N. 214 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 aprile 2009
Ordinanza del 9 aprile 2009 emessa dalla Corte d'appello di Ancona nel procedimento civile promosso da I.N.P.D.A.P. contro Lombardelli Marco Aurelio. Previdenza - Indennita' premio di fine servizio per direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario delle A.S.L. - Determinazione dei contributi previdenziali sulla base del trattamento economico corrisposto per l'incarico conferito, anziche' sulla base del trattamento stipendiale spettante (retribuzione «virtuale»), come stabilito dall'art. 3, comma 8, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, abrogato dall'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 229/1999 - Eccesso di delega. - Decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, art. 3, comma 2 (abrogativo dell'art. 3, comma 8, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502) e comma 3 (aggiuntivo dell'art. 3-bis, comma 11, al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502). - Costituzione, art. 76, in relazione all'art. 2, comma 1, lett. t), legge 30 novembre 1998, n. 419.(GU n.35 del 2-9-2009 )
LA CORTE D'APPELLO Nella causa d'appello iscritta al n. 1003 del registro generale lavoro dell'anno 2008, promossa dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche (INPDAP) in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso dagli avv. Roberto Annovazzi e Salvatore Carolla giusta procura generale alle liti a rogito del notaio Colistra di Roma ed elettivamente domiciliato presso la sede Inpdap di Ancona, Via Ruggeri, civico n. 5/c, appellante; Nei confronti di Lombardelli Marco Aurelio rappresentato e difeso dagli avv. Loretta Lombardelli e Simone Longhi del foro di Macerata ed elettivamente domiciliato in Ancona, corso Garibaldi, civico n. 124, presso lo studio dell'avv. Roberto Tiberi, appellato; Ha pronunciato la seguente ordinanza. 1. - Con tempestivo ricorso in appello ritualmente proposto a norma dell'art. 434 cod. proc. civ. l'I.N.P.D.A.P. impugnava la sentenza del tribunale di Macerata, in funzione di giudice del lavoro, resa all'udienza del 2 dicembre 2008, che in accoglimento della domanda di Lombardelli Marco Aurelio aveva condannato l'istituto a pagare la somma di € 136.374,73 oltre interessi, a titolo di differenza tra la minor somma corrisposta e quella dovuta a titolo di liquidazione del trattamento di fine servizio. Tra i vari motivi articolati a sostegno della impugnazione, l'istituto appellante, oltre a richiedere l'integrazione necessaria del contraddittorio nei confronti della azienda sanitaria di Macerata, datrice di lavoro (con conseguente istanza di rimessione della causa al tribunale di Macerata a norma dell'art. 354 cod. proc. civ.) sollevava eccezioni di legittimita' costituzionale delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 3 del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 per disparita' di trattamento ed eccesso di delega, per contrasto con gli artt. 3 e 76 della Costituzione. Evidenziava, in particolare, l'appellante che la legge 30 novembre 1998, n. 419 all'art. 2, nella indicazione al Governo dei principi e criteri direttivi di delega, alla lettera t) stabiliva espressamente che il legislatore delegato, nel rendere omogenea anche per i dipendenti privati la disciplina del trattamento assistenziale e previdenziale dei soggetti nominati direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario di azienda, avrebbe previsto (nell'ambito dei trattamenti assistenziali e previdenziali previsti dalla legislazione vigente) « ...l'applicazione dell'articolo 3, comma 8, secondo periodo, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni...». Secondo l'appellante tale preciso vincolo dettato al legislatore delegato comportava il mantenimento della disciplina sostanziale (cristallizzata nella disposizione di cui all'articolo 3, comma 8, secondo periodo, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni) della previsione della base imponibile contributiva con riferimento alla retribuzione cosi' detta «virtuale»; in altri termini restava confermato che i contributi previdenziali ed assistenziali dovessero essere calcolati sul trattamento stipendiale spettante al dipendente in aspettativa, secondo il regime del rapporto di lavoro dipendente e non gia' sui diversi (e maggiori) compensi previsti per il periodo di nomina a direttore, riconducibili, viceversa, ad un contratto di lavoro privato. L'istituto, a sostegno delle proprie argomentazioni, richiamava anche il parere n. 1103 del 12 febbraio 1997 espresso dal Consiglio di Stato, sezione prima, secondo cui, per valorizzare il periodo di aspettativa senza assegni «...la base contributiva utile per il trattamento di fine servizio non possa che essere riferita all'identico trattamento economico attribuito al personale nel ruolo di provenienza...». Inoltre il principio espresso in tale parere era stato fatto proprio dall'I.N.P.D.A.P. che, con la circolare n. 11 del 12 marzo 2001, forniva agli enti datori di lavoro le indicazioni sulle trattenute contributive da effettuare sulla retribuzione «virtuale», tanto vero che anche la azienda sanitaria n. 9 di Macerata aveva operato le trattenute contributive sul corrispettivo spettante al Lombardelli per il rapporto di lavoro subordinato prestato come dipendente pubblico, tenuto conto che l'unico rapporto previdenziale in essere era quello relativo al rapporto di lavoro subordinato con l'amministrazione di provenienza (nella qualifica di dirigente amministrativo) non assimilabile al compenso corrisposto per l'incarico di direttore generale, che, viceversa, si era svolto secondo le forme e la disciplina del lavoro autonomo. 2. - Sul punto l'appellato nella memoria di costituzione e risposta, resistendo al gravame, sosteneva che le questioni di legittimita' costituzionale, sollevate da controparte, erano manifestamente infondate atteso che il criterio di omogeneizzazione ai fini previdenziali indicato alla lettera t) dell'art. 2 della legge 30 novembre 1998, n. 419 andava - nell'ambito di una interpretazione complessiva della legge delega - necessariamente integrato con il connesso criterio di omogeneizzazione ai fini retributivi di cui alla lettera u) e, di conseguenza, la direttiva della definizione del trattamento economico del direttore sanitario e del direttore amministrativo in misura non inferiore a quello previsto dalla contrattazione collettiva nazionale (rispettivamente per le posizioni apicali della dirigenza medica ed amministrativa) era coerente con il riconoscimento della utilita' del compenso ricevuto per l'incarico di direzione anche ai fini della liquidazione del trattamento di fine servizio. All'udienza di discussione, sentiti i difensori ed esaminati gli atti ed i documenti prodotti, la Corte ha dato lettura della parte dispositiva di questa ordinanza di rimessione, riservando la stesura della motivazione. 3. - A giudizio di questa Corte, premesso che - contrariamente a quanto dedotto nel ricorso in appello - non ricorre la necessita' di integrazione del contraddittorio con l'azienda unita' sanitaria locale n. 9 di Macerata (datrice di lavoro) stante la natura previdenziale dell'indennita' premio di fine servizio, affermata dalla giurisprudenza di legittimita' (si veda Cass., sez. unite n. 11329 del 2005), la controversia tra le parti in causa non puo' essere definita indipendentemente dalla risoluzione delle sollevate questioni di legittimita' costituzionale. E' pacifico tra le parti che Lombardelli Marco Aurelio, dipendente della azienda unita' sanitaria locale n. 9 di Macerata, al tempo del collocamento in quiescenza (con decorrenza dal primo ottobre 2002) si trovasse in aspettativa senza assegni in quanto nominato direttore generale della azienda unita' sanitaria locale n. 4 di Terni, a norma dell'art. 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (per tale incarico il trattamento economico omnicomprensivo annuo, inizialmente stabilito in 200milioni di lire, come da contratto di lavoro autonomo, sottoscritto il 10 luglio 1988, era elevato, a partire dal primo gennaio 2002 nella misura annua di € 132.212,97). Costituisce, poi, fatto documentale la liquidazione del trattamento di fine servizio senza tener conto dei compensi effettivi percepiti dal dipendente in aspettativa nell'adempimento dell'incarico di direttore generale; in specie con determinazione 29 aprile 2003, l'I.N.P.D.A.P. della sede provinciale di Macerata, nel liquidare al Lombardelli il trattamento di fine servizio secondo il criterio fissato dall'art. 4 della legge n. 152 del 1968 (indennita' premio di fine servizio da determinare in un quindicesimo della retribuzione contributiva degli ultimi 12 mesi in ragione dell'80% per ogni anno di iscrizione all'istituto) muoveva non gia' dall'importo dei compensi percepiti per l'incarico di direttore generale, ma dalla base imponibile stipendiale pari alla retribuzione cosi' detta «virtuale» annua determinata in complessivi € 50.509,47 (corrispondente a quella che il Lombardelli avrebbe seguitato a percepire nella ipotesi di prosecuzione della prestazione di lavoro dipendente come dirigente amministrativo nella azienda sanitaria di appartenenza di Macerata). Se si considera che nel caso di declaratoria di illegittimita' costituzionale delle disposizioni denunciate ed il consequenziale ripristino della disciplina previgente di cui al comma 8, parte seconda, dell'art. 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, risulterebbe conforme a legge l'interpretazione dell'I.N.P.D.A.P. e cioe' del calcolo dei contributi previdenziali sul trattamento stipendiale spettante al dipendente in aspettativa in ragione del rapporto di lavoro subordinato con la amministrazione di appartenenza, risulta evidente la rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale. Peraltro, va evidenziato sul punto, come l'orientamento della giurisprudenza di legittimita' (si veda Cass., sez. lav. del 2008 n. 11925 e n. 12325) sia fermo nel ritenere che il versamento dei contributi previdenziali - ad opera dell'amministrazione ovvero ente privato di appartenenza - debba essere commisurato al trattamento economico effettivamente corrisposto per l'incarico conferito (e non al trattamento stipendiale del rapporto di lavoro in stato di temporanea quiescenza) ancorche' nel limite del massimale di cui all'art. 3, comma 7, del decreto legislativo n. 181 del 1997. 4. - La Corte ritiene che le sollevate questioni di legittimita' costituzionale non appaiono manifestamente infondate sia pure in correlazione al solo parametro della violazione della conformita' di tale disciplina ai principi ed ai criteri indicati nella legge di delega. Infatti la legge n. 419 del 1998 di delega al Governo per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale e per l'adozione di un testo unico in materia, all'articolo 2 (rubricato «Principi e criteri direttivi della delega»), comma uno, cosi' dispone:" Nell'emanazione dei decreti legislativi di cui all'articolo 1, il Governo si atterra' ai seguenti principi e criteri direttivi: a)...omissis... t) rendere omogenea la disciplina del trattamento assistenziale e previdenziale dei soggetti nominati direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario di azienda, nell'ambito dei trattamenti assistenziali e previdenziali previsti dalla legislazione vigente, prevedendo altresi' per i dipendenti privati l'applicazione dell'articolo 3, comma 8, secondo periodo, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni;...». Se si considera che la richiamata disposizione di cui all'articolo 3, comma 8, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 dopo aver premesso, nel primo periodo, che per i pubblici dipendenti la nomina a direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario determina il collocamento in aspettativa senza assegni e che tale periodo di aspettativa e' utile ai fini sia dell'anzianita' di servizio sia del trattamento di quiescenza e previdenza, al secondo periodo stabiliva che il versamento dei contributi (previdenziali ed assistenziali) - ad opera delle amministrazioni di appartenenza - era calcolato «... sul trattamento stipendiale spettante...» al dipendente in aspettativa e non sui compensi percepiti nel nuovo incarico, si deve riconoscere come tale statuizione rappresentasse un ineludibile limite al legislatore delegato. In altri termini, la legge di delega, attraverso la previsione della estensione anche ai dipendenti privati della disciplina omogenea del trattamento assistenziale e previdenziale (all'epoca per l'incarico di direzione affidato ai dipendenti privati era prevista, dallo stesso comma 8, terzo periodo, soltanto il diritto alla conservazione del posto durante il periodo di aspettativa) muoveva dal comune presupposto del calcolo dell'imponibile contributivo sulla base del livello stipendiale del rapporto di lavoro quiescente con conseguente esclusione del criterio alternativo del calcolo sulla base dei compensi (da lavoro autonomo) spettanti per l'incarico di direzione. Sulla base di tale premessa appare indubitabile che il legislatore delegato nel rendere omogenea la disciplina avrebbe dovuto, comunque, rispettare il criterio inderogabile del calcolo contributivo sulla base della retribuzione cosi' detta «virtuale». In sede di attuazione della delega con la disposizione del comma 2 dell'articolo 3 del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, era (tra l'altro), per quanto qui interessa, abrogato il comma 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502; con la disposizione del comma 3 dell'articolo 3 del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, era (tra l'altro), per quanto qui interessa, aggiunto l'art. 3-bis, che al comma 11cosi' dispone: «La nomina a direttore generale, amministrativo e sanitario determina per i lavoratori dipendenti il collocamento in aspettativa senza assegni e il diritto al mantenimento del posto. L'aspettativa e' concessa entro sessanta giorni dalla richiesta. Il periodo di aspettativa e' utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza. Le amministrazioni di appartenenza provvedono ad effettuare il versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali comprensivi delle quote a carico del dipendente, calcolati sul trattamento economico corrisposto per l'incarico conferito nei limiti dei massimali di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 181, e a richiedere il rimborso di tutto l'onere da esse complessivamente sostenuto all'unita' sanitaria locale o all'azienda ospedaliera interessata, la quale procede al recupero della quota a carico dell'interessato». In definitiva il legislatore delegato non ha mantenuto fermo l'unico criterio indicato nella legge di delega del calcolo dei contributi previdenziali «... sul trattamento stipendiale spettante...» al dipendente in aspettativa ma, con disposizione di natura innovativa, ha previsto che il calcolo dei contributi fosse effettuato «... sul trattamento economico corrisposto per l'incarico conferito...» ancorche' «nei limiti dei massimali di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 181... », rendendo in tal modo sensibile la commisurazione contributiva dei compensi percepiti per l'incarico di direzione con consequenziale incidenza sull'ammontare del trattamento di fine servizio. Trattandosi di un criterio obiettivamente diverso e, per di piu', piu' oneroso per la amministrazione di appartenenza, si deve dubitare della legittimita' costituzionale delle predette disposizioni del decreto delegato n. 229 del 1999 ovvero, in via gradata, si deve dubitare della legittimita' costituzionale della disposizione di cui al comma 11 dell'articolo 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, nella parte in cui dispone che il versamento dei contributi debba essere calcolato «...sul trattamento economico corrisposto per l'incarico conferito...». In proposito non sembra che il diverso ed innovativo criterio di calcolo dell'imponibile contributivo adottato dal legislatore delegato possa trovare legittimazione nella disposizione di cui all'articolo 10, comma 2, periodo secondo, della legge 13 maggio 1999, n. 133 (recante disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale), atteso che, in primo luogo, la delega al Governo contenuta nella disposizione al comma 1 (secondo cui: «Il Governo e' delegato ad emanare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi aventi per oggetto il finanziamento delle regioni a statuto ordinario e l'adozione di meccanismi perequativi interregionali, in base ai seguenti principi e criteri direttivi: a) ... omissis ...») non ha diretta attinenza con la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale. Inoltre la disposizione del comma due, periodo secondo (collocata subito dopo l'affermazione del divieto di oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato) secondo cui: «Anche al fine del coordinamento con i predetti obiettivi, principi e criteri, entro un anno dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi della citata legge n. 419 del 1998, e nel rispetto delle procedure, dei principi e criteri direttivi stabiliti dalla medesima legge n. 419 del 1998, con uno o piu' decreti legislativi possono essere emanate disposizioni correttive e integrative» non fa altro che ribadire, senza emendare, i principi ed i criteri direttivi della legge di delega n. 419 del 1998. Tali principi e criteri direttivi devono, pertanto, essere considerati ancora fermi essendo evidente che il riconoscimento della possibilita' di emanazione di disposizioni «correttive e integrative» non comporta il potere di emanare disposizioni innovative in contrasto con la legge di delega; cio' vale, a maggior ragione, ove si consideri che nello stesso articolo 10, comma 2, periodo secondo, della legge 13 maggio 1999, n. 133 e' espressamente ribadito il «rispetto ... dei principi e criteri direttivi stabiliti dalla medesima legge n. 419 del 1998». Le obiezioni sollevate dall'appellato a sostegno della manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale, sollevate dall'I.N.P.D.A.P., non valgono a dissipare il dubbio di difformita' della legislazione delegata rispetto ai principi e criteri enunciati nella legge di delega e, di conseguenza, ad elidere il dubbio di legittimita' costituzionale delle menzionate disposizioni per violazione dell'articolo 76 della Costituzione. Infatti il connesso criterio di omogeneizzazione ai fini retributivi di cui alla lettera U) della legge di delega non puo' avere influenza sul trattamento di fine servizio che, secondo l'orientamento della giurisprudenza di legittimita' innanzi richiamato, ha natura giuridica previdenziale e non gia' retributiva non essendo riconducibile ad un ulteriore emolumento derivante dalla cessazione del rapporto di lavoro. Infatti la natura previdenziale e non gia' retributiva dell'indennita' premio di fine servizio, affermata dalla giurisprudenza di legittimita' (si veda Cass., sez. unite n. 11329 del 2005) trova titolo in un rapporto assicurativo autonomo rispetto al rapporto di pubblico impiego (Cass., sez. unite, 27 ottobre 2000, n. 1143 e giurisprudenza ivi richiamata nonche' Cass., sez. lav., n. 12532 del 2004) attesa l'autonomia del rapporto previdenziale rispetto al rapporto di lavoro pubblico che funge da mero presupposto esterno del rapporto previdenziale - secondo il condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimita' (cfr., in tal senso, Cass., sez. unite n. 11329 del 2005) - tenuto conto che ogni accertamento sul rapporto di lavoro pubblico deve essere svolto in via esclusivamente incidentale dal giudice della causa previdenziale. Per le svolte considerazioni va disposta la sospensione di questo processo nonche' la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale con gli ulteriori adempimenti indicati in dispositivo, a norma dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2, del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 nella parte in cui abroga la disposizione di cui all'art. 3, comma 8, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 per contrasto con l'art. 76 Cost.; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 3, del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 nella parte in cui aggiunge al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, la disposizione di cui all'art. 3-bis, comma 11, per contrasto con l'art. 76 Cost.; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del presente giudizio; Ordina che a cura della cancelleria questo dispositivo unitamente alla motivazione di questa ordinanza siano notificati alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri e siano comunicati ai Presidenti delle Camere del Parlamento. Ancona, addi' 3 aprile 2009 Il Presidente: Taglienti Il consigliere relatore: Cetro