguardo  al  procedimento  penale
pendente dinanzi al giudice a quo), dovesse  rendersene  responsabile
(il sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale
di cancelleria la presente ordinanza sia  Consiglio  dei  ministri  e
comunicata ai p.s. con obbligo o divieto di soggiorno di cui all'art.
1 della legge n. 1423/1956). 
    In proposito si rileva infine che, l'art. 3,  primo  comma  della
Costituzione  impone  che  il  bilanciamento  tra  gli  interessi  da
tutelare e  il  bene  della  liberta'  personale  tenga  conto  delle
sanzioni previste per  le  analoghe  condotte  di  pregiudizio  degli
stessi interessi, derivandone l'effetto che, solo quando la pena  sia
stabilita con la  necessaria  proporzionalita',  essa  risponde  alla
funzione  rieducativa  di  cui  all'art.  27,   terzo   comma   della
Costituzione. 
                             P.  Q.  M. 
    Visti gli artt. 134, Cost. e 23 e ss., legge 11  marzo  1953,  n.
87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 9,  comma  2,  della  legge  27
dicembre 1956, cosi' come sostituito dall'art. 14 del d.l. 27  luglio
2005, n. 144, convertito, con modificazioni, nella legge n.  155  del
31 luglio 2005, nella parte in cui prevede la pena  della  reclusione
da uno a cinque anni in caso di inosservanza degli obblighi  e  delle
prescrizioni inerenti la sorveglianza speciale  con  l'obbligo  o  il
divieto di soggiorno, in riferimento agli artt. 3 e 27,  terzo  comma
della Costituzione; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale, sospendendo il giudizio in corso; 
    Ordina che a cura della cancelleria  la  presente  orsinanza  sia
notificata al Presidente del Consiglio dei  ministri  e  comunica  al
Presidenti delle due Camere. 
        Caltanissetta, addi' 22 ottobre 2008 
                  Il giudice: Di Giacomo Barbagallo