N. 151 SENTENZA 1 aprile - 8 maggio 2009

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Costituzione e intervento nel giudizio incidentale  -  Intervento  di
  soggetti che non rivestono la qualita' di parte nel giudizio a  quo
  e non sono titolari di interesse qualificato inerente  al  rapporto
  sostanziale dedotto in giudizio - Inammissibilita'. 
Procreazione medicalmente assistita - Limiti  all'applicazione  delle
  tecniche sugli embrioni - Previsione della formazione di un  numero
  massimo di tre  embrioni  ai  fini  di  un  unico  e  contemporaneo
  impianto - Ammissibilita' della  crioconservazione  degli  embrioni
  sino alla data del trasferimento solo per grave e documentata causa
  di forza maggiore relativa alla salute della donna -  Questione  di
  legittimita' costituzionale sollevata con sentenza -  Eccezione  di
  inammissibilita' - Reiezione. 
- Legge 19 febbraio 2004, n. 40, art. 14, commi 2 e 3. 
- Costituzione, artt. 3 e 32; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23. 
Procreazione medicalmente assistita - Limiti  all'applicazione  delle
  tecniche sugli embrioni - Previsione della formazione di un  numero
  massimo di tre  embrioni  ai  fini  di  un  unico  e  contemporaneo
  impianto - Ammissibilita' della  crioconservazione  degli  embrioni
  sino alla data del trasferimento solo per grave e documentata causa
  di forza maggiore relativa alla salute  della  donna  -  Denunciata
  irragionevolezza, nonche' lesione del  diritto  alla  salute  della
  donna - Eccezione di inammissibilita' per non  aver  il  rimettente
  pronunciato sulla carenza di interesse del ricorrente nel  giudizio
  a quo - Reiezione. 
- Legge 19 febbraio 2004, n. 40, art. 14, commi 2 e 3. 
- Costituzione, artt. 3 e 32. 
Procreazione medicalmente assistita - Limiti  all'applicazione  delle
  tecniche sugli embrioni - Previsione della formazione di un  numero
  massimo di tre  embrioni  ai  fini  di  un  unico  e  contemporaneo
  impianto - Ammissibilita' della  crioconservazione  degli  embrioni
  sino alla data del trasferimento solo per grave e documentata causa
  di forza maggiore relativa alla salute  della  donna  -  Denunciata
  irragionevolezza, nonche' lesione del  diritto  alla  salute  della
  donna - Eccezione di inammissibilita' per il sopravvenuto mutamento
  delle linee guida in materia - Reiezione. 
- Legge 19 febbraio 2004, n. 40, art. 14, commi 2 e 3. 
- Costituzione, artt. 3 e 32. 
Procreazione medicalmente assistita - Limiti  all'applicazione  delle
  tecniche sugli embrioni - Previsione della formazione di un  numero
  massimo di tre  embrioni  ai  fini  di  un  unico  e  contemporaneo
  impianto - Ammissibilita' della  crioconservazione  degli  embrioni
  sino alla data del trasferimento solo per grave e documentata causa
  di forza maggiore relativa alla  salute  della  donna  - Denunciata
  irragionevolezza, nonche' lesione del  diritto  alla  salute  della
  donna - Eccezione di inammissibilita' per difetto di incidentalita'
  - Reiezione. 
- Legge 19 febbraio 2004, n. 40, art. 14, commi 2 e 3. 
- Costituzione, artt. 3 e 32. 
Procreazione medicalmente assistita - Limiti  all'applicazione  delle
  tecniche sugli embrioni - Previsione della formazione di un  numero
  massimo di tre  embrioni  ai  fini  di  un  unico  e  contemporaneo
  impianto - Ammissibilita' della  crioconservazione  degli  embrioni
  sino alla data del trasferimento solo per grave e documentata causa
  di forza maggiore relativa alla salute della  donna  -  Divieto  di
  crioconservazione degli embrioni soprannumerari  -  Irrevocabilita'
  del consenso  all'impianto  degli  embrioni  creati  -  Divieto  di
  riduzione  embrionaria   di   gravidanze   plurime   -   Denunciata
  irragionevolezza, nonche' violazione del  rispetto  della  dignita'
  umana, dei  principi  di  eguaglianza  e  di  inviolabilita'  della
  liberta' personale, lesione del diritto alla  salute  della  donna,
  contrasto con il divieto  costituzionale  di  trattamenti  sanitari
  obbligatori che non siano rivolti alla tutela della salute pubblica
  o dell'interessato - Eccezione di inammissibilita' per il fatto che
  le  questioni  sono  state  sollevate  nel  corso  di  procedimenti
  cautelari - Reiezione. 
- Legge 19 febbraio 2004, n. 40, art. 14, commi 2, 3  e  4,  art.  6,
  comma 3. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 13 e 32. 
Procreazione medicalmente assistita - Limiti  all'applicazione  delle
  tecniche sugli embrioni - Previsione della creazione di  un  numero
  di embrioni comunque non superiore a tre ai  fini  di  un  unico  e
  contemporaneo impianto - Irragionevolezza  nonche'  violazione  del
  principio di eguaglianza e lesione del diritto  alla  salute  della
  donna ed eventualmente, del feto  -  Illegittimita'  costituzionale
  parziale. 
- Legge 19 febbraio 2004, n. 40, art. 14, comma 2. 
- Costituzione, artt. 3 e 32. 
Procreazione medicalmente assistita - Limiti  all'applicazione  delle
  tecniche sugli embrioni -  Ammissibilita'  della  crioconservazione
  degli embrioni fino alla  data  del  trasferimento  nell'utero,  da
  realizzare  non  appena  possibile  -  Omessa  previsione  che   il
  trasferimento debba essere  effettuato  senza  pregiudizio  per  la
  salute  della  donna  -  Irragionevolezza  nonche'  violazione  del
  principio di eguaglianza e lesione del diritto  alla  salute  della
  donna - Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
- Legge 19 febbraio 2004, n. 40, art. 14, comma 3. 
- Costituzione, artt. 3 e 32. 
Procreazione medicalmente assistita - Limiti  all'applicazione  delle
  tecniche  sugli  embrioni  -  Divieto  di  crioconservazione  degli
  embrioni  soprannumerari  -  Denunciata  irragionevolezza,  nonche'
  lesione del diritto alla salute della  donna  e  contrasto  con  il
  divieto costituzionale di trattamenti sanitari obbligatori  se  non
  imposti per legge nel rispetto della dignita' umana  -  Carenza  di
  motivazione sulla  rilevanza  -  Manifesta  inammissibilita'  della
  questione. 
- Legge 19 febbraio 2004, n. 40, art. 14, comma 1. 
- Costituzione, artt. 3 e 32, primo e secondo comma. 
Procreazione medicalmente assistita - Limiti  all'applicazione  delle
  tecniche  sugli  embrioni  -  Irrevocabilita'  della  volonta'   di
  sottoposizione  al   trattamento   di   procreazione   medicalmente
  assistita   dopo   la   fecondazione   dell'ovulo   -    Denunciata
  irragionevolezza nonche' lesione dei principi  del  rispetto  della
  dignita' umana e di eguaglianza, della  liberta'  personale  e  del
  diritto  alla  salute  della  donna  e  contrasto  con  il  divieto
  costituzionale di trattamenti sanitari obbligatori se  non  imposti
  per legge nel rispetto della dignita' umana - Difetto di  rilevanza
  - Manifesta inammissibilita' della questione. 
- Legge 19 febbraio 2004, n. 40, art. 6, comma 3. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 13 e 32. 
Procreazione medicalmente assistita - Limiti  all'applicazione  delle
  tecniche sugli embrioni  -  Divieto  di  riduzione  embrionaria  di
  gravidanze plurime - Denunciata  irragionevolezza  nonche'  lesione
  dei principi del rispetto della dignita' umana  e  di  eguaglianza,
  della liberta' personale e del diritto alla salute  della  donna  -
  Difetto di motivazione sulla rilevanza - Manifesta inammissibilita'
  della questione. 
- Legge 19 febbraio 2004, n. 40, art. 14, comma 4. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 13 e 32. 
(GU n.19 del 13-5-2009 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
                              Sentenza 
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 6, comma  3,
e dell'articolo 14, commi 1, 2, 3 e 4, della legge 19 febbraio  2004,
n. 40 (Norme in  materia  di  procreazione  medicalmente  assistita),
promossi  dal  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio   con
sentenza del 21 gennaio 2008 e dal Tribunale ordinario di Firenze con
ordinanze del  12  luglio  e  del  26  agosto  2008,  rispettivamente
iscritte ai nn.  159,  323  e  382  del  registro  ordinanze  2008  e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  nn.  22,  44  e
50, 1ª serie speciale, dell'anno 2008; 
    Visti gli atti di  costituzione  della  Warm  (World  Association
Reproductive Medicine), della Federazione Nazionale dei Centri e  dei
Movimenti per la vita italiani, del  Comitato  per  la  tutela  della
salute della donna, di C. S. A. ed altro, di C. M. ed altro,  nonche'
gli atti di  intervento  della  Associazione  Luca  Coscioni  per  la
liberta' di ricerca scientifica ed altre  e  dell'Associazione  Cecos
Italia, della S.I.S.Me.R. s.r.l. (Societa' Italiana Studi di Medicina
della Riproduzione s.r.l.),  della  Associazione  Hera  Onlus,  della
Associazione Sos Infertilita' Onlus  e  di  C.  M.  ed  altro,  della
Cittadinanzattiva Toscana Onlus e del Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nell'udienza pubblica del 31 marzo 2009 il giudice relatore
Alfio Finocchiaro; 
    Uditi gli avvocati Gian  Carlo  Muccio  per  la  Warm  e  per  la
S.I.S.Me.R. s.r.l., Isabella Loiodice e Filippo Vari per il  Comitato
per la  tutela  della  salute  della  donna,  Antonio  Baldassarre  e
Giovanni Giacobbe per la  Federazione  Nazionale  dei  Centri  e  dei
Movimenti per la vita italiani, Gian Domenico Caiazza per C. S. A. ed
altro, per l'Associazione Luca Coscioni per la  liberta'  di  ricerca
scientifica ed altre e  per  la  Associazione  Cecos  Italia,  Ileana
Alesso, Massimo Clara, Maria Paola  Costantini,  Marilisa  D'Amico  e
Sebastiano Papandrea per C. M. ed altro  e  per  l'Associazione  Hera
Onlus,  per  la   Associazione   Sos   Infertilita'   Onlus   e   per
Cittadinanzattiva Toscana Onlus e l'avvocato  dello  Stato  Gabriella
Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
                          Ritenuto in fatto 
    1.  -  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,  con
sentenza 21 gennaio 2008, n. 398 (reg. ord. n. 159 del 2008) - con la
quale, su rinvio dal Consiglio di Stato, in  accoglimento  del  sesto
motivo  del  ricorso   proposto   dalla   Warm   (World   Association
Reproductive Medicine), ha  annullato  le  disposizioni  delle  linee
guida,  approvate  con  d.m.  21  luglio  2004  -  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt.  3  e  32  della  Costituzione,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 14, commi 2 e 3, della legge 19
febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di  procreazione  medicalmente
assistita), nella parte in cui prevede, ai  fini  della  applicazione
della  procedura  della  procreazione  medicalmente   assistita,   la
formazione di un numero limitato di embrioni, fino ad un  massimo  di
tre, da impiantare contestualmente, e vieta la  crioconservazione  di
embrioni al di fuori delle limitate ipotesi ivi previste. 
    Il Collegio rimettente ravvisa la rilevanza  della  questione  di
costituzionalita'  nel  giudizio  a  quo  nella  circostanza  che  la
ulteriore censura, ad opera della medesima ricorrente, delle predette
linee guida - per contrasto con l'art. 32, secondo comma, e  con  gli
artt.  2  e  3  Cost.,  nella  parte  in  cui   non   consentono   la
crioconservazione degli embrioni al  fine  dell'impianto  se  non  in
ipotesi del tutto eccezionali e ne  prevedono  la  formazione  in  un
numero  limitato  fino  ad  un  massimo   di   tre,   da   impiantare
contestualmente - pur proposta avverso un atto a  contenuto  generale
di fonte secondaria, tocca, in realta', l'art. 14, commi 2 e 3, della
legge  n.  40  del  2004,  di  cui  le  citate  norme   regolamentari
costituiscono letterale e pedissequa espressione, con la  conseguenza
che  la  contestazione  delle  disposizioni  delle  linee  guida  non
potrebbe  che  passare  attraverso  una  questione  di   legittimita'
costituzionale della norma di legge che ne costituisce il fondamento. 
    Sotto il profilo della non manifesta  infondatezza,  il  Collegio
rimettente - premesso che la finalita' cui e' ispirata l'intera legge
n. 40 del 2004, secondo quanto si desume, in  particolare,  dall'art.
1, e' quella di assicurare i diritti di tutti  i  soggetti  coinvolti
nella procedura di procreazione assistita, compreso il  concepito,  e
che, ai sensi dell'art. 4, comma 2, lettera a), nel fare ricorso alle
relative  tecniche,  e'  necessario  ispirarsi  al  principio   della
gradualita', per evitare interventi aventi un  grado  di  invasivita'
tecnica e psicologica piu'  gravoso  (di  quanto  necessario)  per  i
destinatari  -  ritiene  che,  non  fornendo  la  legge  n.  40   una
definizione  del  termine  «embrione»,  con  esso  si  intenda   fare
riferimento ad un significato il piu' ampio possibile,  vale  a  dire
alla  situazione  che  si  determina  a  partire  dalla  fecondazione
dell'ovulo. 
    Svolte tali considerazioni preliminari,  il  Collegio  rimettente
richiama l'art. 14 della legge n. 40  del  2004,  intitolato  «Limiti
all'applicazione delle tecniche sugli embrioni», ove, al comma 2,  si
stabilisce che le tecniche di produzione degli embrioni  «non  devono
creare  un  numero  di  embrioni  superiore  a  quello   strettamente
necessario  ad  un  unico  e  contemporaneo  impianto,  comunque  non
superiore a tre» e, al comma 3, si afferma che nel caso  in  cui  «il
trasferimento nell'utero degli embrioni  non  risulti  possibile  per
grave e documentata causa di forza maggiore relativa  allo  stato  di
salute della donna non prevedibile al momento della  fecondazione  e'
consentita la crioconservazione degli embrioni stessi fino alla  data
del trasferimento, da realizzare non appena possibile». 
    Rileva il giudice a quo che la preoccupazione  manifestata  dalle
due  disposizioni  citate  sembra  essere  essenzialmente  quella  di
pervenire ad un unico impianto allo  scopo  precipuo  di  evitare  la
crioconservazione che sarebbe, invece, indispensabile nel caso in cui
dovesse essere prodotto un numero  di  embrioni  superiore  a  quello
effettivamente impiantabile, ed in ogni  caso  superiore  a  tre:  la
ragione di  tale  previsione  risiede,  probabilmente  -  avverte  il
rimettente  -  nella   circostanza   che   con   la   tecnica   della
crioconservazione molti embrioni possono andare perduti. 
    Detta disciplina sembra al rimettente contrastare  con  l'art.  3
Cost. per violazione del canone di ragionevolezza, ed ancora  con  il
medesimo art. 3 per quanto attiene alla parita' di trattamento, oltre
che con l'art. 32 Cost. nella misura in cui consente pratiche che non
bilancerebbero adeguatamente la tutela della salute della  donna  con
quella dell'embrione. 
    Ed invero, osserva il giudice a quo, ammettere - come ha fatto la
legge n. 40 del 2004, all'art. 14, comma 2 - la  possibilita'  di  un
impianto di  piu'  embrioni  (fino  ad  un  massimo  di  tre),  nella
consapevolezza che alcuni di  essi  potranno  disperdersi,  significa
accettare  che  per  una  concreta  aspettativa  di   gravidanza   e'
necessario procedere ad un impianto superiore all'unita' e accettare,
altresi', che alcuni di tali embrioni, o  anche  uno  solo,  oltre  a
quello che da' luogo ad una gravidanza, possano andare dispersi. 
    Nelle situazioni appena  descritte,  la  legge  consente  che  la
tutela  dell'embrione  affievolisca  per  lasciare  spazio  al   fine
perseguito, che e' quello di consentire il ricorso ad una tecnica  di
procreazione medicalmente assistita garantita da concrete speranze di
successo. 
    Ora, se finalita' della legge e' quella di individuare un  giusto
bilanciamento tra la tutela dell'embrione e quella  dell'esigenza  di
procreazione, sarebbe  irragionevole  la  previsione  che  impone  la
produzione  di  embrioni  in  numero  tale   da   rendere   possibile
l'effettuazione di  un  unico  impianto  e  comunque  in  numero  non
superiore   a   tre,   cosi'   come   il   sostanziale   divieto   di
crioconservazione, ammessa  nella  sola  ipotesi  di  forza  maggiore
relativa allo stato di salute  della  donna  insorto  successivamente
alla fecondazione. 
    La  legge  n.  40  del  2004  non  avrebbe  dovuto  escludere  la
possibilita' di consentire l'accertamento delle molte  variabili  che
accompagnano  la  vicenda  della  procreazione  assistita,  quali  ad
esempio la salute e l'eta' della donna interessata e la  possibilita'
che ella produca embrioni non forti, intendendo con cio'  non  quelli
che sono capaci di produrre una «razza migliore» - idea espressamente
e giustamente vietata dalla legge n. 40 del 2004 -  ma  semplicemente
quelli che si possono rivelare piu' idonei a realizzare il  risultato
della gravidanza e della procreazione. 
    Ne' rileverebbe, in contrario, la previsione  della  variabilita'
da uno a tre degli embrioni impiantabili, sulla scorta  del  comma  2
dell'art. 14 della legge n. 40 del 2004, in quanto  detta  previsione
tenderebbe ad assicurare concrete  possibilita'  di  gravidanza  alle
persone  di  medie  condizioni  fisiche,  mentre  non  fornirebbe  la
medesima possibilita' nei confronti delle  donne  non  giovani  o  di
quelle che non riescono a produrre contestualmente  tre  embrioni  di
buona qualita' nei sensi prima precisati. E in cio'  si  rivelerebbe,
inoltre, la disparita' di trattamento  dovuta  alla  circostanza  che
situazioni  diverse  sarebbero  sottoposte  allo  stesso  trattamento
predeterminato per legge. 
    La predeterminazione del  numero  degli  embrioni  producibili  e
successivamente   impiantabili,   imposta   dalla   norma   in   modo
aprioristico e a prescindere da ogni concreta valutazione del  medico
curante sulla persona  che  intende  sottoporsi  al  procedimento  di
procreazione medicalmente assistita, non sarebbe in  linea  con  quel
bilanciamento di interessi che la legge n. 40  del  2004  sembrerebbe
voler perseguire. 
    Il Collegio rimettente lamenta, altresi', il  vulnus  al  diritto
alla salute, sancito dall'art. 32  della  Costituzione.  Infatti,  la
limitazione del numero degli embrioni producibili  e  contestualmente
impiantabili e il divieto della crioconservazione degli stessi  -  se
non nella circoscritta ipotesi prima descritta - comporterebbero  che
nell'ipotesi, tutt'altro che improbabile, di un tentativo non  andato
a buon fine, sia necessario assoggettare la donna  ad  un  successivo
trattamento ovarico, ossia ad una pratica medica che comporta in  se'
il rischio della sindrome da iperstimolazione  ovarica  e  che  trova
nella  legge,  e  non  in  esigenze  di  carattere  medico,  il   suo
fondamento. Pratica che, a  prescindere  da  ogni  valutazione  delle
conseguenze sul piano fisico e psicologico  della  paziente  ad  essa
sottoposta, sarebbe in contrasto con gli stessi  principi  ispiratori
della legge in esame, ed in  particolare  con  quello  della  «minore
invasivita», espressamente enunciato nell'art. 4,  comma  2,  lettera
a). 
    1.1. - Nel giudizio innanzi alla Corte si e' costituita la  Warm,
parte del giudizio a quo, che ha  concluso  per  la  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale sollecitata  dal  Collegio  rimettente,
sviluppando  argomentazioni  adesive  a  quelle   di   cui   all'atto
introduttivo del giudizio di costituzionalita'. 
    In particolare, con riferimento al ritenuto contrasto delle norme
impugnate con l'art. 32 Cost., si rileva  nell'atto  di  costituzione
che il limite, imposto dalla legge n. 40 del  2004,  di  tre  ovociti
inseminabili si pone in contrasto con la tutela  della  salute  della
donna, riducendo irragionevolmente le possibilita'  di  successo  del
trattamento di  procreazione  medicalmente  assistita,  impedendo  al
biologo di selezionare,  tra  quelli  formatisi,  gli  embrioni  piu'
idonei a svilupparsi in un feto e di crioconservare quelli in eccesso
per un futuro trasferimento, e costringendo la donna a  sottoporsi  a
nuovi interventi di stimolazione ovarica  e  di  prelievo  chirurgico
degli  ovociti.  D'altra  parte,  si  evidenzia  nella   memoria   di
costituzione il rischio  opposto,  quello,  cioe',  di  successo  del
processo di fecondazione, con possibile insorgenza di una  gravidanza
plurigemellare, che, a sua volta, comporta rischi per la salute della
donna e del concepito. 
    Per altro verso, la Warm sottolinea che la normativa in questione
elimina la discrezionalita' della valutazione del medico -  unico  ad
essere in grado di individuare il miglior bilanciamento tra rischi  e
benefici per la donna e per l'embrione, nel momento in cui  si  trovi
ad applicare il trattamento sanitario di fecondazione assistita -  in
violazione  dell'art.  3  Cost.,  per  la  discriminazione   che   si
opererebbe tra le donne in buona salute, per le quali maggiore e'  la
facilita' di attecchimento degli embrioni, e quelle che non  lo  sono
per eta' o condizioni fisiche. 
    Infine, la Warm ravvisa nelle disposizioni censurate un vizio  di
irragionevolezza  interna,  sotto   il   profilo   della   incoerenza
teleologica, per essere i mezzi predisposti incongrui  rispetto  alla
ratio legis, per il fatto che dette disposizioni, nel  consentire  la
formazione, ed il contestuale  unico  impianto,  per  il  divieto  di
crioconservazione, del numero massimo di tre embrioni, ammettono,  ed
anzi auspicano, che solo uno di  essi  attecchisca,  con  conseguente
dispersione degli altri,  derogando,  in  tal  modo,  all'obbligo  di
tutela dei diritti di tutti i soggetti coinvolti nella procedura. 
    La irragionevolezza emergerebbe, altresi', nella comparazione con
la disciplina della interruzione volontaria della gravidanza, poiche'
la   tutela   dell'embrione,   cui   si   ispira   il   divieto    di
crioconservazione e di soppressione di cui all'art. 14 della legge n.
40 del 2004, scomparirebbe  una  volta  effettuata  con  successo  la
inseminazione,  essendo   consentito   l'aborto,   almeno   fino   al
novantesimo giorno di gravidanza. 
    Infine, sarebbe irrazionale la previsione del numero  massimo  di
tre  embrioni  impiantabili,  in  quanto  privo  di  alcun   supporto
medico-scientifico. 
    L'associazione costituita richiede, altresi', la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale del comma 1 dell'art. 14 della legge n.
40  del  2004,  che  prescrive   il   divieto   di   soppressione   e
crioconservazione degli embrioni, la cui sopravvivenza,  in  presenza
dell'accoglimento della questione di legittimita' costituzionale  dei
commi 2 e 3 dello stesso articolo, determinerebbe una estensione  dei
divieti, senza ammettere alcuna possibilita' di deroga. 
    1.2.  -  Nel  giudizio  innanzi  alla  Corte  si  sono   altresi'
costituite la Federazione Nazionale dei Centri e dei Movimenti per la
vita italiani ed il Comitato per la tutela della salute della donna -
intervenuti ad  opponendum  nel  giudizio  principale  -  concludendo
entrambi per la inammissibilita' o la infondatezza della questione. 
    La prima ha eccepito la inammissibilita' della  questione,  sotto
il  profilo  del  difetto  di  rilevanza,  per  non  essersi  il  TAR
rimettente pronunciato sulla carenza di interesse diretto della  Warm
nel  giudizio,  avendo  erroneamente  ritenuto  che  sulla   relativa
questione si fosse formato il giudicato, come stabilito dal Consiglio
di Stato in sede di appello. Il Collegio rimettente avrebbe, inoltre,
preso in considerazione alcuni motivi del ricorso della Warm respinti
nella precedente sentenza e non riproposti. 
    Nel merito, la Federazione costituita ha rilevato che  il  limite
massimo di tre embrioni e' stabilito dalla legge n. 40  del  2004  ai
fini della tutela della salute della donna e degli  stessi  embrioni,
avuto riguardo alle difficolta' connesse alle gravidanze multiple. In
sostanza, la legge n. 40 attuerebbe un ragionevole bilanciamento  tra
l'interesse della coppia alla genitorialita' e il diritto  alla  vita
del  concepito,  espressamente  affermato  dall'art.  1  della  legge
stessa. Del resto, anche la tutela della salute della  donna  sarebbe
meglio garantita  da  una  stimolazione  «soffice»  che  non  da  una
stimolazione forte, effettuata allo scopo di avere a disposizione  un
numero abbondante di ovociti. Infine, anche la  discrezionalita'  del
medico dovrebbe rispettare le  regole  derivanti  dalla  esigenza  di
tutela dei diritti umani fondamentali. 
    Il Comitato per la tutela della salute  della  donna  ha,  a  sua
volta,  eccepito  la  inammissibilita'  della  questione  in   quanto
sollevata con sentenza anziche' con ordinanza,  in  violazione  delle
norme sul processo costituzionale. Il  TAR  rimettente  -  si  rileva
nella memoria - da un lato ha sollevato la questione di  legittimita'
costituzionale, dall'altro ha  definito  in  parte  il  giudizio  con
decisione impugnabile innanzi al Consiglio di Stato. 
    Altro profilo di inammissibilita' della questione viene adombrato
nel mutamento del quadro normativo per effetto dell'intervento  delle
nuove linee guida in materia di procreazione medicalmente  assistita,
di cui al d.m. 11 aprile 2008, che avrebbe determinato la  estinzione
del giudizio amministrativo e, con  esso,  travolto  il  giudizio  di
costituzionalita'. 
    Nel merito, il predetto Comitato ha insistito per la infondatezza
della questione, rilevando che l'affievolimento del diritto alla vita
dell'embrione  non  sarebbe  materia   disponibile   da   parte   del
legislatore ordinario, avuto riguardo al fondamento costituzionale di
tale diritto, e che, inoltre, la limitazione a tre del numero massimo
di  embrioni  impiantabili  corrisponderebbe  al  numero  massimo  di
embrioni suscettibili, secondo la scienza medica, di dar  luogo  alla
gravidanza. 
    1.3. - Nel giudizio e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che ha concluso, a sua volta, per  la  inammissibilita'  della
questione, in quanto sollevata con sentenza, e, nel  merito,  per  la
sua infondatezza. Al riguardo, osserva  l'Autorita'  intervenuta  che
essa  si  risolve  in  una  critica  alle  scelte  discrezionali  del
legislatore, che ha, invece, a suo avviso, effettuato una ragionevole
comparazione  tra  l'interesse  della  donna  al  buon  esito   della
procedura  di  procreazione  medicalmente  assistita  e   la   tutela
dell'embrione. 
    1.4. - Sono altresi' intervenute l'Associazione Luca Coscioni per
la liberta' di ricerca scientifica, l'Associazione Cecos Italia e  la
S.I.S. Me.R. s.r.l.,  che  hanno  concluso  per  la  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale delle norme censurate dal  T.A.R.,  con
argomentazioni adesive ai contenuti del provvedimento  di  rimessione
della questione. 
    1.5. - Hanno, quindi, depositato  memorie  le  parti  costituite,
Warm e Federazione Nazionale dei Centri e dei Movimenti per  la  Vita
italiani (che ha anche dubitato della sussistenza del requisito della
incidentalita' della questione  sollevata)  ed  il  Comitato  per  la
tutela  della  salute  della  donna,  insistendo   nelle   rispettive
conclusioni. Quest'ultimo, in particolare,  ha  fatto  presente  che,
nonostante la rimessione degli atti alla Corte, il giudizio a quo  e'
proseguito, essendosi svolta una camera di consiglio a seguito  della
istanza di correzione di errore materiale proposta  dalla  Warm,  nel
senso di estendere la censura anche al comma  1  dell'art.  14  della
legge n. 40 del 2004, ed  essendo  stata  emessa  una  pronuncia,  la
sentenza n. 7956 del 2008, con la quale il TAR Lazio ha  fornito  una
interpretazione autentica della precedente  decisione  con  la  quale
aveva sollevato la questione di legittimita' costituzionale in esame.
In  subordine,  il  predetto  Comitato  ha  chiesto  alla  Corte   di
restituire gli atti al giudice a quo  perche'  valuti  nuovamente  la
rilevanza della questione alla  luce  del  sopravvenuto  decreto  del
Ministro della salute dell'11 aprile 2008, che ha adottato  le  nuove
linee guida in materia di procreazione assistita; e  di  valutare  la
sopravvenuta irrilevanza della questione per effetto dell'abrogazione
delle precedenti linee guida. 
    Hanno depositato memoria, altresi', l'Avvocatura  generale  dello
Stato, che ha insistito  per  la  inammissibilita'  e  l'infondatezza
della questione, l'Associazione Cecos Italia  e  l'Associazione  Luca
Coscioni, oltre alle Associazioni Amica Cicogna Onlus, Madre Provetta
Onlus,  Cerco  un  bimbo,  L'altra  Cicogna  Onlus  e  l'Associazione
www.unbambino.it, che hanno, invece, concluso per la declaratoria  di
illegittimita' costituzionale. 
    1.6. - Nell'imminenza della odierna udienza pubblica,  la  difesa
della Warm ha depositato memoria, nella quale  vengono  analizzati  i
dati  del  Registro  europeo  relativi  ai   trattamenti   effettuati
nell'anno 2005, recentemente pubblicati a cura della Societa' Europea
di Procreazione Medicalmente Assistita (ESHRE),  che  evidenziano  il
pregiudizio alla salute della  donna,  ed  anche  dell'embrione,  che
comporta l'applicazione della legge n. 40 del 2004,  con  particolare
riferimento al  divieto  di  formare  piu'  di  tre  embrioni  ed  al
contestuale obbligo  di  trasferirli  tutti,  senza  possibilita'  di
crioconservarli. 
    Ha depositato memoria la Federazione Nazionale dei Centri  e  dei
Movimenti per la vita italiani, che ha ribadito le  conclusioni  gia'
rassegnate,  ponendo  in  particolare  evidenza  la  mancata  censura
dell'art. 1 della legge n. 40, che, nel definire  il  concepito  come
soggetto  titolare  di  diritti,  costituisce  la  base   dell'intero
impianto    legislativo,    e    sottolineando    che    l'obiettivo,
costituzionalmente obbligato, di evitare nel massimo grado  possibile
la distruzione di embrioni  umani  senza  impedire  la  procedura  di
procreazione medicalmente assistita, e'  perseguito  dal  legislatore
con scelte politiche ragionevoli. 
    Nella memoria si pone altresi' in  rilievo  che  la  stimolazione
«dolce», sufficiente per produrre un numero limitato di ovociti, tale
da consentire la formazione di un numero  massimo  di  tre  embrioni,
metterebbe al riparo dai rischi della iperstimolazione per la  salute
della donna. 
    Quanto all'argomento delle differenze di disciplina tra la  legge
22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della  maternita'
e sull'interruzione volontaria della gravidanza), e la  legge  n.  40
del  2004,  rileva  la  Federazione  intervenuta  la  erroneita'  del
paragone tra la situazione della donna la cui salute sia in  pericolo
a causa di una gravidanza non desiderata e quella  della  coppia  che
abbia  richiesto  l'applicazione  della  procedura  di   procreazione
medicalmente assistita, tenuto anche conto della esigenza di evitare,
nel primo caso, il ricorso all'aborto clandestino. 
    In definitiva, si osserva nella memoria, posto che l'inizio della
vita si verifica con la formazione dell'embrione, la procreazione  in
vitro e' fortemente desiderata  e  la  decisione  di  effettuarla  e'
frutto  di  una  determinazione  la  cui  maturita'  e  fermezza   e'
controllata anche dalle strutture sanitarie attraverso  il  colloquio
preliminare previsto dall'art. 6 della legge in esame.  La  decisione
della  coppia  che  chiede  di  essere  ammessa   alla   procreazione
medicalmente  assistita  e'  anche  una  forma   di   assunzione   di
responsabilita' verso il nuovo essere umano. 
    Anche il Comitato per la  tutela  della  salute  della  donna  ha
depositato  una  memoria,  nella  quale  ribadisce   i   rilievi   di
inammissibilita'  gia'  svolti,  e,  nel  merito,  insiste   per   la
infondatezza  della  questione   sollevata   dal   TAR   del   Lazio,
evidenziando  il  bilanciamento  dei  diritti  di  tutti  i  soggetti
coinvolti  nella  PMA  perseguito  dalla  legge  n.  40  del  2004  e
sottolineando i dati contenuti  nell'ultima  Relazione  del  Ministro
della salute al Parlamento sullo stato di attuazione della legge,  in
cui si osserva che, dopo l'entrata in vigore della legge stessa,  che
limita il numero di embrioni che puo' essere creato per ogni ciclo di
procreazione  artificiale,  si  e'   verificato   un   crollo   delle
complicanze da iperstimolazione ovarica. 
    Si rileva, nella memoria, che sono la stessa scienza e tecnica  a
richiedere ormai una limitazione -  spesso  anche  inferiore  ai  tre
embrioni - al fine di  garantire  il  buon  esito  dell'impianto.  Al
riguardo,  si  richiamano  le  linee  guida  elaborate  dalla   Human
Fertilisation  and  Embriology  Authority  (HFEA),  che   sovrintende
all'applicazione  delle   tecniche   di   riproduzione   medicalmente
assistita nel Regno Unito, secondo le quali e' opportuno procedere al
trasferimento di non piu' di due embrioni nella generalita' dei  casi
e  di  tre  embrioni,  al   massimo,   solo   nel   caso   di   donne
ultraquarantenni. 
    Sulla questione della irrevocabilita' del  consenso  all'impianto
di embrioni,  premesso  che  l'impianto  e'  incoercibile  e  che  la
violazione dell'obbligo non comporta sanzioni a carico  della  donna,
si rileva nella memoria che  l'unica  ragione  che  puo'  indurre  la
donna, dopo  aver  deciso  di  sottoporsi  alla  tecnica  di  PMA,  a
modificare il proprio intendimento e' la volonta' di  ricorrere  alla
procreazione  assistita  per  selezionare  gli   embrioni   migliori,
scartando  gli  altri.  In  sostanza,  con  la  sottoposizione  della
questione alla Corte costituzionale, si chiederebbe  la  introduzione
di una soluzione eugenetica, la quale,  tra  l'altro,  determinerebbe
una completa deregulation nel settore della procreazione artificiale. 
    2. - Il Tribunale ordinario di Firenze, con ordinanza  emessa  il
12 luglio 2008 (r.o. n. 323 del  2008),  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 14, commi 1 e 2, della legge n.
40 del 2004, per contrasto con gli artt. 3  e  32,  primo  e  secondo
comma,  Cost.,  nella  parte  in  cui   impongono   il   divieto   di
crioconservazione degli  embrioni  soprannumerari,  la  necessarieta'
della  creazione  di  un  numero  massimo  di  tre  embrioni  nonche'
dell'unico e contemporaneo impianto  degli  stessi;  e  dell'art.  6,
comma 3, ultima parte, della stessa legge per  contrasto  con  l'art.
32, secondo comma, Cost.,  laddove  prevede  la  irrevocabilita'  del
consenso da parte della donna all'impianto in  utero  degli  embrioni
creati. 
    Si  premette  nell'ordinanza  che  C.S.A.  e  P.G.,  dopo   avere
ottenuto, in via d'urgenza, l'autorizzazione dallo stesso Tribunale a
procedere alla diagnosi genetica  preimpianto  con  crioconservazione
dei  residui  embrioni  risultati  affetti  dalla   patologia   della
esostosi, da cui la donna era affetta,  avevano  acquisito  relazioni
mediche dalle quali si evidenziava che la previsione delle  modalita'
predeterminate di esecuzione della PMA di cui all'art. 14,  comma  2,
della legge n. 40 del 2004 erano irragionevoli  ed  inique  nel  caso
concreto,  in  relazione  alla  salute  della   ricorrente   e   alla
possibilita' di creazione di embrioni malati  pari  a  cinquanta  per
cento sicche', nella specie,  il  numero  di  embrioni  necessari  ad
assicurare una adeguata percentuale di successo era pari a sei. 
    A seguito del rifiuto delle responsabili del Centro cui la coppia
si era rivolta, motivato dal contrasto della richiesta con l'art.  14
della citata legge, i due si erano rivolti al giudice della  cautela,
chiedendo, tra l'altro, che questi autorizzasse il Centro a  produrre
un numero di embrioni adeguato a scontare  il  «rischio  genetico»  e
«diagnostico»  del  caso  concreto,  non  inferiore  a  sei   unita',
eccependo anche la illegittimita' costituzionale dell'art. 14,  commi
1 e 2, della legge n. 40 del 2004. 
    Il Tribunale adito, premessa l'ammissibilita' della  proposizione
della questione di legittimita' costituzionale in sede cautelare,  ha
rilevato che l'assetto voluto dalla legge, con  riguardo  all'obbligo
della creazione di un numero massimo di tre embrioni  da  impiantarsi
con  unico  contemporaneo  impianto  ed  il  conseguente  divieto  di
crioconservazione degli embrioni (c.d. embrioni sovrannumerari), crea
grave nocumento alla salute della donna e, nello  stesso  tempo,  non
garantisce  il  fine  che  la  legge   medesima   si   propone   come
programmatico  («favorire  la  soluzione  dei  problemi  riproduttivi
derivanti dalla sterilita' o dalla infertilita'  umana...»:  art.  1,
legge n. 40 del  2004),  fornendo  soluzioni  contraddittorie  e  non
ottimali. Infatti - osserva il giudice a quo - la  legge  impone,  in
caso di insuccesso, la necessita' di procedere a plurime stimolazioni
ovariche, in quanto prevede  la  esaustivita'  di  ciascun  ciclo  di
produzione ed impianto, non consentendo  la  crioconservazione  degli
embrioni per successivi impianti, e comportando seri problemi per  la
salute della donna che si  deve  sottoporre  a  trattamenti  ormonali
plurimi, con conseguenze mediche accertate. 
    Di qui la lesione dell'art. 32,  primo  comma,  Cost.,  sotto  il
profilo del diritto della salute della donna, pur  nel  bilanciamento
con quella dell'embrione richiesto dall'art. 1 della legge n. 40  del
2004, atteso che, al di la' della definizione giuridica del  concetto
di concepito, deve  ritenersi,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  la
prevalenza del diritto alla salute  dell'essere  persona  rispetto  a
cio' che ancora persona non e'. 
    Si  ritiene  altresi'  leso  il  principio   di   ragionevolezza,
estrinsecazione del  principio  di  uguaglianza  sostanziale  di  cui
all'art. 3 Cost., in quanto  si  trattano  in  unico  modo  posizioni
soggettive del tutto dissimili e che necessiterebbero di un approccio
di cura diverso. Ridurre la  fecondazione  assistita  ad  un  modello
unico, valido per tutte le situazioni concrete che si presentano alla
attenzione  dei  medici,  equivarrebbe  ad  obliterare  completamente
quelle che sono le acquisizioni scientifiche, le quali indicano  come
i plurimi fattori che afferiscono alla  coppia  genitoriale  incidono
sulla scelta del trattamento  da  attuare,  che  quindi  deve  essere
lasciato (come, d'altra parte,  tutti  i  trattamenti  medici,  salvo
sempre il consenso informato) alla discrezionalita' del  medico,  che
e' il depositario del sapere tecnico del caso concreto. 
    La tecnica prescelta - rileva il rimettente  -  e'  irragionevole
per la imposizione di una sola possibilita' di impianto con un numero
massimo di tre embrioni, in assenza  di  ogni  valutazione  dei  vari
fattori che accedono al singolo caso concreto e che  ne  condizionano
l'esito (eta', malattie, tipo  di  sterilita'  etc.)  e  comporta  un
pericolo ulteriore per la salute della donna e del  feto  conseguente
all'aumento dei parti bi o plurigemellari. 
    Il rimettente  deduce,  altresi',  la  violazione  dell'art.  32,
secondo comma, Cost., che vieta i trattamenti sanitari obbligatori se
non imposti per legge  nel  rispetto  della  dignita'  della  persona
umana. La predeterminazione di un  protocollo  sanitario  unico,  non
configurato  sulle  necessita'  di  cura  della  singola  persona   e
sull'adesione allo  stesso,  comporterebbe  la  sottoposizione  della
persona a trattamento sanitario non voluto e non  volto  alla  tutela
della salute sua propria o  della  collettivita'.  L'unica  eccezione
alla obbligatorieta' dell'impianto che la legge n.  40  contempla  e'
posta  dall'art.  14,  comma  2,  cit.,  laddove   si   sospende   il
trasferimento  nell'utero  in  caso  di  malattia  della  madre,  non
prevedibile al  tempo  della  fecondazione  e  per  il  solo  periodo
necessario al superamento di tale stato di  malattia.  Cio'  comporta
anche, secondo il giudice a  quo,  un  vulnus  all'art.  32,  secondo
comma, Cost., ad opera della norma dettata dall'art. 6 della legge n.
40 del 2004, nella parte  in  cui  sancisce  la  irrevocabilita'  del
consenso ad accedere alle  tecniche  di  fecondazione  assistita  dal
momento della fecondazione dell'ovulo, con riferimento alla posizione
della donna cui deve essere praticato l'impianto. 
    2.1. - Nel giudizio innanzi alla Corte si sono costituiti  C.S.A.
e P.G., parti private nel  giudizio  cautelare,  concludendo  per  la
declaratoria di illegittimita' costituzionale delle norme censurate. 
    2.2. - Ha spiegato intervento il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che ha dedotto la inammissibilita' della questione  in  quanto
sollevata nel corso di un procedimento cautelare, e, nel  merito,  ha
concluso per la infondatezza, trattandosi di materia  riservata  alla
discrezionalita' legislativa. 
    2.3. - E'altresi'  intervenuta  l'Associazione  Sos  Infertilita'
Onlus, assumendo di avere diritto di far valere  le  proprie  ragioni
dinanzi  alla  Corte  in  quanto   la   eventuale   declaratoria   di
illegittimita'   costituzionale   si    rifletterebbe    direttamente
sull'attivita' stessa dell'associazione che, come da statuto, ha  per
scopo quello della cura e dell'assistenza alle  coppie  infertili,  e
sostenendo  la  illegittimita'  costituzionale   delle   disposizioni
censurate, per violazione degli artt. 3, 31 e 32 Cost. 
    2.4. - Analoghe  considerazioni  sono  svolte  da  M.C.  e  G.R.,
intervenuti sulla base del convincimento  di  avere  diritto  di  far
valere le proprie  ragioni  nel  giudizio,  in  quanto  la  eventuale
declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale   si   rifletterebbe
direttamente sulla  loro  condizione  e  sul  processo  dagli  stessi
instaurato  innanzi  al   Tribunale   ordinario   di   Firenze,   con
provvedimento di urgenza  in  ordine  al  quale  e'  stata  sollevata
questione di legittimita' costituzionale  (ord.  n.  382  del  2008);
nonche' dall'Associazione Hera Onlus,  avente,  fra  i  propri  scopi
statutari, il sostegno e la tutela delle coppie infertili. 
    2.5. - Infine, sono intervenute,  fuori  termine,  l'Associazione
Luca Coscioni per la liberta'  di  ricerca  scientifica,  oltre  alle
Associazioni Amica Cicogna Onlus,  Madre  Provetta  Onlus,  Cerco  un
bimbo, L'altra Cicogna Onlus e l'Associazione  www.unbambino.it,  che
hanno concluso per la declaratoria di illegittimita' costituzionale. 
    2.6. - Nella imminenza della udienza, ha  depositato  memoria  la
difesa di C.S.A. e P.G., insistendo nelle conclusioni rassegnate.  Si
sottolinea, in particolare, nella  memoria,  per  un  verso,  che  il
bilanciamento tra interesse alla tutela della salute  della  donna  e
quello alla tutela dell'embrione viene operato, nella legge n. 40 del
2004, in  termini  di  contraddittorieta'  rispetto  all'assetto  dei
valori della  Costituzione  come  interpretati  dalla  giurisprudenza
costituzionale sin dalla sentenza n. 27 del 1975;  per  l'altro,  che
tra gli obiettivi perseguiti dalla legge  in  esame  e  le  soluzioni
predisposte allo scopo esiste una contraddittorieta' che  rischia  di
compromettere  il  risultato  finale  della  soluzione  dei  problemi
riproduttivi derivanti dalla sterilita' o infertilita'.  Infatti,  la
opzione in favore di un modello terapeutico  unico  ed  inderogabile,
normativamente definito in modo tassativo, e  non  configurato  sulle
necessita' di cura della singola persona, determina - si rileva nella
memoria  -  una  totale  insensibilita'  alle  esigenze  poste  dalla
situazione concreta, con conseguente  inidoneita'  al  raggiungimento
dei fini che la legge stessa  si  propone,  ivi  compresa  la  tutela
dell'embrione.  L'operatore  sanitario,  costretto  ad  adottare   un
protocollo  uniforme  a  prescindere  dalle   caratteristiche   della
fattispecie concreta, viene esautorato di qualsiasi autonomia tecnica
per la predisposizione  della  soluzione  terapeutica  adeguata  alla
situazione patologica cui e' chiamato a dare risposta,  in  contrasto
anche con principi e norme cogenti per il professionista nonche'  con
le buone pratiche mediche, e, quindi, con il  codice  di  deontologia
medica. 
    Nella memoria si sottolinea, poi, che, sulla idoneita' di  scelte
generali  e   di   principio,   tassativamente   predeterminate   dal
legislatore,  a  regolare  vicende  attinenti  a  status  e   diritti
fondamentali  inerenti  alla  sfera  personale   dell'individuo,   la
giurisprudenza  costituzionale  si  e'   ripetutamente   pronunciata,
evidenziando la irragionevolezza di soluzioni che  prescindano  dalla
considerazione delle specificita' del caso concreto. Al riguardo,  si
richiama la giurisprudenza in tema di  adozione,  con  riguardo  alla
deroga al limite di eta' tra adottante e adottato. 
    Ulteriore elemento di irragionevolezza della normativa  censurata
si ritiene possibile individuare nel mutato contesto  normativo  (per
effetto di alcune decisioni di merito e dell'approvazione delle nuove
linee guida emanate in tema di procreazione  assistita  dal  ministro
della salute con d.m. 11 aprile 2008), circa  l'ammissibilita'  della
diagnosi preimpianto. Tale riconoscimento non avrebbe alcuna utilita'
pratica se la coppia fosse comunque vincolata all'obbligo di un unico
e contemporaneo impianto di non piu' di tre embrioni e al divieto  di
crioconservazione. 
    Infine, nella memoria si individuano le ragioni della  necessita'
di sottoporre a vaglio  di  legittimita'  costituzionale  -  come  il
rimettente ha fatto - anche l'art. 6, comma 3, della legge n. 40  del
2004,  nella  parte  relativa  alla  irrevocabilita'   del   consenso
all'impianto una volta avvenuta  la  fecondazione,  per  esigenze  di
coerenza sistematica rispetto ad un assetto normativo  che,  con  una
censura limitata al solo art. 14, commi 1  e  2,  potrebbe  risultare
comunque viziato da una disarmonia interna. Al riguardo,  si  rileva,
in particolare, che, se pure la disposizione di cui si tratta pone un
comando privo di specifica sanzione per l'ipotesi  di  violazione  da
parte della  paziente,  tuttavia,  nell'ambiguita'  della  legge,  si
finisce per rimettere all'interprete  la  eventuale  scelta  rispetto
alla decisione di adottare misure  coattive  per  far  rispettare  il
comando violato. 
    2.7. - Sono  state,  infine,  depositate  memorie  nell'interesse
delle  Associazioni  Luca  Coscioni  per  la  liberta'   di   ricerca
scientifica, Amica Cicogna Onlus,  Madre  Provetta  Onlus,  Cerco  un
bimbo, L'altra Cicogna Onlus e Associazione www.unbambino.it. 
    3.  -  Il  Tribunale  ordinario  di  Firenze  ha  sollevato,  con
ordinanza del 26 agosto 2008 (r.o. n. 382  del  2008),  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 2, della legge n.  40
del 2004, limitatamente alle parole  «ad  un  unico  e  contemporaneo
impianto, comunque non superiore a tre», per contrasto con gli  artt.
2, 3  e  32  Cost.;  dell'art.  14,  comma  3,  della  stessa  legge,
limitatamente alle parole «Qualora il trasferimento nell'utero  degli
embrioni  non  risulti  possibile»,   «di   forza   maggiore»,   «non
prevedibile al momento  della  fecondazione»,  «fino  alla  data  del
trasferimento, da realizzare non appena possibile», per contrasto con
gli artt. 2, 3, 13 e 32 Cost.; dell'art. 6, comma 3, della  legge  n.
40 del 2004, nella parte in cui non contiene, in fine, le parole  «e,
dalla donna, anche successivamente», per contrasto con gli  artt.  2,
3, 13 e 32 Cost.; dell'art. 14, comma 4, per contrasto con gli  artt.
2, 3, 13 e 32 Cost. 
    La questione e' stata sollevata nel procedimento  su  ricorso  ai
sensi dell'art. 700 cod. proc.  civ.  di  due  coniugi  infertili  ed
affetti da malattie genetiche i quali, dopo aver fatto, ripetutamente
ed inutilmente, ricorso  alle  tecniche  di  fecondazione  assistita,
avevano richiesto in via di urgenza che venisse  emesso  l'ordine  di
eseguire a loro favore la c.d. fecondazione in vitro, previa diagnosi
pre-impianto, e che si  provvedesse  a  trasferire  nell'utero  della
signora C. gli embrioni creati in base alle direttive impartite dalla
medesima paziente ed applicando le procedure  dettate  dalla  scienza
medica  per  assicurare  il  miglior  successo   della   tecnica   in
considerazione dell'eta' e dello  stato  di  salute  della  paziente,
tenuto  anche  conto  del  rischio   di   gravidanze   plurigemellari
pericolose, provvedendo  altresi'  a  crioconservare  per  un  futuro
impianto gli embrioni risultati idonei  e  che  non  fosse  possibile
trasferire immediatamente. 
    Il  rimettente,   negata   la   possibilita'   di   una   lettura
costituzionalmente orientata delle norme di cui  si  tratta,  per  il
carattere inequivocabile del dato normativo, ha motivato la rilevanza
della questione nel giudizio a quo alla stregua della  considerazione
che le disposizioni della legge n. 40 del 2004  costituiscono  chiaro
ostacolo all'accoglimento delle richieste formulate  dai  ricorrenti.
In proposito, rilevato che tali richieste hanno come  presupposto  la
legittimita' della c.d. diagnosi preimpianto - secondo il  giudice  a
quo da  considerare  perfettamente  consentita,  con  efficacia  erga
omnes, dopo la pronuncia del TAR del Lazio 21 gennaio 2008, n. 398  e
dopo la emanazione delle nuove  Linee  guida  di  applicazione  della
legge n. 40 del 2004 - osserva il giudice a quo che questa Corte, con
ordinanza   n.   369   del   2006,   ha   dichiarato   la   manifesta
inammissibilita'  della  questione  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 13 della legge n. 40 del 2004, nella parte  in  cui  faceva
divieto di sottoporre l'embrione, prima dell'impianto, a diagnosi per
l'accertamento  di  eventuali  patologie,   sul   presupposto   della
necessita' di verificare la costituzionalita' anche di altri articoli
della   stessa   legge   (segnatamente   della    disciplina    della
«revocabilita' del consenso solo fino alla fecondazione  dell'ovulo»,
del «divieto di creazione di embrioni in numero  superiore  a  quello
necessario per un unico impianto, obbligatorio quindi per  tutti  gli
embrioni», del «divieto di crioconservazione  e  di  soppressione  di
embrioni»), non impugnati. Ne deduce il giudice  a  quo  l'inutilita'
dell'affermazione del diritto dei ricorrenti a procedere  a  diagnosi
preimpianto  laddove  non  svincolati   dall'obbligo   di   unico   e
contemporaneo impianto di non piu' di tre embrioni,  dal  divieto  di
crioconservazione degli stessi al di fuori della  rigida  ipotesi  di
cui all'art. 14, comma 3, della  legge,  e  dall'irrevocabilita'  del
consenso  al  trattamento  di  PMA  allorquando   sia   avvenuta   la
fecondazione dell'ovulo. Vi  e',  secondo  il  rimettente,  rilevanza
delle dedotte questioni anche in ordine al periculum in  mora,  posto
che i tempi di un giudizio ordinario (sicuramente piu' lunghi  di  un
procedimento cautelare ante causam) costituiscono fattore di per  se'
idoneo a pregiudicare l'esigenza di tutela. 
    In punto di non manifesta infondatezza, il giudice a quo  ritiene
che la normativa di cui al comma 2 dell'art. 14,  laddove  impone  la
creazione di non piu' di tre embrioni ai fini  di  un  loro  unico  e
contemporaneo   impianto,   sia   in   contrasto   con   i   precetti
costituzionali di cui agli artt. 2, 3 e 32 Cost., in quanto determina
la reiterata sottoposizione della donna a trattamenti che, in  quanto
invasivi e a basso tasso di efficacia, sarebbero lesivi del principio
di rispetto della  dignita'  umana,  in  spregio  a  quanto  previsto
dall'art. 2 Cost. La  disposizione  in  esame  verrebbe,  inoltre,  a
creare disparita' di trattamento fra situazioni che eguali  fra  loro
non sono e richiedono trattamenti differenziati,  in  violazione  del
principio di eguaglianza sostanziale di cui all'art. 3 Cost., oltre a
violare il diritto fondamentale alla salute proclamato  dall'art.  32
della   Cost.,   determinando   il   forte   rischio   di   reiterata
sottoposizione  della  donna  a  trattamenti   ad   alto   tasso   di
pericolosita' per la sua salute fisica e psichica. 
    Il giudice a quo si chiede quale debba essere, una volta  ammessa
la   c.d.   diagnosi   preimpianto,   la   sorte   del   divieto   di
crioconservazione e soppressione degli embrioni, la  cui  ragione  di
esistenza era sicuramente  piu'  che  coerente  con  il  preesistente
divieto, che imponeva  la  sequenza  creazione-trasferimento-impianto
dell'embrione, in una  situazione  di  irrevocabilita'  del  consenso
dalla donna fornito alla PMA, a tutto vantaggio di una situazione che
lo stesso legislatore definisce di «tutela dell'embrione». 
    Secondo  il  rimettente,  peraltro,  la  assoluta   liberta'   di
produzione sovrannumeraria di embrioni determinerebbe, a  sua  volta,
una situazione che,  pur  se  inserita  all'interno  dei  ragionevoli
presupposti normativi di cui agli artt. 1, 4 e 5 della legge, rischia
di  essere  pur  sempre  foriera  di  problematiche  non  scevre   da
implicazioni di natura  etica,  giuridica,  ed  anche  gestionale  ed
economica (solo se si pensa, ad es., che le Linee  guida,  sia  nella
loro versione originaria sia in quella attuale,  prevedono  che  «gli
embrioni  che  verranno  definiti  in  stato  di  abbandono   saranno
crioconservati in maniera centralizzata  con  oneri  a  carico  dello
Stato»):  donde  la  limitazione  della  questione  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 14 della legge n.  40  del  2004  nel  senso
sopra indicato. 
    A tali censure si aggiunge quella rivolta all'art.  6,  comma  3,
della legge n. 40, che, a corollario delle norme precedenti,  prevede
che la volonta' di sottoposizione al trattamento  di  PMA  non  possa
essere revocata da ciascuno dei soggetti indicati dal medesimo  comma
dopo che sia avvenuta la  fecondazione  dell'ovulo.  I  parametri  di
costituzionalita' sono anche in  tal  caso  gli  artt.  2,  13  e  32
(quest'ultimo in tutta la sua  estensione)  Cost.,  cui  si  aggiunge
l'art. 3 Cost., con la indicazione, quale tertium comparationis,  del
successivo comma 4, che espressamente attribuisce in  ogni  tempo  al
medico responsabile della struttura il  potere  di  decidere  di  non
procedere alla procreazione  medicalmente  assistita  per  motivi  di
ordine  medico-sanitario,  che  nel  loro  ambito  non  possono   non
annoverare anche quelli piu' specificamente inerenti la salute fisica
e psichica della donna. 
    L'intervento sull'art. 6, comma 3, della legge  n.  40  del  2004
viene richiesto al fine di dare coerenza ad un sistema normativo che,
con una censura limitata (per le ragioni sopra esposte) ai soli commi
2  e  3  dell'art.  14,  permarrebbe  comunque  viziato  da  una  sua
disarmonia interna (evidenziata  dalla  Corte  costituzionale,  nella
ordinanza n. 369 del 2006, anche con riferimento alla  norma  ora  in
questione). Se il sistema normativo che si  chiede  scaturisca  dalla
ottenuta  liceita'  della  diagnosi  preimpianto  e  dalla  richiesta
censura  di  costituzionalita'  e'  improntato   sulla   superiorita'
riconosciuta alla tutela della  salute  della  donna  (sancita  dalla
legge n. 194 del 1978 sulla interruzione volontaria della  gravidanza
e che non puo' essere vanificata da  una  normativa  come  quella  in
esame), e' allora conseguenza necessaria che, per ragioni di coerenza
sistematica, sia la sola donna ad essere legittimata alla revoca  del
consenso al trattamento di PMA. 
    A conferma di quanto sopra, vi  sarebbe  la  chiara  disposizione
(sia pure non di  rango  legislativo)  contenuta  in  ciascuna  delle
versioni  delle  Linee  guida   (sezione   «Crioconservazione   degli
embrioni: modalita' e termini») a mente  della  quale  «la  donna  ha
sempre  il  diritto  ad  ottenere  il  trasferimento  degli  embrioni
crioconservati». 
    Infine, viene sollevata questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 14, comma 4, della legge n. 40 del 2004, per contrasto  con
gli artt. 2, 3, 13 e 32 della Costituzione. 
    La disposizione in questione, secondo il rimettente,  non  e'  di
immediata chiarezza: in particolare, non sarebbe chiaro se  essa  sia
una norma sulla interruzione volontaria  della  gravidanza  (come  si
evincerebbe dal ricorso al termine «gravidanze» e  al  richiamo  alla
legge n. 194 del 1978) -  nel  senso,  cioe',  di  non  impedire  una
interruzione volontaria della gravidanza riguardo  a  parte  soltanto
degli embrioni coinvolti (come  rimedio  ex  post  a  non  desiderate
gravidanze gemellari da PMA) - o (come si  evincerebbe  dall'iniziale
inciso «ai fini della presente legge sulla procreazione  medicalmente
assistita») una specificazione del  divieto  di  crioconservazione  o
soppressione  degli  embrioni,  di  cui  al  comma  1  dell'art.  14.
Correttamente - osserva il giudice  a  quo  -  i  ricorrenti  avevano
evidenziato come il divieto abbia una  sua  giustificazione  laddove,
adottata la scelta di produrre piu' di un embrione (due o al  massimo
tre, secondo l'imposizione di cui si chiede la  censura),  si  decida
poi di impiantarne in numero minore, in violazione della  regola  del
loro unico e contemporaneo impianto. Laddove, invece, venga a  cadere
la regola della produzione di non piu'  di  tre  embrioni,  del  loro
unico  e   contemporaneo   impianto   e   del   rigido   divieto   di
crioconservazione, non avrebbe  piu'  senso  nemmeno  il  divieto  di
riduzione embrionaria. 
    Una ragion d'essere della norma potrebbe permanere per il tramite
del richiamo  contenuto  alla  disciplina  sulla  interruzione  della
gravidanza, ma si tratterebbe di un richiamo a questo punto superfluo
e ridondante, essendo gia' sufficiente  quello  contenuto  nel  primo
comma dell'art. 14 (possibilita' di soppressione di embrioni nei casi
previsti dalla legge n. 194 del 1978). 
    Si chiede, infine, il rimettente se non si corra  il  rischio  di
una deriva eugenetica, in particolare di una  «eugenetica  negativa»,
intendendosi tale quella volta a far  si'  che  non  nascano  persone
portatrici di malattie ereditarie e non gia' a  perseguire  scopi  di
«miglioramento» della specie umana. 
    Altro, e non meno importante, dubbio e' se davvero coppie al  cui
interno non vi sia sterilita' o infertilita', ma che  siano  a  forte
rischio di trasmissibilita' di  malattie  genetiche,  non  vengano  a
ricevere, per il fatto di non poter ricorrere a PMA e nell'ambito  di
essa a diagnosi preimpianto e a selezione embrionaria, un trattamento
deteriore  rispetto   a   coppie,   sempre   a   forte   rischio   di
trasmissibilita' di malattie genetiche  ma  al  cui  interno  vi  sia
sterilita' o infertilita', che invece,  ove  accolte  le  prospettate
questioni  di  legittimita'  costituzionale,  a  tutto  quanto  sopra
potrebbero ricorrere. 
    Al riguardo,  peraltro,  il  giudice  a  quo  rileva  come,  data
prevalenza al diritto alla  salute  della  donna  su  ogni  possibile
situazione  soggettiva  dell'embrione,   quello   della   «eugenetica
negativa» finisca con l'essere un falso  problema,  non  risolto,  ed
anzi aggravato dalla  costrizione  della  donna,  gia'  sottoposta  a
stimolazione ovarica e ad intervento di impianto, a ricorrere poi  ad
interruzione, volontaria o meno che essa sia, della gravidanza. 
    3.1. - Nel giudizio innanzi alla Corte, si sono costituiti C.M. e
G.R., parti del giudizio di merito. 
    3.2. - Ha spiegato intervento il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che ha concluso per  la  inammissibilita'  e  la  infondatezza
della questione, alla stregua di  argomentazioni  analoghe  a  quelle
riferite con riguardo al giudizio introdotto con la ordinanza r.o. n.
323 del 2008. 
    3.3. - Sono altresi' intervenute l'Associazione Hera  O.N.L.U.S.,
l'Associazione     Sos     Infertilita'     Onlus,     l'Associazione
Cittadinanzattiva  Toscana  Onlus,   l'Associazione   Cecos   Italia,
l'Associazione Luca Coscioni per la liberta' di ricerca  scientifica,
oltre alle Associazioni Amica Cicogna Onlus,  Madre  Provetta  Onlus,
Cerco   un   bimbo,   L'altra   Cicogna   Onlus   e    l'Associazione
www.unbambino.it, ciascuna delle quali ha aderito alla  richiesta  di
declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  delle  disposizioni
censurate. 
    3.4.  -  Nella  imminenza  della  data  fissata  per  la  udienza
pubblica, l'Avvocatura generale dello Stato ha depositato memorie nei
giudizi introdotti con le ordinanze r.o.  n.  323  e  382  del  2008,
insistendo nelle conclusioni rassegnate. 
    La difesa erariale ha ribadito,  esplicitandola,  l'eccezione  di
inammissibilita' delle questioni in quanto  sollevate  nel  corso  di
procedimenti cautelari, rilevando che il contenuto del  provvedimento
richiesto finirebbe per produrre effetti immodificabili, con ricadute
sulla rilevanza delle questioni medesime. In definitiva, l'Avvocatura
generale evidenzia la mancanza di incidentalita' delle questioni,  in
quanto la eventuale pronuncia  di  accoglimento  concretizzerebbe  la
tutela richiesta innanzi al Tribunale rimettente. 
    Le questioni sarebbero poi inammissibili, in  quanto  concernenti
un settore la cui regolamentazione giuridica richiede una  attenta  e
prudente  composizione  degli  interessi  in  giuoco  attraverso  una
delicata opera  di  bilanciamento  dei  valori,  nell'ambito  di  una
valutazione politico-discrezionale di spettanza del legislatore. 
    Nelle memorie si deduce il  vizio  di  fondo  dal  quale  sarebbe
affetto il ragionamento del giudice rimettente, consistente in  cio',
che la sollevata questione dei commi 2 e 3 dell'art. 14  della  legge
n. 40, come motivata dallo stesso giudice, non toccherebbe il divieto
di carattere generale di crioconservazione e soppressione di embrioni
contenuto nel comma 1 dello stesso articolo, con la  conseguenza  che
non avrebbe senso  chiedere  la  eliminazione  della  eccezione  alla
regola del divieto contenuto nel comma 3. 
    Una ulteriore ragione di inammissibilita'  sarebbe  da  ravvisare
nell'intento del rimettente  di  mettere  in  discussione  l'impianto
della intera legge. Ed ancora, le ragioni di eventuale illegittimita'
costituzionale coinvolgerebbero anche altre norme della legge n.  40.
Infine,   il   rimettente   porrebbe    una    questione    meramente
interpretativa. 
    Nel merito, le questioni sarebbero  infondate.  Premesso  che  il
comma 2 dell'art. 14 della legge trasfonde le  indicazioni  contenute
nella  Risoluzione  sulla  fecondazione  artificiale  approvata   dal
Parlamento europeo il 16 marzo 1989 e si  uniforma  alla  scelta  del
legislatore  tedesco,  l'Avvocatura  dello  Stato  ritiene   che   le
ordinanze  di  rimessione  consistano  in  una  critica  alle  scelte
discrezionali del legislatore, che ha effettuato una comparazione  di
interessi fra quello della donna al  buon  esito  della  procreazione
assistita e quello alla tutela dell'embrione. La  ragionevolezza  del
limite numerico contenuto nel  comma  2  dell'art.  14  e'  coerente,
secondo l'Autorita' intervenuta, con le conclusioni della  scienza  e
della tecnica al fine di garantire il buon  esito  dell'impianto.  La
memoria contiene dei dati dell'Istituto superiore della  Sanita'  dai
quali risulterebbe che, successivamente alla entrata in vigore  della
legge n. 40, siano aumentati  i  centri,  le  coppie  trattate  e  le
gravidanze, e che l'elevato numero di gravidanze trigemine in  Italia
non sarebbe conseguenza diretta delle  previsioni  normative,  ma  da
correlare alle modalita' di attuazione della procedura in determinati
casi. 
    Infine,  nelle  memorie  si   esclude   l'assimilabilita'   della
prescritta irrevocabilita' del consenso  all'impianto,  disposta  dal
comma 3 dell'art. 6, ad un trattamento sanitario  obbligatorio,  che,
invece, contempla quelle attivita' terapeutiche o diagnostiche  volte
a  prevenire  o   curare   malattie   nell'interesse   del   soggetto
destinatario,   oltre    che    della    salute    collettiva.    Ne'
l'irrevocabilita' del consenso  e'  assistita  da  una  procedura  di
esecuzione forzata. 
    Sono state depositate memorie  nell'interesse  di  M.C.  e  G.R.,
nonche'  dell'Associazione  Hera  O.N.L.U.S.,  dell'Associazione  Sos
Infertilita' Onlus,  dell'Associazione  Cittadinanza  attiva  Toscana
O.N.L.U.S. e dell'Associazione Luca  Coscioni,  per  la  liberta'  di
ricerca scientifica. 
                       Considerato in diritto 
    1. - Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio (r.o. n.  n.
159 del 2008) dubita, con sentenza, in riferimento agli artt. 3 e  32
Cost., della legittimita' costituzionale dell'art. 14, commi 2  e  3,
della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione
medicalmente assistita), nella parte in cui il loro disposto prevede,
ai  fini  della  applicazione  della  procedura  della   procreazione
medicalmente assistita,  la  formazione  di  un  numero  limitato  di
embrioni, fino ad un massimo di tre, da  impiantare  contestualmente,
consentendo, solo per grave e documentata  causa  di  forza  maggiore
relativa allo stato di salute della donna, la crioconservazione degli
embrioni stessi fino alla data del trasferimento, da  realizzare  non
appena possibile. 
    Il  Tribunale  ordinario  di  Firenze  (r.o.  n.  323  del  2008)
sospetta, con riferimento ai medesimi  parametri  costituzionali,  la
illegittimita' costituzionale dell'art. 14, commi 1 e 2, della stessa
legge n. 40 del 2004, nella parte in cui il loro disposto  impone  il
divieto della crioconservazione  degli  embrioni  soprannumerari,  la
obbligatorieta' della creazione di un numero massimo di tre  embrioni
e dell'unico  e  contemporaneo  impianto  di  embrioni  comunque  non
superiore a  tre,  perche'  la  predeterminazione  di  un  protocollo
sanitario  unico  comporterebbe  la  sottoposizione  della  donna   a
trattamento sanitario non voluto e non volto alla tutela della salute
propria, ne' della collettivita'. 
    Lo  stesso  Tribunale  dubita,   altresi',   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 6,  comma  3,  ultima  parte,  della  stessa
legge, laddove prevede la irrevocabilita' del consenso da parte della
donna all'impianto in utero degli  embrioni  creati,  per  violazione
dell'art. 32, secondo comma, Cost., che vieta i trattamenti  sanitari
obbligatori, se non imposti per legge e nel rispetto  della  dignita'
della persona umana. 
    Il Tribunale ordinario di Firenze (r.o. n. 382 del 2008)  censura
l'art. 14, comma 2, della legge n. 40 del  2004,  limitatamente  alle
parole «ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non  superiore
a tre», per contrasto con gli artt. 2, 3  e  32  della  Costituzione;
l'art. 14, comma 3, della stessa  legge,  limitatamente  alle  parole
«Qualora il  trasferimento  nell'utero  degli  embrioni  non  risulti
possibile», «di forza maggiore», «non prevedibile  al  momento  della
fecondazione», «fino alla data del trasferimento, da  realizzare  non
appena possibile», per contrasto con gli artt. 2, 3, 13  e  32  della
Costituzione;  l'art.  14,  comma  4,  della  richiamata  legge,  per
contrasto con gli artt. 2, 3, 13 e 32 della Costituzione,  in  quanto
tale norma determinerebbe la reiterata sottoposizione della  donna  a
trattamenti che, in quanto invasivi e a  basso  tasso  di  efficacia,
sarebbero lesivi del principio  di  rispetto  della  dignita'  umana;
creerebbe disparita' di trattamento fra  situazioni  che  eguali  fra
loro non sono e richiedono trattamenti  differenziati,  in  contrasto
con il principio di eguaglianza sostanziale di cui all'art. 3  Cost.,
violando il diritto fondamentale alla salute per il forte rischio  di
reiterata sottoposizione della donna a trattamenti ad alto  tasso  di
pericolosita' per la sua salute fisica e psichica. 
    Lo stesso Tribunale denuncia, infine, l'art. 6,  comma  3,  della
stessa legge, nella parte in cui non contiene, in fine, le parole «e,
dalla donna, anche successivamente», per contrasto con gli  artt.  2,
3, 13 e 32 della Costituzione. 
    2. - I  tre  provvedimenti  giurisdizionali  sollevano  questioni
largamente coincidenti e cio' rende opportuna la riunione dei giudizi
al fine della trattazione congiunta e della  decisione  con  un'unica
sentenza. 
    3.  -  Deve  essere,  preliminarmente,   confermata   l'ordinanza
adottata, nel corso dell'odierna udienza pubblica, ed  allegata  alla
presente sentenza, con la quale sono stati  dichiarati  inammissibili
gli interventi dell'Associazione  Cecos  Italia,  delle  Associazioni
Luca Coscioni per la liberta' di ricerca scientifica,  Amica  Cicogna
Onlus, Madre Provetta Onlus, Cerco un bimbo, L'altra Cicogna Onlus  e
www.unbambino.it, nonche' della S.I.S.Me.R. s.r.l. (Societa' Italiana
Studi di Medicina della Riproduzione s.r.l.), nel giudizio introdotto
con ordinanza n. 159 del 2008; gli interventi  dell'Associazione  Sos
Infertilita' Onlus, dell'Associazione Hera Onlus, nonche' di  C.M.  e
G.R., nel giudizio introdotto con ordinanza  n.  323  del  2008;  gli
interventi  dell'Associazione  Hera  Onlus,   dell'Associazione   Sos
Infertilita'  Onlus,  dell'Associazione   Cittadinanzattiva   Toscana
Onlus, dell'Associazione Cecos  Italia,  nonche'  delle  Associazioni
Luca Coscioni per la liberta' di ricerca scientifica,  Amica  Cicogna
Onlus, Madre Provetta Onlus, Cerco un bimbo, L'altra Cicogna Onlus  e
www.unbambino.it, nel giudizio introdotto con ordinanza  n.  382  del
2008.  Cio'  in  applicazione  del  consolidato  orientamento   della
giurisprudenza costituzionale, secondo cui non sono  ammissibili  gli
interventi,  nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in  via
incidentale, di soggetti che non siano parti nel giudizio a quo,  ne'
siano titolari di un interesse qualificato,  immediatamente  inerente
al rapporto sostanziale dedotto in giudizio (ex plurimis, sent. n. 96
del 2008, ord. n. 393 del 2008, n. 414 del 2007). 
    4. - Occorre  ora  esaminare  le  eccezioni  di  inammissibilita'
prospettate  dalle  parti  in  relazione  ai  vari  provvedimenti  di
remissione. 
    4.1.    -    L'eccezione    di    inammissibilita'    prospettata
dall'Avvocatura generale dello Stato e dal  Comitato  per  la  tutela
della salute della donna per avere il  TAR  del  Lazio  sollevato  le
questioni con sentenza anziche' con ordinanza,  in  violazione  delle
norme sul processo costituzionale, non e' fondata. 
    Questa Corte ha, infatti, affermato - e il principio deve  essere
ribadito nella presente sede  -  che  «la  circostanza  non  comporta
inammissibilita' della questione, posto che,  come  si  desume  dalla
lettura  dell'atto,  nel   promuovere   questione   di   legittimita'
costituzionale, il giudice a  quo  ha  disposto  la  sospensione  del
procedimento  principale  e  la  trasmissione  del   fascicolo   alla
cancelleria della Corte costituzionale, si' che a tale atto, anche se
autoproclamantesi «sentenza»,  deve  essere  riconosciuta  natura  di
«ordinanza», sostanzialmente conforme a quanto previsto dall'art.  23
della legge n. 87 del 1953» (sentenza n. 452 del 1997). 
    4.2. - Altra eccezione di inammissibilita' e' prospettata, sempre
con riferimento alla questione sollevata dal TAR,  dalla  Federazione
Nazionale dei Centri e dei Movimenti per la vita italiani,  sotto  il
profilo della rilevanza, per non essersi  detto  giudice  pronunciato
sulla carenza di interesse  diretto  della  Warm  (World  Association
Reproductive  Medicine),  ricorrente  nel  giudizio  a  quo,   avendo
erroneamente ritenuto che sulla relativa questione si sarebbe formato
il giudicato, come stabilito  dal  Consiglio  di  Stato  in  sede  di
appello. 
    Neppure tale eccezione merita accoglimento,  avendo  il  TAR  non
implausibilmente affermato che sulla legittimazione  ad  agire  della
Warm non vi era alcuno  spazio  di  riesame,  essendosi,  sul  punto,
formato il giudicato, secondo quanto si evincerebbe dalla sentenza di
rinvio del Consiglio di Stato. 
    4.3.  -  Parimenti  non  fondata  e'  l'ulteriore  eccezione   di
inammissibilita', sollevata dal Comitato per la tutela  della  salute
della donna, a seguito del mutamento del quadro normativo per effetto
dell'intervento delle nuove linee guida in  materia  di  procreazione
medicalmente assistita, di cui al d.m. 11 aprile  2008,  che  avrebbe
determinato la estinzione del giudizio amministrativo  e,  con  esso,
avrebbe travolto il giudizio di costituzionalita'. 
    E' infatti sufficiente rilevare l'operativita' delle linee  guida
del 2004 fino al momento della loro  sostituzione  e,  quindi,  della
pendenza del giudizio amministrativo, senza considerare  che  nessuna
incidenza le sopravvenute linee guida possono  esercitare  su  alcuna
delle questioni sollevate. 
    4.4. - Con la memoria del Comitato per  la  tutela  della  salute
della donna e della Federazione nazionale dei centri e dei  Movimenti
per la vita  italiani  e'  stata  eccepita  l'inammissibilita'  della
questione sollevata dal TAR, in  quanto  priva  del  requisito  della
incidentalita', dal momento che  l'oggetto  del  giudizio  principale
finirebbe per coincidere sostanzialmente con quello del  giudizio  di
costituzionalita'. 
    Anche tale eccezione non e' fondata. 
    Ai    fini    dell'ammissibilita'    di    una    questione    di
costituzionalita', sollevata nel corso  di  un  giudizio  dinanzi  ad
un'autorita' giurisdizionale, e' necessario, fra  l'altro,  che  essa
investa una disposizione avente forza di  legge  di  cui  il  giudice
rimettente sia tenuto a fare applicazione, quale passaggio  obbligato
ai fini della risoluzione della  controversia  oggetto  del  processo
principale. Nel  caso  di  specie,  non  e'  dubbio  che  l'eventuale
accoglimento delle questioni prospettate relativamente ai commi 2 e 3
dell'art. 14 della legge n.  40  del  2004  produrrebbe  un  concreto
effetto nel giudizio a quo, satisfattivo della pretesa dedotta  dalle
parti private, poiche' dovrebbero essere accolte le  doglianze  mosse
contro  le  norme  secondarie  censurate  (nello  stesso  senso,  sul
principio, sentenze nn. 303 e 50 del 2007). 
    4.5. - Con riguardo alle questioni sollevate con le ordinanze  n.
323 e n. 382 del 2008 dal Tribunale ordinario di Firenze,  la  difesa
erariale ne ha eccepito l'inammissibilita' in  quanto  sollevate  nel
corso di procedimenti  cautelari,  rilevando,  da  un  lato,  che  il
contenuto del provvedimento richiesto finirebbe per produrre  effetti
immodificabili, con ricadute sulla rilevanza delle questioni medesime
ed evidenziando, dall'altro,  la  mancanza  di  incidentalita'  delle
questioni,  in  quanto  la  eventuale   pronuncia   di   accoglimento
concretizzerebbe la tutela richiesta innanzi al Tribunale rimettente. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    La giurisprudenza di questa Corte  ammette  la  possibilita'  che
siano sollevate questioni  di  legittimita'  costituzionale  in  sede
cautelare, sia quando il giudice  non  provveda  sulla  domanda,  sia
quando conceda la relativa misura, purche' tale  concessione  non  si
risolva nel definitivo esaurimento del potere cautelare del quale  in
quella sede il giudice fruisce (sentenza n. 161 del 2008 e  ordinanze
n. 393 del 2008 e n. 25 del 2006). 
    Nella specie, i procedimenti cautelari sono ancora in corso ed  i
giudici a quibus non hanno esaurito la  propria  potestas  iudicandi:
risulta, quindi, incontestabile la loro legittimazione a sollevare in
detta fase le questioni di costituzionalita'  delle  disposizioni  di
cui sono chiamati a fare applicazione (sentenza n. 161 del 2008). 
    5. - La questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  14,
comma  1,  della  legge  n.  40  del  2004  e'  stata  sollevata,  in
riferimento agli artt. 3 e 32, primo  e  secondo  comma,  Cost.,  dal
Tribunale ordinario di Firenze con l'ordinanza  del  12  luglio  2008
(r.o. n. 323 del 2008):  essa  e'  manifestamente  inammissibile  per
carenza di motivazione sulla rilevanza. 
    5.1. - L'art. 14, commi 2  e  3,  della  stessa  legge  e'  stato
censurato dal TAR del Lazio e dal Tribunale ordinario di Firenze  con
la ordinanza  del  26  agosto  2008,  con  argomenti  sostanzialmente
coincidenti, mentre lo stesso Tribunale  ordinario  di  Firenze,  con
l'ordinanza 12 luglio 2008, ha censurato - oltre  al  comma  1  -  il
comma 2 dell'art. 14, e non il comma 3. 
    La questione sollevata dal TAR del Lazio investe l'art. 14, commi
2 e 3, della legge n. 40 nella parte in cui impone la creazione di un
numero di embrioni da impiantare comunque non superiore a tre  ed  il
contestuale impianto degli stessi e  vieta  la  crioconservazione  di
embrioni  al  di  fuori  delle  limitate  ipotesi  ivi  previste.  Il
rimettente sospetta il contrasto delle norme censurate con gli  artt.
3  e  32  Cost.  Sotto  il  primo  profilo,  rileva,  anzitutto,  una
intrinseca irragionevolezza della disciplina, che,  da  un  lato,  si
dichiara ispirata allo scopo di favorire la  soluzione  dei  problemi
riproduttivi  derivanti   dalla   sterilita'   o   infertilita',   e,
dall'altro, impone il predetto limite  numerico  alla  produzione  di
embrioni, prescindendo da ogni concreta valutazione del medico  sulla
persona  che  intende  sottoporsi  al  procedimento  di  procreazione
medicalmente assistita, e preoccupandosi solo di evitare  il  ricorso
alla  crioconservazione,  che  puo'  determinare  la  perdita   degli
embrioni,  rischiando,  cosi',  anche  l'inutile   sacrificio   degli
embrioni prodotti. La previsione in esame,  quindi,  non  sarebbe  in
linea con quel bilanciamento di interessi che la legge n. 40 del 2004
sembrerebbe voler perseguire. 
    Per altro verso, tale limitazione determinerebbe, secondo il TAR,
una  ingiustificata  disparita'  di  trattamento  in  funzione  delle
diverse condizioni fisiche della donna che ricorre alla  procreazione
assistita. 
    Infine,   il   vulnus   all'art.   32   Cost.   viene   ravvisato
nell'assoggettamento, che la disciplina censurata  determina,  ad  un
successivo trattamento di stimolazione ovarica nella non  improbabile
ipotesi di  esito  infelice  del  primo  tentativo  di  impianto,  in
contrasto proprio con quel principio  della  minore  invasivita'  che
risulta espressamente indicato, nell'art. 4,  comma  2,  lettera  a),
della legge, tra i principi cui deve ispirarsi la tecnica in esame. 
    5.2. - Il Tribunale ordinario di Firenze, con  ordinanza  del  12
luglio 2008 (r.o. n. 323 del 2008),  ha  sollevato  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 2, della legge n.  40
del 2004, per contrasto con gli artt. 3 e 32, primo e secondo  comma,
Cost., nella parte in cui pone l'obbligo di creazione  di  un  numero
massimo di tre embrioni nonche' dell'unico e  contemporaneo  impianto
degli stessi. La questione e' stata sollevata nel corso dello  stesso
procedimento in occasione di emissione di ordinanza di autorizzazione
alla diagnosi preimpianto, a seguito della quale i ricorrenti avevano
acquisito relazioni mediche, che avevano evidenziato la  possibilita'
di creazione di embrioni affetti da patologie pari al  cinquanta  per
cento, sicche', nella specie, il  numero  di  embrioni  necessari  ad
assicurare una adeguata percentuale di successo era pari a sei 
    La lesione dell'art. 32,  primo  comma,  Cost.  viene  sospettata
sotto il profilo del diritto della salute della donna, che  dovrebbe,
pur nel bilanciamento con quella dell'embrione richiesto dall'art.  1
della legge n. 40 del 2004, ritenersi prevalente sul diritto  di  chi
ancora persona non e': la legge impone, in  caso  di  insuccesso,  la
necessita'  di  procedere  a  plurime  stimolazioni   ovariche,   non
consentendo  la  crioconservazione  degli  embrioni  per   successivi
impianti e comportando  seri  problemi  per  la  donna  che  si  deve
sottoporre a trattamenti ormonali plurimi,  con  conseguenze  mediche
accertate. 
    Si ritiene, altresi', leso il principio di ragionevolezza per  il
trattamento identico di posizioni soggettive del  tutto  dissimili  e
che necessiterebbero di un approccio di cura  diverso,  obliterandosi
completamente le acquisizioni scientifiche, le quali indicano come  i
plurimi fattori che  afferiscono  alla  coppia  genitoriale  incidono
sulla scelta del trattamento  da  attuare,  che  quindi  deve  essere
lasciato (come d'altra parte tutti i trattamenti medici salvo  sempre
il consenso informato) alla discrezionalita' del medico,  che  e'  il
depositario del sapere tecnico del caso concreto. 
    La violazione dell'art. 32, secondo comma,  Cost.,  che  vieta  i
trattamenti sanitari  obbligatori,  se  non  imposti  per  legge  nel
rispetto della dignita' della persona umana,  viene  ravvisata  nella
predeterminazione di un protocollo sanitario unico,  non  configurato
sulle necessita' di cura della singola persona  e  di  adesione  allo
stesso e che comporta la sottoposizione della persona  a  trattamento
sanitario non voluto e non finalizzato alla tutela della  salute  sua
propria o della collettivita'. 
    5.3. - Il Tribunale ordinario di Firenze, infine,  con  ordinanza
emessa il 26 agosto 2008 (r.o. n. 382  del  2008),  sospetta  che  il
comma 2 dell'art. 14, laddove impone la creazione di non piu' di  tre
embrioni ai fini di un loro unico  e  contemporaneo  impianto,  rechi
vulnus all'art. 2 Cost.,  determinando  la  reiterata  sottoposizione
della donna a trattamenti che, in quanto invasivi e a basso tasso  di
efficacia, sarebbero lesivi del principio di rispetto della  dignita'
umana; che ingeneri disparita'  di  trattamento  fra  situazioni  che
eguali fra loro non sono e richiedono trattamenti  differenziati,  in
violazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all'art. 3
Cost.; che violi  il  diritto  fondamentale  alla  salute  proclamato
dall'art. 32  Cost.,  determinando  il  forte  rischio  di  reiterata
sottoposizione  della  donna  a  trattamenti   ad   alto   tasso   di
pericolosita'.  Peraltro,  per  evitare  la  assoluta   liberta'   di
produzione   soprannumeraria   di   embrioni,   che    determinerebbe
problematiche di natura etico-religiosa, si chiede la declaratoria di
illegittimita' nei limiti sopra indicati (limitatamente  alle  parole
«ad un unico e  contemporaneo  impianto,  comunque  non  superiore  a
tre»). 
    5.4. - Viene,  altresi',  censurato  il  comma  3  dell'art.  14,
secondo gli stessi parametri di costituzionalita' (quanto all'art. 32
Cost., alla luce anche della necessita'  di  evitare  che  la  donna,
costretta ad accettare l'impianto  di  embrioni  portatori  di  gravi
patologie,  debba  dapprima  iniziare   una   gravidanza   per   poi,
volontariamente o meno, interromperla, con grave nocumento per la sua
salute fisica e psichica),  limitatamente  alle  parole  «Qualora  il
trasferimento nell'utero degli embrioni non risulti  possibile»,  «di
forza maggiore», «non prevedibile  al  momento  della  fecondazione»,
«fino  alla  data  del  trasferimento,  da  realizzare   non   appena
possibile». Si intende  cosi'  evitare  la  creazione  di  situazioni
paradossali come quelle evidenziate nel ricorso (nell'esempio  fatto,
una sopravvenuta ed improvvisa sindrome febbrile potrebbe dar luogo a
crioconservazione al contrario di una  preesistente  grave  patologia
geneticamente  trasmissibile).  Inoltre,  il  comma   3   in   esame,
implicando  un  trattamento  sulla  persona  senza  il  consenso   di
quest'ultima e in assenza di superiori ragioni di interesse  generale
o di tutela della sicurezza ed incolumita' pubbliche  contemplate  da
espressa disposizione normativa, sarebbe altresi'  in  contrasto  con
gli artt. 13 e 32, secondo comma, Cost. 
    A queste osservazioni si e' opposto dalla difesa erariale che  il
legislatore  ha   effettuato   una   ragionevole   comparazione   tra
l'interesse della donna e la tutela dell'embrione, che il  limite  di
tre embrioni tutela la salute della donna e degli  embrioni,  che  la
legge n. 40 del 2004 opera un  bilanciamento  fra  l'interesse  della
coppia e il diritto alla vita del  concepito,  che  la  salute  della
donna e' meglio garantita  da  una  stimolazione  «soffice»,  che  la
limitazione  a  tre  del  numero  massimo  di  embrioni  impiantabili
corrisponderebbe al numero massimo di embrioni suscettibili,  secondo
la scienza medica, di dar luogo alla gravidanza. 
    6.  -  Le  sollevate  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 14, commi 2 e 3, sono fondate, nei limiti che seguono. 
    6.1.  -  Va  premesso  che  la  legge  in  esame  rivela  -  come
sottolineato da  alcuni  dei  rimettenti  -  un  limite  alla  tutela
apprestata all'embrione, poiche' anche nel caso di limitazione a soli
tre del numero di embrioni prodotti, si ammette comunque  che  alcuni
di  essi  possano  non  dar  luogo  a   gravidanza,   postulando   la
individuazione del numero massimo di embrioni impiantabili appunto un
tale  rischio,  e  consentendo   un   affievolimento   della   tutela
dell'embrione  al  fine  di  assicurare   concrete   aspettative   di
gravidanza, in conformita' alla finalita' proclamata dalla  legge.  E
dunque, la tutela dell'embrione non e' comunque assoluta, ma limitata
dalla necessita' di individuare un giusto bilanciamento con la tutela
delle esigenze di procreazione. 
    Cio' posto, deve rilevarsi che il  divieto  di  cui  al  comma  2
dell'art. 14 determina, con la esclusione  di  ogni  possibilita'  di
creare  un  numero  di  embrioni  superiore  a  quello   strettamente
necessario ad un unico e contemporaneo impianto, e comunque superiore
a tre, la necessita' della moltiplicazione dei cicli di  fecondazione
(in contrasto anche con il principio, espresso all'art. 4,  comma  2,
della  gradualita'  e  della  minore  invasivita'  della  tecnica  di
procreazione  assistita),  poiche'  non   sempre   i   tre   embrioni
eventualmente prodotti risultano  in  grado  di  dare  luogo  ad  una
gravidanza.  Le  possibilita'  di  successo  variano,   infatti,   in
relazione  sia  alle  caratteristiche  degli   embrioni,   sia   alle
condizioni soggettive delle donne che si sottopongono alla  procedura
di procreazione medicalmente assistita, sia, infine,  all'eta'  delle
stesse,  il  cui  progressivo   avanzare   riduce   gradualmente   le
probabilita' di una gravidanza. 
    Il limite legislativo in esame finisce, quindi, per un verso, per
favorire - rendendo necessario il ricorso alla reiterazione di  detti
cicli di stimolazione ovarica, ove il primo impianto non dia luogo ad
alcun esito - l'aumento dei rischi di insorgenza di patologie  che  a
tale iperstimolazione sono collegate; per altro verso, determina,  in
quelle  ipotesi  in   cui   maggiori   siano   le   possibilita'   di
attecchimento, un pregiudizio di diverso tipo alla salute della donna
e del feto, in presenza di  gravidanze  plurime,  avuto  riguardo  al
divieto di riduzione embrionaria selettiva di tali gravidanze di  cui
all'art. 14, comma 4, salvo il ricorso all'aborto. Cio' in quanto  la
previsione legislativa non riconosce al medico la possibilita' di una
valutazione,  sulla  base  delle  piu'   aggiornate   e   accreditate
conoscenze  tecnico-scientifiche,  del  singolo  caso  sottoposto  al
trattamento, con conseguente individuazione, di volta in  volta,  del
limite  numerico  di  embrioni  da  impiantare,  ritenuto  idoneo  ad
assicurare un serio tentativo di procreazione assistita, riducendo al
minimo ipotizzabile il rischio per la salute della donna e del feto. 
    Al riguardo, va segnalato che la giurisprudenza costituzionale ha
ripetutamente posto l'accento sui limiti  che  alla  discrezionalita'
legislativa pongono le acquisizioni scientifiche e sperimentali,  che
sono in continua evoluzione e sulle quali  si  fonda  l'arte  medica:
sicche', in materia di pratica terapeutica, la regola di  fondo  deve
essere la autonomia e la responsabilita'  del  medico,  che,  con  il
consenso del  paziente,  opera  le  necessarie  scelte  professionali
(sentenze n. 338 del 2003 e n. 282 del 2002). 
    La previsione della  creazione  di  un  numero  di  embrioni  non
superiore a tre, in assenza di ogni considerazione  delle  condizioni
soggettive della donna che  di  volta  in  volta  si  sottopone  alla
procedura  di  procreazione  medicalmente  assistita,  si  pone,   in
definitiva, in contrasto con l'art.  3  Cost.,  riguardato  sotto  il
duplice profilo del  principio  di  ragionevolezza  e  di  quello  di
uguaglianza, in quanto il legislatore riserva il medesimo trattamento
a  situazioni  dissimili;  nonche'  con  l'art.  32  Cost.,  per   il
pregiudizio alla salute della donna - ed eventualmente,  come  si  e'
visto, del feto - ad esso connesso. 
    Deve,  pertanto,  dichiararsi  la  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 14, comma 2, della legge n. 40 del 2004 limitatamente  alle
parole «ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non  superiore
a tre». 
    L'intervento demolitorio  mantiene,  cosi',  salvo  il  principio
secondo cui le tecniche di produzione non devono creare un numero  di
embrioni  superiore  a  quello   strettamente   necessario,   secondo
accertamenti demandati, nella fattispecie  concreta,  al  medico,  ma
esclude la  previsione  dell'obbligo  di  un  unico  e  contemporaneo
impianto e del numero massimo di embrioni  da  impiantare,  con  cio'
eliminando sia la irragionevolezza  di  un  trattamento  identico  di
fattispecie diverse, sia la necessita', per la donna,  di  sottoporsi
eventualmente ad altra stimolazione ovarica,  con  possibile  lesione
del suo diritto alla salute. 
    Le raggiunte conclusioni, che introducono una deroga al principio
generale di divieto di crioconservazione di cui al comma 1  dell'art.
14, quale logica conseguenza della caducazione, nei limiti  indicati,
del comma 2 - che determina la necessita' del ricorso alla tecnica di
congelamento con riguardo agli embrioni prodotti  ma  non  impiantati
per  scelta  medica  -  comportano,  altresi',  la  declaratoria   di
incostituzionalita' del comma 3, nella parte in cui non  prevede  che
il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena  possibile,
come  previsto  in  tale  norma,  debba   essere   effettuato   senza
pregiudizio della salute della donna. 
    7. - La questione di costituzionalita'  dell'art.  14,  comma  4,
della stessa legge, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3,  13  e
32 Cost., dal Tribunale ordinario di Firenze con l'ordinanza r.o.  n.
382  del  2008,  e'  manifestamente  inammissibile,  per  difetto  di
motivazione sulla rilevanza nel giudizio a quo. 
    8. - Del pari manifestamente inammissibile, sempre per difetto di
rilevanza, e' la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
6, comma 3, della medesima legge, nella parte in  cui  non  consente,
dopo la fecondazione dell'ovulo, la revoca della volonta' all'accesso
alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, di cui entrambe
le  ordinanze  del  Tribunale  ordinario  di  Firenze   chiedono   la
declaratoria di illegittimita' costituzionale al solo  fine  di  dare
coerenza al sistema. 
      
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
    Riuniti i giudizi; 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 14,  comma  2,
della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione
medicalmente assistita), limitatamente alle parole  «ad  un  unico  e
contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre»; 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 14,  comma  3,
della legge n. 40 del 2004 nella parte in  cui  non  prevede  che  il
trasferimento degli embrioni, da  realizzare  non  appena  possibile,
come stabilisce tale norma, debba essere effettuato senza pregiudizio
della salute della donna; 
    Dichiara   manifestamente   inammissibile   la    questione    di
legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1, della legge n.  40
del 2004, sollevata, in riferimento  agli  artt.  3  e  32,  primo  e
secondo  comma,  della  Costituzione,  dal  Tribunale  ordinario   di
Firenze, con ordinanza r.o. n. 323 del 2008; 
    Dichiara   manifestamente   inammissibili   le    questioni    di
legittimita' costituzionale dell'articolo 6, comma 3, della legge  n.
40 del 2004, sollevate, in  riferimento  agli  artt.  3  e  32  della
Costituzione, dal Tribunale ordinario di Firenze con  ordinanza  r.o.
n. 323 del 2008 e, in riferimento agli artt. 2,  3,  13  e  32  della
Costituzione, dallo stesso Tribunale con ordinanza r.o.  n.  382  del
2008; 
    Dichiara   manifestamente   inammissibile   la    questione    di
legittimita' costituzionale dell'articolo 14, comma 4, della legge n.
40 del 2004, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 32 della
Costituzione, dal Tribunale ordinario di Firenze, con ordinanza  r.o.
n. 382 del 2008. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 1° aprile 2009. 
                       Il Presidente: Amirante 
                      Il redattore: Finocchiaro 
                      Il cancelliere: Di Paola 
    Depositata in cancelleria l'8 maggio 2009. 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola 
                                                            Allegato: 
                        ordinanza letta all'udienza del 31 marzo 2009 
                              Ordinanza 
    Rilevato  che  nel  giudizio   di   legittimita'   costituzionale
introdotto con ordinanza del Tribunale amministrativo  regionale  del
Lazio reg. ord. n. 159 del 2008 sono intervenute l'Associazione Cecos
Italia, le Associazioni Luca Coscioni  per  la  liberta'  di  ricerca
scientifica, Amica Cicogna Onlus,  Madre  Provetta  Onlus,  Cerco  un
bimbo,  L'altra  Cicogna  Onlus  e   www.unbambino.it,   nonche'   la
S.LS.Me.R.  s.r.l. -  Societa'  Italiana  Studi  di  Medicina   della
Riproduzione s.r.l., nessuna delle quali e' stata parte nel  giudizio
a quo; 
        che nel giudizio introdotto con ordinanza  del  Tribunale  di
Firenze reg. ord. n. 323 del 2008 sono intervenuti l'Associazione Sos
Infertilita' Onlus, l'Associazione Hera Onlus, nonche' C.M.  e  G.R.,
nessuno dei quali e' stato parte nel giudizio a quo; 
        che nel giudizio introdotto con ordinanza  del  Tribunale  di
Firenze reg. ord. n. 382 del  2008  sono  intervenute  l'Associazione
Hera Onlus, l'Associazione  Sos  Infertilita'  Onlus,  l'Associazione
Cittadinanzattiva Toscana Onlus, l'Associazione Cecos Italia, nonche'
le Associazioni Luca Coscioni per la liberta' di ricerca scientifica,
Amica Cicogna Onlus, Madre Provetta Onlus, Cerco  un  bimbo,  L'altra
Cicogna Onlus e www.unbambino.it, nessuna delle quali e' stata  parte
nel giudizio a quo; 
        che,  per  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  sono
ammessi  a  intervenire  nel  giudizio  incidentale  di  legittimita'
costituzionale le sole  parti  del  giudizio  principale  e  i  terzi
portatori di un interesse  qualificato,  immediatamente  inerente  al
rapporto  sostanziale  dedotto  in  giudizio  e   non   semplicemente
regolato, al pari di ogni altro, dalla norma oggetto di  censura  (ex
plurimis, sentenza n. 96 del 2008; ordinanze n. 393 del 2008, n.  414
del 2007, ordinanza pronunciata all'udienza del 26 febbraio 2008); 
        che l'inammissibilita'  dell'intervento  non  viene  meno  in
forza della pendenza di un procedimento analogo a quello  principale,
posto che l'ammissibilita' di tale intervento contrasterebbe  con  il
carattere incidentale del giudizio di legittimita' costituzionale, in
quanto l'accesso delle parti a detto  giudizio  avverrebbe  senza  la
previa verifica della rilevanza e della  non  manifesta  infondatezza
della questione da parte del giudice a quo (sentenza n. 220 del 2007;
ordinanza n. 393 del 2008, cit., ordinanze pronunciate  alle  udienze
del 3 luglio 2007 e del 19 giugno 2007). 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
    Dichiara inammissibili  gli  interventi  dell'Associazione  Cecos
Italia, delle Associazioni Luca Coscioni per la liberta'  di  ricerca
scientifica, Amica Cicogna Onlus,  Madre  Provetta  Onlus,  Cerco  un
bimbo,  L'altra  Cicogna  Onlus  e  www.unbambino.it,  nonche'  della
S.I.S.Me.R.  s.r.l. -  Societa'  Italiana  Studi  di  Medicina  della
Riproduzione s.r.l., nel giudizio introdotto con ordinanza reg.  ord.
n. 159 del 2008; gli interventi  dell'Associazione  Sos  Infertilita'
Onlus, dell'Associazione Hera Onlus  nonche'  di  C.M.  e  G.R.,  nel
giudizio introdotto con ordinanza reg. ord.  n.  323  del  2008;  gli
interventi  dell'Associazione  Hera  Onlus,   dell'Associazione   Sos
Infertilita'  Onlus,  dell'Associazione   Cittadinanzattiva   Toscana
Onlus, dell'Associazione Cecos  Italia,  nonche'  delle  Associazioni
Luca Coscioni per la liberta' di ricerca scientifica,  Amica  Cicogna
Onlus, Madre Provetta Onlus, Cerco un bimbo, L'altra Cicogna Onlus  e
www.unbambino.it, nel giudizio introdotto con ordinanza reg. ord.  n.
382 del 2008. 
                       Il Presidente: Amirante