N. 233 SENTENZA 15 - 23 luglio 2009

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ricorsi delle Regioni, Calabria, Toscana, Piemonte, Liguria e  Marche
  - Pluralita' di impugnazioni  avverso  l'intero  testo  e  svariate
  disposizioni del «codice dell'ambiente» - Decisione delle questioni
  aventi ad oggetto gli artt. da 73 a 140 del decreto legislativo  n.
  152 del 2006 - Decisione delle altre questioni riservata a separate
  pronunce. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. da 73 a 140. 
Giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in   via   principale   -
  Intervento in giudizio  di  soggetti  diversi  dai  titolari  delle
  attribuzioni legislative in  contestazione  (Associazione  Italiana
  per il World Wide Fund for Nature  WWF  Italia  -  Onlus;  Biomasse
  Italia s.p.a., Societa' Italiana Centrali Termoelettriche  -  SICET
  S.r.l.,  Ital  Green  Energy  S.r.l.,  E.T.A.  Energie   Tecnologie
  Ambiente S.p.a.) - Inammissibilita'. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. da 73 a 140. 
Ambiente - Codice dell'ambiente emanato  in  attuazione  della  legge
  delega n. 308 del 2004 - Tutela  delle  acque  dall'inquinamento  -
  Regolamentazione   anche   sotto    l'aspetto    degli    strumenti
  pianificatori e gestionali,  con  innovazioni  e  accentramento  di
  compiti in ambiti correlati a settori di competenza  concorrente  -
  Ricorso della Regione Piemonte - Denunciata violazione dei principi
  di    leale    collaborazione,     ragionevolezza,     adeguatezza,
  differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A.,  anche
  con riferimento a principi e norme del  diritto  comunitario  e  di
  convenzioni  internazionali   -   Genericita'   della   censura   -
  Inammissibilita' della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. da 73 a 140. 
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. 
Ambiente - Codice dell'ambiente emanato  in  attuazione  della  legge
  delega n. 308 del 2004 - Tutela  delle  acque  dall'inquinamento  -
  Individuazione  degli  obiettivi  da  perseguire  nella  disciplina
  generale  per  la  tutela  delle  acque  superficiali,   marine   e
  sotterranee  -  Ricorso  della  Regione   Calabria   -   Denunciata
  violazione di  prerogative  regionali  in  ambiti  di  legislazione
  concorrente,  nonche'  del  principio  di  leale  collaborazione  -
  Genericita' della censura,  mancata  specificazione  degli  aspetti
  ritenuti lesivi  delle  prerogative  regionali  -  Inammissibilita'
  della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 73. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma. 
Ambiente - Codice dell'ambiente emanato  in  attuazione  della  legge
  delega n. 308 del 2004 - Tutela  delle  acque  dall'inquinamento  -
  Elencazione degli strumenti atti  a  realizzare  il  raggiungimento
  degli obiettivi per la tutela delle acque  superficiali,  marine  e
  sotterranee - Ricorso della Regione Calabria - Denunciata  adozione
  di  norme  statali  di  dettaglio  nella  materia  di  legislazione
  concorrente del «governo del territorio», violazione del  principio
  di leale collaborazione per mancata previsione  dell'intesa  con  i
  rappresentanti delle Regioni - Esclusione,  non  essendo  lo  Stato
  vincolato  a  stabilire  solo  norme  di  principio  nella  materia
  ambientale quando sussista  la  concomitante  possibilita'  per  le
  Regioni di intervenire nell'esercizio delle loro competenze in tema
  di tutela della salute e governo del territorio  -  Non  fondatezza
  della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 73, comma 2. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma. 
Ambiente - Codice dell'ambiente emanato  in  attuazione  della  legge
  delega n. 308 del 2004 - Tutela  delle  acque  dall'inquinamento  -
  Definizioni rilevanti nella materia - Definizioni di «acque  reflue
  industriali», «fognatura dinamica», «scarico»,  «valore  limite  di
  emissione»  -  Ricorso   della   Regione   Liguria   -   Denunciata
  irragionevolezza, contrasto con la legge delega e con la  normativa
  comunitaria - Successiva rinuncia regionale  (non  accettata)  alle
  impugnazioni   delle   predette   definizioni,    modificate    dal
  sopravvenuto decreto legislativo n. 4 del 2008 e  non  attuate  nel
  territorio regionale - Cessazione della materia del contendere. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 74, comma 1, lettera h), lettera
  n) (limitatamente alla parte  relativa  alla  fognatura  dinamica),
  lettera ff) e lettera oo). 
- Costituzione, artt. 3, 76 e 117, primo comma. 
Ambiente - Codice dell'ambiente emanato  in  attuazione  della  legge
  delega n. 308 del 2004 - Tutela  delle  acque  dall'inquinamento  -
  Definizioni rilevanti nella materia - Definizioni di  «agglomerato»
  e di «sostanze  pericolose»  -  Ricorso  della  Regione  Liguria  -
  Denunciata irragionevolezza, contrasto con la normativa comunitaria
  e con il principio di salvaguardia  dell'ambiente  enunciato  dalla
  legge  delega,  compromissione  della   attivita'   legislativa   e
  amministrativa della Regione con aggravio di oneri  finanziari  sul
  bilancio  regionale  -  Censure  non  attinenti   al   riparto   di
  competenze, bensi' alle scelte di merito  dello  Stato  in  materia
  ambientale, e dunque qualificabili come tentativo  di  interferenza
  nella sfera legislativa esclusiva dello  Stato  -  Inammissibilita'
  delle questioni. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 74, comma 1, lettera n), e comma
  2, lettera ee). 
- Costituzione, artt. 3, 76 e 117, primo comma; direttiva 91/271/CEE,
  art. 2. 
Ambiente - Codice dell'ambiente emanato  in  attuazione  della  legge
  delega n. 308 del 2004 - Tutela  delle  acque  dall'inquinamento  -
  Previsione dell'esercizio delle funzioni delle Regioni e degli enti
  locali nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e
  nel rispetto delle attribuzioni statali  -  Ricorso  della  Regione
  Calabria -  Denunciata  violazione  della  potesta'  legislativa  e
  amministrativa  regionale   -   Genericita'   delle   doglianze   -
  Inammissibilita' della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 75, comma 1, lettera b). 
- Costituzione, artt. 117, quarto comma, e 118, primo comma. 
Ambiente - Codice dell'ambiente emanato  in  attuazione  della  legge
  delega n. 308 del 2004 - Tutela  delle  acque  dall'inquinamento  -
  Attuazione delle direttive comunitarie  di  modifica  di  modalita'
  esecutive - Adozione con decreti  ministeriali  dei  correttivi  da
  inserire negli Allegati alla Parte III del codice  dell'ambiente  -
  Ricorso  della  Regione  Calabria  -   Denunciata   lesione   delle
  prerogative delle Regioni in ordine all'attuazione delle  direttive
  comunitarie, invasione della potesta' regolamentare delle  Regioni,
  violazione, in subordine, del principio di leale  collaborazione  -
  Esclusione  -  Allocazione  a  livello   statale   delle   funzioni
  amministrative in materia ambientale  giustificata  da  ragioni  di
  unitarieta' ed uniformita' ordinamentali  -  Non  fondatezza  della
  questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 75, comma 4. 
- Costituzione, artt. 117, commi quinto e sesto, e 118. 
Ambiente - Codice dell'ambiente emanato  in  attuazione  della  legge
  delega n. 308 del 2004 - Tutela  delle  acque  dall'inquinamento  -
  Obblighi per le Regioni di divulgazione  delle  informazioni  sullo
  stato di qualita' delle acque e  di  trasmissione  al  Dipartimento
  tutela acque  interne  e  marine  dell'Agenzia  per  la  protezione
  dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) dei dati conoscitivi e
  delle informazioni relative all'attuazione del codice dell'ambiente
  e della normativa comunitaria - Ricorsi  delle  Regioni  Toscana  e
  Marche - Denunciata  violazione  dell'autonomia  finanziaria  delle
  Regioni, per mancata destinazione di risorse aggiuntive a copertura
  degli  oneri  derivanti  dall'espletamento  dei  nuovi  compiti   -
  Violazione  dell'autonomia  finanziaria  regionale  -   Esclusione,
  attesa  la  possibilita'  che  i  costi  delle  operazioni  vengano
  regolati  in  decreto  ministeriale  adottato   d'intesa   con   la
  Conferenza Stato-Regioni - Non fondatezza della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 75, comma 5. 
- Costituzione, art. 119; decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195,
  art. 11; direttiva 2003/4/CE. 
Ambiente - Codice dell'ambiente emanato  in  attuazione  della  legge
  delega n. 308 del 2004 - Tutela  delle  acque  dall'inquinamento  -
  «Designazione» di corpo idrico artificiale o fortemente  modificato
  - Ipotizzata competenza statale - Ricorsi delle Regioni  Toscana  e
  Marche - Denunciata  violazione  delle  attribuzioni  regionali  in
  materia di governo del  territorio,  violazione  del  principio  di
  leale collaborazione per mancata  previsione  dell'esercizio  della
  funzione mediante accordi e intese con le  Regioni  -  Impugnazione
  proposta in termini ipotetici - Inammissibilita' della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 77, comma 5. 
- Costituzione, artt. 117 e 118. 
Ambiente - Codice dell'ambiente emanato  in  attuazione  della  legge
  delega n. 308 del 2004 - Tutela  delle  acque  dall'inquinamento  -
  Acque destinate alla vita dei molluschi  -  Designazione  da  parte
  delle Regioni delle acque marine costiere e  salmastre  richiedenti
  protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo  di
  molluschi bivalvi e gasteropodi anche ai fini del miglioramento dei
  prodotti della molluschicoltura commestibili per l'uomo -  Prevista
  necessita' di intesa con il Ministro  delle  politiche  agricole  e
  forestali - Ricorsi delle Regioni  Calabria,  Marche  e  Toscana  -
  Denunciata retrocessione di competenza gia' interamente  attribuita
  alle Regioni, violazione  di  competenze  legislative  residuali  e
  amministrative delle Regioni - Esclusione  -  Ascrivibilita'  della
  molluschicoltura all'ambito  materiale  della  pesca,  nella  quale
  concorrono anche competenze statali, con conseguente necessita'  di
  applicare il principio di leale  collaborazione  -  Non  fondatezza
  della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 87, comma 1. 
- Costituzione, artt. 117 (in particolare, quarto comma), e  118  (in
  particolare, primo comma); decreto legislativo 26 maggio  2004,  n.
  153, artt. 1, comma 2, e 7; decreto legislativo 26 maggio 2004,  n.
  154, art. 21; decreto legislativo 4 agosto 2008, n. 148. 
Giudizio di legittimita' costituzionale  in  via  principale  -  Vizi
  deducibili dalle Regioni  -  Evocazione  di  parametri  diversi  da
  quelli compresi nel titolo V  della  Costituzione  -  Possibilita',
  purche'  la  violazione  ridondi  a  pregiudizio  delle  competenze
  regionali  -  Denunciata  inosservanza  dei  principi   e   criteri
  direttivi  di  una  legge  delega  finalizzata  al  riordino  delle
  competenze - Ammissibilita' della censura. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 87, comma 1. 
- Costituzione, art. 76; legge 15 dicembre  2004,  n.  308,  art.  1,
  comma 8. 
Ambiente - Codice dell'ambiente emanato  in  attuazione  della  legge
  delega n. 308 del 2004 - Tutela  delle  acque  dall'inquinamento  -
  Acque destinate alla vita dei molluschi  -  Designazione  da  parte
  delle Regioni delle acque marine costiere e  salmastre  richiedenti
  protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo  di
  molluschi bivalvi e gasteropodi anche ai fini del miglioramento dei
  prodotti della molluschicoltura commestibili per l'uomo -  Prevista
  necessita' di intesa con il Ministro  delle  politiche  agricole  e
  forestali - Ricorso della Regione Calabria - Denunciato eccesso  di
  delega, per inosservanza del principio di rispetto delle competenze
  gia'  attribuite  alle  Regioni  dalla  legislazione  previgente  -
  Esclusione - Non fondatezza della questione. 
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 87, comma 1. 
- Costituzione, art. 76; legge 15 dicembre  2004,  n.  308,  art.  1,
  comma 8, lettera b); decreto legislativo 31  marzo  1998,  n.  112,
  art. 80, lettera q). 
(GU n.30 del 29-7-2009 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA,  Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente: 
                              Sentenza 
nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. da  73  a  140
del decreto legislativo 3 aprile  2006,  n.  152  (Norme  in  materia
ambientale), promossi  dalle  Regioni  Calabria,  Toscana,  Piemonte,
Liguria e Marche, con ricorsi notificati l'8, il 13, il 12-21  ed  il
12-27 giugno 2006, depositati in cancelleria il 10, il 14, il 15,  il
16 ed il 21 giugno 2006, ed iscritti ai nn. 68, 69, 70, 74 e  79  del
registro ricorsi 2006. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri nonche' gli atti di  intervento  dell'Associazione  italiana
per il World Wide  Fund  for  Nature  (WWF  Italia)  -  Onlus,  della
Biomasse Italia S.p.a. ed altre; 
    Udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 2009 il Giudice relatore
Alfio Finocchiaro; 
    Uditi gli avvocati Maria Grazia Bottari Gentile  per  la  Regione
Calabria, Lucia Bora e Guido Meloni per  la  Regione  Toscana,  Luigi
Manzi per la Regione Piemonte, Giandomenico  Falcon  per  la  Regione
Liguria,  Gustavo  Visentini  per  la  Regione   Marche,   Alessandro
Giadrossi per l'Associazione italiana per  il  World  Wide  Fund  for
Nature (WWF Italia) - Onlus, e l'avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo
per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
                          Ritenuto in fatto 
    1. - Con ricorso  notificato  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri l'8 giugno 2006, la Regione Calabria (reg. ric.  n.  68  del
2006) ha  chiesto  a  questa  Corte  di  dichiarare  l'illegittimita'
costituzionale di una serie di disposizioni del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), che ha violato  le
competenze regionali, sotto molteplici aspetti. 
    Le censure riguardano, tra  l'altro,  il  settore  della  «Tutela
delle acque dall'inquinamento», oggetto della Sezione II della  Parte
III del decreto legislativo. 
    Nell'ambito di questa sezione la  Regione  Calabria  censura,  in
riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, l'art. 73,
nel quale si individuano gli obiettivi da perseguire nella disciplina
generale  per  la  tutela  delle   acque   superficiali,   marine   e
sotterranee, riproponendo le considerazioni svolte in altra parte del
ricorso, sulla difesa del  suolo,  in  merito  alla  riconducibilita'
della disciplina delle acque a diverse materie, tra le quali  sarebbe
prevalente e comprensiva quella del «governo del territorio». 
    Non mancando,  peraltro,  richiami  alla  «tutela  dell'ambiente»
(segnatamente con riferimento alle lettere  a),  b)  e  f),  ed  alla
«tutela della salute» (in tal senso, rilevano soprattutto le  lettere
b), d) ed  e),  in  via  gradata  sussisterebbe  una  concorrenza  di
competenze che coinvolgerebbe le tre materie indicate. 
    Se anche si adottasse la prospettiva  della  sussistenza  di  una
concorrenza di competenze, l'enunciazione degli  strumenti  potrebbe,
al  piu',  essere  inquadrata  nell'ambito  della  determinazione  di
standards di tutela (cio' che appare, peraltro, assai  problematico),
con il che il comma 2 non potrebbe comunque essere considerato immune
da vizi, giacche', ove non sia ravvisabile la sicura prevalenza di un
complesso normativo rispetto agli altri, atto a rendere dominante  la
relativa competenza legislativa, la redazione di contenuti  normativi
richiede la previa intesa con i rappresentanti delle Regioni. 
    Altra norma censurata e' l'art. 75, comma 1, lettera b),  secondo
la quale le Regioni e gli enti locali  esercitano  le  funzioni  e  i
compiti   ad   essi   spettanti   nel   quadro    delle    competenze
costituzionalmente determinate  e  nel  rispetto  delle  attribuzioni
statali. 
    Tale disposizione e' ispirata ad una concezione  del  riparto  di
competenze inconciliabile con il mutato assetto  costituzionale,  dal
momento che ignora come le funzioni  normative  delle  Regioni  e  le
funzioni amministrative degli enti  locali  non  possono  mai  essere
«determinate», stanti le clausole di cui all'art. 117, quarto  comma,
ed all'art. 118, primo comma, Cost., e muove  dalla  errata  tendenza
dello Stato a restare l'ente cui spettano le competenze generali. 
    Analoghi rilievi riguardano l'art. 87, il cui comma 1, disponendo
che «le Regioni, d'intesa con il Ministero delle politiche agricole e
forestali, designano,  nell'ambito  delle  acque  marine  costiere  e
salmastre che sono sede  di  banchi  e  di  popolazioni  naturali  di
molluschi bivalvi e  gasteropodi,  quelle  richiedenti  protezione  e
miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo degli stessi e per
contribuire alla buona qualita' dei prodotti  della  molluschicoltura
direttamente commestibili per l'uomo», riproduce l'art. 14, comma  1,
del decreto legislativo 11 maggio 1999, n.  152  (Disposizioni  sulla
tutela delle acque dall'inquinamento e  recepimento  della  direttiva
91/271/CEE concernente il trattamento delle  acque  reflue  urbane  e
della direttiva  91/676/CEE  relativa  alla  protezione  delle  acque
dall'inquinamento  provocato  dai  nitrati   provenienti   da   fonti
agricole), in cui, pero', non era prevista l'intesa con  il  Ministro
delle politiche agricole e forestali. Trattandosi di competenza  gia'
interamente trasferita alle Regioni (l'art. 1, comma 8,  della  legge
15 dicembre 2004, n. 308, impone al legislatore delegato il  rispetto
delle competenze attribuite alle Regioni dal decreto  legislativo  31
marzo  1998,  n.  112),  appare  evidente  che  lo  Stato  non   puo'
surrettiziamente   riappropriarsene    attraverso    un    atto    di
codeterminazione, di cui non si rinviene alcuna giustificazione,  ne'
sul piano funzionale ne' su  quello  del  sistema  costituzionale  di
ripartizione delle competenze. 
    La Regione censura altresi' l'art. 75, comma 4 - nella  parte  in
cui stabilisce che, con decreto dei Ministri competenti, si  provvede
alla modifica degli Allegati alla  Parte  III  dello  stesso  decreto
legislativo, per dare attuazione alle direttive  comunitarie  per  le
parti in cui queste modifichino modalita' esecutive e caratteristiche
tecniche delle direttive, recepite nella Parte  III,  secondo  quanto
previsto  dall'art.  13  della  legge  4  febbraio  2005,  n.  11   -
ritenendolo in contrasto con l'art. 117, quinto  comma,  Cost.,  dato
che attribuisce ad organi statali il  compito  di  attuare  normative
comunitarie di modifica di modalita' esecutive  di  altre  direttive,
incidenti su  aspetti  di  dettaglio,  attivita'  che  non  puo'  che
spettare alle Regioni; nonche' con l'art. 117,  sesto  comma,  Cost.,
attribuendosi un potere regolamentare  a  organi  statali  in  ambito
diverso da quelli individuati dall'art. 117, secondo comma, Cost. 
    Subordinatamente, poi, l'attribuzione ai Ministri del  potere  di
emanare decreti violerebbe  il  principio  di  leale  collaborazione,
attesa l'importanza che i decreti ministeriali possono assumere, tale
da richiedere l'intervento di istanze rappresentative  delle  Regioni
ed enti locali nel procedimento di formazione. 
    1.1.  -  Nell'imminenza  dell'udienza  la  Regione  Calabria   ha
depositato memoria. Per quanto e'  oggetto  della  Sezione  II  della
Parte III, la Regione si richiama semplicemente ai motivi di  ricorso
proposti, non essendo state le norme di tale sezione,  oggetto  delle
censure,   modificate   dalla   legislazione   successiva    (decreto
legislativo 8 novembre 2006, n. 284, recante «Disposizioni correttive
e integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,  recante
norme in materia ambientale», e decreto legislativo 16 gennaio  2008,
n. 4, recante «Ulteriori disposizioni correttive ed  integrative  del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme  in  materia
ambientale»). 
    2. - Con ricorso  notificato  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri il 21 giugno 2006, la Regione Toscana (reg. ric. n.  69  del
2006)   ha   chiesto   a   questa   Corte    la    declaratoria    di
incostituzionalita'  di  una  serie  di  disposizioni   del   decreto
legislativo n. 152 del 2006, per violazione sotto molteplici  aspetti
delle competenze regionali. 
    Le censure riguardano, tra  l'altro,  il  settore  della  «Tutela
delle acque dall'inquinamento», oggetto della Sezione II della  Parte
III. 
    In  tale  ambito,  appare  lesivo  delle  attribuzioni  regionali
costituzionalmente garantite  l'art.  75,  comma  5,  per  violazione
dell'art. 119 Cost. La disposizione impone alle Regioni di assicurare
la piu' ampia divulgazione delle informazioni sullo stato di qualita'
delle acque nonche' di trasmettere al Dipartimento tutela delle acque
interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i
servizi tecnici (APAT) i dati conoscitivi e le informazioni  relativi
all'attuazione del decreto legislativo n.  152  del  2006,  e  quelli
prescritti dalla disciplina comunitaria,  secondo  le  modalita'  che
verranno indicate con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto
con i Ministri competenti, d'intesa con la Conferenza permanente  per
i rapporti tra lo Stato e le Regioni. 
    Al fine di ottemperare agli obblighi imposti  dalla  disposizione
in esame, le  Regioni  devono  necessariamente  attivare,  con  oneri
rilevanti a proprio carico, azioni dirette ad effettuare una serie di
indagini conoscitive sullo «stato di qualita' delle  acque»,  nonche'
azioni dirette al monitoraggio e alla elaborazione dei dati  e  delle
informazioni acquisite, al fine di poter evidenziare, come  richiesto
dalla  norma,  il  livello  di  attuazione   dello   stesso   decreto
legislativo n. 152 del 2006, nonche' il rispetto  degli  obblighi  di
derivazione  comunitaria.  Tali  obblighi  informativi  non  appaiono
collegati  a  funzioni  proprie  delle  Regioni,   bensi'   risultano
esplicazione  della  potesta'  legislativa  riconosciuta  allo  Stato
dall'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    L'acquisizione  delle  informazioni  e'  infatti  finalizzata   a
consentire un controllo da  parte  dello  Stato  sul  rispetto  degli
standard di tutela ambientali imposti dallo stesso e dalla  Comunita'
europea, controllo che rappresenta il diretto  corollario  di  quello
che e' il nucleo essenziale della materia «tutela ambientale». Se  e'
vero che detta materia e' «trasversale» e  consente,  comunque,  alle
Regioni di curare i propri  interessi  funzionalmente  collegati  con
quelli ambientali, e' anche vero che l'attivita' di  rilevazione  dei
dati e delle  informazioni  richieste  rappresenta  esplicazione  del
potere statale di controllare il rispetto degli  standard  di  tutela
uniformi, individuati al fine di garantire le esigenze di  protezione
e tutela dell'ambiente. 
    L'onerosita' dei compiti di  rilevamento,  positivamente  assunti
dalla  Regione  ricorrente  in  attuazione  del  principio  di  leale
collaborazione, non e' assistita dall'individuazione,  da  parte  del
legislatore statale, delle risorse  necessarie  a  farvi  fronte,  in
palese violazione dell'art. 119 Cost., secondo cui le  Regioni  hanno
«autonomia finanziaria di entrata e di spesa» (primo comma) e  godono
di risorse autonome (secondo comma). 
    Sul presupposto  che  per  la  svolgimento  delle  funzioni  loro
attribuite, Regioni ed enti locali si avvalgono di tributi ed entrate
proprie, da essi stabiliti secondo principi  di  coordinamento  della
finanza pubblica, compartecipazione al  gettito  di  tributi  statali
riscossi sul loro territorio e accesso al  fondo  perequativo  per  i
territori con minore capacita' fiscale, il quinto comma  dispone  che
«per provvedere a scopi diversi  dal  normale  esercizio  delle  loro
funzioni lo Stato destina risorse aggiuntive»  a  favore  di  Comuni,
Province, Citta' metropolitane e Regioni. 
    Ne consegue che, qualora lo Stato imponga ad enti  locali  (nella
specie  le  Regioni)  di  provvedere  a  scopi  diversi  dal  normale
esercizio delle loro funzioni, deve contestualmente indicare i  mezzi
finanziari  per  farvi  fronte.  In  mancanza,  verrebbe   vanificata
l'essenza stessa dell'autonomia finanziaria riconosciuta alle Regioni
dalla  Costituzione,  dovendo  le  stesse  distogliere   le   entrate
destinate  a  coprire  le  funzioni  pubbliche  loro  attribuite  per
fronteggiare gli oneri derivanti dalle funzioni diverse ed  ulteriori
ad esse attribuite dal legislatore statale. 
    Altra norma censurata e' l'art. 77, comma 5, per violazione degli
artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale cooperazione. 
    La disposizione in esame prevede che la designazione di un  corpo
idrico artificiale o fortemente modificato e le relative  motivazioni
siano esplicitamente menzionate nei piani di  bacino  (di  emanazione
statale). La disposizione appare  poco  chiara,  in  particolare  sul
significato da attribuire al termine  «designazione».  In  una  prima
accezione,   sembrerebbe   ricondursi    al    legislatore    statale
«l'individuazione  del  corpo   idrico   artificiale   o   fortemente
modificato» attraverso lo strumento  del  piano  di  bacino;  in  una
seconda accezione, il piano di bacino si limiterebbe a  riportare  un
elenco dei corpi idrici o fortemente modificati, la cui  designazione
sarebbe, invece, demandata all'ambito regionale. 
    I commi successivi riconoscono competenze in capo  alle  Regioni,
tali da far propendere per la seconda  interpretazione  (il  comma  6
prevede  che  le  Regioni  possano  motivatamente  stabilire  termini
diversi per i corpi idrici che  presentano  condizioni  tali  da  non
consentire il raggiungimento dello  stato  di  «buono»;  il  comma  7
prevede che  le  Regioni  possano  stabilire  obiettivi  di  qualita'
ambientale meno rigorosi per taluni corpi idrici,  qualora  ricorrano
alcune particolari  condizioni),  tuttavia  la  norma  appare,  nella
sostanza, ambigua. L'interpretazione secondo la quale la designazione
del corpo idrico compete allo Stato porterebbe in  capo  allo  stesso
un'attivita'  strettamente  finalizzata  a  politiche  di   uso   del
territorio, per loro stessa natura  riconducibili  alla  materia  del
«governo del  territorio»,  riservata  dall'art.  117,  comma  terzo,
Cost., alla legislazione concorrente. 
    Anche volendo configurare un'avocazione da parte dello Stato, per
esigenze di unitarieta', delle funzioni amministrative di  competenza
delle  Regioni,  la  norma  non  si   sottrarrebbe   a   censure   di
illegittimita' costituzionale: l'assunzione in sussidiarieta',  quale
deroga al sistema di competenze disegnato  dalla  Costituzione,  deve
infatti sottostare al principio di leale collaborazione,  che  impone
che la funzione venga amministrata attraverso accordi ed  intese  con
le Regioni. Detto principio  non  trova  riconoscimento  nella  norma
impugnata, dal momento che la designazione del corpo  idrico  non  e'
subordinata ad intese con i livelli regionali, ma, al  contrario,  e'
ricondotta unilateralmente nell'ambito della competenza statale. 
    Viene, inoltre, censurato l'art.  87,  comma  1,  per  violazione
degli artt. 117 e 118 Cost. 
    La disposizione prevede che le Regioni, d'intesa con il Ministero
delle politiche agricole e forestali,  designino,  nell'ambito  delle
acque marine costiere e salmastre  che  sono  sede  di  banchi  e  di
popolazioni naturali  di  molluschi  bivalvi  e  gasteropodi,  quelle
richiedenti protezione e miglioramento, per consentire la vita  e  lo
sviluppo degli stessi e  per  contribuire  alla  buona  qualita'  dei
prodotti della molluschicoltura direttamente commestibili per l'uomo. 
    La norma, avendo la duplice finalita' di assicurare che le  acque
marine e salmastre, sede di popolazioni naturali di molluschi bivalvi
e gasteropodi, rispondano ai requisiti  di  qualita'  richiamati  dal
successivo art. 88, e di assicurare la buona  qualita'  dei  prodotti
della  molluschicoltura   direttamente   commestibili   per   l'uomo,
coinvolge interessi diversi, affidati ora alla tutela del legislatore
statale (tutela dell'ambiente),  ora  alla  legislazione  concorrente
(tutela della salute), ora alla legislazione residuale delle  Regioni
(agricoltura). 
    Il nucleo centrale della materia «agricoltura»  e'  individuabile
nella produzione di vegetali ed animali destinati  all'alimentazione,
quindi non  sembra  compatibile,  con  il  riparto  delle  competenze
delineato  dal  Titolo  V  della  Parte  II  della  Costituzione,  la
subordinazione della designazione regionale  delle  acque  marine  ai
fini della molluschicoltura ad un'intesa con i livelli statali. 
    La competenza regionale esclusiva nella materia  dell'agricoltura
e' altresi' incompatibile in riferimento alle  materie  riconducibili
alla   legislazione    concorrente    (tutela    della    salute    e
dell'alimentazione), laddove compete allo Stato  la  sola  fissazione
dei principi fondamentali e non anche  determinazioni  di  dettaglio,
quale e' invece quella di designazione delle acque che ottemperano ai
requisiti di qualita' (indicati come standard uniformi dallo Stato) e
che possono, pertanto, essere  destinate  alla  molluschicoltura,  in
quanto disciplina operativa e  di  dettaglio,  il  cui  esercizio  e'
riconducibile all'ambito regionale. 
    Neppure sembrano  invocabili  i  principi  di  sussidiarieta'  ed
adeguatezza di cui all'art.  118,  primo  comma,  Cost.,  nella  loro
attitudine ascensionale, in base ai quali lo Stato puo'  riservare  a
se'  funzioni  amministrative  (e  conseguentemente  legislative)  in
deroga al riparto delle competenze individuato  dal  Titolo  V  della
Parte  II   della   Costituzione,   difettando   le   condizioni   di
proporzionalita' e  ragionevolezza,  giacche',  pur  contemplando  la
norma una concertazione tra  livello  regionale  e  statale,  non  e'
ravvisabile un ragionevole fondamento tale da giustificare l'esigenza
di un esercizio unitario della stessa, soprattutto tenendo conto  del
contesto normativo in cui la  norma  e'  collocata;  tanto  piu'  che
l'art. 84, comma 1,  in  riferimento  alla  designazione  (regionale)
«delle acque dolci che  richiedono  protezione  e  miglioramento  per
essere idonee alla vita  dei  pesci»,  riserva  allo  Stato  la  sola
individuazione  dei  requisiti  cui  le   acque   devono   rispondere
(requisiti riportati nella Tabella 1/B dell'allegato 2 alla Parte III
del decreto medesimo), ma affida la designazione  delle  stesse  alle
Regioni, senza subordinarne  l'esercizio  ad  intese  con  i  livelli
statali. 
    Va evidenziato, infine, che l'art.  87  modifica  l'art.  14  del
decreto legislativo n. 152 del 1999 (normativa che viene abrogata dal
decreto legislativo oggetto  di  impugnazione),  che,  in  un  quadro
costituzionale in cui le  competenze  regionali  erano  indubbiamente
inferiori a quelle desumibili dall'attuale 117 Cost., non subordinava
l'esercizio della funzione regionale ad intese con i livelli statali. 
    2.1.  -  Nel  giudizio  promosso  dalla  Regione  Toscana  si  e'
costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che illustra le  ragioni
per cui le doglianze della Regione dovranno essere disattese. 
    Relativamente  alla  tutela  delle  acque  dall'inquinamento,  la
difesa erariale replica alle censure relative all'art. 75,  comma  5,
sulla divulgazione delle informazioni sullo stato di  qualita'  delle
acque,  assumendo  che  tale  obbligo  e'  di   diretta   derivazione
comunitaria.  Il  riordino  delle  funzioni  comporta  il  necessario
trasferimento  delle  risorse   nell'ambito   delle   varie   materie
considerate dal  legislatore  delegato,  e  le  informazioni  possono
essere acquisite e  diffuse  con  mezzi  a  basso  costo  (indicatori
biologici invece che chimici, internet in luogo  di  pubblicazione  a
stampa). 
    La  doglianza  in  ordine  all'individuazione  dei  corpi  idrici
artificiali o  fortemente  modificati  (art.  77,  comma  5)  sarebbe
inammissibile per genericita' e indeterminatezza, oltre  che  per  il
fatto che i criteri di individuazione non possono che essere omogenei
su tutto il territorio nazionale. 
    Riguardo all'art. 87, comma 1 - che prevede la  designazione,  da
parte delle  Regioni,  d'intesa  con  il  Ministero  delle  politiche
agricole  e  forestali,  delle  acque  marine  costiere  e  salmastre
richiedenti protezione e miglioramento per consentire la  vita  e  lo
sviluppo dei molluschi - la doglianza non  sarebbe  fondata,  poiche'
l'intesa  con  il  Ministro  si  pone  solo  nella  prima   fase   di
individuazione,   restando   affidata   alla   competenza   regionale
l'integrazione e la modifica in via ordinaria degli elenchi. 
    2.2.  -  Nel  giudizio  ha  presentato  atto  di  intervento   ad
adiuvandum l'Associazione italiana per il World Wide Fund for  Nature
(WWF  Italia)  -  Onlus,  la  quale,  poste  alcune  premesse   sulla
legislazione italiana in materia ambientale  e  sull'esercizio  della
delega legislativa, passa ad esaminare le questioni  di  legittimita'
delle norme  denunciate  dalla  Regione  ricorrente,  senza  tuttavia
svolgere considerazioni in merito  alle  specifiche  disposizioni  in
tema di tutela delle acque dall'inquinamento. 
    2.3.  -  Nell'imminenza  dell'udienza,  la  Regione  Toscana   ha
depositato memoria,  limitandosi,  per  quanto  riguarda  le  censure
proposte avverso le disposizione contenute nella Sez. II della  Parte
III, a richiamare i motivi di ricorso gia' proposti. 
    3. - Con ricorso  notificato  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri il 27 giugno 2006, la Regione Piemonte (reg. ric. n. 70  del
2006)   ha   chiesto   a   questa   Corte    la    declaratoria    di
incostituzionalita'  di  una  serie  di  disposizioni   del   decreto
legislativo n.  152  del  2006,  per  violazione  di  vari  parametri
costituzionali (artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 Cost.). 
    Le censure riguardano, tra l'altro, gli artt. da  73  a  140  del
citato decreto legislativo n. 152 del 2006, che attengono alla tutela
delle acque dell'inquinamento anche sotto l'aspetto  degli  strumenti
pianificatori e gestionali.  La  ramificata  interrelazione  con  gli
ambiti del governo del territorio e di gestione dei vari  settori  di
attivita' antropiche, investe  ambiti  di  competenza  concorrente  o
rimessa alle Regioni e parimenti della tutela della  salute.  Valgono
le  considerazioni  di  ordine  generale  sulla  pretermissione   del
contributo di Regioni e  Province  autonome  nell'elaborazione  delle
norme del decreto legislativo  n.  152  del  2006,  ad  inficiare  le
validita' del corpus normativo nel suo complesso,  al  di  la'  della
specificazione delle questioni attinenti a norme determinate. 
    Rispetto al quadro  legislativo  gia'  operante,  si  riscontrano
significative  innovazioni,   non   giustificate   da   esigenze   di
coordinamento ed anzi apportatrici di elementi di  contraddizione  ed
incoerenza ed improntate ad un accentramento  di  compiti,  anche  di
limitata   gestione,   nella   sede   ministeriale,    determinandosi
compressione del ruolo delle Regioni e  delle  autonomie  locali.  Il
principio dell'unitarieta' fonda  la  competenza  statale  ove  siano
ravvisabili esigenze di uniformita' e omogeneita' strategica, con  la
definizione di standard, pur  sempre  con  il  contemperamento  delle
procedure di leale collaborazione e intesa  per  la  codeterminazione
dei contenuti interessanti anche l'ambito di competenza regionale. 
    3.1. - Nel  giudizio  promosso  dalla  Regione  Piemonte,  si  e'
costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato  e
difeso dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso  per  la
inammissibilita' o infondatezza della questione. 
    Hanno poi  spiegato  intervento  la  Societa'  Italiana  Centrali
Termoelettriche - SICET S.r.l., la Biomasse Italia  S.p.a.,  la  Ital
Green Energy S.r.l., la E.T.A. - Energie tecnologie ambiente  S.p.a.,
senza svolgere  considerazioni  direttamente  attinenti  al  tema  in
oggetto. 
    4. - Con ricorso  notificato  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri il 13 giugno 2006, la Regione Liguria (reg. ric. n.  74  del
2006) ha chiesto a  questa  Corte  la  declaratoria  d'illegittimita'
costituzionale di una serie di disposizioni del  decreto  legislativo
n. 152 del 2006, che avrebbero violato le competenze regionali  sotto
molteplici aspetti. 
    Le censure riguardano, tra  l'altro,  il  settore  della  «Tutela
delle acque dall'inquinamento», oggetto della Sezione II della  Parte
III del decreto legislativo. 
    L'art. 74 reca le definizioni  rilevanti  nella  materia,  e  tra
queste  il  comma  1,  lettera  ff),  definisce  «scarico»  qualsiasi
immissione di acque reflue in  acque  superficiali,  sul  suolo,  nel
sottosuolo  e  in  rete  fognaria,  indipendentemente  dalla   natura
inquinante, e pur sottoposta a preventivo trattamento di depurazione.
In questo modo, l'immissione non deve piu'  essere  «diretta  tramite
condotta». 
    Sono stati cosi'  modificati  il  concetto  di  «scarico»,  quale
risultante dall'art. 2, comma 1, lettera bb), del decreto legislativo
n. 152 del 1999, e la sua distinguibilita' dal concetto di «rifiuto»,
viceversa costituito da reflui di cui il  detentore  si  disfi  senza
versamento diretto nei corpi ricettori, con avvio  allo  smaltimento,
trattamento  o  depurazione  a  mezzo  di  trasporto   comunque   non
canalizzato. La norma in esame, dunque,  rimette  in  discussione  il
difficile rapporto tra normativa sulle acque e normativa sui rifiuti,
limitando in sostanza l'applicazione di questa -  i  rifiuti  liquidi
sono in tal modo sottratti alla normativa sui  rifiuti  e  assimilati
agli scarichi idrici: l'art. 8 del  decreto  legislativo  5  febbraio
1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della
direttiva  91/689/CEE  sui  rifiuti  pericolosi  e  della   direttiva
94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), esclude  dal
proprio ambito di applicazione le acque di scarico -  e  riducendo  i
controlli sui casi di introduzione di sostanze nei corpi ricettori in
assenza di condotta. 
    Tale innovazione, oltre ad essere irragionevole  (con  violazione
dell'art. 3 Cost.), contrasterebbe con la legge delega,  sia  per  il
fatto stesso di essere un'innovazione (il Governo aveva meri  compiti
di  «riordino,  coordinamento  e  integrazione   delle   disposizioni
legislative nei seguenti settori e materie») sia  perche'  diminuisce
la tutela dell'ambiente e della salute (mentre  l'art.  1,  comma  8,
lettera a), della legge delega n. 308 del 2004  pone  come  principio
direttivo  la  garanzia  della  salvaguardia,  della  tutela  e   del
miglioramento della qualita' dell'ambiente,  della  protezione  della
salute umana). 
    Ne consegue una menomazione della posizione regionale,  in  primo
luogo perche'  e'  il  territorio  stesso  della  Regione  che  viene
danneggiato dal fatto che i  rifiuti  liquidi  siano  sottratti  alla
normativa  sui  rifiuti  e  assimilati  agli  scarichi  idrici,   con
conseguente  lesione  della  posizione  regionale  di  rappresentante
generale  degli  interessi  della  popolazione  stanziata   su   quel
territorio;   in   secondo   luogo,   l'attivita'   legislativa    ed
amministrativa che la Regione svolge nella materia in  questione  (di
pacifica  competenza  regionale)  risente  dell'illegittimita'  delle
norme  statali  di  base,  perche'  quell'attivita'  e'  costretta  a
svolgersi in  un  quadro  illegittimo,  con  conseguente  rischio  di
illegittimita' derivata. Infine, la  diminuita  tutela  dell'ambiente
aggrava i compiti che la Regione e gli enti  locali  devono  svolgere
per far fronte ai possibili  danni,  per  cui  la  palese  violazione
dell'art. 76  (e  dell'art.  3)  Cost.  si  traduce  in  una  lesione
dell'autonomia amministrativa e finanziaria  della  Regione  e  degli
enti locali. 
    L'art. 74, comma 1, lettera h), introduce  nella  definizione  di
acque reflue industriali il criterio «qualitativo» in sostituzione di
quello della «provenienza» di cui all'art. 2, comma  1,  lettera  h),
del  decreto  legislativo  n.  152  del  1999.  Cio'  costituisce  un
oggettivo passo indietro nella tutela delle acque  dall'inquinamento,
tale da determinare  gravi  complicazioni  applicative.  Inoltre,  la
nuova norma non rispetta neppure la definizione prevista dall'art.  2
della direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane.
E' dunque ravvisabile violazione dell'art. 117, primo  comma,  Cost.,
del principio di  ragionevolezza  e,  per  le  stesse  ragioni  sopra
esposte, dell'art. 76 della Costituzione. Attraverso tali violazioni,
la norma lede le prerogative regionali, per  le  ragioni  esposte  in
relazione all'art. 74, comma 1, lettera ff). 
    L'art.  74,  comma  1,  lettera  n),  innova  la  definizione  di
agglomerato di cui all'art. 2,  comma  1,  lettera  m),  del  decreto
legislativo n. 152  del  1999,  facendo  riferimento  alle  attivita'
produttive (invece che alle attivita' economiche)  e  all'imprecisato
concetto  di  «fognatura  dinamica».  Anche  tale  norma  risulta  di
difficile applicazione, con conseguente  pregiudizio  per  la  tutela
dell'ambiente, e inoltre  e'  in  contrasto  con  la  definizione  di
agglomerato stabilita dall'art. 2 della direttiva  91/271/CEE.  Essa,
dunque, violerebbe (per le ragioni viste nel  punto  precedente)  gli
artt. 3, 76, e  117,  primo  comma,  Cost.,  arrecando  lesione  alle
prerogative regionali in materia di competenza della Regione. 
    L'art. 74, comma 1, lettera oo), e comma 2, lettera qq), fornisce
due definizioni di  «valore  limite  di  emissione»;  la  seconda  e'
conforme a  quella  fornita  dall'art.  2,  n.  40,  della  direttiva
2000/60/CE, mentre la lettera oo)  aggiunge,  irragionevolmente,  una
seconda e diversa definizione, che determina incertezza del diritto e
difficolta'  interpretative  ed  applicative:  tale  norma,   dunque,
risulta in contrasto con gli artt. 117, primo  comma,  Cost.,  e,  in
quanto la difficolta' applicativa si possa tradurre in una  diminuita
tutela dell'ambiente, con la legge delega e con l'art. 76 Cost.  (per
le ragioni viste in  precedenza).  Tali  violazioni  pregiudicano  la
tutela del territorio regionale e l'efficienza dell'azione  regionale
di tutela ambientale,  per  cui,  per  le  ragioni  sopra  viste,  si
traducono in una lesione della competenza regionale. 
    L'art. 74, comma 2, lettera ee), definisce «sostanze  pericolose»
le  «sostanze  o  gruppi  di   sostanze   tossiche,   persistenti   e
bio-accumulabili e altre sostanze o  gruppi  di  sostanze  che  danno
adito a preoccupazioni analoghe». Come e' evidente, la norma da'  una
definizione  di  sostanze  pericolose  cosi'  generica  da  risultare
fuorviante e di nessuna utilita' sotto  il  profilo  applicativo.  E'
vero che tale definizione corrisponde a quella di cui all'art. 2,  n.
29, della direttiva 2000/60/CE, ma compito del legislatore  nazionale
e' appunto quello di integrare le norme delle  direttive  e  renderle
applicabili. Cio' non  e'  avvenuto  per  il  concetto  di  «sostanze
pericolose»,  e  le   difficolta'   applicative   su   questo   punto
pregiudicano,  come  e'  facilmente  intuibile,  la  migliore  tutela
dell'ambiente; ne' tale  pregiudizio  e'  interamente  superabile  in
virtu' degli elenchi di  sostanze  nocive  che,  a  vari  fini,  sono
previsti  da  singoli  atti  normativi  statali,  perche'  la  tutela
dell'ambiente necessita di una precisa definizione generale, al fine,
ad esempio, di far fronte alle nuove sostanze  pericolose.  Anche  in
questo caso, dunque, sarebbero violati l'art. 3 Cost.  e,  in  virtu'
della  diminuita  tutela  dell'ambiente,   l'art.   76   Cost.,   con
pregiudizio sull'attivita' regionale in materia (per le ragioni viste
in precedenza). 
    4.1. - Nel giudizio promosso dalla Regione Liguria ha  presentato
atto di intervento ad adiuvandum l'Associazione italiana per il World
Wide Fund for Nature (WWF Italia) - Onlus. 
    4.2.  -  Nell'imminenza  dell'udienza  la  Regione   Liguria   ha
depositato memoria. Per quanto riguarda l'art. 74, da essa impugnato,
la Regione da' atto della modifica legislativa  intervenuta  (con  il
decreto legislativo n. 4 del 2008), che  ha  radicalmente  modificato
tale norma, conseguendone il venir meno dell'interesse ad  impugnare,
per le singole disposizioni oggetto di  modifica  [comma  1,  lettere
ff), h), n) (limitatamente alla parte della  fognatura  dinamica),  e
oo)], sicche' la stessa ricorrente, con delibera n. 460 del 16 aprile
2009, ha deciso la rinuncia al ricorso. Restano i motivi  concernenti
le definizioni di «agglomerato» (comma 1, lettera n), e di  «sostanze
pericolose» (comma 2, lettera ee). Pur essendo intervenuto di recente
il decreto legislativo 16 marzo 2009, n. 30, per  l'attuazione  della
direttiva 2006/118/CE in  tema  di  tutela  delle  acque  sotterranee
dall'inquinamento, le disposizioni tuttora censurate non hanno subito
modificazioni, onde permangono le censure mosse dalla  Regione  sulle
definizioni dell'art. 74 del decreto legislativo n. 152 del 2006, non
modificate dal decreto legislativo n. 4 del 2008. 
    5. - Con ricorso  notificato  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri il 23 giugno 2006, la Regione Marche (reg. ric.  n.  79  del
2006) ha chiesto a questa Corte  la  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale di una serie di disposizioni del  decreto  legislativo
n. 152 del 2006, per avere  violato  le  competenze  regionali  sotto
molteplici aspetti. 
    Le censure riguardano, tra  l'altro,  il  settore  della  «Tutela
delle acque dall'inquinamento», oggetto della Sezione II della  Parte
III. 
    In  tale  ambito,  appare  lesivo  delle  attribuzioni  regionali
costituzionalmente garantite  l'art.  75,  comma  5,  per  violazione
dell'art. 119 Cost.: la disposizione pone a carico della Regione  una
serie di obblighi di  informazione  sullo  stato  di  qualita'  delle
acque, nonche' l'obbligo di trasmettere al «Dipartimento tutela acque
interne e marine» i  dati  conoscitivi  e  le  informazioni  relative
all'attuazione dello  stesso  decreto  legislativo.  Questi  obblighi
informativi presuppongono una attivita' di rilevazione e monitoraggio
delle acque indubbiamente costosa  che,  riconducibile  alla  materia
della tutela dell'ambiente,  e'  demandata  dalla  Costituzione  alla
competenza esclusiva dello Stato,  dove  nella  sostanza  le  Regioni
agiscono  come  meri  «bracci  operativi   dello   Stato».   Con   la
disposizione in esame, invece, sono  stati  attribuiti  alle  Regioni
compiti e funzioni che non sono loro propri, senza che sia stata loro
riconosciuta la destinazione  di  specifiche  ed  aggiuntive  risorse
finanziarie. 
    L'art. 77, comma 5, appare illegittimo per violazione degli artt.
117 e 118 Cost., e del principio di leale cooperazione. 
    La  norma  dispone  che  «la  designazione  di  un  corpo  idrico
artificiale o fortemente modificato e la relativa  motivazione  siano
esplicitamente menzionate nei piani di bacino e sono riesaminate ogni
sei  anni».  Di  seguito  il  comma  5  riconosce  alle  Regioni   la
possibilita' di definire un corpo  idrico  artificiale  o  fortemente
modificato in  presenza  delle  condizioni  individuate  nella  norma
medesima (lettere a e b). 
    Non e' escluso che «l'individuazione del corpo idrico artificiale
o fortemente modificato» sia effettuata dallo Stato. Se cosi'  fosse,
si ricondurrebbe in  capo  allo  stesso  un'attivita'  finalizzata  a
politiche di «governo del territorio», come tali riservate, dall'art.
117, terzo comma, Cost., alla legislazione concorrente Stato-Regione,
e rispetto alla quale compete  allo  Stato  la  sola  fissazione  dei
principi fondamentali. 
    L'art. 87, comma 1, appare illegittimo per violazione degli artt.
117 e 118 Cost. 
    La disposizione prevede che le Regioni, d'intesa con il Ministero
delle politiche agricole e forestali,  designino,  nell'ambito  delle
acque marine costiere e salmastre  che  sono  sede  di  banchi  e  di
popolazioni naturali  di  molluschi  bivalvi  e  gasteropodi,  quelle
richiedenti protezione e miglioramento per consentire la  vita  e  lo
sviluppo degli stessi e  per  contribuire  alla  buona  qualita'  dei
prodotti della molluschicoltura direttamente commestibili per l'uomo. 
    La finalita' della disposizione  -  assicurare  la  qualita'  dei
prodotti commestibili - porta a  ritenere  che  la  norma  incida  su
diversi  interessi  ora  di  competenza  della  legislazione  statale
(tutela dell'ambiente), ora della  legislazione  concorrente  (tutela
della  salute),  ora  della  legislazione  residuale  delle   Regioni
(agricoltura). 
    La materia dell'agricoltura comprende tutto cio' che  «ha  a  che
fare  con  le   produzioni   di   vegetali   ed   animali   destinati
all'alimentazione». Questa impostazione, nel caso di specie,  risulta
anche confermata dall'individuazione del  Ministero  delle  politiche
agricole  e  forestali  quale  Ministro  competente  all'intesa.   Ne
consegue l'illegittimita' costituzionale di una previsione che impone
la necessaria intesa tra le Regioni e il  Ministero  delle  politiche
agricole e forestali in una  materia  riconducibile  alla  competenza
residuale delle Regioni. 
    5.1.  -  Nel  giudizio  ha  presentato  atto  di  intervento   ad
adiuvandum l'Associazione italiana per il World Wide Fund for  Nature
(WWF  Italia)  -  Onlus,  la  quale,  poste  alcune  premesse   sulla
legislazione italiana in materia ambientale, e  sull'esercizio  della
delega legislativa, passa ad esaminare le questioni  di  legittimita'
delle norme  denunciate  dalla  Regione  ricorrente,  senza  tuttavia
svolgere considerazioni in merito  alle  specifiche  disposizioni  in
tema di tutela delle acque dall'inquinamento. 
    5.2.  -  Nell'imminenza  dell'udienza  la   Regione   Marche   ha
depositato memoria. Riguardo alle norme da essa impugnate e contenute
nella Sezione II della Parte III,  essa  insiste  per  l'accoglimento
delle questioni proposte. 
    Relativamente all'art. 75, comma 5, resterebbe l'attualita' della
questione, giacche', pur essendo nel frattempo intervenuto il decreto
legislativo 30  maggio  2008,  n.  116  (Attuazione  della  direttiva
2006/7/CE relativa  alla  gestione  della  qualita'  delle  acque  di
balneazione e abrogazione della direttiva 76/160/CEE),  che  ha  dato
attuazione alla direttiva 2006/7/CE sulla  gestione  delle  acque  di
balneazione, l'ambito di applicazione di  quest'ultima  normativa  e'
solo in  piccola  parte  sovrapponibile  con  l'oggetto  del  decreto
legislativo  n.  152  del  2006,  dato  che  riguarda  specificamente
l'ambito delle acque superficiali oggetto di balneazione,  mentre  la
Sezione II della Parte III del decreto legislativo n. 152 del 2006 si
riferisce alla tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee.
Per quanto concerne l'obbligo di informazione ambientale, il  decreto
legislativo 19  agosto  2005,  n.  195  (Attuazione  della  direttiva
2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale),  ne
fa carico alle varie autorita' pubbliche, e tra queste alle  Regioni,
che devono dare la massima  diffusione  possibile  e  trasmettere  al
Ministero i dati che risultino gia' nella loro disponibilita'. 
    La norma impugnata, pero', per il suo generico  riferimento  alla
«piu' ampia divulgazione delle informazioni sullo stato  di  qualita'
delle acque», e soprattutto alla trasmissione  dei  dati  conoscitivi
«sull'attuazione della Parte III del decreto legislativo n.  152  del
2006», implica l'attribuzione alla Regione di specifici  e  ulteriori
compiti  di  monitoraggio  e   rilevazione,   non   sostenuti   dalla
destinazione di risorse aggiuntive di cui l'art. 119,  quinto  comma,
Cost., che fa carico allo Stato ove si  tratti  di  perseguire  scopi
diversi dal normale esercizio delle funzioni. 
    Con  riferimento   all'art.   77,   comma   5,   anch'esso   solo
marginalmente interessato dal decreto legislativo n.  116  del  2008,
che si riferisce alla «designazione» di corpo  idrico  artificiale  o
fortemente modificato, si rileva nella memoria che, pur vertendosi in
materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema,  e'  riscontrabile
un'intrinseca e  forte  incidenza  in  ambiti  legislativi  regionali
(governo  del  territorio,  infrastrutture,   agricoltura,   sviluppo
socio-economico): ambiti in cui lo Stato non ha il potere di allocare
funzioni  amministrative,  senza  il   rispetto   dei   principi   di
sussidiarieta' e  adeguatezza  richiesti  dall'art.  118  Cost.,  con
l'accentramento di una funzione  per  la  quale  risultano  piu'  che
adeguati i livelli di governo regionale. 
    La finalita' dell'art. 87, comma 1, anch'essa solo  marginalmente
interessata dal decreto legislativo n. 116 del  2008,  e'  quella  di
assicurare la qualita' di prodotti commestibili, tant'e' vero che  e'
coinvolto non il Ministero dell'ambiente, ma quello  delle  politiche
agricole e forestali. Pur  se  nella  disciplina  concorrono  aspetti
ambientali, il principio della prevalenza  comporta  la  riconduzione
della  disciplina  ad  ambiti  materiali  come  agricoltura,   pesca,
acquacoltura, di potesta' legislativa  residuale  delle  Regioni.  In
tale prospettiva e' illegittima  la  previsione  dell'intesa  con  un
organo statale, in relazione ad una funzione amministrativa  allocata
in  capo  alle  Regioni,  intesa  che,   in   caso   di   disaccordo,
condizionerebbe  addirittura  l'an  della  funzione  legislativa.  La
giurisprudenza della Corte costituzionale - che, in materia di pesca,
data la complessita' e polivalenza della attivita', ha  stabilito  la
necessita' di momenti di  reciproco  coinvolgimento  istituzionale  e
coordinamento dei livelli  di  governo  -  non  toglie  che,  per  il
principio  di  sussidiarieta'  e  adeguatezza,  debba  essere   prima
individuato il livello di governo ottimale per  l'attribuzione  della
funzione, potendo  individuarsi  solo  in  un  secondo  tempo  idonee
modalita' collaborative. 
    L'allocazione  delle  funzioni  amministrative,   nello   spirito
dell'art. 118 Cost., tende  a  favorire  i  livelli  piu'  vicini  al
cittadino. Se,  per  esigenze  unitarie,  la  funzione  debba  essere
allocata a livello superiore,  occorre  garantire  uno  strumento  di
coinvolgimento partecipativo dei livelli di governo inferiori: e'  il
caso in cui, in forza della sussidiarieta',  la  funzione  sia  stata
attribuita allo Stato. 
    Ove invece la funzione sia stata  allocata  a  livello  inferiore
(come nel caso di specie, in cui e' la Regione a designare gli ambiti
marini per  la  vita  dei  molluschi),  mancano  per  definizione  le
esigenze unitarie,  ed  evidentemente  non  sussiste  alcuna  istanza
collaborativa  a  livello  statale.  Se  vi  fossero  state  esigenze
unitarie, la funzione avrebbe dovuto essere attribuita allo Stato. 
                       Considerato in diritto 
    1. - Con ricorsi  notificati  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri le Regioni Calabria (reg. ric.  n.  68  del  2006),  Toscana
(reg. ric. n. 69 del 2006), Piemonte (reg.  ric.  n.  70  del  2006),
Liguria (reg. ric. n. 74 del 2006) e Marche  (reg.  ric.  n.  79  del
2006), hanno chiesto a questa Corte, fra l'altro, la declaratoria  di
illegittimita' costituzionale di una serie di disposizioni in materia
di «Tutela delle acque dall'inquinamento», oggetto della  Sezione  II
della Parte III del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152  (Norme
in materia ambientale), per violazione  delle  competenze  regionali,
sotto molteplici aspetti. 
    In particolare, la Regione Calabria ha impugnato gli articoli 73,
nella sua interezza, 73, comma 2, 75, comma 1, lettera b), 75,  comma
4, e 87, comma 1; la Regione Toscana gli articoli 75,  comma  5,  77,
comma 5, e 87, comma 1; la Regione Piemonte l'intera Sezione II della
Parte III del citato decreto  legislativo;  la  Regione  Liguria  gli
articoli 74, comma 1, lettere h), n), ff) e oo), e comma  2,  lettere
qq) ed ee); la Regione Marche gli articoli 75, comma 5, 77, comma  5,
e 87, comma 1. 
    Stante la loro connessione oggettiva, i suddetti  ricorsi  devono
essere riuniti per essere decisi con unica pronuncia. 
    2. - Riservata ad altre pronunce  la  decisione  delle  ulteriori
questioni di legittimita' costituzionale  sollevate  con  i  medesimi
ricorsi, va dichiarato inammissibile  l'intervento  in  giudizio  sia
dell'Associazione italiana per il World Wide  Fund  for  Nature  (WWF
Italia) sia della Societa' Italiana Centrali Termoelettriche -  SICET
S.r.l.,  in   conformita'   all'orientamento   della   giurisprudenza
costituzionale secondo cui il giudizio di legittimita' costituzionale
in via principale si svolge «esclusivamente fra soggetti titolari  di
potesta' legislativa, fermi restando per i  soggetti  privi  di  tale
potesta' i mezzi di tutela delle  loro  posizioni  soggettive,  anche
costituzionali,  di  fronte  ad  altre  istanze  giurisdizionali   ed
eventualmente anche di fronte a questa Corte in via incidentale»  (ex
plurimis, sentenza n. 405 del 2008). 
    3. - Dal momento che varie Regioni hanno  impugnato  le  medesime
norme, e' opportuno esaminare le doglianze nella successione numerica
cui si riferiscono. 
    4. - La Regione Piemonte dubita della legittimita' costituzionale
delle disposizioni della Sezione  II  della  Parte  III  del  decreto
legislativo n. 152 del 2006 nella parte in cui - regolando la  tutela
delle acque dall'inquinamento anche sotto l'aspetto  degli  strumenti
pianificatori e gestionali e recando  significative  innovazioni  non
giustificate da esigenze di coordinamento, ed  anzi  apportatrici  di
elementi  di  contraddizione  e  incoerenza,  con  accentramento   di
compiti, in un settore che presenta ramificate interrelazioni con gli
ambiti del «governo del territorio» e di gestione dei vari settori di
attivita' antropiche di competenza  concorrente,  segnatamente  della
«tutela della salute» - violano i principi di  leale  collaborazione,
ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione,  sussidiarieta',  buon
andamento della pubblica amministrazione,  anche  con  riferimento  a
principi  e  norme  del  diritto   comunitario   e   di   convenzioni
internazionali (artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 Cost.). 
    La censura e' inammissibile per la sua genericita':  la  Regione,
all'impugnazione di alcune norme specifiche (artt. 91, 96, 104,  113,
116, 117, 121) fa precedere alcune considerazioni  atte  a  formulare
un'autonoma impugnazione della Sezione II nel  suo  complesso,  senza
riferimento, pero', ad alcun aspetto dispositivo della disciplina. 
    5. - La Regione Calabria deduce l'illegittimita' costituzionale -
per violazione delle prerogative regionali in ambiti di  legislazione
concorrente di cui all'art. 117, terzo comma, Cost., e del  principio
di leale collaborazione - dell'art. 73 del citato decreto legislativo
n. 152 del 2006, nel quale si individuano gli obiettivi da perseguire
nella disciplina generale per la  tutela  delle  acque  superficiali,
marine e sotterranee: secondo  la  ricorrente,  la  disciplina  delle
acque e' riconducibile ad un insieme di materie  di  diversa  natura,
tra  le  quali  sarebbe  prevalente  la  materia  del  «governo   del
territorio» (si vedano, in particolare, le lettere a), c), d) ed e). 
    La censura e' generica e non evidenzia, nel complessivo contenuto
della norma censurata, che si articola in otto previsioni (lettere da
a ad h), gli  aspetti  specifici  nei  quali  potrebbe  cogliersi  la
violazione delle prerogative regionali. 
    6. - La Regione Calabria censura, inoltre, l'art.  73,  comma  2,
che, nell'indicare gli  strumenti  attraverso  i  quali  raggiungere,
nell'ambito  della  tutela  delle  acque   superficiali,   marine   e
sotterranee,  gli  obiettivi  di  cui  al  comma  1,  violerebbe   le
prerogative regionali nella materia di legislazione  concorrente  del
«governo del territorio», di cui all'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,
poiche', per definizione, gli strumenti  non  attengono  a  norme  di
principio; o, in subordine, ove si configurasse  una  concorrenza  di
competenze,  con  determinazione  statale  di  livelli   di   tutela,
ometterebbe di prevedere  che  la  redazione  di  siffatti  contenuti
normativi venga operata previa  intesa  con  i  rappresentanti  delle
Regioni, in violazione del principio di leale collaborazione. 
    La censura non e' fondata. 
    La previsione di strumenti per il raggiungimento degli  obiettivi
di tutela ambientale e' formulata a livello generale,  organizzativo,
al fine di assicurare standard omogenei sul territorio nazionale,  in
ordine alle modalita' di conseguimento degli obiettivi. Il  carattere
generale,  unitario,   non   interferente   su   specifiche   realta'
territoriali, si ritrova nella disposizione di chiusura  della  norma
(comma 3), in cui si prevede che «il perseguimento delle finalita'  e
l'utilizzo degli  strumenti  contribuiscono  a  proteggere  le  acque
territoriali e marine e a  realizzare  gli  obiettivi  degli  accordi
internazionali in materia». 
    Del resto, nella  materia  ambientale,  di  potesta'  legislativa
esclusiva, lo Stato non  si  limita  a  porre  principi  (come  nelle
materie di legislazione concorrente): il fatto  che  tale  competenza
statale non escluda la concomitante possibilita' per  le  Regioni  di
intervenire, nell'esercizio delle loro competenze in tema  di  tutela
della salute e di governo del territorio, non comporta che  lo  Stato
debba necessariamente limitarsi, allorquando individui l'esigenza  di
interventi di questa natura, a  stabilire  solo  norme  di  principio
(sentenze n. 62 del 2005, n. 12 e n. 61 del 2009). 
    7. - La Regione Liguria ha impugnato l'art. 74, comma 1,  lettere
h), n), ff) e oo), e comma 2, lettere qq) ed ee), per violazione  del
principio di ragionevolezza di cui all'art.  3  Cost.,  dell'art.  76
Cost., per contrasto con la legge  delega,  e  dell'art.  117,  primo
comma, Cost., per contrasto con la normativa comunitaria. 
    Con memoria depositata nell'imminenza dell'udienza,  la  predetta
Regione ha rinunciato alle impugnazioni proposte avverso  l'art.  74,
comma 1, lettere h), n), ff) e oo). 
    La  formale  rinuncia,  in  relazione   ai   motivi   concernenti
disposizioni modificate, produce, in assenza  di  accettazione  dello
Stato, la cessazione della materia del contendere  (ordinanze  n.  53
del 2009 e n. 345 del  2006),  ammettendo  esplicitamente  la  stessa
Regione essere venuto meno in parte qua l'interesse al  ricorso.  Non
risulta, peraltro, che le norme modificate abbiano  avuto  attuazione
nel territorio regionale. 
    Le censure residue investono: 
        - l'art. 74, comma  1,  lettera  n),  che  modificherebbe  la
definizione di agglomerato di cui all'art. 2, comma  1,  lettera  m),
del decreto legislativo n. 152  del  1999,  e,  inoltre,  sarebbe  in
contrasto con la definizione di  agglomerato  stabilita  dall'art.  2
della  direttiva  91/271/CEE.  La  norma,  dunque,  si  porrebbe   in
contrasto con gli artt. 3, 76, e 117, primo comma,  Cost.,  arrecando
lesione alle prerogative regionali riferite al proprio territorio; 
        - l'art. 74, comma 2, lettera ee),  che  definisce  «sostanze
pericolose» le «sostanze o gruppi di sostanze tossiche, persistenti e
bio-accumulabili e altre sostanze o  gruppi  di  sostanze  che  danno
adito a preoccupazioni analoghe»; le definizioni violerebbero  l'art.
3 Cost. per irragionevolezza e,  derivandone  una  diminuzione  della
tutela ambientale, in contrasto  con  il  principio  di  salvaguardia
della   qualita'   dell'ambiente   adottato   dalla   legge   delega,
violerebbero anche l'art. 76 Cost., con conseguente pregiudizio delle
condizioni del territorio e aggravamento dell'attivita' regionale  in
materia. 
    Si legge nella premessa del decreto legislativo correttivo che lo
stesso e' stato emanato  nell'esercizio  del  potere  previsto  dalla
legge delega 15 dicembre 2004, n. 308: in particolare, tale potere si
fonda sull'art. 1, comma 6, che consente l'emanazione di disposizioni
correttive ed integrative del decreto legislativo n.  152  del  2006,
entro due anni dalla data della sua entrata in vigore. 
    Le censure sollevate della  Regione  Liguria,  che  investono  le
definizioni legislative impiegate dalla disposizione di  settore,  da
«agglomerato» a «sostanze pericolose e tossiche», attengono al merito
della disciplina, per le ricadute che  la  definizione  dei  concetti
determina sulla tutela delle  condizioni  ambientali  prodotte  dalle
possibili fonti di inquinamento. La  Regione  ne  denota  profili  di
irragionevolezza e inidoneita' ai fini del miglioramento dello  stato
delle acque, sindacando le scelte strategiche che lo Stato  manifesta
attraverso tali definizioni e pronosticando  un  peggioramento  delle
condizioni di tutela dell'ambiente. La critica si muove, in sostanza,
sul terreno dell'irragionevolezza  delle  scelte  di  merito  cui  le
definizioni statali preludono e dell'eccesso di delega, che  tuttavia
non ridonda sulle competenze regionali, giacche' rimane  nella  sfera
di una verifica generale di rispondenza dei mutamenti  strategici  di
tutela cui le definizioni preludono, rispetto ai  limiti  imposti  ad
una legislazione diretta al semplice riordino. Le questioni,  dunque,
appaiono inammissibili nella parte  in  cui  invocano  la  violazione
degli artt. 3 e 76 Cost. 
    La Regione Liguria invoca genericamente  una  «menomazione  della
posizione regionale»: in primo luogo, perche' e' il territorio stesso
della Regione che  verrebbe  danneggiato  dal  fatto  che  i  rifiuti
liquidi siano sottratti alla normativa sui rifiuti e assimilati  agli
scarichi  idrici,  con  conseguente  lesione  della  posizione  della
Regione medesima di rappresentante  generale  degli  interessi  della
popolazione stanziata su quel territorio; in secondo  luogo,  perche'
l'attivita' legislativa ed amministrativa che la Regione svolge nella
materia in  questione  (pacificamente  di  sua  competenza)  verrebbe
condizionata  dalla  illegittimita'  delle  norme  statali  di  base;
infine, perche' la  diminuita  tutela  dell'ambiente  aggraverebbe  i
compiti che la Regione e gli enti  locali  devono  svolgere  per  far
fronte ai possibili danni, conseguendone  la  lesione  dell'autonomia
amministrativa e finanziaria della Regione e degli enti locali. 
    Non sembra che dette indicazioni, che valgono come riferimento ai
parametri costituzionali per tutte le  questioni  sollevate,  possano
essere ricondotte all'ambito della  questione  delle  competenze:  la
ricorrente  si  pone  come  ente  esponenziale  delle   esigenze   di
salubrita' ambientale sul proprio  territorio,  di  cui  paventa  una
diminuzione delle difese dalle condizioni  di  inquinamento,  che  la
nuova   impostazione   concettuale    delle    definizioni    statali
determinerebbe. Ma questo vale a discutere le scelte di merito  dello
Stato, nell'esercizio delle sue prerogative di fissazione dei livelli
in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, mentre nulla ha
a che vedere con le competenze regionali in materia, che attengono al
possibile perseguimento, nell'esercizio delle competenze proprie,  di
finalita'  di  tutela  ambientale,  ma  pur  sempre  entro  i  limiti
stabiliti dalla legislazione statale (ex plurimis:  sentenze  n.  104
del 2008; n. 32 del 2006; n. 307 del 2003). 
    La compromissione di riflesso che la Regione Liguria lamenta, per
via dell'illegittimita' della normativa statale che si  rifletterebbe
sull'attivita' legislativa e  amministrativa  e  dell'aggravio  degli
oneri finanziari sul bilancio regionale per rimediare  ai  guasti  di
una strategia statale errata, non sembra qualificabile  come  lesione
delle prerogative  legislative  e  amministrative  riconosciute  alla
Regione dalla  Carta  costituzionale,  ma,  ancora  una  volta,  come
sindacato sulle scelte di merito dello Stato in materia ambientale e,
dunque, come tentativo di interferenza  nella  sfera  legislativa  di
competenza esclusiva dello Stato. 
    Il ricorso della Regione Liguria,  relativamente  alle  questioni
per le quali non vi e' stata rinuncia, concernenti le definizioni  in
materia di inquinamento, di cui all'art. 74 del Codice dell'ambiente,
e', pertanto, inammissibile. 
    8. - La Regione Calabria ha impugnato l'art. 75, comma 1, lettera
b), il quale  -  stabilendo  che  nelle  materie  disciplinate  dalla
Sezione II della Parte  III  dello  stesso  decreto  legislativo,  le
Regioni e gli enti locali esercitano le funzioni e i compiti ad  essi
spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente  determinate
e nel rispetto delle attribuzioni statali - mostra di considerare  lo
Stato come ente cui spettano le competenze generali,  sicche'  quelle
delle Regioni sussisterebbero solo in quanto «determinate»  da  legge
statale,  con  conseguente  violazione  della  potesta'   legislativa
esclusiva e amministrativa regionale, di cui agli artt.  117,  quarto
comma, e 118, primo comma, Cost. 
    La questione e' inammissibile  per  genericita'  delle  doglianze
(sentenza  n.  50  del  2005),  ove  si  rifletta  sulla  neutralita'
dell'espressione normativa, che fa salve le  competenze  regionali  e
statali, nelle loro possibili reciproche implicazioni: per  di  piu',
nella materia ambientale, la prerogativa statale di  dettare  livelli
di disciplina unitaria e uniforme, cui le Regioni debbono sottostare,
giustifica la clausola di salvezza delle attribuzioni statali. 
    9. - La stessa Regione Calabria censura l'art. 75, comma 4, nella
parte in cui stabilisce che, con decreto dei Ministri competenti,  si
modifichino  gli  Allegati  alla  Parte  III  dello  stesso   decreto
legislativo, per dare attuazione alle direttive  comunitarie  per  le
parti in cui queste modifichino modalita' esecutive e caratteristiche
tecniche  delle  direttive,  recepite  nella  Parte  III.  La   norma
attribuirebbe ad organi  statali  il  compito  di  attuare  normative
comunitarie di modifica di modalita' esecutive, incidenti su  aspetti
di dettaglio, e un potere regolamentare in materia non di  competenza
esclusiva dello Stato, con violazione degli artt. 117, commi quinto e
sesto, e 118 Cost.;  o,  in  subordine,  attesa  l'importanza  che  i
decreti ministeriali possono assumere, nella parte in cui  omette  di
prevedere, nel procedimento di formazione,  l'intervento  di  istanze
rappresentative delle Regioni ed  enti  locali,  per  violazione  del
principio di leale collaborazione. 
    La questione non e' fondata. 
    Nelle materie di potesta' legislativa esclusiva, quale e'  quella
di tutela dell'ambiente, lo Stato ha il  potere  di  dare  attuazione
alle direttive comunitarie (sentenza n. 399 del 2006), in particolare
riguardo all'assolvimento di obblighi comunitari generali  per  tutto
il territorio dello Stato (sentenza n. 412 del 2001,  in  materia  di
disciplina degli scarichi). 
    Riguardo al possibile contenuto esecutivo e  di  dettaglio  delle
modifiche, si puo' osservare, in generale, che  nella  materia  della
tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, lo  Stato  non  si  limita  a
dettare  norme   di   principio,   anche   riguardo   alle   funzioni
amministrative, la cui attribuzione puo' essere disposta in  base  ai
criteri generali dettati dall'art. 118, primo comma, Cost.  (sentenze
n. 88 del 2009 e n. 62  del  2005),  del  resto  compatibile  con  la
disciplina dell'ambiente (sentenza n. 401 del 2007). 
    Gli allegati alla Parte III del decreto legislativo  n.  152  del
2006, inoltre, danno attuazione alla Parte II  dello  stesso  decreto
legislativo,  che  si  muove  nella  materia  ambientale,  pur  se  i
correttivi da inserire, demandati a decreti ministeriali,  riguardino
modalita' di ordine esecutivo e caratteristiche tecniche per le quali
si impone una disciplina unitaria a carattere nazionale. A  parte  il
fatto  che  il  potere  di  emanare  regolamenti  nelle  materie   di
competenza statale esclusiva, di cui al  sesto  comma  dell'art.  117
Cost., discende direttamente dalla Costituzione (sentenza n. 401  del
2007),  sono  sussistenti  ragioni  di  unitarieta'  ed   uniformita'
ordinamentali tali da  richiedere  l'allocazione  a  livello  statale
delle  funzioni  amministrative  in  materia,  tanto  piu'   che   la
fissazione delle modalita' tecniche generali era assegnata allo Stato
gia' dagli artt. 80 e 88 del decreto legislativo 31  marzo  1998,  n.
112. 
    10. - La Regione Toscana  e  la  Regione  Marche  dubitano  della
legittimita' costituzionale dell'art. 75, comma 5. Tale  disposizione
prevede che  le  Regioni  debbano  porre  in  essere  azioni  dirette
all'acquisizione  di  informazioni   finalizzate   al   controllo   e
monitoraggio sullo stato di qualita' delle acque ed alla trasmissione
al Dipartimento tutela acque interne e marine dell'APAT (Agenzia  per
la protezione  dell'ambiente  e  per  i  servizi  tecnici)  dei  dati
conoscitivi relativi all'attuazione dello stesso decreto legislativo,
nonche' di quelli prescritti dalla  disciplina  comunitaria,  secondo
modalita' da indicare con  decreto  del  Ministro  dell'ambiente,  di
concerto con  i  Ministri  competenti,  d'intesa  con  la  Conferenza
permanente per i rapporti tra Stato e Regioni: omettendo di destinare
le risorse aggiuntive che occorrono a coprire gli  oneri  conseguenti
all'espletamento  delle  azioni  necessarie,  la   norma   violerebbe
l'autonomia finanziaria  delle  Regioni  riconosciuta  dall'art.  119
Cost. 
    La questione non e' fondata. 
    Essa riguarda la divulgazione,  da  parte  delle  Regioni,  delle
informazioni sullo stato di qualita' delle acque e la trasmissione al
Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per  la
protezione dell'ambiente e per i  servizi  tecnici  (APAT)  dei  dati
conoscitivi e delle informazioni relative all'attuazione del  decreto
legislativo n. 152 del 2006, e di quelli prescritti dalla  disciplina
comunitaria. Va osservato che tali obblighi vanno inquadrati,  quanto
al  primo,  nell'ambito  della  normativa  in  tema  di  informazione
ambientale,  che  grava  sulla  pubblica   amministrazione,   ed   e'
disciplinato dal decreto legislativo  19  agosto  2005,  n.  195,  di
attuazione  della  direttiva  2003/4/CE,  sull'accesso  del  pubblico
all'informazione ambientale; il secondo rimette le informazioni sullo
stato di attuazione della  Parte  III  del  Codice  dell'ambiente  al
coordinamento esercitato dallo Stato, non in  quanto  titolare  della
potesta'  legislativa  esclusiva  in   materia   ambientale,   bensi'
nell'ambito della tutela del  diritto  di  accesso  del  pubblico  ai
documenti amministrativi, riguardo ai quali lo Stato fissa i  livelli
essenziali delle prestazioni, ma la cui attuazione  compete  a  tutti
gli organi di amministrazione (sentenza n. 399 del 2006). 
    Le  Regioni  ricorrenti  non  si  dolgono  di  dover  rendere  le
informazioni prescritte, ma sollevano  la  questione  della  ricaduta
degli oneri economici  sul  loro  bilancio,  senza  alcuna  deduzione
sull'attribuzione delle competenze. 
    Va osservato, in primo luogo, che alla raccolta sistematica, alla
elaborazione dati e informazioni a livello locale, gli enti sono gia'
tenuti in base alla normativa sopra  citata  (vedi,  in  particolare,
l'art. 11 del decreto legislativo n. 195 del 2005), atteso  anche  il
carattere tecnico del coordinamento esercitato  dall'APAT  (cosi'  la
sentenza n. 356 del 1994). I sistemi di diffusione e di  trasmissione
dei dati e delle informazioni sono stabiliti con decreto ministeriale
adottato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra  lo
Stato, le Regioni e le Province autonome  di  Trento  e  Bolzano,  in
armonia con il principio della leale  collaborazione,  tenendo  conto
del  coinvolgimento,   nell'attivita'   di   informazione   e   nella
rilevazione statistica, di  organi  sia  a  livello  centrale  che  a
livello locale (sentenza n. 42 del 2006). 
    La necessita' di risorse aggiuntive e'  postulata  dall'art.  119
Cost. per perseguire scopi ulteriori rispetto al normale  svolgimento
di funzioni e tali da comportare rilevanti aggravi di spesa (sentenza
n. 145 del 2008), circostanza non allegata, peraltro, dai ricorsi  in
esame. 
    La questione e' da risolvere in base al principio enunciato dalla
Corte per l'ipotesi in cui lo Stato si avvalga di  uffici  regionali:
il rispetto dell'autonomia delle  Regioni,  senza  dubbio  necessario
anche sotto il  profilo  della  provvista  di  mezzi  finanziari  per
fronteggiare  nuovi  oneri,  e'  assicurato  dalla  previsione  circa
l'attuazione di tale forma di collaborazione previa  intesa  con  gli
enti interessati o con gli  organismi  rappresentativi  degli  stessi
(sentenza  n.  408  del  1998).  E'  proprio  il  caso  della   norma
denunciata,  che,  come  sopra  rilevato,  demanda  le  modalita'  di
diffusione e di trasmissione dei dati  e  delle  informazioni  ad  un
decreto ministeriale adottato d'intesa con la  Conferenza  permanente
per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e  le  Province  autonome  di
Trento  e  Bolzano:  il  decreto,  avendo  ad  oggetto  gli   aspetti
organizzativi, ben potra' regolare i costi delle operazioni. 
    11. - La Regione Toscana  e  la  Regione  Marche  dubitano  della
legittimita'  costituzionale  dell'art.  77,  comma  5,  del  decreto
legislativo n. 152 del 2006, che,  qualora  dovesse  attribuire  allo
Stato la «designazione» del corpo  idrico  artificiale  o  fortemente
modificato,  violerebbe  le  attribuzioni  regionali  in  materia  di
«governo del territorio» di cui agli artt. 117  e  118  Cost.  o,  in
subordine,  secondo  la   sola   Regione   Toscana   -   configurando
un'avocazione da parte dello  Stato,  per  esigenze  di  unitarieta',
delle funzioni amministrative  di  competenza  delle  Regioni,  nella
parte in cui omette di prevedere che la funzione  venga  amministrata
attraverso accordi ed intese con le Regioni - violerebbe il principio
di leale collaborazione. 
    Il ricorso e' inammissibile, perche' le Regioni  hanno  sollevato
la questione in termini ipotetici. 
    12. - Le  Regioni  Calabria,  Toscana  e  Marche  dubitano  della
legittimita' dell'art. 87, comma 1, del decreto  legislativo  n.  152
del 2006, ove prevede  l'intesa  con  il  Ministero  delle  politiche
agricole e forestali nella  designazione,  da  parte  delle  Regioni,
delle acque marine costiere  e  salmastre  richiedenti  protezione  e
miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo  di  banchi  e  di
popolazioni  naturali  di  molluschi  bivalvi  e   gasteropodi,   per
contribuire alla buona qualita' dei prodotti  della  molluschicoltura
commestibili per l'uomo. 
    Secondo la Regione Calabria, la disposizione violerebbe gli artt.
76, 117 e 118  Cost.,  trattandosi  di  competenza  gia'  interamente
trasferita alle Regioni. 
    Per la Regione Toscana e la Regione Marche la norma violerebbe la
potesta' legislativa regionale esclusiva in materia di «agricoltura»,
di cui all'art. 117, quarto comma, Cost., o, in subordine, secondo la
sola Regione Toscana, la potesta' amministrativa  regionale,  di  cui
all'art.  118,  primo  comma,  Cost.,  finalizzata  ad  un  esercizio
unitario della  funzioni  amministrative  in  materie  di  competenza
concorrente («tutela della salute e dell'alimentazione»). 
    Le  ricorrenti  deducono  che  si  tratta  di   competenza   gia'
interamente trasferita alle Regioni con l'art. 14 decreto legislativo
n. 152 del 1999, che viene abrogato dal decreto  legislativo  oggetto
di impugnazione (art. 175), imponendo invece l'art. 1, comma 8, della
legge delega n. 308 del 2004 il rispetto delle competenze  attribuite
alle Regioni dal decreto legislativo n. 112 del  1998,  e  in  virtu'
della prevalenza della materia «agricoltura». Anche  ove  si  ravvisi
interferenza  di  materie  concorrenti   (tutela   della   salute   e
dell'alimentazione) - argomentano  Toscana  e  Marche  -  allo  Stato
competerebbe la sola fissazione dei principi fondamentali e non anche
determinazioni di  dettaglio.  Difettano  inoltre  le  condizioni  di
proporzionalita'    e    ragionevolezza    per    un'attrazione    in
sussidiarieta', giacche', pur contemplando la norma una concertazione
tra livello regionale e statale, non e'  ravvisabile  un  ragionevole
fondamento tale da giustificare l'esigenza di un  esercizio  unitario
della stessa, anche attesa la diversa disciplina riguardo alle  acque
dolci, in cui  la  «designazione»  e'  regionale  in  via  esclusiva.
Aggiunge la Regione Marche in memoria che, ove la funzione sia  stata
allocata a livello inferiore, mancano  per  definizione  le  esigenze
unitarie e non sussiste  alcuna  istanza  collaborativa  del  livello
statale: se vi fossero state esigenze unitarie, la  funzione  avrebbe
dovuto essere attribuita allo Stato. 
    La questione non e' fondata. 
    Si osserva che l'art. 87, nell'ambito del Capo II  della  Sezione
II, dedicato alle acque a specifica destinazione, ha  ad  oggetto  le
acque marine e costiere, ed e' per questo  che,  a  differenza  delle
acque dolci interne, che hanno  un  preciso  collegamento  al  bacino
territoriale di  riferimento,  in  cui  si  configura  la  competenza
regionale, coinvolgono interessi cui  sovrintendono  organi  statali:
questo dovrebbe spiegare, semmai, le ragioni per le quali e' prevista
l'intesa con l'organo statale. 
    La molluschicoltura deve  essere  ascritta  all'ambito  materiale
della pesca, come  si  desume  dall'art.  1,  comma  2,  del  decreto
legislativo 26 maggio 2004 n. 153 (Attuazione  della  legge  7  marzo
2003, n. 38, in materia di pesca marittima): «la pesca  marittima  e'
l'attivita'  diretta  alla  cattura  o  alla  raccolta  di  organismi
acquatici in mare». La disciplina e', dunque, estranea  alla  materia
dell'agricoltura, come pure e' da escludere che sia riconducibile sic
et  simpliciter  alla  materia  dell'ambiente  (limitato  all'aspetto
dell'introduzione di specie animali,  anche  acquatiche,  a  fini  di
ripopolamento: sentenza n. 30 del  2009).  La  pesca  e'  materia  di
competenza legislativa residuale delle Regioni (sentenza  n.  81  del
2007). Concorrono, pero', con essa anche competenze statali, connesse
principalmente, ma non esclusivamente, alla tutela dell'ecosistema  e
competenze concorrenti  (sentenza  n.  213  del  2006:  tutela  della
salute, alimentazione, tutela e sicurezza del lavoro,  commercio  con
l'estero,   ricerca   scientifica   e    tecnologica    e    sostegno
all'innovazione delle imprese per il settore produttivo della  pesca,
porti,  previdenza   complementare   e   integrativa,   governo   del
territorio). Occorre applicare il principio di leale  collaborazione,
postulandosi  la  necessita'   di   intese   a   livello   attuativo,
nell'individuazione  degli  ambienti  marini  in  cui   tutelare   le
popolazioni naturali di molluschi e garantire la buona  qualita'  dei
prodotti della molluschicoltura. 
    E' evidente dalla stessa disciplina in esame che  la  concorrenza
della pesca  con  la  competenza  statale  non  riguarda  la  materia
ambientale, come evidenziato dal fatto che l'intesa e'  prevista  con
il Ministero delle politiche agricole e forestali, e non  con  quello
dell'ambiente. L'intervento statale e' concepito dall'art. 87,  comma
1, come fine ultimo, per garantire la buona  qualita'  dei  molluschi
commestibili.  La  stessa  «attivita'  amministrativa   legata   alla
vigilanza e  controllo  sulla  pesca  marittima,  e'  esercitata  dal
Ministero delle politiche agricole e  forestali  che  si  avvale  del
Corpo delle capitanerie di porto, e dalle Regioni, province e comuni,
nel rispetto dei principi di cui all'articolo 118 della Costituzione»
(art. 7 del decreto  legislativo  n.  153  del  2004).  Peraltro,  la
necessita' di meccanismi di leale  collaborazione  nello  svolgimento
dell'attivita' amministrativa  inerente  al  settore  della  pesca  e
dell'acquacoltura e' confermata dall'art. 21 del decreto  legislativo
26  maggio  2004  n.  154  (Modernizzazione  del  settore   pesca   e
dell'acquacoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, della L. 7 marzo
2003, n.  38),  in  tema  di  modernizzazione  del  settore  pesca  e
dell'acquacoltura, «in considerazione delle  specifiche  esigenze  di
unitarieta' della regolamentazione del settore dell'economia  ittica,
del principio di leale collaborazione tra lo Stato e le regioni e dei
principi di cui all'articolo 118, primo comma,  della  Costituzione».
Ulteriori strumenti  di  collaborazione  sono  previsti  dal  decreto
legislativo  4  agosto  2008  n.  148  (Attuazione  della   direttiva
2006/88/CE relativa alle condizioni di polizia sanitaria  applicabili
alle specie animali d'acquacoltura e ai  relativi  prodotti,  nonche'
alla prevenzione di talune malattie degli animali  acquatici  e  alle
misure di lotta contro tali malattie). La  concorrenza  significativa
con   la   materia   «pesca»   e'   dunque   quella   della   «tutela
dell'alimentazione», di potesta' legislativa  concorrente:  cio'  che
giustifica la collaborazione della Regione con lo Stato,  quindi  con
il competente Ministero delle politiche agricole e forestali. 
    L'art. 87, comma 1, e' censurato  dalla  Regione  Calabria  anche
sotto il profilo della violazione dell'art. 76 Cost., trattandosi  di
competenza gia' interamente trasferita alle Regioni  (l'art.  14  del
decreto legislativo n. 152 del 1999, che viene abrogato  dal  decreto
legislativo  oggetto  di  impugnazione,   prevedeva   la   competenza
regionale  nella  designazione  delle  acque  idonee  alla  vita  dei
molluschi, senza contemplare l'intesa con organi dello Stato): l'art.
1, comma 8, della legge delega  impone  al  legislatore  delegato  il
rispetto delle competenze gia' attribuite alle  Regioni  dal  decreto
legislativo n. 112 del 1998, e, quindi,  si  prospetta  il  vizio  di
eccesso di delega. 
    La censura e' ammissibile, per la possibilita' delle  Regioni  di
invocare parametri diversi da quelli del  Titolo  V  della  Parte  II
della Costituzione, purche' la violazione ridondi a pregiudizio delle
competenze regionali. E la violazione dei criteri  e  principi  della
legge delega ben puo' sortire  questo  effetto,  ove  la  delega  sia
finalizzata  al  riordino  delle  competenze,  sicche'  la   modifica
procedurale,  penalizzante  per   la   Regione,   rispetto   ad   una
sistemazione precedente, potrebbe essere illegittima. 
    La disposizione  censurata,  tuttavia,  al  contrario  di  quanto
opinato dalle ricorrenti, non comporta un ridimensionamento del ruolo
regionale rispetto alle norme di riparto vigenti in materia, giacche'
«la determinazione dei criteri generali  per  il  monitoraggio  e  il
controllo della fascia costiera finalizzati in particolare a definire
la qualita'  delle  acque  costiere,  l'idoneita'  alla  balneazione,
nonche' l'idoneita' alla molluschicoltura e sfruttamento  dei  banchi
naturali  di  bivalvi»  rientrava  gia'  tra  i  compiti  di  rilievo
nazionale, di cui all'art. 80, lettera q), del decreto legislativo n.
112 del 1998, il cui rispetto e' posto come criterio direttivo  dalla
legge delega (art. 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004). E se  la
designazione, nell'ambito delle acque marine costiere e salmastre, di
quelle da tutelare, anche ai  fini  del  miglioramento  dei  prodotti
della molluschicoltura (con formulazione normativa anche testualmente
coincidente con il nuovo art. 87 del decreto legislativo n.  152  del
2006), era attribuita alle Regioni dall'abrogato art. 14 del  decreto
legislativo n. 152 del 1999, il compito del Codice  dell'ambiente  e'
proprio quello del  «riordino,  coordinamento  e  integrazione  delle
disposizioni legislative nei  seguenti  settori  e  materie»,  e  tra
queste (lettera  b),  la  «tutela  delle  acque  dall'inquinamento  e
gestione delle risorse idriche». 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
    Riuniti i giudizi, 
    Riservata a separate pronunce la decisione delle altre  questioni
di legittimita' costituzionale promosse, nei  confronti  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n.  152  (Norme  in  materia  ambientale),
dalle Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Liguria e Marche; 
    Dichiara  inammissibile  l'intervento,   spiegato   nei   giudizi
indicati in epigrafe, dalla Associazione italiana per il  World  Wide
Fund for Nature (WWF Italia) - Onlus, e da  Biomasse  Italia  S.p.a.,
Societa' Italiana Centrali Termoelettriche - SICET S.r.l., Ital Green
Energy S.r.l. ed E.T.A. Energie Tecnologiche Ambiente S.p.a.; 
    Dichiara  cessata  la  materia  del  contendere  in  ordine  alle
questioni di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  74,  comma  1,
lettera h),  lettera  n)  (limitatamente  alla  parte  relativa  alla
fognatura  dinamica),  lettera  ff)  e  lettera  oo),   del   decreto
legislativo n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli  artt.  3,
76 e 117, primo comma, della Costituzione, dalla Regione Liguria  con
il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale degli artt. da 73 a 140 del decreto legislativo n. 152
del 2006, proposta, in riferimento agli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117,
118, 119 e 120 della Costituzione,  dalla  Regione  Piemonte  con  il
ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 73 del decreto legislativo n. 152 del  2006,
proposta,  in  riferimento   all'art.   117,   terzo   comma,   della
Costituzione, dalla Regione  Calabria  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    Dichiara   inammissibili    le    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 74, comma 1, lettera n), e comma 2,  lettera
ee),  del  decreto  legislativo  n.  152  del  2006,   proposte,   in
riferimento agli artt. 3, 76 e 117, primo comma, della  Costituzione,
dalla Regione Liguria con il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale  dell'art.  75,  comma  1,  lettera  b),  del  decreto
legislativo n. 152 del 2006, proposta, in riferimento agli artt. 117,
quarto comma, e 118, primo comma, della Costituzione,  dalla  Regione
Calabria con il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 77, comma 5, del decreto legislativo n.  152
del 2006, proposta,  in  riferimento  agli  artt.  117  e  118  della
Costituzione e al principio di leale  collaborazione,  dalla  Regione
Toscana e dalla Regione Marche con i ricorsi indicati in epigrafe; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 73, comma 2, del  decreto  legislativo  n.  152  del  2006,
proposta,  in  riferimento   all'art.   117,   terzo   comma,   della
Costituzione, dalla Regione  Calabria  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 75, comma 4, del  decreto  legislativo  n.  152  del  2006,
proposta, in riferimento agli artt. 117, commi quinto e sesto, e  118
della Costituzione e al  principio  di  leale  collaborazione,  dalla
Regione Calabria con il ricorso indicato in epigrafe; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 75, comma 5, del  decreto  legislativo  n.  152  del  2006,
proposta, in  riferimento  all'art.  119  della  Costituzione,  dalla
Regione Toscana e dalla Regione Marche  con  i  ricorsi  indicati  in
epigrafe; 
    Dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 87, comma 1, del  decreto  legislativo  n.  152  del  2006,
proposta, in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 della Costituzione,
dalla Regione Calabria, in riferimento all'art.  117,  quarto  comma,
della Costituzione, dalla Regione Marche, in riferimento  agli  artt.
117, quarto comma, e 118,  primo  comma,  della  Costituzione,  dalla
Regione Toscana, con i ricorsi indicati in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 luglio 2009. 
                       Il Presidente: Amirante 
                      Il redattore: Finocchiaro 
                      Il cancelliere: Di Paola 
      Depositato in cancelleria il 23 luglio 2009. 
                                                             Allegato 
                        ordinanza letta all'udienza del 5 maggio 2009 
                              ORDINANZA 
    Considerato che il presente giudizio di  costituzionalita'  delle
leggi, promosso in via di azione,  e'  configurato  come  svolgentesi
esclusivamente tra soggetti  titolari  di  potesta'  legislativa,  in
quanto avente ad oggetto questioni  di  competenza  normativa,  fermi
restando, per i soggetti privi di tale potesta', i  mezzi  di  tutela
delle loro posizioni soggettive, anche costituzionali, di  fronte  ad
altre istanze giurisdizionali ed  eventualmente  anche  di  fronte  a
questa Corte in via incidentale (sentenze nn. 405 del 2008 e 469  del
2005). 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
    Dichiara inammissibile l'intervento spiegato nei giudizi indicati
in epigrafe dalla Associazione italiana per il World  Wide  Fund  for
Nature -  Onlus  e  da  Biomasse  Italia  S.p.a.,  Societa'  Italiana
Centrali Termoelettriche - SICET S.r.l., Ital Green Energy S.r.l.  ed
E.T.A. Energie Tecnologiche Ambiente S.p.a. 
                       Il Presidente: Amirante