N. 146 ORDINANZA 4 - 8 maggio 2009

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
_Processo penale  -  Incidente  probatorio  -  Possibilita'  che  sia
  richiesto  ed  eseguito  anche  dopo  la  notifica  dell'avviso  di
  conclusione delle  indagini  preliminari  -  Mancata  previsione  -
  Denunciata irragionevolezza nonche' lesione del diritto di difesa -
  Omessa   verifica    della    possibilita'    di    pervenire    ad
  un'interpretazione costituzionalmente orientata, sulla  base  delle
  precedenti  pronunce  costituzionali  in   materia;   insufficiente
  motivazione sulla  rilevanza  -  Manifesta  inammissibilita'  della
  questione. 
- Cod. proc. pen., artt. 392 e 393. 
- Costituzione, artt. 3 e 24. 
(GU n.19 del 13-5-2009 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria
  Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe
  FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
                              Ordinanza 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 392 e 393 del
codice di procedura penale  promosso  dal  Giudice  per  le  indagini
preliminari del Tribunale di Brescia nel procedimento penale a carico
di P.S., con ordinanza del 28 marzo 2007,  iscritta  al  n.  855  del
registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica, n. 5, 1ª serie speciale, dell'anno 2008; 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio del 1°  aprile  2009  il  giudice
relatore Alessandro Criscuolo; 
    Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di Brescia, con ordinanza depositata il 28 marzo 2007,  ha  sollevato
questione  di  legittimita'  costituzionale,  in   riferimento   agli
articoli 3 e 24 della Costituzione, degli artt. 392 e 393 del  codice
di procedura penale, nella parte in cui non consentono che, nei  casi
previsti dall'art. 392 cod. proc. pen., l'incidente probatorio  possa
essere richiesto ed eseguito anche dopo la  notifica  dell'avviso  di
conclusione delle indagini preliminari; 
        che, secondo l'esposizione del rimettente, in un procedimento
penale a carico di P. S., sottoposto ad indagine per i delitti di cui
agli artt. 609-bis e 527 del codice penale, commessi in Rezzato  (BS)
il 5 ottobre 2006,  il  pubblico  ministero,  dopo  avere  notificato
l'avviso di conclusione delle indagini preliminari  ex  art.  415-bis
cod. proc. pen., ha assunto l'interrogatorio dell'indagato,  come  da
quest'ultimo  sollecitato,  ed  ha  poi  richiesto  al   giudice   di
procedere, mediante incidente probatorio,  a  ricognizione  personale
dello stesso da parte della persona offesa, ritenendo  che  il  tempo
necessario per giungere  al  dibattimento  potrebbe  pregiudicarne  i
ricordi «per immagine»; 
        che la richiesta non e'  stata  formulata  «nel  corso  delle
indagini preliminari», come disposto dall'art. 392 cod.  proc.  pen.,
ne' nella fase dell'udienza  preliminare,  come  consentito  dopo  la
sentenza di questa Corte n. 77 del 1994, sicche' essa dovrebbe essere
dichiarata inammissibile; 
        che si prospetta, quindi, per il tempo intercorrente  fra  la
conclusione delle indagini preliminari e la  richiesta  di  rinvio  a
giudizio, quella stessa «interruzione  nell'acquisibilita'  di  prove
non rinviabili», che la citata sentenza di questa Corte  ha  ritenuto
«priva di ogni ragionevole giustificazione e lesiva del diritto delle
parti alla prova e, quindi, dei diritti di azione e di difesa»; 
        che,  certamente,  nel  procedere   alla   ricognizione   del
contenuto normativo della disposizione da applicare, il giudice  deve
essere guidato dalla preminente esigenza del  rispetto  dei  principi
costituzionali  e  percio'  e'  tenuto  ad  adottare,  tra  le  varie
possibili   letture,   quella   ritenuta   aderente   al    parametro
costituzionale; 
        che, pero', troppo chiara e' la lettera  dell'art.  392  cod.
proc.  pen.  («nel  corso  delle  indagini  preliminari»),  per   cui
procedere con incidente probatorio dopo la chiusura  delle  indagini,
significherebbe oltrepassare i confini dell'attivita' interpretativa; 
        che, nel caso in esame, ad avviso del rimettente, e' insorta,
anche a seguito della dilatazione  dei  tempi  processuali  derivante
dall'esercizio,  da  parte  dell'indagato,  delle  facolta'  previste
dall'art.  415-bis  cod.  proc.   pen.,   una   situazione   di   non
differibilita',  al  dibattimento,  di  una  prova  soggetta  ad  una
inevitabile perdita di genuinita'; 
        che, sempre secondo il  rimettente,  l'anticipata  assunzione
della stessa si rivela indispensabile  per  garantire  l'effettivita'
del diritto  delle  parti  alla  prova,  mentre  l'impossibilita'  di
provvedervi e' priva di  ogni  ragionevole  giustificazione,  sicche'
devono ritenersi violati gli artt. 3 e 24 Cost.; 
        che, nel giudizio di legittimita' costituzionale, ha spiegato
intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato  e
difeso    dall'Avvocatura    generale    dello    Stato,    eccependo
l'inammissibilita' della questione, perche'  il  giudice  a  quo  non
avrebbe  rispettato   il   criterio   ermeneutico,   pur   richiamato
nell'ordinanza di rimessione, secondo cui in sede di ricognizione del
contenuto normativo della disposizione da applicare,  il  giudice  e'
tenuto a privilegiare, tra  le  possibili  letture,  quella  ritenuta
conforme a Costituzione; 
        che, infatti, il rimettente si sarebbe  limitato  a  rilevare
che il dettato  dell'art.  392  cod.  proc.  pen.,  riferendosi  alla
pendenza delle indagini preliminari, per individuare  la  fase  nella
quale e' possibile  chiedere  l'incidente  probatorio,  escluderebbe,
senza equivoco, la possibilita' di procedere con incidente probatorio
dopo la chiusura delle indagini; 
        che,  quindi,  egli   avrebbe   omesso   di   verificare   la
possibilita' di pervenire ad una diversa interpretazione delle  norme
in  questione,  conforme  a  Costituzione,  leggendole  in  combinato
disposto con l'art. 415-bis cod. proc. pen., che consente al pubblico
ministero, a seguito delle richieste dell'indagato, di disporre nuove
indagini da compiere entro trenta giorni  dalla  presentazione  della
richiesta, termine prorogabile per una sola volta e per non  piu'  di
sessanta giorni dal giudice per le indagini preliminari, su richiesta
dello stesso pubblico ministero; 
        che tale possibilita' sarebbe senz'altro praticabile nel caso
in  esame,  in  quanto  l'espressione  «nel  corso   delle   indagini
preliminari», contenuta nell'art. 392 cod. proc. pen.,  ben  potrebbe
giustificare l'espletamento dell'incidente probatorio,  nel  caso  di
nuove indagini compiute ai sensi del citato art.  415-bis,  comma  4,
cod. proc. pen.; 
        che  la   lettura   indicata   eviterebbe,   per   il   tempo
intercorrente tra l'avviso di conclusione delle indagini  preliminari
e  la  richiesta  di   rinvio   a   giudizio,   quella   interruzione
nell'acquisibilita' di prove non rinviabili che questa Corte, con  la
sentenza n. 77 del  1994,  ha  ritenuto  priva  di  ogni  ragionevole
giustificazione e lesiva dei diritti di azione e di difesa. 
    Considerato che  il  Giudice  per  le  indagini  preliminari  del
Tribunale di Brescia, con l'ordinanza menzionata in epigrafe,  dubita
della legittimita' costituzionale, in riferimento agli articoli  3  e
24 della Costituzione,  degli  articoli  392  e  393  del  codice  di
procedura penale, nella parte in cui non  consentono  che,  nei  casi
previsti dalla prima di  tali  disposizioni,  l'incidente  probatorio
possa  essere  richiesto  ed  eseguito,  anche   dopo   la   notifica
dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari; 
        che  la  questione  e'  stata  sollevata   nel   quadro   del
procedimento penale indicato in  narrativa,  nel  quale  il  pubblico
ministero,  dopo  aver  notificato  l'avviso  di  conclusione   delle
indagini  preliminari,  ha  assunto  l'interrogatorio   dell'indagato
(sollecitato da quest'ultimo) ed  ha  poi  richiesto  al  giudice  di
procedere, mediante incidente probatorio,  a  ricognizione  personale
del medesimo indagato da parte della persona offesa, ritenendo che il
tempo necessario per giungere al dibattimento potrebbe  pregiudicarne
i ricordi «per immagine»; 
        che  la  richiesta  e'  stata  ritenuta   inammissibile   dal
rimettente,  in  quanto  non  formulata  «nel  corso  delle  indagini
preliminari»  ex  art.  392  cod.  proc.  pen.,  ma  tale  disciplina
normativa,  impedendo  l'anticipata  assunzione  di  una  prova   non
differibile al dibattimento in quanto soggetta ad inevitabile perdita
di genuinita' e non suscettibile  d'interpretazione  adeguatrice,  si
porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.; 
        che  la  questione  deve  essere  dichiarata   manifestamente
inammissibile; 
        che, infatti, questa Corte, con la sentenza n. 77  del  1994,
dichiaro' l'illegittimita' costituzionale degli artt. 392 e 393  cod.
proc. pen., «nella parte in cui non consentono che, nei casi previsti
dalla prima di tali disposizioni, l'incidente probatorio possa essere
richiesto ed eseguito anche nella fase dell'udienza preliminare»; 
        che, nel motivare tale pronunzia,  dopo  aver  richiamato  la
finalita'  dell'istituto  dell'incidente  probatorio,  preordinato  a
consentire  alle  parti  principali  l'assunzione  delle  prove   non
rinviabili al dibattimento (art. 2, n. 40, della legge delega  n.  81
del 1987), questa Corte rilevo'  tra  l'altro  che,  ricorrendo  tali
circostanze,  «l'anticipata  assunzione  della  prova   si   appalesa
indispensabile per l'acquisizione al processo di elementi - in tesi -
necessari all'accertamento dei fatti e per  garantire  l'effettivita'
del diritto delle parti alla prova», destinata altrimenti  ad  andare
perduta; 
        che, inoltre, questa  Corte  pose  in  luce  come,  sotto  il
profilo sistematico, l'interruzione nell'acquisibilita' di prove  non
rinviabili apparisse contraddittoria con  la  continuita'  assicurata
dal   legislatore   all'attivita'   d'indagine,    prevedendone    il
proseguimento anche dopo la richiesta di rinvio a giudizio (art. 419,
comma 3, cod. proc. pen.) e dopo il decreto che dispone il  giudizio,
ben potendo  darsi  che  per  taluno  degli  elementi,  in  tal  modo
acquisiti, insorgessero le situazioni  di  non  differibilita'  della
prova previste dall'art. 392 cod. proc. pen.; 
        che, con successive pronunzie, la Corte ha precisato  che  la
ratio dell'estensione operata  dalla  sentenza  n.  77  del  1994  va
ricercata nell'esigenza  di  «garantire  l'effettivita'  del  diritto
delle parti alla  prova,  che  sarebbe  altrimenti  irrimediabilmente
perduta ove la necessita' di assicurare una prova indifferibile sorga
per la prima volta dopo la richiesta di  rinvio  a  giudizio,  e  che
pertanto e' il pericolo della perdita  irrimediabile  della  prova  a
imporne l'assunzione anticipata» (ordinanze n. 249 del 2003;  n.  368
del 2002; n. 118 del 2001); 
        che, come questa Corte ha affermato nell'ordinanza n. 249 del
2003, qualora la suddetta esigenza si  presenti  tra  la  conclusione
delle indagini e l'inizio dell'udienza preliminare, «non potrebbe non
essere assicurata alle parti, anche in  tale  fase,  la  facolta'  di
richiedere l'assunzione della prova in via di incidente»; 
        che il rimettente, pur essendo consapevole  dell'esigenza  di
adottare,  tra   le   varie   possibili   letture   di   una   norma,
l'interpretazione aderente al  parametro  costituzionale  secondo  la
costante giurisprudenza di questa Corte (ex  plurimis:  ordinanze  n.
226 del 2008; n. 205 del 2008; n. 193 del 2008; n. 35 del  2006),  si
e' limitato a  rilevare  che  «troppo  chiara  e'  pero'  la  lettera
dell'art.  392  cod.  proc.   pen.   ("nel   corso   delle   indagini
preliminari") tanto che procedere con incidente  probatorio  dopo  la
chiusura  delle  indagini  significherebbe  oltrepassare  i   confini
dell'attivita' interpretativa»; 
        che,  cosi'  argomentando,  egli  ha  circoscritto   la   sua
attivita'  ermeneutica  al  testo  della  norma  anteriore  sia  alla
sentenza n. 77 del 1994, sia  alle  successive  pronunzie  di  questa
Corte  ora  richiamate,  e  quindi  ha  omesso   di   verificare   la
possibilita' di giungere ad  una  interpretazione  adeguatrice  della
normativa impugnata  sulla  base  delle  considerazioni  esposte  nei
menzionati provvedimenti; 
        che, sotto altro profilo, il giudice a quo ha  trascurato  di
motivare circa  la  possibilita'  che  l'incidente  probatorio  fosse
richiesto  nell'udienza  preliminare,   suscettibile   di   sollecita
fissazione (art. 418 cod. proc. pen.), in modo da evitare il pericolo
della perdita irrimediabile della prova in attesa del dibattimento, e
tale  omissione  si  traduce  in  insufficiente   motivazione   sulla
rilevanza della questione; 
        che,   pertanto,   essa    va    dichiarata    manifestamente
inammissibile in riferimento ai parametri evocati dal rimettente. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale degli artt.  392  e  393  del  codice  di
procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e  24  della
Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari  del  Tribunale
di Brescia, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 maggio 2009. 
                       Il Presidente: Amirante 
                       Il redattore: Criscuolo 
                      Il cancelliere: Di Paola 
    Depositata in cancelleria l'8 maggio 2009. 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola