N. 192 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 febbraio 2009

Ordinanza del 24 febbraio 2009 emessa  dal  Tribunale  di  Lucca  sul
ricorso proposto da Fenili Ornella contro I.N.P.S.. 
 
Fallimento  e  procedure  concorsuali  -  Istanza  di   esdebitazione
  presentata da soggetto il cui fallimento si e' chiuso anteriormente
  all'entrata in vigore del decreto legislativo  n.  5  del  2006  di
  riforma  della  legge  fallimentare  -  Disciplina  transitoria  in
  materia di esdebitazione introdotta dal decreto legislativo n.  169
  del 2007 - Applicabilita'  dell'istituto  dell'esdebitazione  anche
  alle procedure di fallimento in  corso  alla  data  di  entrata  in
  vigore del decreto legislativo n.  5  del  2006,  chiuse  o  ancora
  pendenti  al  1°  gennaio   2008   -   Esclusione   dal   beneficio
  dell'esdebitazione dei soggetti  il  cui  fallimento  si e'  chiuso
  prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 5 del  2006
  - Irragionevolezza - Ingiustificata disparita' di  trattamento  dei
  soggetti  dichiarati   falliti,   discriminati,   nell'accesso   al
  beneficio dell'esdebitazione, in ragione del mero dato  cronologico
  della  chiusura  della  procedura  fallimentare   anteriormente   o
  successivamente all'entrata in vigore del decreto legislativo n.  5
  del 2006. 
- Decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169, artt. 19 e 22, comma
  4. 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.28 del 15-7-2009 )
                            IL TRIBUNALE 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza. 
    1. - Con ricorso  depositato  in  data  27  giugno  2008,  Fenili
Ornella, Premesso che 1'8 ottobre 1997  il  Tribunale  di  Lucca  con
sentenza n. 96/97 aveva dichiarato il fallimento di Eurograf di Luigi
Del Carlo & C. s.n. c., nonche' dei soci illimitatamente responsabili
in proprio Del Carlo Luigi e Fenili Ornella; che il 7 maggio 2003  il
Tribunale di Lucca aveva  dichiarato  con  decreto  la  chiusura  del
fallimento in oggetto per intervenuto riparto dell'attivo;  che  essa
ricorrente non era stata condannata con sentenza passata in giudicato
per il reato di bancarotta  fraudolenta  ovvero  per  delitti  contro
l'economia pubblica,l'industria o il commercio ne' per altri  delitti
compiuti in connessione all'esercizio  dell'impresa,  come  risultava
dal prodotto certificato del casellario generale; che  nei  confronti
di  essa  esponente  non  erano  pendenti  procedimenti  penali;  che
pertanto ricorrevano le condizioni di cui all'art.  142  legge  fall.
per la concessione del beneficio dell'esdebitazione; tanto  premesso,
chiedeva che il tribunale, sentiti il curatore  ed  il  comitato  dei
creditori, dichiarasse inesigibili nei confronti di essa ricorrente i
debiti concorsuali insoddisfatti. 
    Il Tribunale fissava per la comparizione  delle  parti  l'udienza
del 26 settembre  2008,  disponendo  l'acquisizione  dei  pareri  del
curatore e del comitato dei creditori. 
    Si costituiva l'INPS, che contestava il fondamento della  istanza
in oggetto. In particolare, deduceva in rito  l'improponibilita'  e/o
inammissibilita' della domanda, in quanto la  procedura  fallimentare
de qua era stata gia' dichiarata  chiusa  alla  data  di  entrata  in
vigore del decreto legislativo n. 5 del 9 gennaio 2006;  nel  merito,
eccepiva  l'inapplicabilita'  dell'istituto  dell'esdebitazione   nei
confronti dei crediti contributivi. 
    Seguivano quindi le udienze del 29 ottobre 2008 e del 23  gennaio
2009; a e ultima  udienza,  il  Collegio  tratteneva  il  ricorso  in
decisione. 
    2. - Rileva preliminarmente il Collegio che nella fattispecie  in
esame non ricorre alcuna delle condizioni  ostative  considerate  dai
nn. 1-6 dell'art. 142, legge fall. 
    Occorre Osservare al riguardo: 1) che  dal  certificato  generale
del casellario giudiziale e dal certificato dei carichi pendenti  non
emergono condanne, ne' procedimenti pendenti a  carico  dell'istante;
2) che la motivata ed articolata relazione del curatore  fallimentare
evidenzia come la  ricorrente  abbia  collaborato,  nel  corso  della
procedura concorsuale, con gli  organi  fallimentari;  non  abbia  in
alcun modo  ritardato  lo  svolgimento  della  procedura;  non  abbia
violato le disposizioni di cui all'art. 48  legge  fall.;  non  abbia
posto in essere condotte rilevanti ai sensi  dell'art.  5,  art.  142
legge fall. 
    Risulta inoltre insussistente l'ulteriore condizione ostativa  di
cui al secondo comma dell'art.  142  cit.,  atteso  che  in  sede  di
riparto  e'  stata  distribuita  ai  creditori  la  somma  di   circa
1.030.700,00; importo che ha consentito il soddisfacimento per intero
dei creditori privilegiati e,  nella  misura  del  14,47%,  del  ceto
chirografario (quanto al n. 4) dell'art. 142 cit.,  cfr.  certificato
cancelleria fallimentare in atti). 
    Devesi infine rilevare che l'art. 142  primo  comma  legge  fall.
riserva l'accesso al beneficio in oggetto al «fallito persona fisica»
e, quindi, anche  ai  soci  illimitatamente  responsabili  in  quanto
falliti in proprio ai sensi dell'art. 147 legge  fall.  (tale  e'  il
caso in esame). 
    A tali elementi in fatto e' legata la rilevanza  della  questione
di legittimita' costituzionale di cui infra. 
    3. - Nel caso  in  esame,  l'esdebitazione  viene  richiesta  con
riferimento  ad  un  fallimento  dichiarato   nell'ottobre   1997   e
successivamente chiuso,  per  riparto  dell'attivo,  con  decreto  di
questo Tribunale del 7 marzo 2003. 
    Il dato testuale rappresentato dal combinato disposto di  cui  ai
commi 1) e 2) dell'art. 19 decreto legislativo 12 settembre 2007,  n.
169, osta in radice all'accoglimento dell'istanza. 
    Ed invero, a mente del comma 1) dell'art. cit.  «le  disposizioni
di cui al Capo IX "della  esdebitazione"  del  Titolo  II  del  regio
decreto 16 marzo 1942, n. 267 e successive modificazioni si applicano
anche alle procedure di fallimento pendenti alla data di  entrata  in
vigore del decreto legislativo 9 gennaio 2006, n.  5;  il  successivo
comma 2) recita: "qualora le procedure fallimentari di cui  al  comma
1) risultino chiuse alla data  di  entrata  in  vigore  del  presente
decreto, la domanda  di  esdebitazione  puo'  essere  presentata  nel
termine di un anno dalla medesima data"». 
    Emerge, quindi, dal dato normativo che l'istituto in esame  trova
applicazione con riferimento alle procedure concorsuali pendenti alla
data di entrata in vigore  del  decreto  legislativo  n.  5/2006;  la
possibilita' di richiedere, nel termine annuale, la esdebitazione  di
cui al secondo comma e' chiaramente riferita dalla  legge  alle  sole
procedure «di cui al comma primo», vale a dire a  quelle  non  ancora
chiuse alla data di entrata in vigore della enunciata  prima  riforma
del sistema fallimentare. 
    Coerente  con  tale  impostazione  e'  l'art.  22   del   decreto
legislativo  12  settembre  2007,  n.  169,  che  al   comma   quarto
ulteriormente ribadisce che «l'art. 19 si applica alle  procedure  di
fallimento pendenti alla  data  di  entrata  in  vigore  del  decreto
legislativo 9 gennaio 2006 n. 5,  pendenti  o  chiuse  alla  data  di
entrata in vigore del presente decreto». 
    Ne', a fronte del  chiaro  tenore  letterale  delle  disposizioni
normative in oggetto (art. 19 e art. 22 cit.),  frutto  della  libera
scelta   del   legislatore,   appare    individuale    una    diversa
interpretazione costituzionalmente orientata. 
    Ne discende che la norma di cui all'art. 19 cit. non puo' trovare
applicazione nei casi in cui la procedura fallimentare non  era  alla
data prevista di cui al primo comma pendente, per essere  stata  gia'
chiusa alla data di entrata in vigore della disciplina correttiva  di
cui al decreto legislativo n. 169/2007. 
    Cosi'  precisati  i  termini  giuridici  entro  cui  deve  essere
inscritta   l'attuale   vicenda   controversa   e    richiamate    le
considerazioni  gia'  svolte  sub  2)  quanto  alla  rilevanza  della
questione (sotto il profilo della  ritenuta  concreta  esistenza  dei
presupposti in  fatto  per  l'ottenimento  dei  benefici  richiesti),
questo Collegio reputa che l'art. 19 cit.  e  l'art.  22  cit.  siano
incostituzionali per violazione dell'art. 3 della Costituzione. 
    E tale riferimento all'art. 3  Cost.  viene  fatto  in  relazione
anche al ruolo che il principio di uguaglianza e' venuto ad  assumere
nel tempo, quale clausola generale di ragionevolezza. 
    Non e' il caso di ripercorrere la  genesi  e  le  motivazioni  di
fondo sottese alla  complessiva  riforma  del  sistema  fallimentare,
tradottasi nei citati decreti legislativi nn. 5/2006 e 169/1997. 
    E' pero' essenziale rilevare  come,  nel  loro  complesso,  dette
riforme abbiano inteso espungere dal sistema fallimentare gran  parte
degli elementi di  carattere  punitivo  che  andavano  a  colpire  il
fallito, indipendentemente dalla,sua effettiva  condotta  serbata  in
epoca anteriore ed in costanza di procedura. In  questa  prospettiva,
svincolata dalla percezione del fallimento quale  sanzione  o  misura
punitiva verso l'imprenditore, il  legislatore  ha  inteso,  mutuando
siffatta normativa anche da altri ordinamenti giuridici, rimodulare i
profili  relativi  alla  capacita'  ed  agli  effetti  giuridici  del
fallimento nella sfera giuridica del  fallito  (prima  devoluti  alla
sola riabilitazione civile, che comportava la cancellazione del  nome
del debitore dal registro dei falliti e la  caducazione  delle  varie
incapacita' personali che  colpivano  l'imprenditore  assoggettato  a
procedura concorsuale), inserendo, tra gli altri, l'istituto premiale
della esdebitazione . 
    Le finalita' premiali nei confronti del fallito di tale  istituto
appaiono  evidenti,il  relativo  ottenimento  essendo  ancorato  alla
condotta «meritevole» tenuta dal fallito (quale  delineata  nei  suoi
termini, in negativo ed in positivo, dall'art. 142 legge  fall.,  che
prevede condizioni di procedibilita' e condizioni di  meritevolezza);
condotta incentivata dal legislatore al fine di una migliore  e  piu'
efficiente  gestione  del  fenomeno  della  crisi  dell'impresa,  per
(cercare di) garantire migliori risultati in termini di ricostruzione
della massa attiva e, quindi, economici per il ceto creditorio. 
    La liberazione per il fallito dai debiti concorsuali residui  non
soddisfatti nel corso del fallimento costituisce  quindi  una  misura
premiale finalizzata, nell'ottica del legislatore,  al  perseguimento
della superiori finalita' sopra indicate. 
    Tale  beneficio  nel  sistema  della  legge  e'   connesso   alle
specifiche condotte «meritevoli» indicate nell'art. 142 legge fall. e
discende, quale automatico  effetto,  dall'intervenuta  chiusura  del
fallimento, operata positivamente (su istanza di parte o in forza  di
iniziativa officiosa ex  art.  143  legge  fall.)  dal  tribunale  la
valutazione dei parametri previsti dall'art. 142 cit. 
    E proprio in quanto  effetto  non  appare  rispondente  a  canoni
costituzionalmente coerenti con l'art. 3 cost. l'esclusione che nella
presente fattispecie viene ad operare. 
    La disciplina degli effetti non puo' patire, infatti,  differenze
di trattamento rispetto al fatto genetico. 
    L'art. 19  del  decreto  legislativo  n.  169/2007,  dettando  la
disciplina transitoria  in  materia  di  esdebitazione,  esclude,  al
contrario, da tale beneficio dunque,  dal  citato  effetto  tutte  le
procedure di fallimento chiuse anteriormente alle date ivi indicate. 
    L'art.  22,  comma  quarto,  ribadisce  la  indicata  limitazione
temporale. 
    Tale assetto normativo  appare,  pertanto,  contrastante  con  il
principio di uguaglianza, appalesandosi del tutto irragionevole,  dal
momento che l'esclusione dal beneficio in oggetto alle procedure  non
pendenti alla data di entrata in vigore del  decreto  legislativo  n.
5/2006 viene a riposare esclusivamente  su  un  puro  dato  di  fatto
estraneo alla condotta del fallito e, quindi, del  tutto  accidentale
(chiusura del fallimento), escludendo quell'automatismo (in  presenza
dei presupposti di cui ai nn. 1-6  dell'art.  142  legge  fall.)  che
deriva dal fatto della  chiusura  del  fallimento  e  non  da  eventi
esterni alla sfera giuridica degli interessati. 
    Ne' puo' rilevare nella presente sede il precedente rappresentato
da Corte  cost.  30  novembre  2007,  n.  411,  la  norma  della  cui
costituzionalita' si discute essendo proprio l'art.  19  cit.,  cosi'
come  il  successivo  art.  22,  confermativo  della  limitazione  in
oggetto, che ha(nno) introdotto una  disparita'  di  trattamento  per
situazioni giuridiche in realta' ontologicamente omogenee. 
    L'esclusione dalla liberazione dai debiti insoddisfatti  viene  a
colpire, in situazione siffatte, soggetti che  ben  avrebbero  potuto
usufruire del relativo beneficio, senza che tale effetto appaia ex se
giustificato  dalle  necessita'  di  tutela  di   ulteriori interessi
costituzionalmente rilevanti ovvero  tragga  fondamento  in  fatti  o
condotte ascrivibili al fallito. 
    Una simile prospettiva appare, in definitiva, irragionevole e non
giustificata nei suoi parametri giuridici di riferimento. 
    Quanto esposto induce questo Collegio a sollevare la questione di
legittimita' costituzionale sopra indicata, con riferimento  all'art.
3 cost. delle norme sopra indicate (art. 19 ed art. 22 cit.) 
                              P. Q. M. 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, cosi' provvede: 
        solleva nei  termini  di  cui  in  motivazione  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 19 e dell'art. 22, comma quarto
decreto legislativo n. 169/2007; 
        sospende il procedimento di esdebitazione in oggetto; 
        dispone che a cura della cancelleria  la  presente  ordinanza
sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio  dei
ministri; e che sia inoltre comunicata ai Presidenti delle due Camere
del Parlamento. 
          Lucca, addi' 10 febbraio 2009 
                  Il Presidente estensore: Giuntoli