N. 132 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 febbraio 2009

Ordinanza del 23 febbraio 2009 emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale per il Veneto sul ricorso  proposto  da  Ndiaye  Moussa  ed
altri contro Comune di Conegliano ed altra. 
 
Telecomunicazioni - Regione Veneto - Regolamentazione  dell'attivita'
  dei centri di telefonia in sede fissa - Centri di telefonia in sede
  fissa gia' esercitanti attivita' di cessione al pubblico di servizi
  di telefonia alla data di entrata in vigore della legge -  Prevista
  necessita' di autorizzazione del comune competente  per  territorio
  per la continuazione dell'attivita' - Violazione del  principio  di
  uguaglianza - Lesione  del  principio  di  liberta'  di  iniziativa
  economica privata - Violazione dei principi di imparzialita' e buon
  andamento della pubblica amministrazione - Lesione della  sfera  di
  competenza statale in materia di  tutela  della  concorrenza  e  di
  ordinamento civile, nonche' dei principi fondamentali  in  tema  di
  ordinamento della comunicazione. 
- Legge della Regione Veneto 30 novembre 2007, n. 32, art. 12. 
- Costituzione, artt. 3, 41, 97 e 117. 
Telecomunicazioni - Regione Veneto - Regolamentazione  dell'attivita'
  dei centri di telefonia in sede fissa - Divieto, a decorrere  dalla
  data di entrata in vigore della legge censurata, di svolgimento  da
  parte  dei  centri  di  telefonia  in  sede  fissa,  di   attivita'
  commerciali  non  accessorie  a  quella  di  telefonia  (quale,  ad
  esempio, l'attivita' di «money transfer») - Violazione dei principi
  di uguaglianza, di liberta' di iniziativa economica  privata  e  di
  imparzialita'  e  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione
  - Lesione  della  sfera  di  competenza  statale  in   materia   di
  tutela della concorrenza  e  di  ordinamento  civile,  nonche'  dei
  principi fondamentali in tema di ordinamento della  comunicazione -
  Questione sollevata dal giudice rimettente «ove occorra». 
- Legge della Regione Veneto 30 novembre 2007, n. 32, art. 12,  comma
  4, in combinato disposto con l'art. 2, comma 2, lett. e). 
- Costituzione, artt. 3, 41, 97 e 117. 
(GU n.19 del 13-5-2009 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso e  sull'atto  di
motivi aggiunti rubricati sub n. 2603 del 2007,  proposti  da  Ndiaye
Moussa e Ndiaye Massire, nella loro qualita' di preposto  e  titolare
del Phone Center African Company, Diop  Cheikh,  titolare  del  Phone
Center SA.SARA Comunication, Faye Mamdou, titolare dell'omonimo Phone
Center, Mugnano Luisa, titolare del Phone Center International  Phone
Center, Ajaz Ahmad, titolare del  Phone  Center  Park  International,
Begam Must Shanaz, titolare del Phone Center Moon Phone Center, Thiam
Assane, titolare del Phone  Center  Sweet  Point  e  Uwaigboe  Ebuwa,
titolare del Phone Center Servizi Telefonici; tutti  rappresentati  e
difesi dagli avvocati Luca Mazzero e Cristina Cittolin, e domiciliati
presso lo studio dell'avv. Giorgio Pinello in  Venezia,  S.  Polo  n.
3080/L; 
    Contro  il  Comune  di  Conegliano,   in   persona   del   legale
rappresentante pro  tempore,  non  costituitosi  in  giudizio  e  nei
confronti  della  Regione  Veneto,  in  persona  del  Presidente  pro
tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ezio Zanon ed Emanuele
Mio, con domicilio eletto presso la sede dell'Avvocatura regionale in
S. Polo, n. 1429/b), per l'annullamento: 
        quanto al ricorso  introduttivo:  dell'ordinanza  n.  270,  a
firma del Sindaco di  Conegliano,  emessa  il  25  settembre  2007  e
notificata ai ricorrenti il 10,  11  e  12  ottobre  2007,  avente  a
oggetto «requisiti igienici, di pubblica sicurezza  degli  orari  per
l'attivazione di centri di telefonia in sede fissa  (phone  center)»,
nella parte in cui detta prescrizioni generali in materia  (punti  1,
2, 3, 4, 6, 7, 8,  11),  estese  alle  attivita'  gia'  insediate,  e
prevede che «i phone center attualmente operanti  dovranno  adeguarsi
alle prescrizioni di cui ai precedenti punti 3  e  4,  entro  novanta
giorni  a  decorrere  dal  quindicesimo  giorno  dalla  pubblicazione
all'albo pretorio e/o dalla notifica. In caso contrario si  applicano
le disposizioni di cui al punto 7», a mente del  quale  «in  caso  di
inosservanza dei punti 1, 2,  3,  4  e  5  della  presente  ordinanza
l'attivita' sara' sospesa per il periodo necessario al realizzo o  al
ripristino delle condizioni previste dai punti citati»; 
        di  ogni  altro  atto  presupposto  e/o  conseguente,  e   in
particolare, per quanto occorra in parte qua, della d.G.R. 27  luglio
2006 n. 2346, pubblicata  sul  B.u.r.  n.  74  del  22  agosto  2006,
contenente le «linee guida regionali in materia di requisiti igienici
per l'attivazione  di  centri  di  telefonia  in  sede  fissa  (Phone
Center)»; e per la condanna del Comune di Conegliano al  risarcimento
del danno; 
        quanto al «ricorso per motivi aggiunti»,  per  l'annullamento
dell'ordinanza n. 357,  emanata  dal  sindaco  di  Conegliano  il  13
dicembre 2007 e notificata ai ricorrenti il 24-27 dicembre 2007,  con
la quale e' stato disposto: 1) di revocare la  propria  ordinanza  n.
270 del 25 settembre 2007 e 2) di  notificare  copia  della  presente
ordinanza agli esercenti le attivita' di «phone center» presenti  sul
territorio  comunale,  unitamente  alle  disposizioni   della   legge
regionale n.  32  del  30  novembre  2007...,  affinche'  gli  stessi
provvedano ad adeguarsi alle disposizioni in esse contenute; e per la
condanna di comune e regione al risarcimento del danno; previa: 
        disapplicazione, nei limiti di cui in  ricorso,  delle  norme
della legge reg. Veneto n. 32 del 2007, per contrasto con  norme  del
Trattato CEE; e/o 
        declaratoria di rilevanza e non  manifesta  infondatezza,  in
relazione agli articoli 3, 41, 97 e  117  della  Costituzione,  della
questione di legittimita' costituzionale delle norme della legge reg.
del Veneto n. 32 del 2007; e/o 
        rinvio  in  via  pregiudiziale  della  causa  alla  Corte  di
giustizia europea ex art. 234 del Trattato CEE. 
    Visto il ricorso introduttivo, notificato il 7  dicembre  2007  e
depositato  in  segreteria  il  29  dicembre  2007,  con  i  relativi
allegati; 
    Visto il «ricorso per motivi aggiunti», notificato il 21 febbraio
2008 e tempestivamente  depositato  in  segreteria,  con  i  relativi
allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio  della  Regione  Veneto,
con i relativi allegati; 
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese; 
    Visti gli atti tutti della causa; 
    Uditi, nella pubblica udienza del 27 novembre 2008  (relatore  il
consigliere Marco Buricelli), gli avvocati Mazzero per i ricorrenti e
Mio per la Regione Veneto; 
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. 
    1. - Nel ricorso introduttivo i ricorrenti espongono: 
        di essere titolari, da alcuni anni, delle relative  ditte,  e
cio' in base a regolari licenze  prefettizie  per  la  conduzione  di
pubblici esercizi di internet point e phone center, e  che,  oltre  a
gestire centri di telefonia in  sede  fissa,  svolgono  attivita'  di
trasferimento  all'estero   di   denaro   (Money   Transfer),   quali
sub-mandatari di Western Union; 
        che la classificazione piu'  adeguata  dell'attivita'  svolta
dai  phone  center  e'   quella   di   «servizio   di   comunicazione
elettronica», ex art. 2 Dir. 7 marzo 2002 n. 2002/21/CE,  definizione
riprodotta nell'art. 1 del codice delle  comunicazioni  elettroniche,
approvato con d.lgs. n. 259 del 2003; 
        che l'art. 3, comma 2, del codice stabilisce che la fornitura
di reti e servizi  di  comunicazione  elettronica  e'  di  preminente
interesse generale ed e' libera; 
        che  i  titolari  dei  phone  center  colpiti  dall'ordinanza
impugnata ricavano dal reddito prodotto il sostentamento  per  se'  e
per le rispettive famiglie e che nessuno di loro e' proprietario  dei
locali nei quali l'attivita' si svolge; 
        che l'attenzione del legislatore regionale  e  dell'autorita'
amministrativa locale verso  il  fenomeno  dei  phone  center  si  e'
manifestata dapprima in Lombardia, dove e' entrata in vigore la legge
reg. n. 6 del 2006, dedicata alla materia, e dove alcuni comuni hanno
emesso ordinanze di contenuto restrittivo  nei  confronti  dei  phone
center  esistenti  e   regolarmente   autorizzati   dalla   autorita'
prefettizia; 
        che in Veneto, con l'impugnata ordinanza n.  270/07,  emanata
il 25 settembre 2007 e comunicata ai ricorrenti tra il  10  e  il  12
ottobre 2007, in data, quindi, precedente a quella della approvazione
della legge che regolamenta l'attivita' dei phone center, il  sindaco
di Conegliano ha dato disposizioni, per quanto qui piu' interessa, in
materia  di  dimensioni  dei  locali,  richiedendo  il  possesso  dei
requisiti prescritti non solo ai phone center di  nuova  apertura  ma
anche  a  quelli  gia'   esistenti:   in   particolare,   l'art.   11
dell'ordinanza n. 270/07 dispone  che  «i  phone  center  attualmente
operanti dovranno  adeguarsi  alle  prescrizioni  ...  entro  novanta
giorni  a  decorrere  dal  quindicesimo  giorno  dalla  pubblicazione
all'albo pretorio e/o dalla notifica. In caso contrario si  applicano
le disposizioni di cui al punto 7», in base  al  quale  «in  caso  di
inosservanza dei punti 1, 2, 3,  4,  e  5  della  presente  ordinanza
l'attivita' sara' sospesa per il periodo necessario al realizzo o  al
ripristino delle condizioni previste dai punti citati». 
    Cio' esposto i ricorrenti, nell'impugnare l'ordinanza del Sindaco
n. 270 del 2007 e,  per  quanto  occorra,  le  linee-guida  regionali
emesse nel 2006, hanno dedotto  numerose  censure  di  illegittimita'
ordinaria. 
    Prima che l'ordinanza sindacale n. 270/07 fosse  esaminata  dalla
sezione  in  sede  di  sospensiva,  il  sindaco  di  Conegliano,  con
l'ordinanza n. 357/07, meglio in epigrafe indicata,  ha  revocato  il
provvedimento precedente e,  contestualmente,  ha  disposto  che  gli
esercenti le  attivita'  di  phone  center  sul  territorio  comunale
provvedano ad adeguarsi  alle  disposizioni  contenute  nella  citata
legge reg. n. 32/07. 
    Avverso l'ordinanza n. 357/07 i ricorrenti hanno proposto ricorso
per motivi  aggiunti.  Nell'atto  di  motivi  aggiunti  i  ricorrenti
segnalano, in via preliminare, che l'ordinanza sindacale  n.  357/07,
nel disporre che (anche) gli «esercenti le attivita' di phone center»
(esistenti) si adeguino alle disposizioni della legge reg. n. 32  del
2007, vale a dire che rispondano ai requisiti di cui agli articoli  4
e 9 della legge reg. n. 32/07 cit. (cfr. art. 12, commi da 1 a 3:  ci
si  riferisce,  in  particolare,  ai  requisiti  igienico-sanitari  e
dimensionali dei locali), e che cessi l'esercizio di altre attivita',
non strettamente connesse alla telefonia (e il money transfer  e'  il
servizio economicamente piu' rilevante tra quelli (non) «strettamente
connessi  alla  cessione  al  pubblico  di  servizi  di  telefonia»);
l'ordinanza n. 357/07, si diceva,  risulta  idonea  a  danneggiare  i
ricorrenti in maniera diretta oltre  che  grave,  «tanto  da  lasciar
supporre l'inevitabile chiusura di tutti i  phone  center  che  oggi,
anche a Conegliano, sopravvivono grazie all'espletamento di attivita'
economiche ulteriori, come  quella  di  Money  Transfer».  Su  questo
argomento, in un altro punto dell'atto di motivi  aggiunti  si  legge
che  «l'effetto  draconiano  del  divieto   di   svolgere   attivita'
economiche anche non connesse  con  la  telefonia  in  sede  fissa  e
l'imposizione di requisiti igienici e dimensionali anche a carico dei
phone center esistenti avranno di certo effetti  esiziali  su  queste
attivita' gia' in  essere.  L'impossibilita'  di  adattare  i  locali
costringera' i ricorrenti a chiudere le attivita' gia'  insediate  in
citta'.». 
    Nel merito, i motivi aggiunti si imperniano prima di tutto  sulla
incostituzionalita', in riferimento agli articoli 3,  41,  97  e  117
Cost., dell'art. 12, comma  4,  legge  reg.  cit.,  disposizione  che
prevede che «nei centri di telefonia in sede fissa di cui al comma  1
cessa, dalla data di entrata in vigore  della  presente  legge,  ogni
attivita' diversa da quella di cui all'articolo 2, comma  2,  lettere
b) ed e)» (e cio' sul presupposto che il Money Transfer  non  rientri
nell'ambito della «attivita' commerciale accessoria ... , riferita  a
servizi e prodotti strettamente connessi alla cessione al pubblico di
servizi di telefonia», cui si riferisce l'art. 2, comma 2,  lett.  e)
legge reg. cit., e sull'assunto  che  tutti  gli  odierni  ricorrenti
svolgano, regolarmente autorizzati, attivita' di Money  Transfer);  e
inoltre   sulla   illegittimita'   costituzionale   delle    restanti
disposizioni dell'art. 12, legge  reg.  32/2007  e,  in  particolare,
delle norme di cui all'art. 12, commi 1 e 2, e  in  definitiva  della
legge regionale nel suo complesso, in riferimento agli articoli 3, 41
e 117 Cost. Su questo tema i ricorrenti, in memoria, fanno richiamo a
quanto statuito di recente dalla Corte costituzionale con la sentenza
n. 350 del 2008, con la quale e'  stata  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale della intera legge reg. Lombardia n. 6  del  2006.  In
memoria viene rilevata una  ulteriore  illegittimita'  costituzionale
della legge reg. n. 32 del 2007, questa volta riguardante l'art.  8 -
Disposizioni  urbanistiche  (l'art.  8,  legge  reg.  32/2007  verra'
dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte  costituzionale
con la sentenza n. 25 del 2009, per contrasto con l'art. 117, secondo
comma, lett. e) Cost.). 
    Nell'atto  di  motivi  aggiunti  e'  stata  inoltre  dedotta   la
disapplicabilita' delle norme contenute nella legge reg.  n.  32  del
2007 in quanto incompatibili  con  alcune  norme  del  Trattato  CEE,
direttamente applicabili nell'ordinamento interno. Qualora il  t.a.r.
coltivasse dubbi  sull'interpretazione  e/o  sull'applicazione  delle
norme del Trattato CEE indicate nel ricorso, si  imporrebbe  comunque
il rinvio pregiudiziale della causa alla CGCE ai sensi dell'art.  234
del Trattato CEE. Infine, e' stata chiesta al t.a.r. la  condanna  di
regione e comune al risarcimento dei danni. 
    La regione, nel costituirsi in giudizio ha, in sintesi, osservato
che: 
        il  ricorso  al  t.a.r.  e'  inammissibile  per  difetto   di
interesse, dato  che  -  sostiene  la  difesa  regionale  - manca  un
provvedimento concretamente lesivo nei riguardi dei ricorrenti; 
        la legge reg. n. 32 del 2007 non disciplina  il  servizio  di
comunicazione elettronica, ma solo il  prodotto  di  detto  servizio,
vale  a  dire  il  tempo  di   connessione   o,   detto   altrimenti,
«l'accesso-cessione   del    servizio»,    attivita'    indubbiamente
commerciale. Ben diversa cosa e' il servizio di connessione  prestato
dagli operatori telefonici; 
        l'attivita'  di   money   transfer   puo'   forse   ritenersi
strettamente  connessa  alla  cessione  al  pubblico  di  servizi  di
telefonia di cui all'art. 2, comma 2, lett. e) della  legge  reg.  n.
32/2007; 
        la sentenza della Corte costituzionale n.  350  del  2008  si
pone in contrasto  con  quanto  statuito  dalla  Corte  medesima  con
l'ordinanza n. 103 del 2008 con la quale  la  Corte  ha  riconosciuto
che, dovendo utilizzare come parametro  interposto  del  giudizio  di
legittimita' costituzionale, norme di  diritto  comunitario,  la  cui
corretta interpretazione spetta alla Corte  di  giustizia  della  CE,
compete alla Corte costituzionale sollevare  questione  pregiudiziale
di interpretazione del diritto comunitario dinanzi alla CGCE ex  art.
234 Trattato CE; 
        la questione di legittimita'  costituzionale  ipotizzata  dai
ricorrenti  difetta  di  rilevanza,  dato  che  non  risulta  che   i
ricorrenti stessi siano stati sanzionati dal  Comune  per  non  avere
Osservato il divieto di esercitare  l'attivita'  di  money  transfer.
Inoltre, ci si trova ancora in regime di applicazione della normativa
transitoria, ex art. 12, comma 1, lett. b), legge reg. cit. 
    2. - In diritto, tenuto conto delle Osservazioni formulate  dalla
difesa regionale, va premesso che: 
        in seguito alla revoca dell'ordinanza n. 270 del 2007 e  alla
dichiarazione, fatta dalla difesa dei ricorrenti all'udienza  del  27
novembre 2008, di rinuncia alla domanda  di  risarcimento  del  danno
riferita alla ordinanza sopra citata, appare evidente la sopravvenuta
carenza  di  interesse  dei  ricorrenti  a   coltivare   il   ricorso
introduttivo, e risulta d'altra parte manifesto che l'interesse delle
ditte ricorrenti si e' spostato sulla richiesta di  annullamento  del
provvedimento del Sindaco n. 357 del 2007, presentata con  l'atto  di
motivi aggiunti; 
        diversamente da cio' che sostiene la  difesa  della  regione,
l'ordinanza n. 357/2007, nel disporre  che  (anche)  i  soggetti  che
(attualmente) esercitano le attivita' di  phone  center  si  adeguino
alle disposizioni contenute nella legge reg.  n.  32  del  2007,  con
particolare riferimento al  possesso  dei  requisiti  previsti  dagli
articoli 4, comma 3, e 9, legge reg. cit.; e nello stabilire che  nei
centri  di  telefonia  in  sede  fissa  non  sono  ammesse  attivita'
commerciali non accessorie rispetto  alla  cessione  al  pubblico  di
servizi telefonici (cfr. articoli 2 e 12, comma 4, legge  reg.  cit.)
tra cui, in particolare, il servizio di Money Transfer, appare idonea
a produrre effetti gravemente lesivi degli  interessi  stessi:  nella
parte in cui prescrive l'obbligo di adeguamento  a  quanto  prevedono
gli articoli 4 e 9 della  legge,  poiche'  l'ordinanza  assoggetta  i
ricorrenti all'osservanza di requisiti che i  ricorrenti  stessi  non
saranno  in  grado  di  rispettare;  e  nella  parte  in  cui,   solo
implicitamente,  e'  vero,  ma  non  per  cio'  meno  chiaramente   e
sicuramente, vieta di svolgere il servizio di Money Transfer (cfr. p.
9. ord. cit.), poiche' tutti i ricorrenti dichiarano di ricavare, dal
servizio stesso, introiti significativi. Il fatto che il  Comune  non
abbia, finora, «coartato i gestori alla dismissione» del servizio  di
Money Transfer, e che gli stessi  non  siano  stati,  fino  a  questo
momento,  sanzionati  dal  Comune  per  la  violazione  del   divieto
anzidetto, non  elide  il  carattere  immediatamente  e  direttamente
lesivo della prescrizione dell'ordinanza secondo la quale  nei  phone
center non e' ammessa l'attivita' di money transfer, a fronte  di  un
divieto ex lege che decorre dal 19 dicembre 2007, atteso che  risulta
evidente come i ricorrenti  continuino  a  svolgere  il  servizio  di
trasferimento di denaro all'estero a titolo  assolutamente  precario.
Similmente, la  circostanza  che  l'adeguamento  ai  requisiti  debba
avvenire, come prevede l'art. 12, comma 1, lett. b), della legge reg.
n. 32/2007, entro un anno dalla data della entrata  in  vigore  della
legge medesima, vale a dire entro il 19 dicembre 2008, salvo  proroga
concessa dal Comune, fino a un massimo di dodici  mesi,  in  caso  di
comprovata necessita' e su istanza motivata, non toglie all'ordinanza
il suo carattere precettivo e vincolante per i destinatari dell'atto,
e, quindi, la sua idoneita' a pregiudicare  gli  interessati,  tenuto
conto della  dichiarata  impossibilita'  di  rispettare  i  requisiti
richiesti, giacche' «le dimensioni  dei  locali  a  disposizione  dei
ricorrenti sono tali da non  potersi  pretendere  la  benche'  minima
modifica rispetto alle dotazioni esistenti». 
    Detto  altrimenti,  l'applicazione  delle  disposizioni  di   cui
all'art. 12, commi 1, 3 e 4, della legge. reg. n. 32/2007, richiamate
dal sindaco di Conegliano nelle premesse dell'ordinanza n.  357/2007,
alle  situazioni  nelle  quali  si  trovano  le   parti   ricorrenti,
risulterebbe capace di determinare la chiusura dei  phone  center,  e
cio' sia perche' gli  esercizi  stessi,  stando  a  quanto  si  legge
nell'atto   di   motivi   aggiunti   e   in   memoria,   sopravvivono
essenzialmente grazie alla prestazione del servizio di  trasferimento
di denaro all'estero  (e  comunque,  anche  se  non  di  chiusura  si
trattasse,  il  pregiudizio  per  i   ricorrenti,   derivante   dalla
cessazione  dell'attivita'  di  money  transfer,  sarebbe  ugualmente
grave), e sia perche' l'art. 12, ai commi 1 e 3,  e  l'ordinanza  del
sindaco,   nel    prevedere    l'assoggettamento    dei    ricorrenti
all'osservanza di prescrizioni alle quali gli stessi  ricorrenti  non
sono in grado di adeguarsi, comporterebbe la chiusura degli  esercizi
de quibus, proroga o non proroga. Per le  ragioni  sopra  esposte  la
questione di legittimita' costituzionale formulata dai ricorrenti non
difetta affatto di rilevanza, a differenza di quanto  sembra  opinare
la difesa regionale; 
        appare esatta la premessa interpretativa  dalla  quale  hanno
preso  le  mosse  sia  il  comune,  nell'adottare  il   provvedimento
impugnato, sia le  ditte  ricorrenti  nell'esporre  la  questione  di
incostituzionalita'. Ci si riferisce  al  fatto  che  l'attivita'  di
trasferimento di denaro all'estero (Money Transfer) non  puo'  essere
fatta rientrare, secondo ragionevolezza, nell'ambito della «attivita'
commerciale  accessoria,  ...   riferita   a   servizi   e   prodotti
strettamente  connessi  alla  cessione  al  pubblico  di  servizi  di
telefonia» (cfr. articoli 2, comma 2, lettera e) e 12, comma 4, legge
reg. n. 32/2007). Il servizio di money  transfer  appare  analogo  al
servizio offerto dal sistema interbancario. Si tratta di un  servizio
che non implica necessariamente l'utilizzo dei servizi  telefonici  o
telematici del phone  center:  di  qui  l'esattezza  del  presupposto
interpretativo dal quale ha preso le mosse il sindaco di Conegliano; 
        l'attivita' svolta dai centri di  telefonia  in  sede  fissa,
come statuito dapprima da Corte cost., sent. n.  350  del  2008,  con
riferimento alla legge reg.  Lombardia  n.  6  del  2006,  avente  un
contenuto analogo a quello della legge reg. Veneto n. 32 del 2007,  e
quindi da Corte cost., sent.  n.  25  del  2009,  dichiarativa  della
illegittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge reg. Veneto  n.
32/2007, per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. e) Cost.,
e' qualificabile,  alla  luce  di  quanto  dispone  il  codice  delle
comunicazioni elettroniche, come fornitura al pubblico di servizi  di
comunicazione elettronica; 
        sull'asserito contrasto tra Corte cost. n. 350/2008  e  Corte
cost. n. 103/2008, e' appena il caso di  rilevare  che  la  pronuncia
della Corte cost. n. 350 del  2008,  sulla  quale  i  ricorrenti,  in
memoria, fondano la propria tesi difensiva, oltre  a  riferirsi  alla
stessa  materia  e  alla  medesima  questione  esposte   nell'odierno
giudizio, e' successiva all'ordinanza Corte cost. n. 103/2008. 
    Ai fini di una ricostruzione del quadro  normativo  rilevante  in
materia va premesso inoltre: 
        che  la   legge   regionale   n.   32   del   2007,   recante
«regolamentazione dell'attivita' dei  centri  di  telefonia  in  sede
fissa (phone center)», all'art. 12 - norma transitoria, dispone che: 
          «1. I titolari dei centri di telefonia in  sede  fissa  che
gia'  esercitano  attivita'  di  cessione  al  pubblico  di   servizi
telefonici alla data di entrata in vigore della presente  legge  sono
tenuti a: 
a) richiedere  l'autorizzazione  di  cui  all'articolo  4  al  comune
competente per territorio entro sessanta giorni dalla data di entrata
in  vigore  della  presente  legge;  b)  porsi  in  regola   con   le
prescrizioni previste dall'articolo 4,  comma  3  e  dall'articolo  9
entro un anno dalla data di entrata in vigore della  presente  legge,
salvo proroga concessa dal comune, fino ad un massimo di dodici mesi,
in caso di comprovata necessita' e su istanza motivata. 
          2. Il comune dispone la chiusura immediata  dei  centri  di
telefonia in sede fissa di cui al comma 1 quando  il  titolare  o  il
gestore o gli altri soggetti indicati dall'articolo 3, comma  3,  non
risultano in possesso dei requisiti previsti dall'articolo  3,  comma
1. 
          3.  Il  comune  effettua  la  ricognizione  dei  centri  di
telefonia in sede fissa di cui al comma 1 e ne dispone la chiusura in
caso di decorrenza del termine di cui al comma 1, lettera  b),  senza
che  il  titolare  abbia  provveduto  a  porsi  in  regola   con   le
prescrizioni previste dall'articolo 4, comma 3 e dall'articolo 9. 
          4. Nei centri di telefonia in sede fissa di cui al comma  1
cessa, dalla data di entrata in vigore  della  presente  legge,  ogni
attivita' diversa da quella di cui all'articolo 2, comma  2,  lettere
b) ed e)»; 
          che l'art.  4  della  legge.  reg.  n.  32/2007 -  funzioni
autorizzatorie dei comuni, stabilisce che: 
          «1. L'apertura e il trasferimento di sede di un  centro  di
telefonia in sede fissa sono soggetti  ad  autorizzazione  rilasciata
dal comune competente per territorio. 
          2. La domanda di rilascio dell'autorizzazione contiene  tra
l'altro copie della dichiarazione di inizio attivita'  presentata  al
Ministero delle comunicazioni ai sensi dell'articolo 25  del  decreto
legislativo 1°  agosto  2003,  n.  259  "Codice  delle  comunicazioni
elettroniche" e  della  licenza  rilasciata  dal  questore  ai  sensi
dell'articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144  convertito,
con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155 "Conversione in
legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 luglio 2005,  n.  144,
recante   misure   urgenti   per   il   contrasto   del    terrorismo
internazionale». 
          3. Il comune rilascia l'autorizzazione previa verifica  del
possesso dei requisiti  di  cui  all'articolo  3  (vale  a  dire  dei
requisiti morali) nonche': 
a) della disponibilita', all'atto della presentazione della  domanda,
del  locale  nel   quale   s'intende   esercitare   l'attivita';   b)
dell'indicazione del gestore preposto all'esercizio, se  diverso  dal
richiedente l'autorizzazione; c) del  rispetto  delle  vigenti  norme
legislative  e  regolamentari  in  materia   edilizia,   urbanistica,
igienico-sanitaria,  di   tutela   dall'inquinamento   acustico,   di
sicurezza e prevenzione incendi nonche'  di  destinazione  d'uso  dei
locali e degli edifici e di sorvegliabilita'; d) del  possesso  della
documentazione attestante la  conformita'  delle  apparecchiature  di
comunicazione  utilizzate  ai  requisiti  previsti  dalla   normativa
comunitaria...»; 
        che l'art. 9 disciplina  i  requisiti  igienico-sanitari  dei
locali. 
    Tutto cio' premesso, il collegio e' prima  di  tutto  dell'avviso
che la 1egge reg. n. 32 del 2007 e,  in  particolare,  la  disciplina
transitoria per i centri di telefonia in sede fissa  gia'  operativi,
nella parte in cui prescrive l'obbligo dell'autorizzazione  comunale,
nel rispetto dei requisiti di cui agli articoli 3, 4 e 9 legge  cit.,
anche per i titolari di centri di telefonia in sede  fissa  che  gia'
esercitano attivita' di cessione al pubblico  di  servizi  telefonici
alla data di entrata in vigore della legge reg.  n.  32/2007,  sembra
porsi in contrasto con l'art. 117 della Costituzione, in relazione al
sistema di riparto delle competenze legislative Stato-regione. 
    La disciplina dei phone center non ricade infatti  nella  materia
del commercio ma rientra nella materia del «servizio di comunicazione
elettronica»,  come   definito   dal   codice   delle   comunicazioni
elettroniche, approvato con il d.lgs. n. 259 del 2003. 
    Su questo argomento, come e' stato riepilogato da Corte cost.  al
p. 2. del Considerato in diritto della sentenza n. 25 del  2009  (con
la  quale  e'  stata   dichiarata   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 8 della legge reg. Veneto n. 32 del 2007), la stessa Corte,
nel dichiarare, con la sentenza n.  350  del  2008,  l'illegittimita'
costituzionale della legge della regione  Lombardia  n.  6  del  2006
sull'insediamento e la gestione  dei  centri  di  telefonia  in  sede
fissa,  «ha  riconosciuto  che  l'attivita'  svolta  dai  centri   di
telefonia in sede fissa  e'  qualificabile,  alla  luce  del  decreto
legislativo l°  agosto  2003,  n.  259  (Codice  delle  comunicazioni
elettroniche), come fornitura al pubblico di servizi di comunicazione
elettronica (si vedano in particolare l'art. 25 e l'Allegato n. 9 del
decreto legislativo n. 259 del  2003).  Con  la  succitata  sentenza,
questa Corte ha precisato  che  la  competenza  statale  in  tema  di
comunicazioni elettroniche non riguarda solo  "la  definizione  delle
tecnologie concernenti gli impianti che, unitariamente, costituiscono
la rete delle  infrastrutture  di  comunicazione  elettronica"  (come
asserisce la difesa regionale nel  presente  giudizio),  ma  l'intera
serie delle infrastrutture relative alle reti ed i  relativi  servizi
pubblici e privati che operano nel settore. Piu' in generale,  questa
Corte  ha  affermato  che  «le  disposizioni  del   suddetto   Codice
intervengono in molteplici ambiti materiali,  diversamente  tra  loro
caratterizzati in relazione al riparto di competenza legislativa  fra
Stato e regioni: sono, infatti, rinvenibili in questo settore  titoli
di competenza esclusiva statale ("ordinamento civile", "coordinamento
informativo statistico ed informatico dei  dati  dell'amministrazione
statale, regionale e locale", "tutela della concorrenza"),  e  titoli
di  competenza  legislativa   ripartita   ("tutela   della   salute",
"ordinamento  della  comunicazione",   "governo   del   territorio").
Vengono, infine in rilievo anche materie  di  competenza  legislativa
residuale delle regioni, quali, in particolare, l'"industria"  ed  il
"commercio")» (cosi' le sentenze n. 350 del 2008 e n. 336 del 2005). 
    Inoltre, fin dalla sentenza n.  336  del  2005  questa  Corte  ha
riconosciuto che il codice delle comunicazioni elettroniche, al  fine
di adeguarsi alla normativa comunitaria,  ha  inteso  perseguire  «un
vasto processo di liberalizzazione  delle  reti  e  dei  servizi  nei
settori  convergenti  delle  telecomunicazioni,  dei  media  e  delle
tecnologie dell'informazione (...)  secondo  le  linee  di  un  ampio
disegno europeo tendente  ad  investire  l'intera  area  dei  servizi
pubblici». 
    Fra i principi fondamentali espressamente enunciati  dall'art.  3
del codice, in questa  sede  assumono  particolare  rilevanza  quello
secondo il quale sono garantiti «i diritti inderogabili  di  liberta'
delle  persone  nell'uso  dei  mezzi  di  comunicazione  elettronica,
nonche' il diritto di iniziativa economica ed  il  suo  esercizio  in
regime di concorrenza, nel settore delle comunicazioni elettroniche»,
e quello secondo cui «la fornitura di reti e servizi di comunicazione
elettronica, che e' di preminente interesse generale, e' libera».  Ed
e' rilevante che, proprio a proposito di questi principi,  la  citata
sentenza  n.  350  del  2008  sottolinei  come  sia   «evidente   che
disposizioni del genere sono espressione della  competenza  esclusiva
dello Stato in tema di "tutela della concorrenza" e  di  "ordinamento
civile", prima ancora di costituire principi fondamentali in tema  di
"ordinamento della comunicazione"» . 
    Coerentemente con questo assetto, l'art. 25  del  codice  prevede
che i fornitori  di  servizi  di  comunicazione  elettronica  debbano
semplicemente ottenere  una  autorizzazione  generale  da  parte  del
Ministero delle comunicazioni, secondo il modello della  denuncia  di
inizio  attivita'.  L'impresa  pertanto  e'  abilitata  ad   iniziare
immediatamente la propria attivita', salva  la  possibilita'  per  il
Ministero, che  verifica  l'esistenza  dei  presupposti  e  requisiti
richiesti, di vietare motivatamente  la  prosecuzione  dell'attivita'
entro il termine perentorio di sessanta giorni. 
    Senza dubbio  il  legislatore,  sia  statale  che  regionale,  e'
legittimato a porre limiti alle attivita' in oggetto: il terzo  comma
dello stesso art. 3 del codice contempla  «limitazioni  derivanti  da
esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato, della protezione
civile, della salute pubblica e della tutela  dell'ambiente  e  della
riservatezza e protezione dei dati  personali,  poste  da  specifiche
disposizioni di legge o da disposizioni regolamentari di attuazione».
Appare, inoltre, evidente - ha proseguito Corte cost.  n.  25/2009  -
che possono essere fissati anche  ulteriori  limiti  ...  diversi  da
quelli espressi  dalla  specifica  legislazione  sulle  comunicazioni
elettroniche. 
    Vale forse aggiungere, alla  sintesi  sopra  trascritta,  che  la
Corte costituzionale, con la citata sentenza  n.  350  del  2008,  ha
altresi' statuito: 
        che nell'attivita' posta in essere dai  centri  di  telefonia
sono  rinvenibili  alcuni  degli  elementi  tipici   degli   esercizi
commerciali,  ma  si  tratta,  tuttavia,  di  elementi  accessori   e
strumentali rispetto all'oggetto qualificante l'attivita' svolta  dai
centri di telefonia in sede fissa, consistente nella erogazione di un
servizio di comunicazione  elettronica.  «Nei  centri  di  telefonia,
invero, lo scambio di un  servizio  verso  la  corresponsione  di  un
prezzo afferisce a beni ed esigenze fondamentali della persona e, nel
contempo,  della  comunita',   coinvolgendo   interessi   individuali
(correlati alla comunicazione con altre persone) e generali (difesa e
sicurezza dello Stato; protezione  civile;  salute  pubblica;  tutela
dell'ambiente;  riservatezza  e  protezione  dei   dati   personali),
diversamente da quanto accade nelle ordinarie  attivita'  commerciali
di cui all'art. 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114...»; 
        rispetto al «quadro normativo istituito dallo  Stato  membro»
(v., in particolare, quanto statuito dall'art.  25  del  Codice),  si
pone in contrasto la legge reg. Lombardia n. 6 del 2006 la quale, «in
nome della propria competenza legislativa in  materia  di  commercio,
pretende di disciplinare organicamente "l'insediamento e la  gestione
di centri di telefonia in sede fissa" (nuovi o gia' attivi alla  data
della entrata in vigore della legge reg. cit., "prevedendo,  all'art.
4,  la  necessita'  di  uno  speciale  provvedimento  autorizzatorio,
diverso ed ulteriore rispetto a  quello  previsto  dall'art.  25  del
Codice..."»; 
        la  legge   reg.   Lombardia   subordina   il   conseguimento
dell'autorizzazione alla sussistenza di requisiti alquanto eterogenei
i quali - prosegue Corte  cost.,  n.  350/2008  -  «si  sovrappongono
largamente ed in diversi ambiti, ai requisiti previsti dal  Codice  e
dalle  leggi  a  cui  questo  rinvia  e,  soprattutto,  contraddicono
palesemente l'unicita' del procedimento autorizzativo e le  collegate
esigenze di semplificazione e tempestivita' dei procedimenti»; 
        confligge, dunque, con  le  scelte  operate  dal  legislatore
statale in tema di  liberalizzazione  dei  servizi  di  comunicazione
elettronica e di semplificazione procedimentale la  introduzione,  ad
opera del legislatore  regionale,  di  un  vero  e  proprio  autonomo
procedimento autorizzatorio per  lo  svolgimento  dell'attivita'  dei
centri di telefonia; ferma restando la  possibilita'  per  i  comuni,
tramite la loro potesta' regolamentare, e le regioni, tramite la loro
potesta' legislativa, di  disciplinare  specifici  profili  incidenti
anche su questo settore. Di qui l'illegittimita' costituzionale,  per
violazione dei criteri di riparto delle competenze  di  cui  all'art.
117 Cost., (non solo) delle disposizioni, della legge reg.  Lombardia
n. 6/2006,  «che  configurano  l'autorizzazione  ivi  prevista  quale
nucleo essenziale del prescelto regime  amministrativo»,  (ma  anche)
della «intera  disciplina  dei  centri  di  telefonia»,  dettata  dal
legislatore  lombardo,  e  cio'  per  vizio  di   incostituzionalita'
derivato ex art. 27 della legge n. 87 del 1953. 
    Guardando ora piu' da vicino la fattispecie  per  cui  e'  causa,
appare evidente che le statuizioni poste dalla  Corte  costituzionale
con la sentenza n. 350 del 2008  si  riflettono  sulla  disciplina  -
transitoria, ma non solo - introdotta dalla Regione Veneto con l'art.
12 della legge n. 32 del 2007, nel senso che il citato art. 12, nelle
parti  in  cui  prescrive  l'obbligo  di  munirsi  di  autorizzazione
comunale, nel rispetto dei requisiti di cui agli articoli 3,  4  e  9
della legge stessa, e pone l'obbligo di porsi in regola entro un anno
con tutte le nuove prescrizioni che riguardano la gestione dei  phone
center, sotto pena della chiusura (cfr. art. 12, comma 1, lett. a)  e
b), all'osservanza del quale, si noti, il sindaco di  Conegliano,  al
p. 9. dell'ordinanza n. 357/07, richiama gli esercenti  le  attivita'
di  phone  center),  sembra  confliggere   con   l'art.   117   della
Costituzione  per  le  ragioni,  sopra  riassunte,  enunciate   nella
sentenza n. 350 del 2008 emessa dalla Corte  cost.  con  riferimento,
per quanto qui piu' interessa, alle disposizioni, similari rispetto a
quelle che rilevano nel giudizio odierno, di cui agli articoli 1,  4,
9 e 12, legge reg. Lombardia cit. 
    A cio' va aggiunto che l'art. 12, comma 4, della legge reg. n. 32
del 2007 (o, per essere piu' precisi, il combinato  disposto  di  cui
agli articoli 12 comma 4 e 2, comma 2, lett. e),  legge  reg.  cit.),
secondo cui e' vietato, a decorrere dalla data di entrata  in  vigore
della legge reg. n. 32 cit., lo svolgimento di attivita'  commerciali
non accessorie a quella di telefonia, tra le quali rientra quella  di
trasferimento di denaro all'estero (Money Transfer - altra norma  che
il sindaco richiama nelle premesse dell'ordinanza vietando ai gestori
di phone center di svolgere il servizio di  money  transfer),  sembra
introdurre una discriminazione che  si  traduce  in  una  restrizione
ingiustificata  al  principio  costituzionale  di  libera  iniziativa
economica, e sembra porsi quindi in contrasto con gli articoli 3 e 41
della  Costituzione,  dato  che  viene  introdotto  un  elemento   di
rigidita' del sistema - una «prescrizione eccessivamente penalizzante
per gli operatori economici, in specie per quelli gia'  presenti  sul
mercato» -,  che  si  concretizza  in  una  limitazione  quantitativa
dell'offerta economica di servizi, in  danno  dei  gestori  di  phone
center nei riguardi dei quali, diversamente  da  quanto  avviene  per
altri  operatori  economici,  e'  ingiustificatamente   preclusa   la
possibilita' di cumulare l'esercizio dell'attivita'  di  cessione  al
pubblico  di  servizi  telefonici  con  lo  svolgimento  di  un'altra
attivita' economica - il trasferimento all'estero di denaro,  appunto
- pienamente compatibile e liberamente esercitatile dai  titolari  di
attivita' non disomogenee (come rivendite di tabacchi, ricevitorie  e
internet point). 
    Vale richiamare, su  quest'ultimo  tema,  la  segnalazione/parere
dell'Autorita' garante per la concorrenza e il mercato AS 443 del  24
gennaio 2008 con la quale si rileva  quanto  segue:  «il  divieto  di
svolgimento, nei centri di telefonia fissa, di servizi diversi  dalla
cessione  al  pubblico  di  servizi   telefonici   e   dell'attivita'
commerciale accessoria ... rappresenta una ingiustificata limitazione
quantitativa  e  qualitativa  della  offerta,  in  contrasto  con  le
esigenze di salvaguardia della concorrenza e, peraltro, con l'art. 3,
lett.  c),  del  d.-1.  n.  223/2006  che,  in  una  prospettiva   di
liberalizzazione degli accessi al mercato, esclude l'applicazione  di
limitazioni quantitative all'assortimento merceologico offerto  negli
esercizi  commerciali,  fatta  salva  la  distinzione   tra   settore
alimentare e non alimentare». 
    Sotto un diverso profilo, il combinato  disposto  degli  articoli
12, comma 4, e 2, comma 2, lett. e) della legge. reg. n. 32 del  2007
appare in contrasto con gli articoli 3 e 97  Cost.,  sotto  l'aspetto
della  irragionevolezza,  connessa   al   carattere   sostanzialmente
retroattivo  del  divieto  di  cumulo  tra   le   diverse   attivita'
economiche. 
    Di per se', come ha affermato la  giurisprudenza  costituzionale,
il  divieto  di  retroattivita'  della  legge,  pur  costituendo   un
fondamentale  valore  di   civilta'   giuridica   non   ha   dignita'
costituzionale al di fuori dell'ambito penale. Tuttavia,  non  devono
essere  sacrificati  altri  valori  e  interessi   costituzionalmente
protetti, tra i quali «l'affidamento del  cittadino  nella  sicurezza
giuridica che, quale essenziale elemento dello Stato di diritto,  non
puo' essere leso da disposizioni retroattive, le quali trasmodino  in
un regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi
precedenti» (cfr. Corte cost., nn. 416/99, 274/06 e 282/05). Nel caso
di specie, le aspettative  dei  titolari  e  dei  gestori  dei  phone
center, gia' attivi, di poter  svolgere,  e  continuare  a  svolgere,
anche altre attivita',  e  non  solo  le  attivita'  accessorie  alla
telefonia, appaiono essere state irragionevolmente frustrate. Non  si
riesce a vedere, infatti,  per  quale  ragione  plausibile  si  debba
vietare ai  gestori  di  phone  center  di  espletare,  insieme  alla
telefonia, anche altri servizi, come il money transfer,  al  pari  di
cio' che avviene per altri operatori economici presenti sul mercato. 
    In base alle considerazioni su esposte, il collegio  Ritiene  che
sussistano le condizioni indicate dall'art. 23 della 1egge n. 87  del
1953  per   la   proposizione   della   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 12, della  legge  reg.  Veneto  30  novembre
2007, n. 32, e, ove occorra,  del  combinato  disposto  di  cui  agli
articoli 12, comma 4, e 2, comma 2, lett. e),  legge  reg.  cit.,  in
riferimento agli articoli 3, 41, 97 e 117 della Costituzione. 
    Si deve quindi disporre la sospensione del presente giudizio e la
rimessione della questione all'esame della Corte  costituzionale,  in
base a quanto dispone l'art. 23 della 1egge 11 marzo 1953, n. 87, per
la decisione sulla prospettata questione di costituzionalita'. 
                              P. Q. M. 
    Solleva questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  12
della 1egge reg. Veneto 30 novembre 2007, n. 32, e, ove occorra,  del
combinato disposto di cui agli articoli 12, comma 4, e  2,  comma  2,
lett. e), legge reg. cit., per contrasto con gli articoli 3, 41, 97 e
117 della Costituzione, secondo quanto stabilito in motivazione. 
    Sospende il giudizio  in  corso  e  dispone  che,  a  cura  della
segreteria della sezione, gli atti dello stesso siano trasmessi  alla
Corte costituzionale per la risoluzione della prospettata  questione,
e che la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente
della Giunta regionale, e  comunicata  al  Presidente  del  Consiglio
regionale del Veneto. 
    Cosi' deciso  in  Venezia,  nella  Camera  di  consiglio  del  27
novembre 2008. 
                       Il Presidente: De Zotti 
                                               L'estensore: Buricelli