N. 218 ORDINANZA 8 - 17 luglio 2009
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Giurisdizioni speciali - Giurisdizione tributaria - Attribuzione alle Commissioni tributarie delle controversie attinenti il canone comunale sulla pubblicita' (CIMP) - Denunciata violazione del divieto di istituire giudici straordinari o speciali - Questione identica ad altra gia' dichiarata non fondata - Mancata prospettazione di nuovi profili di censura, diversi da quelli gia' esaminati - Manifesta infondatezza della questione. - D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, comma 2, secondo periodo, come modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248. - Costituzione, art. 102, secondo comma.(GU n.29 del 22-7-2009 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE, Giudice: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; ha pronunciato la seguente
Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), come modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Genova nel giudizio vertente tra la s.n.c. IMC di Pinna Fabrizio e Vezzosi Luigi ed il Comune di Genova, con ordinanza depositata il 5 settembre 2008, iscritta al n. 10 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 2009. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 10 giugno 2009 il giudice relatore Franco Gallo. Ritenuto che, con ordinanza depositata il 5 settembre 2008, la Commissione tributaria provinciale di Genova - nel corso di un giudizio riguardante l'impugnazione di una ingiunzione di pagamento del canone per l'installazione di mezzi pubblicitari nel Comune di Genova relativamente all'anno 2004 - ha sollevato, in riferimento all'art. 102, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) - come modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248 -, nella parte in cui stabilisce che «Appartengono alla giurisdizione tributaria [...] le controversie attinenti [...] il canone comunale sulla pubblicita» previsto dall'art. 62 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446; che la Commissione tributaria rimettente premette, in punto di fatto, che: a) la societa' in nome collettivo destinataria dell'ingiunzione di pagamento, emessa dal Comune di Genova, aveva impugnato tale atto davanti al Tribunale civile di Genova, il quale, con sentenza n. 1983 del 2007, aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione; b) la medesima societa' aveva, quindi, riassunto il giudizio davanti alla Commissione tributaria provinciale di Genova, chiedendo, in via cautelare, la sospensione dell'efficacia dell'atto impugnato e deducendo, nel merito, di non avere effettuato l'installazione pubblicitaria menzionata nell'impugnata ingiunzione, di non avere mai avuto la disponibilita' dell'edificio sul quale era stata effettuata tale installazione, di non essere proprietaria del materiale pubblicitario e, infine, di non essere «titolare del contratto pubblicitario» relativo all'installazione; c) il resistente Comune aveva affermato che la cognizione della controversia rientrava nella giurisdizione tributaria ed aveva richiesto il rigetto del ricorso, con riferimento sia all'istanza cautelare sia alle domande di merito; che il medesimo giudice rimettente, nell'esaminare l'istanza cautelare proposta dalla ricorrente, premette altresi', in punto di diritto, che: a) la controversia portata al suo esame ha ad oggetto il pagamento non dell'imposta sulla pubblicita' disciplinata dal capo I del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, ma del canone per l'installazione di mezzi pubblicitari introdotto dall'art. 62 del d.lgs. n. 446 del 1997; b) in forza del comma 1 di quest'ultima disposizione, i Comuni hanno la potesta' regolamentare «di escludere l'applicazione nel proprio territorio dell'imposta comunale sulla pubblicita' di cui al capo I del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, sottoponendo le iniziative pubblicitarie che incidono sull'arredo urbano o sull'ambiente ad un regime autorizzatorio e assoggettandole al pagamento di un canone in base a tariffa»; c) tale regola dell'alternativita' tra l'«imposta comunale sulla pubblicita» ed il «canone per l'installazione dei mezzi pubblicitari» e' spiegabile solo con la diversa natura - rispettivamente, tributaria e patrimoniale - dei prelievi; d) pertanto, il predetto canone costituisce il corrispettivo, in base a tariffa, dell'autorizzazione all'installazione del mezzo pubblicitario e la controversia sul medesimo canone ha natura non tributaria, ma di entrata pubblica patrimoniale; e) in una analoga ipotesi di controversia non tributaria, la Corte costituzionale, con sentenza n. 64 del 2008, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale, per violazione del secondo comma dell'art. 102 Cost., del citato art. 2, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992 - come modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del menzionato decreto-legge n. 203 del 2005 -, nella parte in cui stabilisce che «Appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche previsto dall'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni»; che su tali premesse, il giudice a quo afferma la non manifesta infondatezza della questione, perche' la norma censurata - nell'attribuire alla giurisdizione tributaria le controversie attinenti al canone comunale sulla pubblicita', aventi natura non tributaria - «fa venire meno il fondamento costituzionale della giurisdizione del giudice tributario» e, pertanto, viola l'art. 102, secondo comma, Cost.; che, infine, per la Commissione tributaria rimettente, la questione e' rilevante, perche' la decisione sulla controversia oggetto di ricorso «postula che la stessa abbia natura tributaria e che il relativo difetto e' rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, a norma dell'art. 3 d.l.vo 546/92»; che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto in giudizio ed ha chiesto che la sollevata questione venga dichiarata non fondata; che secondo la difesa erariale, infatti, il canone previsto dall'art. 62 del d.lgs. n. 446 del 1997 (cosiddetto CIMP) ha natura tributaria, perche' possiede tutti i connotati propri delle entrate tributarie indicati dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 64 del 2008, n. 334 del 2006 e n. 73 del 2005); che per la stessa difesa erariale, in particolare, il CIMP non solo ha lo stesso presupposto previsto dalla imposta sulla pubblicita' disciplinata dal capo I del d.lgs. n. 507 del 1993 - cioe' la diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visive od acustiche in luoghi pubblici o aperti al pubblico o che siano da tali luoghi percepibili -, ma presenta un'accentuazione del carattere pubblicistico della suddetta imposta, in quanto e' dovuto subordinatamente al rilascio di un'autorizzazione comunale ed il suo ammontare tiene conto, oltre che della superficie e del tipo del mezzo pubblicitario, anche di altri parametri, come la popolazione residente, i flussi turistici, le caratteristiche urbanistiche delle diverse zone e l'impatto ambientale, cosi' da escludere la corrispettivita' tra pagamento da parte del privato e prestazione resa dall'ente pubblico; che nel caso del CIMP, pertanto - sempre per l'Avvocatura dello Stato -, non v'e' alcuna concessione al privato di beni pubblici ne' prestazione di servizi resa al singolo interessato, ma solo un provvedimento autorizzatorio a fronte di una «prestazione patrimoniale imposta caratterizzata dall'attitudine alla partecipazione alle spese pubbliche, oltre che, in misura minore, dalla funzione compensativa per l'impatto ambientale ed architettonico che i mezzi pubblicitari sono destinati ad avere». Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Genova dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), come modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, nella parte in cui dispone che «Appartengono alla giurisdizione tributaria [...] le controversie attinenti [...] il canone comunale sulla pubblicita», previsto dall'art. 62 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446; che, per la suddetta Commissione tributaria, la norma denunciata viola l'art. 102, secondo comma, della Costituzione, perche', attribuendo espressamente alla cognizione delle commissioni tributarie controversie non aventi ad oggetto un tributo, quali quelle relative al canone per l'installazione dei mezzi pubblicitari (CIMP), «fa venire meno il fondamento costituzionale della giurisdizione del giudice tributario»; che questa Corte, con la sentenza n. 141 del 2009, ha gia' dichiarato non fondata identica questione di legittimita' costituzionale, rilevando che il suddetto CIMP costituisce non gia' una entrata patrimoniale di diritto privato, ma «una mera variante dell'imposta comunale sulla pubblicita' e conserva la qualifica di tributo propria di quest'ultima», con la conseguenza che «le controversie aventi ad oggetto la debenza del CIMP [...] hanno natura tributaria e la loro attribuzione alla cognizione delle commissioni tributarie [...] rispetta l'evocato» art. 102, secondo comma, Cost.; che a tale conclusione la Corte e' giunta in base alla duplice considerazione che: a) la disciplina dell'imposta comunale sulla pubblicita' e quella del CIMP hanno «forti tratti di continuita», con riferimento sia agli elementi strutturali del prelievo, sia ai poteri ed obblighi attinenti al controllo, all'accertamento ed alle sanzioni, sia all'insussistenza di un rapporto sinallagmatico tra il soggetto tenuto al pagamento ed il Comune; b) entrambi i suddetti prelievi presentano tutte le caratteristiche richieste dalla giurisprudenza costituzionale per essere qualificati come «tributi» (doverosita' della prestazione, senza che sussista un rapporto sinallagmatico tra parti; collegamento tra prestazione e pubblica spesa, in relazione ad un presupposto economicamente rilevante); che il rimettente non ha prospettato argomentazioni e profili diversi rispetto a quelli gia' esaminati da questa Corte con la citata sentenza o comunque idonei ad indurre ad una differente pronuncia sulla sollevata questione di legittimita' costituzionale; che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) - come modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248 -, sollevata, in riferimento all'art. 102, secondo comma, della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Genova, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2009. Il Presidente: Amirante Il redattore: Gallo Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 17 luglio 2009. Il direttore della cancelleria: Di Paola