N. 191 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 febbraio 2009
Ordinanza del 24 febbraio 2009 emessa dal Tribunale di Lucca sul ricorso proposto da Ruggi Renato contro I.N.P.S.. Fallimento e procedure concorsuali - Istanza di esdebitazione presentata da soggetto il cui fallimento si e' chiuso anteriormente all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 5 del 2006 di riforma della legge fallimentare - Disciplina transitoria in materia di esdebitazione introdotta dal decreto legislativo n. 169 del 2007 - Applicabilita' dell'istituto dell'esdebitazione anche alle procedure di fallimento in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 5 del 2006, chiuse o ancora pendenti al 1° gennaio 2008 - Esclusione dal beneficio dell'esdebitazione dei soggetti il cui fallimento si e' chiuso prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 5 del 2006 - Irragionevolezza - Ingiustificata disparita' di trattamento dei soggetti dichiarati falliti, discriminati, nell'accesso al beneficio dell'esdebitazione, in ragione del mero dato cronologico della chiusura della procedura fallimentare anteriormente o successivamente all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 5 del 2006. - Decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169, artt. 19 e 22, comma 4. - Costituzione, art. 3.(GU n.28 del 15-7-2009 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza. 1. - Con ricorso depositato in data 14 aprile 2008, Ruggi Renato, premesso che il Tribunale di Lucca con sentenza emessa in data 7-8 aprile 1992 aveva dichiarato il fallimento della S.n.c. Fratelli Ruggi di Ruggi Renato e C. nonche' dei soci illimitatamente responsabili in proprio Ruggi Renato e Moscardini Maria; che il 16 gennaio 2003 il Tribunale di Lucca aveva dichiarato con decreto la chiusura del fallimento in oggetto per intervenuto riparto dell'attivo; che essa ricorrente non era stata condannata con sentenza passata in giudicato per il reato di bancarotta fraudolenta ovvero per delitti contro l'economia pubblica, l'industria o il commercio ne' per altri delitti compiuti in connessione all'esercizio dell'impresa, come risultava dal prodotto certificato del casellario generale; che nei confronti di essa esponente non erano pendenti procedimenti penali; che pertanto ricorrevano le condizioni di cui all'art. 142 legge fall. per la concessione del beneficio dell'esdebitazione; tanto premesso, chiedeva che il tribunale, sentiti il curatore ed il comitato dei creditori, dichiarasse inesigibili nei confronti di essa ricorrente i debiti concorsuali insoddisfatti. Il tribunale fissava per la comparizione delle parti l'udienza del 15 ottobre 2003, disponendo l'acquisizione dei pareri del curatore e del comitato dei creditori. Si costituiva l'I.N.P.S., che contestava il fondamento della istanza in oggetto. In particolare, deduceva in rito l'improponibilita' c/o inammissibilita' della domanda, in quanto la procedura fallimentare de qua era stata gia' dichiarata chiusa alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 5 del 9 gennaio 2006; nel merito, eccepiva l'inapplicabilita' dell'istituto dell'esdebitazione nei confronti dei crediti contributivi. Seguiva quindi l'udienza del 23 gennaio 2009; a tale ultima udienza, il Collegio tratteneva il ricorso in decisione. 2. - Rileva preliminarmente il Collegio che nella fattispecie in esame non ricorre alcuna delle condizioni ostative considerate dai nn. 1 - 6 dell'art. 142 legge fall. Occorre osservare al riguardo: 1) che dal certificato generale del casellario giudiziale e dal certificato dei carichi pendenti non emergono condanne, ne' procedimenti pendenti a carico dell'istante; 2) che la motivata ed articolata relazione del curatore fallimentare evidenzia come la ricorrente abbia collaborato, nel corso della procedura concorsuale, con gli organi fallimentari; non abbia in alcun modo ritardato lo svolgimento della procedura; non abbia violato le disposizioni di cui all'art. 48 legge fall.; non abbia posto in essere condotte rilevanti ai sensi dell'art. 5 art. 142 legge fall. Risulta inoltre insussistente l'ulteriore condizione ostativa di cui al secondo comma dell'art. 142 cit., atteso che in sede di riparto e' stata distribuita ai creditori una somma rilevante ai fini specifici (quanto al n. 4) dell'art. 142 cit., cfr. certificato cancelleria fallimentare in atti). Devesi rilevare, infine, che l'art. 142 primo comma legge fall. riserva l'accesso al beneficio in oggetto al «fallito persona fisica» e, quindi, anche ai soggetti illimitatamente responsabili falliti in proprio ai sensi dell'art. 147 legge fall. (tale e' il caso in esame). A tali elementi in fatto e' legata la rilevanza della questione di legittimita' di cui infra. 3. - Nel caso in esame, l'esdebitazione viene richiesta con riferimento ad un fallimento dichiarato nell'aprile 1992 e successivamente chiuso, per riparto dell'attivo, con decreto di questo tribunale del 16 gennaio 2003. Il dato testuale rappresentato dal combinato disposto di cui ai commi 1) e 2) dell'art. 19, decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169, osta in radice all'accoglimento dell'istanza. Ed invero, a mente del comma 1) dell'art. cit. «le disposizioni di cui al Capo IX ''della esdebitazione'' del Titolo II del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 esuccessive modificazioni si applicano anche alle procedure di fallimento pendenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5; il successivo comma 2) recita: "qualora le procedure fallimentari di cui al comma 1) risultino chiuse alla data di entrata in vigore del presente decreto, la domanda di esdebitazione puo' essere presentata nel termine di un anno dalla medesima data"». Emerge, quindi, dal dato normativo che l'istituto in esame trova applicazione con riferimento alle procedure concorsuali pendenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 5/2006; la possibilita' di richiedere, nel termine annuale, la esdebitazione di cui al secondo comma e' chiaramente riferita dalla legge alle sole procedure «di cui al comma primo», vale a dire a quelle non ancora chiuse alla data di entrata in vigore della enunciata prima riforma del sistema fallimentare. Coerente con tale impostazione e' l'art. 22 del decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169, che al comma quanto ulteriormente ribadisce che «l'art. 19 si applica alle procedure di fallimento pendenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, pendenti o chiuse alla data di entrata in vigore del presente decreto». Ne', a fronte del chiaro tenore letterale delle disposizioni normative in oggetto (art.19 e art. 22 cit.), frutto della libera scelta del legislatore, appare individuale una diversa interpretazione costituzionalmente orientata. Ne discende che la norma di cui all'art. 19 cit. non puo' trovare applicazione nei casi in cui la procedura fallimentare non era alla data prevista di cui al primo comma pendente, per essere stata gia' chiusa alla data di entrata in vigore della disciplina correttiva di cui al decreto legislativo n.169/2007. Cosi' precisati i termini giuridici entro cui deve essere inscritta l'attuale vicenda controversa e richiamate le considerazioni gia' svolte sub 2) quanto alla rilevanza della questione (sotto il profilo della ritenuta concreta esistenza dei presupposti in fatto per l'ottenimento dei benefici richiesti), questo Collegio reputa che l'art. 19 cit. e l'art. 22 cit. siano incostituzionali per violazione dell'art. 3 della Costituzione. E tale riferimento all'art. 3 Cost. viene fatto in relazione anche al ruolo che il principio di uguaglianza e' venuto ad assumere nel tempo, quale clausola generale di ragionevolezza. Non e' il caso di ripercorrere la genesi e le motivazioni di fondo sottese alla complessiva riforma del sistema fallimentare, tradottasi nei citati decreti legislativi nn. 5/2006 e 169/1997. E' pero' essenziale rilevare come, nel loro complesso, dette riforme abbiano inteso espungere dal sistema fallimentare gran parte degli elementi di carattere punitivo che andavano a colpire il fallito, indipendentemente dalla sua effettiva condotta serbata in epoca anteriore ed in costanza di procedura. In questa prospettiva, svincolata dalla percezione del fallimento quale sanzione o misura punitiva verso l'imprenditore, il legislatore ha inteso, mutuando siffatta normativa anche da altri ordinamenti giuridici, rimodulare i profili relativi alla capacita' ed agli effetti giuridici del fallimento nella sfera giuridica del fallito (prima devoluti alla sola riabilitazione civile, che comportava la cancellazione del nome del debitore dal registro dei falliti e la caducazione delle varie incapacita' personali che colpivano l'imprenditore assoggettato a procedura concorsuale), inserendo, tra gli altri, l'istituto premiale della esdebitazione. Le finalita' premiali nei confronti del fallito di tale istituto appaiono evidenti, il relativo ottenimento essendo ancorato alla condotta «meritevole» tenuta dal fallito (quale delineata nei suoi termini, in negativo ed in positivo, dall'art. 142 legge fall., che prevede condizioni di procedibilita' e condizioni di meritevolezza); condotta incentivata dal legislatore al fine di una migliore e piu' efficiente gestione del fenomeno della crisi dell'impresa, per (cercare di) garantire migliori risultati in termini di ricostruzione della massa attiva e, quindi, economici per il ceto creditorio. La liberazione per il fallito dai debiti concorsuali residui non soddisfatti nel corso del fallimento costituisce quindi una misura premiale finalizzata, nell'ottica del legislatore, al perseguimento della superiori finalita' sopra indicate. Tale beneficio nel sistema della legge e' connesso alle specifiche condotte «meritevoli» indicate nell'art. 142 legge fall. e discende, quale automatico effetto, dall'intervenuta chiusura del fallimento, operata positivamente (su istanza di parte o in forza di iniziativa officiosa ex art. 143 legge fall.) dal tribunale la valutazione dei parametri previsti dall'art. 142 cit. E' proprio in quanto effetto non appare rispondente a canoni costituzionalmente coerenti con l'art. 3 Cost. l'esclusione che nella presente fattispecie viene ad operare. La disciplina degli effetti non puo' patire, infatti, differenze di trattamento rispetto al fatto genetico. L'art. 19 del decreto legislativo n. 169/2007, dettando la disciplina transitoria in materia di esdebitazione, esclude, al contrario, da tale beneficio - e, dunque, dal citato effetto - tutte le procedure di fallimento chiuse anteriormente alle date ivi indicate. L'art. 22, comma quarto, ribadisce la indicata limitazione temporale. Tale assetto normativo appare, pertanto, contrastante con il principio di uguaglianza, appalesandosi del tutto irragionevole, dal momento che l'esclusione dal beneficio in oggetto alle procedure non pendenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 5/2006 viene a riposare esclusivamente su un puro dato di fatto estraneo alla condotta del fallito e quindi, del tutto accidentale (chiusura del fallimento) , escludendo quell'automatismo (in presenza dei presupposti di cui ai nn. 1 - 6 dell'art. 142 legge fall.) che deriva dal fatto della chiusura del fallimento e non da eventi esterni alla sfera giuridica degli interessati. Ne' puo' rilevare nella presente sede il precedente rappresentato da Corte cost. 30 novembre 2007, n. 411, la norma della cui costituzionalita' si discute essendo proprio l'art. 19 cit., cosi' come il successivo art. 22, confermativo della limitazione in oggetto, che ha(nno) introdotto una disparita' di trattamento per situazioni giuridiche in realta' ontologicamemte omogenee. L'esclusione dalla liberazione dai debiti insoddisfatti viene a colpire, in situazione siffatte, soggetti che ben avrebbero potuto usufruire del relativo beneficio, senza che tale effetto appaia ex se giustificato dalle necessita' di tutela di ulteriori interessi costituzionalmente rilevanti ovvero tragga fondamento in fatti o condotte aservibili al fallito. Una simile prospettiva appare, in definitiva, irragionevole e non giustificata nei suoi parametri giuridici di riferimento. Quanto esposto induce questo Collegio a sollevare la questione di legittimita' costituzionale sopra indicata, con riferimento all'art. 3 Cost. delle norme sopra indicate (art. 19 ed art. 22 cit.).
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, cosi' provvede: solleva nei termini di cui in motivazione questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19 decreto legislativo n. 169/2007; sospende il procedimento di esdebitazione in oggetto; dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri; e che sia inoltre comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Lucca, addi' 10 febbraio 2009 Il Presidente estensore: Giuntoli