N. 220 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 maggio 2009
Ordinanza del 20 maggio emessa dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte sul ricorso proposto da Gliozzi Ettore contro Universita' degli studi di Torino. Universita' - Professori universitari in posizione di fuori ruolo - Prevista riduzione del periodo di fuori ruolo e anticipazione della collocazione in quiescenza - Applicabilita' della normativa censurata anche ai professori per i quali sia stato gia' disposto con formale provvedimento amministrativo il collocamento fuori ruolo - Violazione del principio di uguaglianza per irrazionalita' e violazione dei principi di certezza del diritto e di affidamento - Incidenza sul principio di buon andamento della pubblica amministrazione. - Legge 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 434. - Costituzione, artt. 3 e 97.(GU n.36 del 9-9-2009 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 723 del 2008, proposto da: Ettore Gliozzi, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Carlo Emanuele Gallo, con domicilio eletto presso il medesimo in Torino, via Pietro Palmieri, 40; Contro Universita' degli studi di Torino; Ministero dell'istruzione dell'universita' e della ricerca, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliati per legge in Torino, corso Stati Uniti, 45; per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia, del decreto emanato dal rettore dell'Universita' degli studi di Torino il 3 marzo 2008, n. 1372 comunicato successivamente, con il quale il ricorrente, professore ordinario per il settore scientifico-disciplinare IUSO4-Diritto commerciale, presso la Facolta' di giurisprudenza, e' stato collocato fuori ruolo a decorrere dal 1° novembre 2008 e fino al 31 ottobre 2009, nonche' per l'annullamento degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi del relativo procedimento, e per ogni ulteriore consequenziale statuizione. Visto il ricorso con i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'istruzione dell'universita' e della ricerca; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2009 il dott. Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritiene il Collegio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 434, della legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (Finanziaria per il 2008) sia rilevante e non manifestamente infondata. La questione e' rilevante, in quanto il provvedimento impugnato si basa su tale norma e anche se il provvedimento e' stato in parte annullato da questa Sezione con separata sentenza parziale, in relazione all'applicazione della disciplina transitoria, il provvedimento esplica ancora i suoi effetti in relazione alla riduzione comunque sussistente, in base alla norma di legge richiamata, del periodo di fuori ruolo rispetto al sistema previgente. Inoltre, la disposizione non puo' essere interpretata in modo conforme ai principi costituzionali, avendo un contenuto assolutamente stringente ed una disciplina espressa per i rapporti pendenti. Ai sensi dell'art. 2, comma 434, della legge n. 244 del 2007, infatti, si prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2008, il periodo di fuori ruolo dei professori universitari precedente la quiescenza, e' ridotto a due anni accademici e coloro che alla medesima data sono in servizio come professori nel terzo anno accademico fuori ruolo sono posti in quiescenza al termine dell'anno accademico. A decorrere dal 1° gennaio 2009, il periodo di fuori ruolo dei professori universitari precedente la quiescenza e' ridotto a un anno accademico e coloro che alla medesima data sono in servizio come professori nel secondo anno accademico fuori ruolo sono posti in quiescenza al termine dell'anno accademico. A decorrere dal 1° gennaio 2010, il periodo di fuori ruolo dei professori universitari precedente la quiescenza e' definitivamente abolito e coloro che alla medesima data sono in servizio come professori nel primo anno accademico fuori ruolo sono posti in quiescenza al termine dell'anno accademico. L'unica interpretazione della norma che possa dare un senso a tutte le disposizioni porta a ritenere che solo per i professori collocati fuori ruolo nel novembre 2005 sia mantenuto il periodo triennale fino alla fine dell'anno accademico nel novembre 2008, i quali altrimenti avendo compiuto gia' i due anni sarebbero dovuti andare in quiescenza con l'entrata in vigore della nuova disciplina. Per i professori fuori ruolo dal novembre 2006 non essendovi alcuna disposizione derogatoria che faccia salvo l'intero periodo, si deve ritenere immediatamente applicabile la riduzione a due anni accademici, con conseguente collocamento a riposo nel novembre 2008. Progressivamente il periodo di fuori ruolo e' ridotto e destinato ad essere soppresso del tutto nel 2010. Infatti, dal 1° gennaio 2009 esso e' ridotto ad un anno facendo salva la posizione solo di coloro che, collocati fuori ruolo dal 1° novembre 2007, i1 1° gennaio 2009 si troverebbero ad avere gia' compiuto tale anno; pertanto e' espressamente previsto il completamento del secondo anno accademico fuori ruolo fino al 1° novembre 2009. Analogo regime riguarda i1 1° gennaio 2010 quando, venendo meno il periodo di fuori ruolo, tutti coloro che sono collocati fuori ruolo dovrebbero essere posti in quiescenza. La norma fa salve le posizioni dei professori che essendo stati collocati fuori ruolo dal novembre 2009, dovrebbero cessare dal servizio al 1° gennaio 2009, permettendo loro il completamento dell'anno accademico. Tale interpretazione assolutamente obbligata del comma 434 e' l'unica in grado di attribuire alla norma un significato in relazione alla indubbia volonta' del legislatore di prevedere la riduzione progressiva del fuori ruolo dei professori universitari. La questione di legittimita' costituzionale e' quindi rilevante rispetto al presente giudizio. Infatti, al professore ricorrente e' applicabile tale norma con conseguente riduzione di un anno del periodo di fuori ruolo. La questione di legittimita' costituzionale e' altresi' non manifestamente infondata sotto diversi profili. Lo e' con riferimento all'art. 3 della Costituzione ed al principio di ragionevolezza, in quanto risulta dimentica del particolare significato del periodo di fuori ruolo, della distinzione fra attivita' didattica e attivita' di ricerca dei professori universitari, dell'incidenza che questa attivita' differenziata e questa specifica disciplina ha sul loro stato giuridico E', inoltre, costituzionalmente illegittima con riferimento all'art. 97 della Costituzione, in quanto contrasta con il principio di buon andamento dell'Amministrazione universitaria, privandola di studiosi ancora in grado di fornire contributi rilevanti all'Amministrazione alla quale appartengono. Ritiene il Collegio che la disposizione in esame sia sospettabile di violazione dell'art. 3 della Costituzione, in primo luogo, per la retroattivita' dei suoi contenuti precettivi, in secondo luogo per la sua irragionevolezza apprezzata con riferimento alla particolare attivita' svolta dai professori universitari nel periodo fuori ruolo e alla tendenza dell'ordinamento al prolungamento dell'attivita' lavorativa, apparendo la scelta in esame in palese ed irragionevole controtendenza. La Corte costituzionale ha affermato piu' volte che la irretroattivita' della legge e' un principio di carattere costituzionale solo per le norme penali, in quanto sancito dall'art. 25 della Costituzione. Per le norme non penali la retroattivita' della legge e' ammessa ma nel rispetto dei principi di ragionevolezza ed uguaglianza. Pertanto, sono costituzionalmente legittime le norme retroattive che trovino adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrastino con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti (Corte cost. 26 giugno 2007, n. 234). In questo quadro sono, in primo luogo, ammissibili le norme retroattive di carattere interpretativo che danno una delle possibili letture che gia' emergevano dalla norma interpretata; in tal caso, infatti, non sussiste la lesione dei canoni costituzionali di ragionevolezza, di tutela del legittimo affidamento e di certezza delle situazioni giuridiche (Corte costituzionale, 7 luglio 2006, n. 274). Poiche' il divieto di retroattivita' della legge, pur costituendo fondamentale valore di civilta' giuridica e principio generale dell'ordinamento, cui il legislatore ordinario deve in principio attenersi, non ha dignita' costituzionale, salvo che per la materia penale, il legislatore ordinario puo' emanare sia disposizioni di interpretazione autentica, che determinano, chiarendola, la portata precettiva della norma interpretata fissandola in un contenuto plausibilmente gia' espresso dalla stessa, sia norme innovative con efficacia retroattiva, purche' la retroattivita' trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti tra i quali il rispetto del principio generale di ragionevolezza e di eguaglianza e la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto (Corte costituzionale, 15 luglio 2005, n. 282). Nel caso di specie, la norma contenuta nella legge finanziaria per il 2008, ha introdotto una nuova disciplina del collocamento fuori ruolo dei professori universitari. Si tratta dunque di una norma di carattere innovativo per la quale ritiene il Collegio che vi sia motivo di sospettare una violazione dei principi di ragionevolezza e di affidamento che le norme retroattive devono rispettare. E' pur vero che la retroattivita' puo' essere giustificata in relazione al fatto che la norma ha inciso sul futuro svolgimento del periodo fuori ruolo, purche' tale periodo sia disciplinato unitariamente. Tuttavia, la Corte costituzionale ha gia' affermato che l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica non impedisce al legislatore di emanare norme modificatrici della disciplina dei rapporti di durata in senso sfavorevole per i beneficiari, purche' tali disposizioni non trasmodino un regolamento irragionevole di situazioni sostanziali fondate su leggi precedenti (sent. n. 393 del 2000). Nel caso in esame, il ricorrente ha gia' ottenuto l'attribuzione del periodo fuori ruolo, con decreto rettorale 18 marzo 2004: pertanto, la norma in esame detta una disciplina di carattere innovativo su un rapporto gia' definito da un provvedimento amministrativo, norma per la quale si ritiene che vi sia motivo di sospettare una violazione dei principi di ragionevolezza e di affidamento che le disposizioni retroattive devono rispettare. Con riferimento all'art. 3 della Costituzione ed al principio di ragionevolezza, la legge sospetta di incostituzionalita' risulta immemore del particolare significato del periodo di fuori ruolo, della distinzione fra attivita' didattica e attivita' di ricerca dei professori universitari, dell'incidenza che questa attivita' differenziata e questa specifica disciplina ha sul loro stato giuridico. Il fuori ruolo, infatti, e' un periodo di' attivita' riconosciuto ai professori universitari sin dal 1958, allorche' e stato introdotto un limite di eta' per il collocamento a riposo. Si e' trattato di una scelta opportuna del legislatore, che ha considerato come nell'attivita' del professore universitario si debbano individuare due specifiche funzioni, distinte ancorche' connesse: l'attivita' di ricerca e l'attivita' didattica. Per questa ragione, l'iniziativa della Legge Finanziaria per il 2008, che ha prima ridotto e poi del tutto eliminato il periodo di fuori ruolo, appare irragionevole, poiche' contrastante anche con l'orientamento della legislazione odierna, che e' volta a prolungare il periodo di permanenza in servizio e non a ridurlo. A cio' va aggiunto che, comunque, la riduzione o l'eliminazione del fuori ruolo ha anche per il professore universitario delle conseguenze economiche negative, poiche' riduce il periodo di servizio rilevante ai fini dell'indennita' di buonuscita, riduce il trattamento pensionistico usufruibile al termine del servizio, impedisce il conseguimento dei benefici economici ordinari (scatti biennali; adeguamenti annuali) e dei miglioramenti eventualmente previsti nel periodo in cui non si sara' piu' presenti nell'Amministrazione. Questo modo di procedere appare, dunque, irragionevole dal momento che, per i dipendenti privati, ai quali ormai peraltro il pubblico impiego e' sostanzialmente assimilato, nel caso in cui venga ridotto il periodo di attivita' sono previsti dei meccanismi premiali, volti ad evitare il danno economico che questo anticipato pensionamento provoca. La scelta improvvisa e penalizzante della Legge Finanziaria e' dal punto di vista della legittimita' costituzionale, percio', censurabile con riferimento all'art. 3 della Costituzione ed al principio di ragionevolezza. Essa e', inoltre, costituzionalmente illegittima con riferimento all'art. 97 della Costituzione, in quanto contrasta con il principio di buon andamento dell'Amministrazione universitaria, privandola di studiosi ancora in grado di fornire contributi rilevanti all'Amministrazione alla quale appartengono. Tali contributi si esplicano in vari aspetti della attivita' che il professore compie nel periodo di fuori ruolo. In primo luogo, in relazione allo svolgimento dell'attivita' scientifica. In particolare l'attivita' di ricerca, prevalente nel periodo di fuori ruolo, abbia necessita' di programmazione e di un tempo lungo di svolgimento. Tali attivita' possono restare incomplete a causa del collocamento a riposo entro breve termine. Ne' la retroattivita' puo' essere giustificata dalla riforma complessiva della disciplina dei professori universitari operata con la legge n. 230 del 4 novembre 2005, che ha abolito il periodo di collocamento fuori ruolo e previsto il limite di eta' di settanta anni per il collocamento a riposo. L'art. 1, comma 17, della legge n. 230 cit. si applica, infatti, solo ai professori universitari nominati ai sensi della nuova legge. Infine, irragionevole e' la stessa previsione di diritto transitorio. Se, da una parte, tale previsione denota la consapevolezza del legislatore di non potere incidere in maniera immediata sulle situazioni in corso, facendo decorrere la completa abolizione del fuori ruolo dal 1° gennaio 2010, dall'altra prevede la riduzione del fuori ruolo sia per coloro che sono gia' in tale posizione da uno o due anni (prevedendo per entrambe le categorie la riduzione a due anni), sia per coloro, che al momento di entrata in vigore della legge sono ancora in servizio di ruolo, essendo previsto il periodo di fuori ruolo di un anno per coloro che saranno collocati fuori ruolo nel novembre 2008 e nel novembre 2009 e appare in contrasto altresi' con il principio di buon andamento della Amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione. Infatti, anche in relazione alla efficienza organizzativa della universita' la previsione della immediata riduzione del fuori ruolo per i tutti professori ordinari comporta la immediata perdita di risorse intellettuali, la interruzione di programmi di ricerca, la dispersione dell'attivita' scientifica. La programmazione della attivita' universitaria trova un espresso riscontro normativo nell'art. 1-ter del d.l. n. 7 del 31 gennaio 2005, che prevede a decorrere dall'anno 2006 che le universita', anche al fine di perseguire obiettivi di efficacia e qualita' dei servizi offerti, entro il 30 giugno di ogni anno, adottino programmi triennali coerenti con le linee generali di indirizzo definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, sentiti la Conferenza dei rettori delle universita' italiane, il Consiglio universitario nazionale e il Consiglio nazionale degli studenti universitari, tenuto altresi' conto delle risorse acquisibili autonomamente. I predetti programmi delle universita' individuano in particolare tra gli altri obiettivi, il programma di sviluppo della ricerca scientifica. I programmi delle universita' di cui al comma 1, fatta salva l'autonoma determinazione degli atenei per quanto riguarda il fabbisogno di personale in ordine ai settori scientifico-disciplinari, sono valutati dal Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca e periodicamente monitorati sulla base di parametri e criteri individuati dal Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, avvalendosi del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, sentita la Conferenza dei rettori delle universita' italiane. Sui risultati della valutazione il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca riferisce al termine di ciascun triennio, con apposita relazione, al Parlamento. Dei programmi delle universita' si tiene conto nella ripartizione del fondo per il finanziamento ordinario delle universita'. A tale attivita' di programmazione fa riferimento altresi' la legge n. 230 del 4 novembre 2005, per cui l'Universita', sede della formazione e della trasmissione critica del sapere, coniuga in modo organico ricerca e didattica, garantendone la completa liberta'. La gestione delle universita' si ispira ai principi di autonomia e di responsabilita' nel quadro degli indirizzi fissati con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca. I professori universitari hanno il diritto e il dovere di svolgere attivita' di ricerca e di didattica, con piena liberta' di scelta dei temi e dei metodi delle ricerche nonche', nel rispetto della programmazione universitaria di cui all'articolo 1-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, dei contenuti e dell'impostazione culturale dei propri corsi di insegnamento. La cessazione dal servizio fuori ruolo di numerosi professori ordinari sembra comportare una grave inefficienza del sistema con inutile dispendio di risorse gia' destinate a progetti di ricerca. Il collocamento fuori ruolo determina per il docente universitario soltanto la perdita della titolarita' dell'insegnamento e una proporzionata riduzione dei connessi compiti didattico scientifici, ma gli conserva il compimento di rilevanti attivita' scientifica di ricerca ed il contributo al dibattito accademico. In conclusione, il Collegio ritiene che il giudizio debba essere sospeso e che gli atti vadano trasmessi alla Corte costituzionale, attesa la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' dell'art. 2, comma 434, della legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (legge finanziaria per il 2008).
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 434, della legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (legge finanziaria per il 2008), in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione; Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio; Dispone che a cura della segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; La presente ordinanza sara' eseguita dall'Amministrazione ed e' depositata presso la segreteria del tribunale che provvedera' a dame comunicazione alle parti. Cosi' deciso in Torino, nella Camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2009. Il Presidente: Bianchi L'estensore: Graziano