N. 44 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 giugno 2009

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 30 giugno  2009  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri) . 
 
Impiego pubblico -  Norme  della  Regione  Lazio  -  Sanatoria  degli
  inquadramenti  del  personale,  dirigenziale  e  non  dirigenziale,
  effettuati ai sensi dell'art. 22, comma  8,  della  abrogata  legge
  regionale n. 25 del 1996, e  all'esito  del  procedimento  c.d.  di
  perequazione del personale di cui al  Regolamento  n.  2  del  2001
  dichiarato  illegittimo  dal  T.A.R.  Lazio  -  Lamentata   carenza
  precettiva del predetto comma 8 dell'art.  22,  che  non  individua
  alcun criterio in base al quale realizzare i diversi  inquadramenti
  del personale in servizio, nonche' irragionevolezza della scelta di
  far salvi i risultati di un provvedimento annullato -  Ricorso  del
  Governo - Denunciata deroga  alla  regola  del  pubblico  concorso,
  violazione dei principi di imparzialita'  e  buon  andamento  della
  pubblica amministrazione. 
- Legge della Regione Lazio 16 aprile 2009, n. 14. 
- Costituzione, artt. 3 e 97. 
(GU n.33 del 19-8-2009 )
    Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici  in
Roma, via dei Portoghesi 12,  e'  domiciliato,  nei  confronti  della
Regione Lazio in persona del  suo  Presidente  per  la  dichiarazione
della illegittimita' costituzionale della legge regionale  16  aprile
2009, n. 14, recante «Disposizioni in materia di  personale»  (B.U.R.
n. 15 del 21 aprile 2009). 
    L'art. 1 della legge 16 aprile 2009, n. 14, recante «Disposizioni
in materia di personale» cosi' recita: 
        1. In considerazione del processo di  riorganizzazione  delle
strutture regionali al fine di favorire  la  razionalizzazione  degli
organici assicurare il buon andamento  dell'amministrazione  evitando
interruzioni e disfunzioni nell'attivita' gestionale, e' fatta  salva
la qualifica o categoria gia' attribuita al personale  alla  data  di
entrata in vigore della presente legge per effetto  dell'applicazione
dell'art. 22, comma 8 della legge regionale 1°  luglio  1996,  n.  25
(Norme sulla dirigenza e sull'organizzazione regionale) e  successive
modifiche, purche' lo stesso abbia  svolto  le  funzioni  o  mansioni
corrispondenti alla predetta qualifica  o  categoria,  conferite  con
atto formale e effettivamente esercitate per almeno un triennio. 
        2.  Le  disposizioni  di  cui  al  comma 1  si  applicano  al
personale dei ruoli regionali in servizio alla data di entrata  della
presente legge. 
        3. E'  fatta  salva  la  posizione  economica  acquisita  dal
personale, anche in stato di quiescenza, a seguito  dell'espletamento
delle funzioni o mansioni correlate alla qualifica o  categoria  gia'
rivestita, purche' formalmente attribuite. 
    Scopo della legge in esame e'  il  mantenimento  degli  obiettivi
perequativi fissati dall'art. 22 della legge n. 25 del 1996, maturati
nel periodo intercorrente dalla emanazione della predetta legge, sino
alla sua abrogazione, disposta con legge regionale n. 6 del 2002. 
    Tale perequazione fu inizialmente prevista dal  citato  art.  22,
comma  8  della  l.  r.  n.  25/1996,   del   Lazio,   diretta   alla
organizzazione degli uffici regionali e a porre una nuova  disciplina
della dirigenza in attuazione del decreto legislativo n. 29/1993, con
cui  si  rinviava  a  un  successivo  provvedimento  legislativo   la
soluzione delle sperequazioni determinatesi in sfavore del  personale
regionale  non  inquadrato  ai  sensi  delle  leggi  fino  ad  allora
intervenute in materia e richiamate dalla stessa  norma  (Cons.  St.,
sez. V, 11 dicembre 2007, n. 6398). 
    Venne quindi adottato il regolamento n. 2  del  10  maggio  2001,
recante la disciplina puntuale del  procedimento  relativo  al  nuovo
inquadramento del personale interessato alla  c.d.  perequazione,  la
cui conclusione, previa istruttoria svolta da un apposito  gruppo  di
lavoro nominato con decreti del Presidente della giunta n.  1012  del
26  luglio  2002,  comporto'  l'attribuzione  di  nuove   qualifiche,
dirigenziali e non dirigenziali. a circa  480  dipendenti  regionali,
risultati in possesso dei requisiti richiesti. 
    Tuttavia, il predetto regolamento regionale e'  stato  dichiarato
illegittimo dal T.A.R. Lazio  con  sentenza  depositata  in  data  11
aprile 2008, n. 3108, i cui effetti esecutivi sono stati  confermati,
in sede cautelare, dal Consiglio di Stato con ordinanze n. 3925, 3926
e 3921 del 18 luglio 2008. 
    In relazione a quanto precede, l'intervento legislativo regionale
appare censurabile sotto diversi profili. 
    Innanzitutto, la previsione in  sanatoria  contenuta  all'art.  1
dell'impugnata legge n. 14 del 2009, nella parte in cui  dispone  che
«e' fatta salva la qualifica o categoria gia' attribuita al personale
alla data di entrata in  vigore  della  presente  legge  per  effetto
dell'applicazione dell'art. 22, comma 8,  della  legge  regionale  1°
luglio 1996, n. 25... »  e'  viziata  da  evidente  irragionevolezza,
posto che quest'ultima  disposizione,  al  di  la'  del  richiamo  ai
principi della legislazione statale, «non individua alcun criterio in
base al quale realizzare i diversi  inquadramenti  del  personale  in
servizio» (cosi Cons. St. sez. V, ord. n. 3925/08 cit.), tant'e'  che
essa a sua volta rinvia a un «successivo provvedimento». 
    Ne consegue che la carenza precettiva dell'art. 22, comma 8 della
l. r. n. 25 del 1996 sul punto riguardante il nuovo inquadramento del
personale interessato alla c.d.  perequazione,  rende  manifestamente
errato, perche' privo  di  contenuto,  il  riferimento  che  a  detta
disposizione ha effettuato il  legislatore  regionale  con  la  norma
oggetto della presente impugnativa. 
    Ma l'intervento legislativo e'  viziato  anche  considerando  che
viene in tal modo  attribuita  valenza  agli  inquadramenti  disposti
all'esito del procedimento di perequazione del personale previsto dal
regolamento n. 2  del  2001,  cosi'  sostanzialmente  eludendosi,  in
evidente violazione dei principi di imparzialita'  e  buon  andamento
della pubblica amministrazione di cui agli art.  3  e  97  Cost.,  le
statuizioni del giudice  amministrativo  che,  come  sopra  rilevato,
annullo' il citato regolamento n. 2/2001  e  i  successivi  atti  del
procedimento. 
    La  legge  in  esame  dispone,  infatti,  il  mantenimento  della
qualifica  o  categoria  del  personale  riconosciuta  dall'anzidetto
regolamento, il  quale  prevedeva  l'attribuzione  di  una  posizione
superiore esclusivamente sulla base di  una  valutazione  dei  titoli
posseduti dall'aspirante. 
    Non  puo',  pertanto,  non   censurarsi   l'intrinseca   coerenza
dell'intervento legislativo regionale anche per  quanto  riguarda  la
ragionevolezza della scelta del legislatore di fare salvi i risultati
di un provvedimento, peraltro annullato, che gia' di per se' derogava
alla regola del pubblico concorso. 
    Secondo principi piu'  volte  ribaditi  dalla  giurisprudenza  di
codesta  ecc.ma  Corte   costituzionale,   infatti,   l'accesso   dei
dipendenti delle pubbliche amministrazioni a  funzioni  piu'  elevate
non sfugge, di norma, al principio del pubblico concorso,  in  quanto
meccanismo strumentale al canone di efficienza  dell'amministrazione,
cui e' possibile apportare deroghe solo  «in  presenza  di  peculiari
situazioni giustificatrici» nell'esercizio  di  una  discrezionalita'
che trova il  suo  limite  nella  necessita'  di  garantire  il  buon
andamento della pubblica amministrazione, «e che non sono ragionevoli
le  norme  che  prevedano  scivolamenti  automatici  verso  posizioni
superiori (senza concorso  o  comunque  senza  adeguate  selezioni  o
verifiche attitudinali) o concorsi interni  per  la  copertura  della
totalita' dei  posti  vacanti»  (Corte  cost.  n.  159/2005;  id.  n.
205/2004). 
                              P. Q. M. 
    Si  conclude  perche'  le  norme   impugnate   siano   dichiarate
costituzionalmente illegittime. 
    Si producono estratto della delibera del Consiglio  dei  ministri
del 12 giugno 2009 e la relazione, allegata alla  medesima  delibera,
del Ministro per i rapporti con le regioni. 
        Roma, addi' 16 giugno 2009 
             L'Avvocato dello Stato: Gabriella D'Avanzo