N. 204 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 2009

Ordinanza del 13 maggio  2009  emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale per la Liguria sul ricorso proposto  da  Ditta  individuale
Pizzeria  di  Carta  Davide  contro  Ministero  del  lavoro  e  della
previdenza sociale. 
 
Lavoro e occupazione - Norme in materia  di  tutela  della  salute  e
  della sicurezza dei luoghi di lavoro - Divieto per gli imprenditori
  di impiego di personale non risultante dalle scritture o  da  altra
  documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al venti per
  cento del totale dei lavoratori presenti  sul  luogo  di  lavoro  -
  Inosservanza - Possibilita' degli organi di vigilanza del Ministero
  del lavoro e della previdenza sociale di adottare provvedimenti  di
  sospensione dell'attivita' senza obbligo di motivazione - Incidenza
  sul diritto di difesa  e  sui  principi  di  imparzialita'  e  buon
  andamento della pubblica amministrazione - Violazione del principio
  di tutela giurisdizionale. 
- Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, art. 14, comma 1. 
- Costituzione, artt. 24, 97, primo comma, e 113. 
(GU n.34 del 26-8-2009 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale  477  del  2008,  proposto  da:  Ditta  individuale
Pizzeria Panaus di Carta Davide, rappresentata e  difesa  dagli  avv.
Antonio e Paolo Pugliese, con domicilio eletto presso lo studio degli
stessi in Genova, alla via XX Settembre 8/16; 
    Contro Ministero lavoro e della previdenza  sociale,  in  persona
del  Ministto  pro  tempore,   rappresentato   e   difeso   ex   lege
dall'Avvocatura distrettuale dello Stato  di  Genova,  con  domicilio
presso gli uffici della stessa in Genova, al v.le Brigate  Partigiane
2; per l'annullamento 
    Previa  sospensione  dell'efficacia,  del   provvedimento   della
Direzione provinciale del lavoro di Genova  n.  070/052  in  data  16
maggio 2008, di sospensione della attivita' imprenditoriale. 
    Visto il ricorso con i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero del lavoro
e della previdenza sociale; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2  aprile  2009  l'avv.
Angelo Vitali e uditi per le parti i difensori, come specificato  nel
verbale di udienza; 
    Con ricorso noficato in data  27  maggio  2008  il  signor  Carta
Davide, in qualita' di legale rappresentante della ditta  individuale
Pizzeria Panaus, ha impugnato il provvedimento  16  maggio  2008,  n.
007/070/052, con il quale il  Servizio  ispezione  del  lavoro  della
Direzione provinciale del lavoro di Genova, in seguito ad una  visita
ispettiva  presso  i  locali  dell'impresa,  ha  disposto,  ai  sensi
dell'art. 14, comma 1 del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, la sospensione
dell'attivita' imprenditoriale, avendo  accertato  l'impiego  di  due
fattorini addetti al recapito delle pizze da asporto (pari al 66% del
totale dei lavoratori presenti sul posto di lavoro),  non  risultanti
dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria. 
    A sostegno del gravame deduce due motivi di ricorso, come segue. 
    1. Violazione degli artt. 3 e 24 Cost., in relazione  all'art.  3
della legge n. 241/1990 ed all'art. 14, d.lgs. 9 aprile 2008, n.  81.
Connesso eccesso di potere per omessa motivazione. 
    2.   Eccesso   di   potere   per    omessa    motivazione,    per
contraddittorieta' e per manifesta ingiustizia. 
    Il ricorrente espone di aver esibito agli ispettori, gia' in sede
di sopralluogo, copia dei contratti  di  collaborazione  autonoma  ed
occasionale (cfr. i docc. 4 e 5 delle produzioni 30  maggio  2008  di
parte ricorrente)  conclusi  con  i  due  fattorini  (la  circostanza
risulta effettivamente dal verbale di accesso ispettivo), e si  duole
che il provvedimento di  sospensione,  dalle  conseguenze  gravissime
sulla vita di una piccola impresa quale quella ricorrente, sia  stato
adottato in  totale  assenza  di  motivazione:  motivazione  vieppiu'
necessaria,  posto  il   carattere   largamente   discrezionale   del
provvedimento  e  la  circostanza  che  l'esistenza  del  vincolo  di
subordinazione ex  art.  2094  c.c.  (la  cui  prova  grava  comunque
sull'amministrazione procedente) dev'essere apprezzata  in  concreto,
con riguardo alla specificita' dell'incarico conferito al  lavoratore
ed alle sue modalita' attuative, non  potendo  comunque  prescindersi
completamente dalla volonta' manifestata dalle parti sul punto. 
    Si e' costituito in  giudizio  il  Ministero  del  lavoro,  della
salute e delle politiche  sociali,  instando  per  la  reiezione  del
ricorso. 
    Con ordinanza 12 giugno 2008, n. 206 la  Sezione  ha  accolto  la
domanda incidentale di sospensione dell'esecuzione del  provvedimento
impugnato. 
    Alla pubblica udienza del 2  aprile  2009  il  ricorso  e'  stato
trattenuto dal collegio per la decisione. 
    Giova riportare il testo integrale della disposizione di  cui  ha
fatto applicazione il provvedimento impugnato. 
    L'art. 14, comma 1 del d.lgs. 9 aprile 2008, n.  81  dispone  che
«al fine di garantire la tutela  della  salute  e  la  sicurezza  dei
lavoratori, nonche' di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso  e
irregolare, ferme  restando  le  attribuzioni  del  coordinatore  per
l'esecuzione dei lavori di cui all'art. 92, comma 1, lettera e),  gli
organi di vigilanza del  Ministero  del  lavoro  e  della  previdenza
sociale,  anche  su  segnalazione  delle  amministrazioni   pubbliche
secondo le rispettive competenze, possono adottare  provvedimenti  di
sospensione  di  un'attivita'  imprenditoriale  qualora   riscontrino
l'impiego di personale non risultante  dalle  scritture  o  da  altra
documentazione obbligatoria in misura pari  o  superiore  al  20  per
cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro,  ovvero
in caso di  reiterate  violazioni  della  disciplina  in  materia  di
superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale,
di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile  2003,
n.  66,  e  successive  modificazioni,  considerando  le   specifiche
gravita' di esposizione al rischio di infortunio, nonche' in caso  di
gravi e reiterate violazioni in materia  di  tutela  della  salute  e
della sicurezza sul lavoro individuate con decreto del Ministero  del
lavoro e della previdenza sociale,  adottato  sentita  la  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e di Bolzano. In attesa della adozione del  citato
decreto, le violazioni in materia di  tutela  della  salute  e  della
sicurezza sul lavoro che costituiscono il presupposto per  l'adozione
del provvedimento di sospensione dell'attivita' imprenditoriale  sono
quelle individuate nell'allegato I. L'adozione del  provvedimento  di
sospensione  e'  comunicata  all'Autorita'  per  la   vigilanza   sui
contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui  all'art.  6
del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 ed al Ministero  delle
infrastrutture, per gli aspetti di  rispettiva  competenza,  al  fine
dell'emanazione di un provvedimento interdittivo alla  contrattazione
con le  pubbliche  amministrazioni  ed  alla  partecipazione  a  gare
pubbliche di durata pari  alla  citata  sospensione  nonche'  per  un
eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore  al  doppio  della
durata della sospensione e comunque non  superiore  a  due  anni.  Le
disposizioni del presente comma si applicano anche con riferimento ai
lavori nell'ambito dei cantieri edili. Ai provvedimenti del  presente
articolo non si applicano le disposizioni di cui alla legge 7  agosto
1990, n. 241». 
    La  Sezione  dubita  della  legittimita'   costituzionale   della
disposizione teste' citata,  nella  parte  in  cui  prevede  che  «ai
provvedimenti del presente articolo non si applicano le  disposizioni
di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241» e, segnatamente, nella parte
in cui esclude l'applicazione ai provvedimenti de quibus dell'art. 3,
comma 1 della legge 7 agosto 1990, n.  241,  per  contrasto  con  gli
artt. 97, primo comma, 24 e 113 Cost., e ritiene  pertanto  di  dover
sollevare la relativa questione. 
    La questione e' innanzitutto rilevante. 
    E'  noto  come  l'obbligo  generale  di  motivazione  degli  atti
amministrativi e' stato introdotto nel nostro  ordinamento  dall'art.
3, comma 1 della legge n. 241/1990: dunque, mentre in  precedenza  il
difetto di motivazione  integrava  -  tradizionalmente  -  una  delle
figure sintomatiche  dell'eccesso  di  potere,  oggi  esso  configura
propriamente il vizio di violazione di legge. 
    Orbene, nel caso di specie il ricorrente si duole  per  l'appunto
dell'assoluto difetto di motivazione del provvedimento impugnato, che
costituisce vizio tipico degli atti amministrativi discrezionali. 
    Sennonche', la  disposizione  censurata,  nel  disporre  che  «ai
provvedimenti del presente articolo non si applicano le  disposizioni
di cui alla legge 7 agosto I 990, n. 241», sottrae i provvedimenti di
sospensione dell'attivita' imprenditoriale dall'obbligo generale  di'
motivazione, sicche', dovendo trovare applicazione  alla  fattispecie
in esame (donde la rilevanza  della  questione),  essa  impedisce  al
Tribunale di conoscere della relativa censura. 
    D'altro canto,  il  dedotto  difetto  di'  motivazione  non  puo'
neppure apprezzarsi sotto l'aspetto -  pure  dedotto  in  giudizio  -
dell'eccesso  di  potere,  giacche'   la   relativa   figura,   prima
dell'entrata   in   vigore   della   legge   n.   241/1990,    veniva
tradizionalmente riconosciuta nei soli casi  in  cui  la  motivazione
doveva ritenersi  obbligatoria,  perche'  imposta  dalla  legge  (con
disposizione di carattere speciale) o dalla natura lesiva dell'atto. 
    Nel caso di specie, tuttavia, e' lo  stesso  art.  14,  comma  1,
d.lgs. n. 81 /2008 ad escludere espressamente,  tra  l'altro  (e  per
quanto rileva nella presente sede), l'obbligo di motivazione, la  cui
mancanza non puo' dunque costituire -  pena  un'inammissibile  aporia
del sistema - spia dell'eccesso di potere. 
    Ma  la  questione  pare  al  collegio  anche  non  manifestamente
infondata. 
    Difatti,   l'obbligo    di    motivazione    dei    provvedimenti
amministrativi di cui all'art. 3, comma 1  della  legge  n.  241/1990
costituisce  un  principio  generale   che   attua   sia   i   canoni
costituzionali di imparzialita' e buon andamento dell'amministrazione
ex art. 97 Cost., sia la tutela di altri interessi costituzionalmente
protetti, come il diritto di difesa contro gli  atti  della  pubblica
amministrazione ex artt. 24 e 113 Cost. in tal senso cfr.  C.  cost.,
17 marzo 2006, n. 104, con riferimento al  principio  di  pubblicita'
dell'azione amministrativa). 
    Di   piu',   l'obbligo   di'   motivazione   dei    provvedimenti
amministrativi e' un principio del patrimonio  costituzionale  comune
dei paesi europei, come ben testimoniato dall'art. 253  del  Trattato
istitutivo delle Comunita' europee (a mente del quale «i regolamenti,
le direttive e le decisioni, adottati congiuntamente  dal  Parlamento
europeo e dal Consiglio, nonche' detti atti adottati dal Consiglio  o
dalla Commissione sono motivati e fanno riferimento alle  proposte  o
ai pareri obbligatoriamente  richiesti  in  esecuzione  del  presente
trattato»), che lo estende addirittura agli atti normativi. 
    Ne' rileva, al fine di escludere  la  ritenuta  valenza  generale
dell'obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi, che  la
stessa disposizione di cui all'art. 3, legge n. 241/1990  lo  escluda
espressamente, al comma 2, per gli atti  normativi  e  per  quelli  a
contenuto generale. 
    Tale esclusione si giustifica unicamente con la  circostanza  che
si tratta di atti  (si  pensi  ad  un  regolamento,  ad  un  atto  di
pianificazione urbanistica o ad un bando di concorso) che, di regola,
per loro natura non incidono in modo diretto ed immediatamente lesivo
sulle posizioni giuridiche degli amministrati, che non  sono  neppure
individuabili a priori. 
    Tanto cio' e' vero che quando  -  eccezionalmente  -  un  atto  a
contenuto generale  incida  immediatamente  su  posizioni  giuridiche
qualificate,  la  giurisprudenza  amministrativa   suole   richiedere
un'apposita motivazione, come accade nel caso di  varianti  al  piano
regolatore generale che incidano su aree determinate o su aspettative
dei privati particolarmente qualificate (come  quelle  ingenerate  da
impegni gia' assunti dall'amministrazione  mediante  approvazione  di
piani attuativi o stipula di  convenzioni):  in  tali  evenienze,  la
completezza della motivazione costituisce infatti  lo  strumento  dal
quale deve emergere l'avvenuta comparazione tra il pubblico interesse
cui si finalizza la nuova scelta  e  quello  del  privato,  assistito
appunto  da  una  aspettativa  giuridicamente  tutelata  (cfr.,   per
esempio, Cons. di St., IV, 9 giugno 2008, n. 2837). 
    I principi di imparzialita' e buon andamento di cui  all'art.  97
Cost. esigono dunque che,  ogni  qualvolta  l'interesse  pubblico  si
fronteggi con un interesse  privato  ben  determinato  (cio'  che  di
regola non accade per gli atti normativi e  per  quelli  a  contenuto
generale),   l'amministrazione    debba    dare    conto,    mediante
l'indefettibile    elemento    della    motivazione,    dell'avvenuta
comparazione dei due interessi in conflitto. 
    Nel caso dei provvedimenti discrezionali, insomma, la motivazione
costituisce lo strumento principe a mezzo  del  quale  effettuare  il
controllo  di  legittimita'  dell'atto,  consentendo  al  giudice  il
sindacato sull'iter logico seguito  dall'autorita'  amministrativa  e
sul ricorrere dei presupposti del potere in concreto esercitato. 
    Con  il  che,  esclusione  dell'obbligo  di  motivazione  per   i
provvedimenti di sospensione dell'attivita' imprenditoriale  si  pone
in contrasto anche con gli artt. 24 e 113  Cost.,  in  quanto  limita
fortemente la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi contro
gli atti della pubblica amministrazione  (tutela  giurisdizionale  di
regola estesa ai tre classici vizi  di  incompetenza,  violazione  di
legge ed eccesso di potere, cfr. gli artt.  26  del  r.d.  26  giugno
1924, n. 1054 e 2 lett. b della legge 6 dicembre 1971, n.  1034),  di
fatto escludendola per il tipico profilo del difetto di  motivazione,
che integra ad un tempo  violazione  di  legge  (l'art.  3  legge  n.
241/1990) ed eccesso di potere. 
    Tutto cio' premesso la sezione; 
    Visti gli articoli 1 della legge costituzionale 9 febbraio  1948,
n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Ritenuta rilevante ai fini della decisione e  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  14,
comma 1 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nella parte  in
cui prevede che  «ai  provvedimenti  del  presente  articolo  non  si
applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241» e,
segnatamente,  nella  parte  in   cui   esclude   l'applicazione   ai
provvedimenti de quibus dell'art. 3 comma  1  della  legge  7  agosto
1990, n. 241, per contrasto con gli artt. 97 comma 1, 24 e 113 Cost.; 
                              P. Q. M. 
    Sospende il giudizio in corso; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    Ordina che la presente ordinanza  sia  notificata  a  cura  della
segreteria alle parti in causa ed al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al
Presidente della Camera dei deputati. 
    Cosi' deciso in Genova, nella Camera di consiglio  del  giorno  2
aprile 2009. 
                     Il Presidente: Di Sciascio 
                                                  L'estensore: Vitali