N. 165 SENTENZA 18 - 29 maggio 2009

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Caccia - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia  -  Programmazione
  faunistica ed esercizio  dell'attivita'  venatoria  -  Ricorso  del
  Governo - Prospettata  violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,
  lettera s), Cost. - Eccepita inammissibilita' della  questione  per
  omessa  motivazione  riguardo  all'applicabilita'  della   suddetta
  disposizione costituzionale anche ad una Regione a statuto speciale
  - Reiezione. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6, artt.
  2, commi 1 e 3, 14, 17, 19, 23, commi 7, 8 e 9, e 44. 
- Costituzione, art. 117, comma secondo lett. s). 
Caccia - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia  -  Programmazione
  faunistica ed esercizio  dell'attivita'  venatoria  -  Ricorso  del
  Governo - Eccepita inammissibilita' delle  questioni  per  generica
  formulazione delle censure - Reiezione. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6, artt.
  2, commi 1 e 3, 19, 23, commi 7, 8 e 9, e 44. 
- Costituzione, artt. 3, 18, 117, primo e secondo comma, lettere l) e
  s); Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt.  4,
  primo comma, e 6, primo comma, punto 3. 
Caccia - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia  -  Organizzazione
  della  gestione  venatoria  con  suddivisione  del  territorio   in
  «riserve di caccia» e «distretti venatori» - Ricorso del Governo  -
  Formulazione delle censure senza adeguato fondamento  argomentativo
  - Inammissibilita' delle questioni. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6, artt.
  14 e 17. 
- Costituzione,   art.   18;   Statuto   speciale    della    Regione
  Friuli-Venezia Giulia, art. 4, primo comma; legge 11 febbraio 1992,
  n. 157, art. 14, comma 10. 
Caccia - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia  -  Sottoposizione
  di tutto il territorio regionale al  regime  giuridico  della  Zona
  faunistica delle Alpi, con destinazione a protezione della fauna di
  una quota del territorio agro-silvo-pastorale  inferiore  a  quella
  prevista dagli artt. 10  e  11  della  legge  n.  157  del  1992  -
  Violazione degli standard minimi ed uniformi di tutela ambientale -
  Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6,  art.
  2, commi 1 e 3. 
- Costituzione, artt. 3 e 117, comma  secondo,  lett.  s);  legge  11
  febbraio1992, n. 157, combinato disposto degli artt. 10 e 11. 
Caccia - Norme della Regione Friuli-Venezia  Giulia  -  Creazione  di
  un'associazione dei cacciatori per l'organizzazione  dell'attivita'
  venatoria nel territorio  regionale  e  modalita'  di  composizione
  dell'assemblea degli eletti - Violazione della disciplina  statale,
  avente  carattere  di   grande   riforma   economico-sociale,   che
  stabilisce  i  criteri  e  gli  standard  minimi  ed  uniformi   di
  composizione degli organi  preposti  alla  gestione  dell'attivita'
  venatoria - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6,  art.
  19. 
- Costituzione, art. 18; legge 11 febbraio 1992,  n.  157,  art.  14,
  comma 10. 
Caccia - Norme della Regione Friuli-Venezia  Giulia  -  Immissione  e
  abbattimento di  fauna  di  allevamento  appartenente  alle  specie
  cacciabili nelle  aziende  agri-turistico-venatorie  per  tutta  la
  stagione venatoria - Ricorso  del  Governo  -  Ritenuta  violazione
  della  competenza   esclusiva   statale   nella   materia   «tutela
  dell'ambiente», del  principio  di  ragionevolezza,  nonche'  della
  disciplina statale sulla  tutela  faunistica  avente  carattere  di
  grande riforma economico-sociale  -  Esclusione  -  Non  fondatezza
  della questione. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6,  art.
  23, comma 7. 
- Costituzione, artt. 3 e 117, comma  secondo,  lett.  s);  legge  11
  febbraio 1992, n. 157, art. 16, comma 1, lett. b). 
Caccia -  Norme  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  -  Attivita'
  venatoria       svolta       all'interno       delle        aziende
  agri-turistico-venatorie, con esonero da una serie  di  adempimenti
  specifici previsti dalla normativa statale -  Irragionevole  deroga
  alla disciplina sulle  modalita'  di  esercizio  della  caccia  che
  contrasta con gli standard  minimi  ed  uniformi  di  tutela  della
  fauna, previsti dalla legislazione dello Stato, avente carattere di
  grande riforma economico-sociale - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6,  art.
  23, commi 8 e 9. 
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. s); legge 11  febbraio
  1992, n. 157, art. 16, comma 4. 
Caccia - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia  -  Cattura  degli
  uccelli  attraverso  l'uso  esclusivo  di  impianti  fissi  a  reti
  orizzontali  (prodine)  e  verticali   (roccoli   e   bressane)   -
  Disposizione analoga ad altra  gia'  dichiarata  costituzionalmente
  illegittima (sentenza n.  124/1990)  -  Prevista  utilizzazione  di
  mezzi non selettivi in contrasto con la Convenzione  di  Berna  del
  1979 - Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6,  art.
  44, che sostituisce l'art. 3 della legge regionale 1° giugno  1993,
  n. 29. 
- Costituzione, art. 117, commi primo e  secondo,  lett.  l)  ed  s);
  Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, art. 4,  primo  comma;
  direttiva  del  2  aprile  1979,  n.  79/409/CEE,  artt.  5  e   9;
  convenzione  internazionale  per  la   protezione   degli   uccelli
  selvatici, adottata a Parigi il 18 ottobre 1950, ratificata e  resa
  esecutiva in Italia con legge 24 novembre 1978, n. 812; convenzione
  relativa alla conservazione della vita  selvatica  e  dell'ambiente
  naturale  in  Europa,  adottata  a  Berna  il  19  settembre  1979,
  ratificata e resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 203;  legge
  11 febbraio 1992, n. 157, artt. 3 e 30, comma 1, lett. e). 
(GU n.22 del 3-6-2009 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
                              Sentenza 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 2, commi 1
e 3, 14, 17, 19, 23, commi 7, 8 e 9, e 44 della legge  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia  6  marzo  2008,  n.  6  (Disposizioni  per  la
programmazione   faunistica   e   per   l'esercizio    dell'attivita'
venatoria), promosso dal Presidente del Consiglio  dei  ministri  con
ricorso notificato il 16-26 maggio 2008, depositato in cancelleria il
21 maggio 2008 ed iscritto al n. 25 del registro ricorsi 2008. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia; 
    Udito nell'udienza pubblica del 31 marzo 2009 il giudice relatore
Maria Rita Saulle; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Francesca Quadri per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Giandomenico  Falcon  per  la
Regione Friuli-Venezia Giulia. 
                          Ritenuto in fatto 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  notificato
il 16-26 maggio 2008 e depositato il 21  maggio  2008,  ha  sollevato
questione di legittimita' costituzionale degli artt. 2, commi 1 e  3,
14, 17, 19, 23, commi 7, 8 e  9,  e  44  della  legge  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia  6  marzo  2008,  n.  6  (Disposizioni  per  la
programmazione   faunistica   e   per   l'esercizio    dell'attivita'
venatoria), in riferimento agli artt. 3, 18,  117,  primo  e  secondo
comma, lettere l) e s), della Costituzione e all'art. 4, primo comma,
della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n.  1  (Statuto  speciale
della Regione Friuli- Venezia Giulia). 
    Il ricorrente premette che,  sebbene  la  Regione  Friuli-Venezia
Giulia, ai sensi dell'art. 4, primo comma, punto 3,  e  dell'art.  6,
primo  comma,  punto  3,  dello  statuto  speciale,  abbia   potesta'
legislativa primaria in materia di caccia  e  tutela  del  paesaggio,
flora e fauna, queste materie  sono  sottoposte  «al  rispetto  degli
standard minimi ed uniformi di  tutela  indicati  dalla  legislazione
nazionale, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera  s),  della
Costituzione», nonche' «della normativa  comunitaria  di  riferimento
(direttive 79/409/CEE, 85/411/CEE e 91/244/CEE)». 
    Fatta questa premessa, il  ricorrente  solleva  le  questioni  di
legittimita' costituzionale che si riportano di seguito: 
    1.1. - La prima ha ad oggetto l'art. 2, commi 1 e 3, nella  parte
in cui prevede che tutto il territorio della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia sia sottoposto al regime giuridico della zona faunistica delle
Alpi, includendovi «anche la fascia di mare fino ad un  miglio  dalla
costa, le lagune e la pianura friulana». Tale  previsione,  a  parere
del ricorrente, contrasta con l'art. 10,  comma  3,  della  legge  11
febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna  selvatica
omeoterma e per  il  prelievo  venatorio),  che  stabilisce  che  «il
territorio agro-silvo-pastorale di ogni Regione e' destinato per  una
quota dal 20 al 30 per cento  a  protezione  della  fauna  selvatica,
fatta eccezione per il territorio delle Alpi di ciascuna Regione, che
costituisce una zona faunistica  a  se'  stante  ed  e'  destinato  a
protezione nella percentuale dal 10 a 20 per  cento».  Il  ricorrente
ritiene che la disposizione regionale  irragionevolmente  sottoponga,
nei sensi sopra indicati, il  territorio  regionale  alla  disciplina
prevista per le zone faunistiche delle Alpi, in tal modo riducendo la
percentuale di  esso  destinata  alla  protezione  della  fauna,  con
conseguente lesione degli standard minimi ed uniformi di tutela posti
dalla legge n. 157 del  1992,  vincolanti  anche  per  le  Regioni  a
statuto speciale, e quindi della competenza esclusiva statale di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. 
    1.2. - Quanto alla seconda censura, il ricorrente ritiene che  le
disposizioni contenute negli articoli 14,  17  e  19  della  medesima
legge,  nella  parte  in  cui  «disciplinano  l'organizzazione  della
gestione venatoria prevedendo, in particolare,  la  suddivisione  del
territorio in unita' denominate «riserve di  caccia»  (art.  14)  che
sono accorpate nei cosiddetti «distretti venatori» (art. 17);  che  a
loro volta hanno l'obbligo di aderire ad  un'associazione  denominata
«associazione dei cacciatori»  (art.  19)»,  violerebbero  l'art.  18
Cost. In particolare, le suddette disposizioni  configurerebbero  «un
quadro normativo che impone a chiunque voglia esercitare  l'attivita'
venatoria  nella  Regione  Friuli-Venezia  Giulia   un   obbligo   di
associazione ad  un  unico  soggetto,  in  palese  contrasto  con  il
principio della liberta' di associazione». 
    Le medesime norme, inoltre, violerebbero  anche  l'art.  4  dello
statuto  speciale  di  autonomia,  in  quanto  determinerebbero  «una
privatizzazione della gestione faunistica al livello regionale ed una
concentrazione nella mani di un'unica categoria della stessa gestione
faunistica, in contrasto con quanto previsto dall'art. 14, comma  10,
della legge n. 157 del 1992»  il  quale,  configurandosi  come  norma
fondamentale di riforma economico-sociale, prevede invece che  «negli
organismi di gestione faunistica, deve essere assicurata la  presenza
paritaria  delle   organizzazioni   professionali   agricole,   delle
associazioni venatorie nazionali e delle associazioni  di  protezione
ambientale». 
    1.3. - La terza censura investe l'art. 23, commi 7, 8 e  9  della
legge in oggetto. Tali disposizioni, secondo il  ricorrente,  violano
la competenza esclusiva statale di cui all'art. 117,  secondo  comma,
lettera s), Cost., nonche' il  principio  di  ragionevolezza  di  cui
all'art. 3 Cost., in quanto, contrastando con  l'art.  16,  comma  4,
della legge n. 157 del 1992, esse prevedono che l'attivita' venatoria
svolta nelle aziende agri-turistico-venatorie non  venga  considerata
esercizio della caccia, di talche' essa risulterebbe esonerata «dagli
obblighi di legge previsti dalla citata legge-quadro nazionale». 
    1.4. - Con una quarta censura il  ricorrente  impugna  l'art.  44
della stessa legge, nella parte in cui, sostituendo  l'art.  3  della
legge regionale 1° giugno  1993,  n.  29  (Disciplina  dell'aucupio),
consente l'utilizzo indiscriminato di impianti fissi a  rete  per  la
cattura di uccelli ovvero l'uccellagione, cosi' violando gli articoli
5 e 9 della direttiva n. 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli
selvatici, che sanciscono il divieto di cattura «di tutte  le  specie
di uccelli «deliberatamente con qualsiasi metodo» e  assoggettano  la
cattura e la detenzione degli  uccelli  all'utilizzazione  di  metodi
rigidamente  selettivi».  Inoltre,  la  disposizione  censurata,  nel
prevedere l'uso delle reti, violerebbe la Convenzione  internazionale
per la protezione degli uccelli selvatici, adottata a  Parigi  il  18
ottobre 1950, ratificata e resa esecutiva  in  Italia  con  legge  24
novembre  1978,  n.  812,  nonche'  la  Convenzione   relativa   alla
Conservazione  della  vita  selvatica  e  dell'ambiente  naturale  in
Europa,  adottata  a  Berna  il  19  settembre  1975  (recte:  1979),
anch'essa ratificata e resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503
(recte: 203), e, quindi l'art. 4, primo comma, dello statuto speciale
e l'art. 117, primo comma, della Costituzione. 
    Ritiene poi il ricorrente che  l'art.  44,  nella  parte  in  cui
prevede che «possono essere individuati impianti tra quelli  attivati
da destinare a cattura per l'allevamento amatoriale  e  ornamentale»,
violi, inoltre, l'art. 3 della legge statale n.  157  del  1992,  che
vieta ogni forma di  uccellagione;  attivita'  sanzionata  penalmente
dall'art. 30, comma 1, lettera e), della medesima legge. Pertanto, ad
avviso del Presidente del Consiglio  dei  ministri,  la  disposizione
regionale violerebbe anche la competenza esclusiva statale in materia
di ordinamento penale e tutela dell'ambiente  di  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettere l) ed s), della Costituzione. 
    2. - Con atto depositato in data 11 giugno 2008 si e'  costituita
in giudizio  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  chiedendo  che  il
ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato. 
    2.1. - Con riferimento all'art. 2,  commi  1  e  3,  della  legge
impugnata,  la  difesa  regionale  eccepisce,  in  via   preliminare,
l'inammissibilita' della censura relativa alla  violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., in  quanto  il  ricorrente  ha
omesso  di  motivare  in  ordine  all'applicabilita'   del   suddetto
parametro nei confronti  di  una  legge  di  una  Regione  a  statuto
speciale. Del pari inammissibile sarebbe la  censura  riguardante  la
violazione dell'art. 3 Cost., nonche' quella sulla  violazione  degli
standard minimi uniformi,  in  quanto  entrambe  sarebbero  prive  di
motivazione. 
    Nel merito, la difesa regionale sottolinea, da un lato,  che  una
disposizione di analogo contenuto a  quella  impugnata  nel  presente
giudizio era gia' prevista  nell'art.  2  della  legge  regionale  31
dicembre 1999, n. 30 (Gestione ed esercizio dell'attivita'  venatoria
nella Regione Friuli-Venezia Giulia); dall'altro che,  contrariamente
a quanto sostenuto dal ricorrente, la norma censurata  sarebbe  volta
«ad aumentare le soglie di tutela rispetto  alla  legge  statale  la'
dove il bisogno esiste, cioe' nelle zone autenticamente montane».  Al
riguardo,  si  precisa,  inoltre,  che  «la  scelta  delle  aree   da
sottoporre ad una determinata quota territoriale minima e massima  di
tutela spetta alla Regione» e che, nel caso di  specie,  non  sarebbe
stato superato il limite  della  ragionevolezza  poiche',  a  seguito
«dell'intensa  antropizzazione»  delle  aree  di   pianura,   sarebbe
«inutile ed inefficace una piu' elevata soglia di  protezione»  delle
stesse. 
    2.2. - Anche in relazione agli impugnati artt. 14, 17 e 19  della
legge regionale n. 6 del  2008,  concernenti  l'organizzazione  della
gestione venatoria, la Regione Friuli-Venezia  Giulia  eccepisce,  in
via preliminare, l'inammissibilita' delle censure per genericita'. Il
ricorrente non avrebbe infatti indicato «a quale disposizione, tra le
diverse tre citate, sarebbe dovuta la violazione» dell'art. 18 Cost.,
ne' le modalita'  attraverso  le  quali  si  verrebbe  a  determinare
l'asserita privatizzazione e concentrazione della gestione faunistica
in un'unica categoria, nonche' il  mancato  coinvolgimento  di  altre
categorie. 
    Nel merito, la difesa regionale ritiene  che  dalle  disposizioni
impugnate  non  discenderebbe  alcun  obbligo  di  aderire   ad   una
determinata associazione e che, comunque, la condizione richiesta, di
appartenenza del cacciatore all'associazione titolare della  riserva,
troverebbe  una  ragionevole  giustificazione  nel   fatto   che   il
cacciatore, in questo modo, opererebbe «non come  individuo  isolato,
ma come parte di una comunita' globalmente responsabile della riserva
nel rispetto delle sue regole». 
    Sempre secondo la Regione resistente  le  censure  relative  agli
artt. 17 e 19 sarebbero «del tutto oscure», in particolare lo sarebbe
quella riferita all'art. 17, in quanto detta disposizione non prevede
la  creazione  di  alcuna  associazione.  Quanto  all'art.   19,   la
previsione che le «associazioni riservistiche [...]  siano  aggregate
in una ulteriore struttura a base associativa, titolare di competenze
in larga misura pubblicistiche», non inciderebbe sulla  liberta'  del
singolo di partecipare o meno ad una determinata associazione. 
    Del pari  infondata  sarebbe  la  censura  relativa  all'asserita
violazione dell'art. 14, comma 10,  della  legge  n.  157  del  1992,
derivante dal fatto che la legge regionale impugnata  affiderebbe  la
gestione  faunistica  alle  sole  associazioni  di   cacciatori.   In
proposito, la Regione resistente nega al citato art. 14 la natura  di
norma di riforma economico-sociale essendo, a  suo  avviso,  evidente
che non si tratterebbe di una disposizione a tutela  della  fauna  ma
«di una mera regola organizzativa della gestione  della  caccia»,  di
competenza, peraltro, della Regione  data  la  potesta'  primaria  di
questa in materia di caccia. 
    2.3. - Anche della censura relativa all'art. 23, commi 7, 8  e  9
la  Regione  deduce,  in  via  preliminare,  l'inammissibilita'   per
«l'inappropriatezza del richiamo all'art. 117, secondo  comma,  della
Costituzione», per la genericita' del  riferimento  al  principio  di
ragionevolezza, nonche' perche' essa ha ad oggetto  «tre  articoli  a
contenuto complesso» senza  individuare  «la  specifica  disposizione
considerata lesiva». 
    Nel merito, la difesa  regionale  osserva  che  i  commi  7  e  9
sarebbero conformi alla legge statale n.  157  del  1992.  Quanto  al
comma 8, a sostegno  dell'infondatezza,  la  resistente  precisa  che
nelle  aziende  agri-turistico-venatorie  «la  fruizione   venatoria»
sarebbe riferita «solo a fauna immessa,  senza  alcuna  ripercussione
sulla fauna selvatica». 
    2.4. - Infine, riguardo alla censura riferita all'art.  44  della
legge regionale n. 6 del 2008, la Regione  rileva  che  il  novellato
art. 3 della legge regionale n. 29  del  1993  «e'  una  disposizione
complessa, che consta ben di nove commi».  Pertanto,  a  suo  avviso,
sarebbe del tutto «aprioristico ed infondato affermare [...]  che  la
disposizione  consenta  indiscriminatamente  l'utilizzo  di  impianti
fissi a rete per la cattura di uccelli». 
    Rileva,  comunque,  la  Regione  che  la  censura  riferita  alla
presunta violazione degli  obblighi  internazionali  stabiliti  dalla
Convenzione di Parigi e dalla Convenzione di Berna e'  inammissibile,
in quanto formulata in modo generico. 
    Nel merito, a sostegno dell'infondatezza, la  Regione  sottolinea
che non sarebbe possibile equiparare l'uso delle reti, da un lato,  e
l'impiego di mezzi di cattura non selettivi dall'altro. In proposito,
la resistente richiama la giurisprudenza amministrativa con la  quale
si e' affermato che l'utilizzo di specifiche tipologie di  reti,  con
gli accorgimenti necessari, «vale ad escludere il carattere della non
selettivita' del mezzo venatorio» (Cons. Stato, sez.  VI,  19  maggio
2003, n. 2698). 
    3. -  In  prossimita'  dell'udienza  la  difesa   della   Regione
Friuli-Venezia  Giulia  ha  depositato  memoria  con  la  quale,  nel
ribadire  le  argomentazioni  contenute  nell'atto  di  costituzione,
insiste per la dichiarazione di inammissibilita'  e  di  infondatezza
del ricorso. 
    In particolare, riguardo  alla  seconda  censura,  la  resistente
precisa che dalla legge regionale  impugnata  non  emergerebbe  alcun
obbligo di associarsi  per  il  cacciatore,  interessato  a  svolgere
attivita' venatoria nel territorio regionale,  e  che  l'Associazione
riserva di caccia sarebbe «investita di  funzioni  pubblicistiche  di
regolazione, affidatele dalla Regione [...]»  e  destinate  a  «tutti
coloro   che   esercitano   l'attivita'   venatoria»   e   che    non
sussisterebbero «ostacoli o  limitazioni»  a  carico  dei  cacciatori
interessati a «fare parte dell'associazione medesima». 
    Sempre  ad  avviso  della  resistente,  non  vi  sarebbe   alcuna
privatizzazione  della  gestione   faunistica,   in   quanto,   nella
preparazione  del  Piano  venatorio  distrettuale,  che   costituisce
«l'atto fondamentale di programmazione della gestione  venatoria  sul
territorio», e' previsto il coinvolgimento  «di  tutte  le  categorie
interessate» (rappresentanti locali delle associazioni di  protezione
ambientale,  agricole  e  venatorie  maggiormente  rappresentative  a
livello  regionale,  enti  locali   territorialmente   compresi   nel
Distretto venatorio), nonche' l'acquisizione del parere del  Comitato
faunistico regionale. 
    Infine,  con  riferimento  alla  quarta   censura,   la   Regione
Friuli-Venezia  Giulia  ribadisce  che  le  norme  internazionali   e
comunitarie non vieterebbero «in se' l'uso delle reti, ma  l'utilizzo
delle medesime» in modo non selettivo e sottolinea che la fattispecie
oggetto del presente  giudizio  sarebbe  diversa  rispetto  a  quella
decisa da questa Corte con la sentenza n. 124 del  1990,  poiche'  le
norme regionali dichiarate illegittime  con  la  sentenza  da  ultimo
richiamata consentivano l'uccellagione con bressana, roccolo, prodina
e  panie  «senza  prevedere  alcuna  specificazione   in   ordine   a
caratteristiche tecniche degli  impianti  e  modalita'  operative  di
cattura». 
                       Considerato in diritto 
    1. - Il Governo ha impugnato numerose  disposizioni  della  legge
della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6  (Disposizioni
per la programmazione faunistica  e  per  l'esercizio  dell'attivita'
venatoria),  sul  presupposto  che  esse   eccedano   la   competenza
legislativa  primaria  che  lo  statuto  speciale  attribuisce   alla
predetta Regione nelle  materie  della  caccia  e  della  tutela  del
paesaggio, flora e fauna, con conseguente lesione degli artt. 3,  18,
117, primo e secondo comma, lettere l) e  s),  della  Costituzione  e
degli artt. 4, primo comma, e 6, primo comma, punto  3,  della  legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della  Regione
Friuli-Venezia Giulia). 
    Le disposizioni regionali impugnate risulterebbero, altresi',  in
contrasto con la legge statale 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio). 
    Invero,  secondo  giurisprudenza  costante  di  questa  Corte  le
disposizioni relative alla tutela  della  fauna  selvatica  contenute
nella cennata legge  statale  hanno  carattere  di  norme  di  grande
riforma economico-sociale (sentenze n. 4 del 2000, n. 210 del 2001). 
    2. - In via preliminare, l'eccezione di inammissibilita' proposta
dalla Regione resistente in  relazione  alla  prospettata  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera  s),  della  Costituzione  deve
essere dichiarata infondata. In effetti, il  ricorrente  non  avrebbe
argomentato riguardo all'applicabilita' della  suddetta  disposizione
costituzionale anche ad una Regione a statuto speciale. 
    Dal ricorso introduttivo si evince, infatti,  che,  la'  dove  il
ricorrente richiama l'indicato parametro costituzionale, egli ritiene
che le disposizioni  impugnate  superano  i  limiti  che  lo  statuto
speciale della Regione Friuli-Venezia  Giulia  pone  alla  competenza
legislativa  primaria  della  Regione  in  materia  di   tutela   del
paesaggio, flora e  fauna  e,  conseguentemente,  violano  l'indicato
parametro costituzionale. 
    2.1. - Ancora in via preliminare, non  meritano  accoglimento  le
eccezioni di inammissibilita' per genericita' delle censure sollevate
nei confronti di alcune delle disposizioni impugnate (artt. 2,  commi
1 e 3, 19, 23, commi 7, 8 e  9,  44),  in  quanto  il  ricorrente  ha
offerto una motivazione che consente  di  individuare  l'oggetto  del
giudizio  e  le  ragioni  sulle  quali   si   basano   i   dubbi   di
costituzionalita' sollevati. 
    2.2. -  Sempre  in  via  preliminare,   infine,   va   dichiarata
l'inammissibilita' delle censure relative agli artt. 14  e  17  della
legge regionale n. 6 del 2008 in quanto formulate senza  un  adeguato
fondamento argomentativo. 
    3. - Nel merito, va premesso  che  questa  Corte  ha  piu'  volte
sottolineato che «la  disciplina  statale  che  delimita  il  periodo
venatorio  [...]  e'  stata   ascritta   al   novero   delle   misure
indispensabili per assicurare  la  sopravvivenza  e  la  riproduzione
delle  specie  cacciabili,  rientrando  in  quel  nucleo  minimo   di
salvaguardia della fauna selvatica ritenuto vincolante anche  per  le
Regioni speciali e le  Province  autonome»  e  che  «le  disposizioni
legislative statali  che  individuano  le  specie  cacciabili»  hanno
carattere  di  norme  fondamentali   di   riforma   economico-sociale
(sentenza n. 227 del 2003 che richiama la sentenza n. 323 del 1998). 
    3.1. - Venendo ad esaminare le singole censure,  quelle  riferite
ai commi 1 e 2 dell'art. 2 sono fondate. 
    In particolare, l'art. 2  prevede,  al  comma  1,  che  «Ai  fini
dell'applicazione della presente legge, il territorio  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia e' sottoposto al regime  giuridico  della  Zona
faunistica delle Alpi» e, al comma 3, afferma che «la Regione destina
a   protezione    della    fauna    una    quota    del    territorio
agro-silvo-pastorale non inferiore al 10 per cento e non superiore al
20 per cento». 
    Diversamente da tale disciplina, sulla base dell'art.  11,  comma
1, della legge n. 157 del 1992 il territorio delle  Alpi  si  connota
per la consistente presenza della tipica flora e fauna alpina  e,  in
ragione di cio', viene considerato zona faunistica a se' stante. 
    In particolare, l'art. 10, comma 3, della  citata  legge  prevede
che «il territorio agro-silvo-pastorale di ogni Regione e'  destinato
per una quota dal 20  al  30  per  cento  a  protezione  della  fauna
selvatica, fatta eccezione per il territorio delle Alpi  di  ciascuna
Regione, che costituisce una zona  faunistica  a  se'  stante  ed  e'
destinato a protezione nella percentuale dal 10 a 20 per cento». 
    Queste considerazioni indicano che il legislatore regionale,  nel
sottoporre l'intera Regione Friuli-Venezia Giulia al regime giuridico
della zona faunistica delle Alpi, ha, irragionevolmente, limitato  la
quota di territorio da destinare a protezione della fauna  selvatica,
con cio' violando gli standard minimi ed uniformi di  tutela  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.  e,  in  particolare,
ponendosi in contrasto con quanto  previsto  dal  combinato  disposto
degli artt. 10 e 11 della legge n. 157 del 1992, in ragione del quale
l'individuazione del territorio delle Alpi quale  zona  faunistica  a
se' stante presuppone la presenza di peculiari caratteristiche. 
    4. - La questione relativa all'art. 19 e' fondata. 
    La disposizione impugnata si propone di disciplinare la  gestione
e l'organizzazione dell'attivita' venatoria nel territorio  regionale
e, a tal fine, prevede la creazione di un'Associazione dei cacciatori
affidandole i compiti sopra indicati. 
    L'art. 19 individua, poi, gli organi di cui si compone l'indicata
Associazione stabilendo, tra l'altro, che  l'Assemblea  degli  eletti
sia composta da «un'adeguata e omogenea rappresentanza dei cacciatori
sia territoriale [...] che per tipologia di caccia». 
    L'art. 14,  comma  1,  della  legge  statale  n.  157  del  1992,
anch'esso finalizzato alla disciplina della caccia, stabilisce che le
Regioni,   sentite   le   organizzazioni    professionali    agricole
maggiormente  rappresentative  a  livello  nazionale  e  le  Province
interessate,  ripartiscono  in  ambiti  territoriali  di  caccia   il
territorio agro-silvo-pastorale, destinato alla caccia programmata. 
    Il successivo comma 10 dello stesso art. 14, prevede  che  «negli
organi direttivi degli ambiti  territoriali  di  caccia  deve  essere
assicurata la presenza paritaria, in misura pari complessivamente  al
60 per cento dei componenti, dei rappresentanti di  strutture  locali
delle    organizzazioni    professionali    agricole     maggiormente
rappresentative a livello nazionale e  delle  associazioni  venatorie
nazionali  riconosciute,  ove  presenti  in  forma  organizzata   sul
territorio.  Il  20  per  cento  dei  componenti  e'  costituito   da
rappresentanti di associazioni di protezione ambientale presenti  nel
Consiglio  nazionale  per  l'ambiente  e   il   20   per   cento   da
rappresentanti degli enti locali». 
    Risulta  evidente  la  difformita'  della   normativa   regionale
impugnata rispetto a quanto previsto dall'art. 14,  comma  10,  della
legge n. 157 del 1992 che, nel  fissare  i  criteri  di  composizione
degli organi preposti alla gestione  dell'attivita'  venatoria  negli
ambiti territoriali individuati secondo le modalita' indicate,  fissa
uno standard minimo ed uniforme di composizione degli  organi  stessi
che deve essere garantito in tutto il territorio nazionale. 
    5. - Altre censure investono l'art. 23, commi 7, 8 e 9. 
    L'indicato    comma    7    prevede    che     «nelle     aziende
agri-turistico-venatorie  e'  consentita,  per  tutta   la   stagione
venatoria, l'immissione e  l'abbattimento  di  fauna  di  allevamento
appartenente alle specie cacciabili». 
    La questione riferita al suddetto comma non e' fondata, in quanto
tale previsione e' conforme all'art. 16, comma 1, lettera  b),  della
legge statale n. 157 del 1992. Ai sensi della norma da ultimo  citata
le   Regioni   possono   infatti   «autorizzare,    regolamentandola,
l'istituzione di aziende agri-turistico-venatorie, ai fini di impresa
agricola, soggette a tassa di concessione regionale, nelle quali sono
consentiti  l'immissione  e  l'abbattimento  per  tutta  la  stagione
venatoria di fauna selvatica di allevamento». 
    Le questioni riguardanti i successivi commi 8 e 9 sono fondate. 
    In particolare, il comma 8 prevede che  «la  fruizione  venatoria
nelle aziende agri-turistico-venatorie non  costituisce  giornata  di
caccia ed esonera dall'obbligo dell'indicazione delle giornate fruite
e dei capi abbattuti» ed il successivo comma  9  che  nelle  medesime
aziende «sono consentiti l'addestramento e l'allenamento di  cani  da
caccia e di falchi e l'effettuazione di gare e prove  cinofile  anche
con l'abbattimento di fauna di allevamento, appartenente alle  specie
cacciabili, durante tutto il periodo dell'anno». 
    La Regione Friuli-Venezia Giulia, nell'escludere che  l'attivita'
venatoria svolta all'interno delle  aziende  agri-turistico-venatorie
sia considerata caccia, nonche' nell'estendere il permesso di  caccia
nelle suddette aziende a «tutto il periodo dell'anno», introduce  una
irragionevole  deroga  alla  rigida  disciplina  sulle  modalita'  di
esercizio della caccia che  contrasta  con  gli  standard  minimi  ed
uniformi di tutela della fauna,  quali  previsti  dalla  legislazione
dello Stato. 
    6. - La  questione  avente  ad  oggetto  l'art.  44  della  legge
regionale n. 6 del 2008 e' fondata. 
    La norma impugnata prevede che la cattura degli  uccelli  avvenga
«esclusivamente»  attraverso  l'uso  di  impianti   fissi   «a   reti
orizzontali (prodine) e verticali (roccoli e  bressane)»  e  che  «le
amministrazioni possano individuare un impianto compreso  tra  quelli
attivati da  destinare  a  cattura  per  l'allevamento  amatoriale  e
ornamentale». 
    Questa Corte, con la sentenza n. 124 del 1990, ha gia' dichiarato
l'illegittimita' costituzionale di  analoghe  disposizioni  contenute
nella legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 24  luglio  1969,  n.
17, che  consentivano  l'utilizzo,  quali  mezzi  di  cattura,  della
bressana, del roccolo,  della  prodina  e  delle  panie;  mezzi  gia'
qualificati  come  non  selettivi  che  risultano,  tra  l'altro,  in
contrasto con la stessa normativa internazionale e specificamente con
la citata Convenzione di Berna del 1979. 
    Ad analoghe conclusioni deve dunque  pervenirsi  in  ordine  alla
questione di legittimita' costituzionale riguardante l'art. 44  della
legge regionale n. 6 del 2008. 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi  1  e
3, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6
(Disposizioni per la  programmazione  faunistica  e  per  l'esercizio
dell'attivita' venatoria), nella parte in  cui  sottopone  al  regime
giuridico della zona faunistica delle Alpi tutto il territorio  della
Regione Friuli-Venezia Giulia; 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 19 della legge
regionale n. 6 del 2008; 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23, commi 8  e
9, della legge regionale n. 6 del 2008; 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 44 della legge
regionale n. 6 del 2008; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale degli artt. 14 e 17 della medesima legge regionale  n.
6 del 2008; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 23, comma 7, della legge regionale n. 6 del 2008. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 maggio 2009. 
                       Il Presidente: Amirante 
                        Il redattore: Saulle 
                      Il cancelliere: Di Paola 
    Depositata in cancelleria il 29 maggio 2009. 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola