N. 220 ORDINANZA 8 - 17 luglio 2009

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Patrocinio a spese dello Stato - Obbligo per il Consiglio dell'ordine
  degli avvocati di motivare, in sede  di  ammissione  al  beneficio,
  sulla  non  manifesta  infondatezza  della  pretesa  che  l'istante
  intende far valere in  giudizio  -  Omessa  previsione  -  Ritenuta
  conseguente  preclusione,  per  il   giudice   che   decide   sulla
  liquidazione  degli  onorari,  di  accertare  la  sussistenza   dei
  presupposti per l'ammissione al beneficio -  Denunciata  violazione
  dei principi in tema di  tutela  del  diritto  di  difesa  dei  non
  abbienti   e   lesione   del   buon   andamento   della    pubblica
  amministrazione - Inesatta ricostruzione del  quadro  normativo  di
  riferimento - Manifesta inammissibilita' della questione. 
- D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, artt. 126 e 127. 
- Costituzione, artt. 24, terzo comma, e 97. 
(GU n.29 del 22-7-2009 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
                              ORDINANZA 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 126 e 127 del
decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari  in  materia  di
spese di giustizia), promosso dal  Tribunale  di  Ascoli  Piceno  nel
procedimento vertente tra B.Z. e G.P. con  ordinanza  del  9  ottobre
2008, iscritta al n. 7 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  4,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 10  giugno  2009  il  Giudice
relatore Maria Rita Saulle. 
    Ritenuto che il Tribunale di  Ascoli  Piceno,  nel  corso  di  un
procedimento  volto  ad  ottenere  la  revisione  delle  disposizioni
contenute in una sentenza di divorzio, con ordinanza  del  9  ottobre
2008, ha sollevato, in relazione agli artt. 24,  terzo  comma,  e  97
della Costituzione, questione di  legittimita'  costituzionale  degli
artt. 126 e 127 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico  delle
disposizioni legislative e  regolamentari  in  materia  di  spese  di
giustizia); 
        che il rimettente riferisce di aver dichiarato  inammissibile
il ricorso presentato da B. Z., ammessa al patrocinio a  spese  dello
Stato  e  che,  a  seguito  di  tale  giudizio,  il  difensore  della
ricorrente ha formulato istanza di liquidazione dei propri onorari; 
        che, a parere del rimettente, l'art. 126, nella parte in  cui
non prevede l'obbligo per il Consiglio dell'ordine degli avvocati, in
sede di ammissione al beneficio  in  esame,  di  motivare  sulla  non
manifesta infondatezza della pretesa che l'istante intende far valere
in giudizio, impedisce al giudice ogni accertamento sulla sussistenza
di tale requisito anche nei casi, come quello in esame,  in  cui  sin
dall'inizio  la  domanda  fatta  valere  dalla  persona  ammessa   al
patrocinio a spese dello Stato risulta palesemente infondata; 
        che, sempre a parere del Tribunale, l'art. 127, ultimo comma,
del d.P.R.  n.  115  del  2002  impedisce  al  giudice,  in  sede  di
liquidazione degli  onorari  spettanti  al  difensore  della  persona
ammessa al patrocinio a  spese  dello  Stato,  di  accertare  se,  in
relazione alla pretesa fatta valere in  giudizio  da  questa  ultima,
sussistessero, sin dall'inizio e, quindi, con un giudizio ex ante, le
condizioni previste dall'art. 126, primo comma, del d.P.R. n. 115 del
2002; 
        che le suddette disposizioni, a parere  del  giudice  a  quo,
violano  l'art.  24,  terzo  comma,  della  Costituzione  il   quale,
nell'assicurare il patrocinio a spese dello Stato al non abbiente che
intende agire in giudizio, non vale anche a garantirgli la difesa nei
casi in cui egli, «in base a mere convinzioni personali,  ritiene  di
poter far valere un diritto che in realta' non appare sussistente  o,
addirittura, si proponga di porre in  essere  iniziative  giudiziarie
palesemente infondate anche al solo scopo  di  arrecare  disturbo  ai
soggetti che intende convenire in giudizio»; 
        che il Tribunale  rimettente  osserva,  poi,  che  «l'elevato
numero di cause intentate dai soggetti ammessi al gratuito patrocinio
ha,  quale  ulteriore  effetto,  un  pregiudizio  alla  funzionalita'
dell'intero sistema giudiziario, essendo gli  organi  giurisdizionali
spesso chiamati a provvedere su pretese del tutto  infondate»,  cosi'
distraendo  risorse  finanziarie   diversamente   utilizzabili,   con
conseguente lesione dell'art. 97 della Costituzione; 
        che, in punto rilevanza, il giudice,  pur  ritenendo  che  la
ricorrente non doveva essere ammessa  al  patrocinio  a  spese  dello
Stato, in quanto gia' al momento della proposizione del  ricorso  era
prevedibile l'esito del giudizio, rileva che il rigetto  dell'istanza
di liquidazione  di  cui  si  tratta  puo'  avvenire  solo  all'esito
dell'eventuale accoglimento della sollevata questione; 
        che e' intervenuto in giudizio il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  o
infondata; 
        che, in via preliminare, la difesa erariale  osserva  che  il
rimettente non  ha  tenuto  conto  dell'intero  quadro  normativo  di
riferimento e, in particolare, degli artt. 122 e 136  del  d.P.R.  n.
115 del 2002; 
        che, in  particolare,  l'art.  122  prevede,  per  i  giudizi
civili, che l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato
deve contenere, a pena di inammissibilita', le enunciazioni in  fatto
e in diritto utili a valutare la  non  manifesta  infondatezza  della
pretesa che si intende fare valere; 
        che,  il  successivo  art.  136  consente  al  magistrato  di
revocare l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato disposta  dal
Consiglio  dell'ordine  degli  avvocati  anche  quando  accerti   che
l'interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o  colpa
grave, risultando a tali fini ininfluente la motivazione adottata dal
citato Consiglio in sede di concessione del suddetto beneficio; 
        che, pertanto, l'Avvocatura  ritiene  che  il  rimettente  in
applicazione  di  tali  disposizioni  puo'  revocare  il  decreto  di
ammissione al patrocinio a spese dello Stato, in quanto egli non puo'
ritenersi  condizionato  in  alcun  modo  dalla  motivazione  che  ha
condotto il Consiglio dell'ordine degli avvocati a concedere  in  via
provvisoria il cennato beneficio. 
    Considerato  che  il  Tribunale  di  Ascoli  Piceno  dubita,   in
riferimento agli artt. 24, terzo  comma,  e  97  della  Costituzione,
della legittimita' costituzionale degli artt. 126 e 127 del d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115 (Testo unico  delle  disposizioni  legislative  e
regolamentari in materia di spese di giustizia); 
        che il rimettente e' investito della istanza di  liquidazione
degli onorari proposta dal difensore di persona ammessa al patrocinio
a spese dello Stato; 
        che  il  Tribunale  ritiene  che  le  disposizioni  impugnate
violino i parametri costituzionali indicati, in quanto, da  un  lato,
consentono l'ammissione al beneficio anche nei casi in cui la pretesa
che  si  intende  far  valere  in  giudizio  e',   sin   dall'inizio,
manifestamente infondata, e dall'altro, non  permettono  al  giudice,
competente a liquidare gli onorari  del  difensore,  di  revocare  la
suddetta ammissione; 
        che, in particolare, ad avviso del rimettente, il diritto del
non abbiente ad agire e a difendersi in giudizio non vale a garantire
a quest'ultimo ogni azione, ma solo quelle che si fondano su  pretese
non palesemente infondate,  comportando  la  generica  ammissione  al
patrocinio a spese dello Stato  anche  un  aggravio  per  gli  uffici
giudiziari che si devono occupare delle relative istanze; 
        che la questione e' manifestamente inammissibile  perche'  il
rimettente non ha esattamente  ricostruito  il  quadro  normativo  di
riferimento; 
        che, infatti, l'art. 122 del d.P.R. n. 115 del 2002,  prevede
che l'istanza di ammissione al patrocinio a spese  dello  Stato  deve
contenere a pena di inammissibilita' «le enunciazioni in fatto ed  in
diritto utili a valutare la non manifesta infondatezza della  pretesa
che si intende far valere»; mentre il successivo art. 136,  al  comma
2, dispone che «con decreto  il  magistrato  revoca  l'ammissione  al
patrocinio provvisoriamente disposta dal consiglio dell'ordine  degli
avvocati, se risulta l'insussistenza dei presupposti per l'ammissione
ovvero se l'interessato ha agito o resistito  in  giudizio  con  mala
fede o colpa grave»; 
        che,  pertanto,  contrariamente  a   quanto   affermato   dal
rimettente, il legislatore ha previsto sia una  valutazione  ex  ante
del requisito della  non  manifesta  infondatezza  (da  compiersi  al
momento della presentazione della domanda, con rigetto  della  stessa
nei casi in cui, sin dall'origine, l'istante voglia  far  valere  una
pretesa  palesemente  infondata);  sia  la  revoca,  ex  post,  della
ammissione al beneficio  quando,  a  seguito  del  giudizio,  risulta
provato che la persona ammessa ha agito o resistito con mala  fede  o
colpa grave. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
    Dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale degli artt. 126 e  127  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle
disposizioni legislative e  regolamentari  in  materia  di  spese  di
giustizia), sollevata, in riferimento agli artt. 24, terzo  comma,  e
97 della Costituzione, dal Tribunale di Ascoli Piceno con l'ordinanza
indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2009. 
                       Il Presidente: Amirante 
                        Il redattore: Saulle 
                      Il cancelliere: Di Paola 
    Depositata in cancelleria il 17 luglio 2009. 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola