N. 142 SENTENZA 4 - 8 maggio 2009

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo penale - Udienza preliminare - Presentazione della richiesta
  di rinvio a giudizio - Sanzione di nullita' in caso di trasmissione
  di  fascicolo  processuale  predisposto  senza  l'osservanza  delle
  prescrizioni relative  alla  formazione  dei  fascicoli  -  Mancata
  previsione - Dedotta violazione del diritto di difesa, nonche'  del
  diritto dell'imputato di disporre  del  tempo  e  delle  condizioni
  necessarie per preparare la difesa - Esclusione  -  Non  fondatezza
  della questione. 
- Cod. proc. pen., art. 416. 
- Costituzione artt. 24, secondo comma, e 111, terzo comma. 
(GU n.19 del 13-5-2009 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
                              Sentenza 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 416 del  codice
di procedura penale promosso dal Giudice per le indagini  preliminari
del Tribunale di Varese con ordinanza del 29 novembre 2007,  iscritta
al n. 165 del registro ordinanze 2008  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 23, 1ª serie speciale, dell'anno 2008. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio del 22  aprile  2009  il  giudice
relatore Gaetano Silvestri. 
                          Ritenuto in fatto 
    1. - Il Giudice per le  indagini  preliminari  del  Tribunale  di
Varese, con ordinanza  del  29  novembre  2007,  ha  sollevato  -  in
riferimento agli artt.  24,  secondo  comma,  e  111,  secondo  comma
(recte: terzo comma), della Costituzione - questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 416 del codice di  procedura  penale,  nella
parte in cui non prevede una sanzione di nullita' per i casi  in  cui
il fascicolo trasmesso al  giudice  con  la  richiesta  di  rinvio  a
giudizio  sia  predisposto  senza  l'osservanza  delle   prescrizioni
contenute nello stesso art. 416 cod. proc. pen., nell'art. 130  delle
«Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie  del  codice  di
procedura penale» (approvate con decreto legislativo 28 luglio  1989,
n. 271) e nell'art. 3 del decreto ministeriale 30 settembre 1989,  n.
334 (Regolamento per l'esecuzione del codice di procedura penale). 
    Il rimettente, che procede in ordine ad un fatto di omicidio  per
colpa  professionale  medica,  riferisce  delle  doglianze  difensive
manifestate riguardo alle caratteristiche del  fascicolo  processuale
trasmesso dal pubblico ministero in vista  dell'udienza  preliminare.
Detto fascicolo, secondo quanto riferito dal giudice a quo,  contiene
documentazione processuale non (piu') pertinente,  ma,  «soprattutto,
contiene atti  e  produzioni  raccolti  non  in  ordine  cronologico,
numerati in progressione; la copertina contiene anche  i  nomi  delle
persone  non  imputate  e  non  contiene  la   data   di   iscrizione
dell'imputata [...]  nel  registro  previsto  dall'art.  335  c.p.p.;
l'indice degli atti e delle  produzioni  e'  assolutamente  generico,
accorpando in macro-voci  centinaia  di  atti  e  rendendo  di  fatto
impossibile, solo in base ad esso, il rinvenimento nel  carteggio  di
atti riguardanti la posizione di singoli imputati». 
    Secondo il rimettente, che disattende in  proposito  un'eccezione
difensiva, la pur palese violazione dei criteri fissati  dalla  legge
per la formazione del fascicolo (art. 130 disp. att. cod. proc.  pen.
e art. 3 reg. esec.  cod.  proc.  pen.)  non  sarebbe  produttiva  di
nullita' ai sensi dell'art. 178, comma 1, lettera b)  del  codice  di
rito  penale.  Infatti,  nella  specie,  sarebbe  in  questione   non
l'iniziativa del pubblico ministero per il  promovimento  dell'azione
penale, quanto piuttosto la modalita' dell'esercizio di  tale  azione
nel caso concreto. 
    Il giudice a quo esclude, nel prosieguo, che la ricorrenza  della
nullita' possa essere desunta da altri parametri  normativi.  Sarebbe
irrilevante, in proposito, il disposto della lettera c) del  comma  1
dell'art. 178 cod.  proc.  pen.,  dato  che  le  irregolarita'  della
fascicolazione  non  potrebbero  dirsi   «concernenti»   l'assistenza
tecnica dell'imputato. Nessuna specifica nullita', per  altro  verso,
e' prevista nell'art. 416 cod. proc. pen. riguardo alla  trasmissione
degli atti,  e  la  circostanza  sarebbe  risolutiva,  a  parere  del
rimettente, in forza del principio  di  tassativita'  delle  sanzioni
processuali fissato nell'art. 177 dello stesso codice. Del resto,  la
giurisprudenza escluderebbe con orientamento unanime che l'assenza di
determinati atti nel fascicolo trasmesso  per  l'udienza  preliminare
comporti una nullita', e non la semplice inutilizzabilita' degli atti
medesimi. 
    Tutto cio' premesso, il giudice a quo ritiene che la  carenza  di
una sanzione processuale nella  fattispecie  descritta  determini  un
duplice vulnus per il diritto di difesa, come garantito  dal  secondo
comma  dell'art.  24  Cost.  In  primo  luogo,  sarebbe  pregiudicato
l'interesse alla «certezza» circa la «identita» degli atti  destinati
a formare la base cognitiva del giudizio. Una tale  certezza  sarebbe
tanto piu' essenziale in un  sistema  fondato  sulla  pluralita'  dei
«canestri documentali», che si formano a seconda della fase  e  della
tipologia del giudizio, e fondato anche sulla rilevanza conferita  al
tempo dell'acquisizione di  singoli  atti,  attraverso  un  complesso
sistema di  limiti  all'utilizzabilita'  delle  fonti  di  prova.  La
violazione  delle  norme  sulla  composizione   del   fascicolo   non
consentirebbe, in particolare,  di  escludere  che  determinati  atti
vengano inseriti in fasi successive alla trasmissione  del  fascicolo
ex art. 416 cod. proc. pen. D'altra parte, l'omessa indicazione della
data della iscrizione del  nominativo  di  un  singolo  imputato  nel
registro delle  notizie  di  reato  sarebbe  d'ostacolo  al  relativo
computo   dei   termini   di   durata   dell'indagine,    e    dunque
all'identificazione  degli  atti  effettivamente   utilizzabili   nei
confronti dell'interessato. 
    Una lesione del diritto di difesa, in secondo luogo,  deriverebbe
dall'ostacolo  frapposto  ad  un  tempestivo  e  completo  esame  del
carteggio processuale. Le difficolta' connesse alla mole  degli  atti
ed all'assenza di indici attendibili  potrebbero  comportare  carenze
cognitive,  «con  pericolose  ricadute  in  termini  di   adeguatezza
dell'attivita' difensiva». Il rischio sarebbe  particolarmente  grave
nella fase dell'udienza preliminare, quando la difesa e'  chiamata  a
compiere  scelte  avvertite,  e  non  piu'  revocabili,  a  proposito
dell'eventuale ricorso a riti alternativi. 
    Secondo  il  rimettente  la  questione  proposta  -   di   sicura
rilevanza,  non  potendosi  valutare  «senza  la  certezza  circa  il
canestro documentale» la richiesta di  rinvio  a  giudizio  e  quella
eventuale di accesso ad  un  rito  speciale  -  non  potrebbe  essere
superata attraverso  una  soluzione  «adeguatrice».  La  restituzione
degli atti al pubblico ministero, al fine di determinare una nuova  e
corretta  fascicolazione  della   documentazione   processuale,   non
potrebbe prescindere da una dichiarazione di nullita' della richiesta
di rinvio a giudizio, della quale pero', ancora una volta, lo  stesso
rimettente esclude i presupposti. 
    Il giudice a quo non ritiene, a tale ultimo proposito, che  possa
utilmente  evocarsi   l'orientamento   giurisprudenziale   che   nega
l'abnormita' dei provvedimenti di  annullamento  della  richiesta  di
rinvio a giudizio assunti su base sistematica  (orientamento  che  si
manifesta nei casi di perdurante indeterminatezza  dell'imputazione).
L'art. 416 cod. proc. pen. prevede al primo comma una serie tassativa
di ipotesi di nullita' della richiesta in questione,  e  «relega»  al
secondo comma le disposizioni  sulla  formazione  del  fascicolo.  In
queste condizioni - assume il rimettente - la configurazione  di  una
nullita'   implicherebbe   palese   violazione   del   principio   di
tassativita' delle sanzioni processuali. 
    Da ultimo, il giudice a quo assume che  la  disciplina  censurata
contrasterebbe anche  con  il  secondo  comma  (recte:  terzo  comma)
dell'art. 111 Cost., posto che non sarebbero assicurati  alla  difesa
il tempo e le condizioni per il concreto suo esplicarsi,  almeno  nei
casi, come quello di specie, di fascicoli  composti  da  migliaia  di
pagine e pertinenti a fatti molto complessi. 
    2. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  nel
giudizio con atto depositato il 17 giugno 2008,  concludendo  per  la
inammissibilita' o la infondatezza della questione sollevata. 
    La difesa erariale assume, in particolare, che le  doglianze  del
rimettente sarebbero (manifestamente) infondate in quanto il  sistema
assicura, nel suo complesso, le condizioni per un pieno  ed  efficace
accesso della difesa agli atti che  formano  la  base  cognitiva  del
procedimento. 
    La richiesta di rinvio a giudizio e' preceduta, a norma dell'art.
415-bis cod. proc. pen., dal  deposito  degli  atti,  che  restano  a
disposizione delle parti  e  dei  loro  difensori  per  venti  giorni
almeno. Un esame ulteriore e' consentito per almeno dieci  giorni,  e
cioe' per il termine dilatorio che deve intercorrere tra la  notifica
dell'avviso per l'udienza preliminare e la celebrazione  dell'udienza
medesima. Il relativo decreto  di  fissazione,  d'altronde,  contiene
l'invito  alla  trasmissione  della  documentazione   pertinente   ad
indagini svolte dopo la richiesta di rinvio a giudizio. 
    La disponibilita' di un termine generale mai inferiore  a  trenta
giorni (e, in realta', necessariamente superiore)  comporta,  secondo
l'Avvocatura generale, la possibilita' di  un  adeguato  espletamento
della funzione difensiva anche in caso di fascicoli voluminosi e  non
ordinati secondo il disposto dell'art. 3 reg. esec. cod.  proc.  pen.
Quanto  all'eventualita'  di  atti  mancanti,  lo  stesso  rimettente
ricorda che, per giurisprudenza costante, la lesione del  diritto  di
difesa e' preclusa dalla inutilizzabilita' degli atti medesimi. 
    Non avrebbe pregio, infine, la particolare doglianza  concernente
la valutazione finalizzata ad una eventuale richiesta di  accesso  ai
riti speciali. La  domanda  di  giudizio  abbreviato,  infatti,  puo'
essere posticipata fino  alla  fine  della  discussione  nell'udienza
preliminare, e cioe' avendo modo di attendere che il giudice corregga
eventuali irregolarita'. Per  una  eventuale  richiesta  di  giudizio
immediato,  poi,  le  prerogative  della  difesa  sarebbero  comunque
garantite,   «in   quanto   il   fascicolo   verrebbe   formato   nel
contraddittorio tra le parti». 
                       Considerato in diritto 
    1. - Il Giudice per le  indagini  preliminari  del  Tribunale  di
Varese, con l'ordinanza indicata in epigrafe,  solleva  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 416  del  codice  di  procedura
penale, nella parte in cui non prevede una sanzione di nullita' per i
casi in cui il fascicolo trasmesso al giudice  con  la  richiesta  di
rinvio  a  giudizio  sia   predisposto   senza   l'osservanza   delle
prescrizioni  contenute  nello  stesso  art.  416  cod.  proc.  pen.,
nell'art.  130  delle  «Norme  di  attuazione,  di  coordinamento   e
transitorie del codice di procedura penale»  (approvate  con  decreto
legislativo 28 luglio  1989,  n.  271)  e  nell'art.  3  del  decreto
ministeriale 30 settembre 1989, n. 334 (Regolamento per  l'esecuzione
del codice di procedura penale). 
    La norma violerebbe l'art. 24, secondo comma, della Costituzione,
dato che  un  fascicolo  composto  in  guisa  da  non  consentire  la
identificazione degli  atti  tempestivamente  depositati,  e  l'epoca
della loro acquisizione, lede il diritto  della  difesa  ad  ottenere
«certezza» circa la base cognitiva per l'udienza  preliminare,  anche
al fine di valutare  le  opzioni  concernenti  i  riti  speciali,  ed
inoltre puo' pregiudicare, nell'ambito di procedimenti complessi,  la
concreta  possibilita'  di  un'adeguata  conoscenza  degli  atti.  Si
prospetta inoltre la violazione dell'art. 111, secondo comma  (recte:
terzo comma), Cost., in quanto un fascicolo composto con le modalita'
indicate,  nel  caso  comprenda  atti  numerosi  e   complessi,   non
garantirebbe il tempo e le  condizioni  necessari  per  preparare  la
difesa dell'imputato. 
    2. - La questione non e' fondata. 
    2.1. -  Il  rimettente  segnala  un  problema  reale,  che   puo'
assumere,  nello  svolgimento  dei  singoli  procedimenti,   gravita'
maggiore o minore, a  seconda  delle  concrete  situazioni.  Si  deve
rilevare, infatti, che le disposizioni legislative  e  regolamentari,
che disciplinano le modalita' di formazione dei fascicoli, non  hanno
una semplice finalita' di razionale ed  omogenea  sistemazione  degli
atti processuali, ma sono volte  a  rendere  possibile  e,  in  certa
misura, ad agevolare l'esercizio dei diritti spettanti alle parti. Lo
stesso rimettente tuttavia  ritiene  che  non  esistano  nel  sistema
processuale penale vigente strumenti  idonei  a  porre  rimedio  alle
eventuali  anomalie  riscontrabili  nel  fascicolo,   contenente   la
documentazione relativa alle indagini espletate  e  i  verbali  degli
atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari, che  il
pubblico ministero deve trasmettere per il deposito nella cancelleria
del giudice, a corredo della richiesta di rinvio a giudizio, a  norma
dell'art. 416, comma 2, cod. proc. pen. 
    Nell'ipotesi che il fascicolo di cui sopra, specie se voluminoso,
presenti difficolta' di consultazione, a causa del disordine con  cui
sono stati inseriti gli atti e della mancanza di un  indice,  sia  le
parti che lo stesso giudice  non  sono  posti  nelle  condizioni  per
esercitare con la dovuta accuratezza ed efficacia il proprio  mandato
e la propria funzione. A cio' si  aggiunge,  quando  manchi  l'indice
degli atti, la maggior difficolta' di rilevare indebite manipolazioni
del fascicolo stesso, in ipotesi effettuate mediante la sottrazione o
l'inserimento di documenti in  tempi  successivi  alla  richiesta  di
rinvio a giudizio. 
    2.2. - La situazione di difficolta' ben puo' essere rilevata  dal
giudice, il quale - contrariamente a quanto  si  argomenta  nell'atto
introduttivo - puo' sollecitare il pubblico ministero  ad  effettuare
la  corretta  sistemazione  del   fascicolo,   nel   rispetto   delle
prescrizioni contenute nell'art. 3 del decreto  ministeriale  n.  334
del 1989. L'invito a riordinare il fascicolo trova il suo  fondamento
nell'art. 124 cod. proc. pen.,  che  fa  obbligo  ai  magistrati,  ai
cancellieri e agli altri ausiliari del giudice di osservare le  norme
processuali,  la  cui  violazione,  in   aggiunta   alle   specifiche
conseguenze processuali, e' causa di responsabilita' disciplinare. 
    Non si puo' condividere l'assunto del  rimettente,  basato  sulla
considerazione che una sollecitazione al rispetto delle  disposizioni
concernenti  il   fascicolo   comporterebbe   una   regressione   del
procedimento, possibile solo se venisse dichiarata la nullita'  della
richiesta  di  rinvio  a  giudizio,  preclusa   dall'attuale   quadro
normativo. Si deve osservare invece che  il  procedimento  regredisce
quando  viene  annullato  l'atto  introduttivo  di  una  fase  e  non
certamente quando, in una normale dialettica tra uffici, il  pubblico
ministero e' invitato  dal  giudice  a  perfezionare  un  adempimento
collaterale rispetto  alla  richiesta  del  decreto  che  dispone  il
giudizio. Il rinvio di fatto conseguente al provvedimento del giudice
avrebbe peraltro una funzione compensativa per le parti,  dando  alle
stesse un margine di  tempo  aggiuntivo  per  la  preparazione  delle
rispettive difese, anche considerato che la  richiesta  di  rinvio  a
giudizio e' preceduta, comunque, da  un  deposito  preliminare  degli
atti a norma dell'art. 415-bis cod. proc. pen. 
    Si consideri ulteriormente, per il caso che  l'udienza  sia  gia'
stata fissata, che  rientra  nei  poteri  del  giudice  regolarne  le
cadenze in guisa da rendere concreta la possibilita' per le parti  di
spiegare  la  propria  attivita',   garantendo   l'effettivita'   del
contraddittorio, anche, se del caso, mediante il rinvio per un  tempo
necessario e sufficiente a  compensare  le  difficolta'  «aggiuntive»
derivanti  da  fascicoli  non  razionalmente  organizzati   o   molto
complessi (questa Corte ha gia' rilevato, ad esempio con la  sentenza
n. 16 del 1994, che anche per l'udienza preliminare, nei  limiti  del
relativo oggetto, l'esigenza di  celerita'  va  contemperata  con  la
garanzia di effettivita' del contraddittorio). 
    L'introduzione di una nuova causa di nullita' per  mezzo  di  una
sentenza additiva di questa Corte - come richiesto dal giudice a  quo
- determinerebbe una eccessiva rigidita' delle conseguenze  derivanti
da una irregolare  formazione  del  fascicolo,  che  potrebbe  essere
contraria agli stessi legittimi interessi delle parti ed in contrasto
con il  principio  della  ragionevole  durata  del  processo  fissato
dall'art. 111, secondo comma, della Costituzione. In altre parole, la
sanzione processuale invocata finirebbe per essere sproporzionata, in
molti casi, e quindi controproducente rispetto alle stesse  finalita'
di tutela che hanno mosso il rimettente a sollevare la questione.  Il
giudice infatti deve avere la possibilita' di valutare caso per  caso
la gravita'  della  situazione  venutasi  a  creare,  allo  scopo  di
indicare, quando cio' sia possibile, un  congruo  termine,  entro  il
quale  il  pubblico  ministero  deve  provvedere  al  riordino  della
documentazione secondo i  criteri  dettati  dalle  norme  vigenti,  e
comunque allo scopo di garantire  effettivita'  di  esercizio  per  i
diritti delle parti. 
    2.3. - Non si puo' escludere in assoluto che  la  caoticita'  del
fascicolo - in ipotesi composto da migliaia di  pagine  -  sia  tale,
anche dopo un insufficiente  riordino,  da  incidere  seriamente  sul
diritto di difesa delle parti. Solo in tale eccezionale  eventualita'
si  deve  ritenere  che  l'irregolarita'  del  fascicolo   depositato
equivalga   ad   omesso   deposito,   con   la   conseguenza    della
inutilizzabilita' degli atti e dei documenti non  trasmessi,  secondo
la prevalente giurisprudenza di  legittimita',  o  addirittura  della
nullita' ex art. 178, comma 1, lettera c), cod. proc.  pen.,  ove  si
ritenesse,   secondo   altro   orientamento    interpretativo,    che
«l'attivita' difensiva  e'  in  concreto  compromessa  dalla  mancata
conoscenza degli elementi di indagine» (Cass. pen., sentenza n. 14588
del 1999). 
    L'effettivita'  dei  diritti  fondamentali,  tra   i   quali   va
certamente annoverato il  diritto  di  difesa  di  cui  all'art.  24,
secondo comma, Cost., viene meno non soltanto  se  le  norme  vigenti
consentono che sia  radicalmente  impedito  il  loro  esercizio,  pur
formalmente riconosciuto, ma anche se e'  possibile  che  si  creino,
senza la previsione di adeguati rimedi, situazioni  tali  da  rendere
eccessivamente difficile l'esercizio stesso. Solo in assenza di  tali
efficaci rimedi, desumibili dal sistema processuale  vigente,  questa
Corte dovrebbe intervenire per ripristinare, anche con una  pronuncia
additiva, la tutela del diritto illegittimamente compresso. 
    Nel caso di specie, l'ordinamento rende praticabile una gamma  di
possibili   reazioni   all'eventuale,    censurabile    comportamento
dell'ufficio  del  pubblico  ministero,  che  abbia   depositato   un
fascicolo difforme dalle prescrizioni legislative e regolamentari  in
materia. Gli effetti che si possono  verificare,  proporzionati  alla
gravita' delle  anomalie  concretamente  riscontrate,  vanno  da  una
sollecitazione  a  regolarizzare  la  documentazione  allegata   alla
richiesta del decreto che dispone il giudizio ad un  rinvio  disposto
dal giudice - con segnalazione della disfunzione al capo dell'ufficio
ai sensi dell'art.  124,  comma  2,  cod.  proc.  pen.  -  sino  alla
equiparazione della impossibile o troppo difficile lettura degli atti
e documenti contenuti nel fascicolo al mancato deposito dello stesso.
E' evidente infatti -  come  gia'  s'e'  detto  -  che  l'adempimento
imposto dall'art. 416,  comma  2,  cod.  proc.  pen.  e'  finalizzato
all'esercizio del diritto di difesa delle parti del  giudizio,  oltre
che a rendere possibile al giudicante la conoscenza degli atti  delle
indagini preliminari. Se l'uno e  l'altro  sono  resi  impossibili  o
irragionevolmente difficili - alimentando peraltro il dubbio, in caso
di assenza dell'indice, circa possibili manipolazioni  del  materiale
allegato - il deposito del fascicolo deve ritenersi  solo  apparente,
con tutte le possibili conseguenze processuali,  sopra  indicate,  da
cio' derivanti. 
    3. -  In  definitiva,  proprio   l'interesse   costituzionalmente
tutelato delle parti e  dell'intera  collettivita'  ad  un  sollecito
svolgimento del processo penale richiede che non si irrigidisca,  con
una  previsione  di  nullita',  l'effetto  della   violazione   delle
disposizioni sulla formazione del  fascicolo,  ma  che  si  lasci  al
giudice il potere e  la  responsabilita'  di  adottare  provvedimenti
ispirati ad una reazione flessibile, proporzionale alle irregolarita'
riscontrate,  nella  prospettiva  del  soddisfacimento,  nei  singoli
specifici casi, della prescrizione di cui all'art. 111, terzo  comma,
Cost.: «la legge assicura che la persona accusata di un  reato  [...]
disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la  sua
difesa». 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art.  416  del  codice  di  procedura  penale,  sollevata,   con
riferimento agli articoli 24, secondo  comma,  e  111,  terzo  comma,
della Costituzione, dal  Giudice  per  le  indagini  preliminari  del
Tribunale di Varese con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 maggio 2009. 
                       Il Presidente: Amirante 
                       Il redattore: Silvestri 
                      Il cancelliere: Di Paola 
    Depositata in cancelleria l'8 maggio 2009. 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola